4. Risultato intermedio: tre problemi di delimitazione dell’abuso
4.2. Abuso di potere e violazione di doveri
Più complessa è l’individuazione del campo dell’abuso dei poteri rispetto alla violazione
dei doveri. Il dato letterale a riguardo non è univoco, e dunque non aiuta: a fronte di una
contrapposizione che torna tra “abuso di poteri” e “violazione di doveri” nell’art. 61 n. 9 e
n. 11 c.p., così come in plurime fattispecie di parte speciale
715, il reato di abuso d’ufficio
descrive la condotta, espressamente, attraverso il richiamo di violazione di norme di legge,
che sono norme capaci di porre doveri.
La violazione dei doveri richiama alla mente la categoria dei c.d. reati d’obbligo, per tali
intendendosi quei reati dove l’incriminazione ruota intorno a un obbligo giuridico di
fedeltà gravante sul soggetto attivo del reato, che è un soggetto qualificato dalla funzione
che svolge nell’ordinamento
716.
In dottrina, tale categoria, che si distingue dai reati di comportamento o di azione e dai reati di status o di possesso717, si caratterizza proprio per il fatto che oggetto dell’incriminazione è la violazione di un dovere del
singolo rispetto all’istituzione di cui fa parte. Ragionando in termini di nuclei di disvalore del reato, l’esistenza di un dovere che lega l’agente al sistema di appartenenza porta in primo piano il disvalore di personalità presente in tali fattispecie, cosicché il reato d’obbligo è sempre un reato proprio, fondato su qualifiche normative, genetico-istituzionali, naturalistiche718. Tali reati, tuttavia, sono tenuti al riparo da fughe
soggettivistiche capaci di tradurli in ipotesi di mera infedeltà, dalla necessaria presenza di un disvalore di evento, nella forma della lesione o del pericolo arrecati a un bene giuridico proprio in forza della situazione di sua prossimità con l’agente, che contro-bilancia in senso oggettivistico la fattispecie719.
Infine, quanto al disvalore di condotta, esso risiede nell’infedeltà del soggetto720, ed è “quasi-indifferente”721:
la condotta incriminata, infatti, non è tipizzata direttamente dalla norma incriminatrice, ma si ricava dal
713 L.STORTONI, L’abuso di potere nel diritto penale, op. cit., p. 117. 714 Ibidem.
715 V. retro.
716 C.PERINI,F.CONSULICH, (a cura di), E.PALIERO, Oggettivismo e soggettivismo nel diritto penale italiano.
Lezioni di diritto penale progredito, op. cit., p. 51.
717 Ibidem.
718 Ibidem. A tal proposito si osserva, in particolare, che: «lo status personale (…) impregna nel momento
della violazione dei connessi dover per ‘approfittamento – infedele - della posizione’ il fatto di un particolare disvalore dovuto alla circostanza che la condotta è stata realizzata proprio da quella persona [ds(P), appunto, in quanto a ledere il bene giuridico è stato proprio colui che è deputato a difenderlo]».
719 C.PERINI,F.CONSULICH, (a cura di), E.PALIERO, Oggettivismo e soggettivismo nel diritto penale italiano.
Lezioni di diritto penale progredito, op. cit., p. 52.
codice deontologico che l’agente è chiamato a rispettare722, tanto che può essere realizzata indifferentemente in forma commissiva od omissiva723
L’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) viene ricondotto alla categoria in questione
724. E in effetti,
nella sua veste attuale, ricorrono i tratti salienti del reato d’obbligo: la qualifica soggettiva,
l’evento di danno ingiusto o ingiusto profitto, la condotta produttiva dell’evento che
rimanda a un codice di comportamento extra-penale.
Non ci sono particolari difficoltà ad ammettere che, nell’attuale formulazione dell’art. 323
c.p., l’abuso d’ufficio possa aversi con violazione di doveri, attraverso l’infrazione di
quelle norme di legge o di regolamento che costituiscono il codice deontologico extra-
penale del pubblico ufficiale.
Più problematico è capire se vi sia coincidenza tra la violazione di doveri e l’abuso di
poteri, locuzione che, se ormai assente nella disposizione dell’art. 323 c.p., continua a
rilevare per altri reati, quali la concussione (art. 317 c.p.) e l’induzione indebita (art. 319
quater c.p.).
In passato, nella vigenza dell’abuso innominato, che faceva espresso riferimento alla condotta di abuso di poteri funzionali, la dottrina ha assunto plurime posizioni sul rapporto tra abuso di poteri, violazione di doveri, infedeltà.
Un primo orientamento tendeva a sfumare la distinzione tra le categorie, così da ammettersi che l’infedeltà poteva dare origine anche a un delitto di abuso725. Ricaduta pratica di tale affermazione era, ad esempio, la possibilità di sussumere nell’abuso d’ufficio anche i casi di omesso uso del potere in violazione di un dovere d’ufficio726.
Altra dottrina metteva in evidenza che l’infedeltà poteva discendere da un abuso di potere, che «costituisce sempre violazione del dovere di onestà inerente ad un ufficio», ma che l’abuso non costituisce sempre infedeltà («l’abuso di potere è una violazione del dovere di fedeltà solo quando vien commesso a danno del soggetto a cui la fedeltà stessa è dovuta») e che non ogni infedeltà costituisce un abuso di potere, poiché essa
721 C.PERINI,F.CONSULICH, (a cura di), E.PALIERO, Oggettivismo e soggettivismo nel diritto penale italiano.
Lezioni di diritto penale progredito, op. cit., p. 69.
722 C.PERINI,F.CONSULICH, (a cura di), E.PALIERO, Oggettivismo e soggettivismo nel diritto penale italiano.
Lezioni di diritto penale progredito, op. cit., p. 67.
723 C.PERINI, F. CONSULICH, (a cura di), E. PALIERO, Oggettivismo e soggettivismo nel diritto penale
italiano. Lezioni di diritto penale progredito, op. cit., p. 51.
724 C.PERINI,F.CONSULICH, (a cura di), E.PALIERO, Oggettivismo e soggettivismo nel diritto penale italiano.
Lezioni di diritto penale progredito, op. cit., p. 52.
725 G.ZUCCALÀ, L’infedeltà nel diritto penale, Padova, 1961, p. 144.
726 G.ZUCCALÀ, L’infedeltà nel diritto penale, op. cit., p. 223, per cui «È abuso di potere, quindi, tanto il
valersi di un potere per uno scopo opposto o indifferente rispetto a quello istituzionale, quanto il non valersene affatto, o il ritardarne l’uso (sempre in maniera indebita, s’intende). (…) agire per non curare esclusivamente l’interesse istituzionale o non agire per curarlo significa sempre, pur nella diversa struttura della lesione, non curare, non servire in modo esclusivo, l’interesse stesso, violando così il dovere inerente all’ufficio, alla funzione, al potere.»
può realizzarsi anche in caso di mancato uso del potere, e dunque di una mera violazione di dovere, laddove invece l’abuso presuppone l’uso del potere727.
Secondo altra dottrina ancora, infedeltà e abuso di poteri si muovevano su terreni diversi, riguardando il primo un problema di interessi contrapposti (ad esempio, nell’infedeltà patrimoniale, tra il titolare del potere e colui che lo esercita) e il secondo la corretta esplicazione del potere728.
Tanto portava ad affermare che «esulino dal campo dell’abuso di potere quelle fattispecie in cui il soggetto, violando un proprio dovere, fa prevalere un proprio personale interesse su quello pubblico inerente la propria funzione, senza che ciò faccia utilizzando i poteri di cui è titolare»729, cosicché ad esempio non davano luogo a un abuso di potere gli atti omissivi.
La questione non è meramente tecnica, ma ha una sua ricaduta pratica, poiché ammettere
che l’abuso di potere sia una violazione di dovere consente di ritenere abusiva anche la
condotta omissiva, che non richiede l’esercizio di un potere.
Il dibattito sul punto continua anche in tempi recenti, distinguendosi tra chi ammette che
l’abuso può consistere anche nel mancato compimento di un dovere funzionale e chi
invece contrasta tale evenienza
730.
In questo senso, si è detto che l’abuso di poteri si ha quando il soggetto agente esercita il potere inerente all’ufficio o al servizio «in termini o con modalità non conformi al diritto», tanto che ciò avvenga in forma commissiva od omissiva731. In presenza di un potere funzionalizzato, come il potere attribuito al pubblico ufficiale, «l’abuso concretizza una possibile manifestazione della violazione del dovere»732. In modo
conforme la giurisprudenza, che, dal canto suo, ha ritenuto che abuso dei poteri si concreti nell’esercizio dei medesimi secondo criteri diversi da quelli di legge, ma anche mediante omissione o ritardo di un atto dovuto733. Altra dottrina, tuttavia, ha osservato che «il concetto di abuso è qualcosa di diverso dalla mera
inosservanza dei doveri d’ufficio», traendo conforto per tale affermazione nella netta separazione tra abuso di potere e violazione di dovere dell’art. 61 n. 9 c.p., e nella circostanza che anche in altre fattispecie in cui si
727 Così P.NUVOLONE, L’infedeltà patrimoniale nel diritto penale, Milano, 1941, p. 17 e p. 22. 728 L.STORTONI, L’abuso di potere nel diritto penale, op. cit., p. 35.
729 L.STORTONI, L’abuso di potere nel diritto penale, op. cit., p. 36.
730 V. D.TARANTINO, Sui difficili rapporti tra concussione per induzione e istigazione alla corruzione, op.
cit., pp. 245 ss.
731 Così M.ROMANO, I delitti contro la Pubblica Amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, op. cit., pp.
96 e 97, il quale afferma, con riferimento alla concussione (art. 317 c.p.): «è indubbio che il non esercizio dei poteri, quando lo si assuma invece doveroso nella situazione data (ovvero il mancato adempimento di un dovere funzionale) è ugualmente illegittimo e altrettanto capace di piegare la volontà del privato quanto può esserlo il loro concreto esercizio». Per una nozione ampia di abuso di potere depone anche chi ritiene che esso, consistendo in un uso distorto dei poteri inerenti alla funzione o al servizio, sia presente quando il potere: a) è esercitato quando non dovrebbe; b) non è esercitato quando dovrebbe; c) è esercitato in modo diverso da come dovrebbe; d) è minacciato uno dei comportamenti delle lettere a, b, c: così S.FIORE, I delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, op. cit., p.121
732 Così D.TARANTINO, Sui difficili rapporti tra concussione per induzione e istigazione alla corruzione, op.
cit., pp. 245 ss.
menziona l’abuso (artt. 326, 486,487, 571, 615, 619, 643 c.p.) detto termine non sia mai usato per descrivere condotte che si esauriscono nell’inosservanza di doveri734.