3. I limiti interni ed esterni del diritto scriminante
3.1. Abuso del diritto potenzialmente scriminante come esercizio improprio sul piano funzionale e
3.1.2. Il problema modale dell’esercizio del diritto
Accanto al limite funzionale, in dottrina sono stati evidenziati altri confini dell’esercizio
del diritto scriminante, desumibili da alcune norme penali che danno rilievo a ipotesi
rispecchianti modalità abusive di esercizio del diritto
334, e che, di conseguenza, espungono
dall’orbita della scriminante dell’art. 51 c.p. particolari modalità di condotta.
Tali limiti sarebbero anzitutto quelli imposti dagli artt. 392 e 393 c.p., che prevedono i reati
di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, dai quali si ricaverebbe che le legittime pretese
di un soggetto non possono essere fatte valere attraverso violenza su cose o persone
335.
Secondo l’impostazione che dà rilevanza a tale limite, dalle norme citate può ricavarsi che
il fatto realizzato, per essere lecito, deve essere conforme al diritto sotto il profilo della
compatibilità dei mezzi usati per raggiungere l’obiettivo
336, cosicché nell’ambito
dell’illecito penale ricadranno anche i fatti realizzati per l’obiettivo ordinamentale, ma con
modalità non consentite
337. Si osserva che, se l’esercizio del diritto abbraccia le
manifestazioni corrispondenti al contenuto di diritti, la violenza su cose altrui o su persone
non è mai - fuori dalle ipotesi di legittima difesa - contenuto tipico di diritti
338, e dunque
non può albergare tra i comportamenti consentiti dalla scriminante.
Ci si divide poi in dottrina nel qualificare detto obbligo di non usare violenza o minaccia
per esercitare il diritto come un limite esterno dello stesso, volto alla tutela di altri beni, o
piuttosto un limite interno implicito nel corretto esercizio del diritto preteso o contestato
339.
Il riconoscimento di tale limite, tuttavia, non è pacifico. Il richiamo ai delitti di ragion
fattasi per circoscrivere il contenuto dell’esercizio del diritto scriminante non appare
pertinente a quanti obiettano la diversità tra diritti di agire e pretese da far valere in
giudizio
340e osservano che gli artt. 392 e 393 c.p., più che segnare un limite all’esercizio
del diritto, rispondono alla funzione di mitigare il trattamento penale di chi usa violenza su
cose o persone in occasione dell’esistenza di un preteso diritto
341.
Ipotesi simile, considerata in dottrina espressione di una particolare modalità abusiva di
esercizio del diritto di proprietà
342è l’incendio di cosa propria previsto dall’art. 423 c. 2
334 F.MUCCIARELLI, Abuso del diritto, elusione fiscale e fattispecie incriminatrici, in G.MAISTO (a cura di),
Elusione ed abuso del diritto tributario, Milano, 2009, pp. 432 ss.
335 R.GAROFOLI, Manuale di diritto penale. Parte Generale, op. cit., p. 685; M.ROMANO, Commentario
sistematico del Codice Penale, op. cit., p. 544.
336 S.MEDIOLI DEVOTO, L’esercizio di un diritto. Critica e rivalutazione dell’art. 51 c.p., op. cit., p. 546. 337 Ibidem.
338 D.PULITANÒ, Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere, op. cit., p. 325.
339 V. A.CADOPPI,S.CANESTRARI,A.MANNA,M.PAPA, Trattato di diritto penale, Parte generale, II, op. cit.
p. 287. M. ROMANO, Commentario sistematico del Codice Penale, op. cit., p. 544. 340 A.SPENA, Diritti e responsabilità penale, op. cit., p. 25.
341 D.PULITANÒ, Diritto penale, op. cit., p. 261 rileva che gli artt. 392 e 393 c.p. non costituiscono un limite
alla scriminante dell’art. 51 c.p., ma apprestano sanzione penale per dei comportamenti comunque fuoriuscenti dall’esercizio di un diritto, i quali altrimenti sarebbero puniti secondo altre più gravi previsioni. Così anche F.VIGANÒ, Art. 51 c.p., op. cit., p. 751. Anche P.SEMERARO, L’esercizio di un diritto, op. cit., p.
51 esclude che gli artt. 392 e 393 c.p. possano costituire limite alla scriminante in esame.
c.p., che segnerebbe un limite esplicito al diritto dominicale, il quale non può essere
esercitato in modo che dal fatto derivi un pericolo per la pubblica incolumità
343.
Anche a ritenere che tali norme diano rilevanza penale a una modalità abusiva del diritto di
proprietà
344, non ci sembra che queste riguardino in generale il problema dell’abuso del
diritto potenzialmente scriminante che cade fuori dall’art. 51 c.p.. Esse possono aver
semmai rilievo nel discorso sulla tipizzazione e interpretazione degli abusi penalmente
rilevanti, che si prenderà in considerazione nel prossimo capitolo. L’uso di violenza o
minaccia nei reati di ragion fattasi, piuttosto che la creazione di un pericolo alla pubblica
incolumità nell’incendio di cosa propria, sono oggetti di espliciti divieti, che pongono
senz’altro un limite al diritto, ma che danno origine a fatti illeciti. Se quelle previste sono
modalità di esercizio del diritto illecite per volontà del legislatore, quella stessa identica
modalità non potrà porre un problema di scriminante. In altre parole: anche se i
comportamenti di incendio di cosa propria o di farsi giustizia da sé, in assenza delle norme
penali che li puniscono, potrebbero qualificarsi come un comportamento abusivo,
introducendo i reati degli artt. 392, 393, 423 c. 2 c.p. il legislatore li ha vietati e ne ha
stabilito il trattamento sanzionatorio. Avrebbe poco senso, a questo punto, rivendicare in
sede scriminante la libertà di incendiare i propri beni come esplicazione di un diritto
dominicale, o la libertà di minacciare il proprio debitore come esercizio del diritto di
credito.
Più pertinente al problema dell’abuso del diritto scriminante è l’osservazione operata da
altra dottrina che ne individua l’origine nel sacrificio intollerabile imposto dalla condotta
di esercizio del diritto a beni giuridici ulteriori
345. Si è così sostenuto che: «si abusa di un
diritto di agire quando l’esercizio del diritto comporta dei costi che, nel caso concreto, sono
da giudicare esorbitanti, spropositati, troppo onerosi. L’interesse alla realizzazione della
condotta permessa non vale più, allora, il sacrificio oltre il limite imposto»
346.
Non sempre «fare ciò che si ha il diritto di fare» vuol dire «fare ciò che è giusto fare»
347, e
tenere una condotta giustificata significa appunto «fare ciò che è giusto nelle circostanze
date»
348. L’offesa provocata dall’esercizio del diritto, per perseguire l’interesse a esso
343 A.CADOPPI,S.CANESTRARI,A.MANNA,M.PAPA, Trattato di diritto penale, Parte generale, II, op. cit. p.
287.
344 F.MUCCIARELLI, Abuso del diritto, elusione fiscale e fattispecie incriminatrici, op. cit., p. 434. 345 A.SPENA, Diritti e responsabilità penale, op. cit., p. 136.
346 Ibidem.
347 A.SPENA, Diritti e giustificazioni come cause di esclusione dell’illecito penale, in A.A.V.V., Studi in
onore di Franco Coppi, Torino, 2011, p. 327.
sottostante, all’interesse tutelato dalla norma penale ha dunque una misura
349, oltre la quale
essa diventa gratuita, capricciosa, arbitraria, e non è più giustificata.
Il limite del sacrificio giusto è individuabile attraverso il bilanciamento degli interessi in
gioco.
Si dà atto di come il sacrificio intollerabile imposto ad altri beni giuridici, per altra dottrina, non costituirebbe un problema di abuso, segnando piuttosto un limite esterno del diritto, derivante da altre norme che riconoscono altri interessi rispetto ai quali va valutata la prevalenza o soccombenza del diritto esercitato, in base ad un giudizio di bilanciamento350.
Come si è detto anche nel primo capitolo affrontando il problema dei diritti fondamentali, poco cambia nel ritenere che il bilanciamento collochi il limite esterno del diritto, e dunque risponda alla domanda sul peso rispettivo di due interessi in gioco, o collochi il limite interno del diritto e dunque risponda alla domanda sul fin dove possa spingersi l’esercizio di quel diritto: sono prospettive diverse per guardare allo stesso problema, che è quello del contenuto del diritto351.
È comunque un giudizio di bilanciamento che decide le sorti del conflitto tra interesse sottostante il diritto attribuito dalla norma extra-penale e interesse protetto dalla norma penale352. Qui il problema ci sembra piuttosto quello di stabilire quando venga in rilievo un bilanciamento astratto dal legislatore, o dalla Corte Costituzionale che, ad esempio chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di una norma rispetto alla lesione di un diritto costituzionale, circoscrive la portata del delitto rispetto al diritto, e quando invece sia il giudice del caso concreto a dover soppesare gli interessi in gioco nella singola vicenda.
Si vedrà a breve come la giurisprudenza tenda sovente a collocare il punto di equilibrio
degli interessi in gioco nell’offesa necessaria (ovvero, inevitabile, gratuita) provocata
all’interesse tutelato dalla norma penale da parte della condotta di esercizio del diritto.
Occorre precisare sin da ora, tuttavia, che è opinione ormai consolidata in dottrina
l’inesistenza del limite della necessità dell’esercizio del diritto scriminante, stante l’
349 Si è detto che: «l’opera dell’interprete, nella costruzione della figura scriminante, deve essere condotta con
alquanta oculatezza, perché l’esercizio di un diritto non si risolva nel sacrificio ingiustificato di beni giuridici che possano essere impunemente aggrediti; perché non s’abbia a passare da un’ottica liberale alla velleità licenziosa» in M.G. MAGLIO, F. GIANNELLI, Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere; uso
legittimo delle armi e di altri mezzi di coazione fisica, in Rivista Penale, 2004, p. 293.
350 Così F.VIGANÒ, Art. 51 c.p., op. cit., p. 750, che distingue «tra limiti interni, che derivano dalla stessa
definizione del diritto scriminante, e limiti esterni, che sono imposti dall’esigenza di salvaguardare interessi diversi da quello che norma attributiva del diritto mira a tutelare» eR.GAROFOLI, Manuale di diritto penale.
Parte Generale, op. cit., p. 685.
351 v. retro cap. 1.
352 F.VIGANÒ, Stato di necessità e conflitti di doveri, op. cit., pp. 235 ss. chiarisce plasticamente il concetto:
«Nessun diritto – nemmeno il diritto alla vita, che è il più alto nella scala di valori dell’ordinamento costituzionale, ma può soccombere allorché appartenga ad un aggressore e non vi sia altro modo per salvare la vita o un bene di rango equivalente del soggetto aggredito - gode di una tutela assoluta, essendo sempre sottoposto a una serie di limiti che si ricavano dalla necessità di tutelare altri diritti o interessi di rango superiore o equivalente; ma per l’appunto, tali limiti non possono ricavarsi che dal bilanciamento tra l’interesse tutelato dal diritto medesimo e i controinteressi tutelati da altre norme confliggenti - le quali possono, al solito, prevalere o soccombere nel conflitto con la norma attributiva del diritto».