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SEZIONE PRIMA

3. L’accertamento della pericolosità sociale ed il suo (presunto) fondamento scientifico.

In questo contesto, la Corte Costituzionale, già in diverse occasio- ni66, era intervenuta per dichiarare l’illegittimità costituzionale della pre- sunzione di pericolosità, finché l’art. 31 della Legge n. 663 del 1986, cd. legge Gozzini, ha abolito ogni forma di presunzione legale di pericolosi- tà, lasciando in vita solo ed esclusivamente l’accertamento concreto della pericolosità sociale da parte del giudice67.

Pertanto, in forza della nuova disposizione normativa, la pericolosi- tà sociale è divenuta il risultato di un giudizio prognostico, effettuato dal giudice sulla probabilità di ricaduta nel delitto.

65 CERETTI, in Salute mentale e controllo sociale tra ricerca scientifica e decisioni poli-

tiche, Atti del Convegno dell’Osservatorio “Giordano dell’Amore” 24 novembre 2008

Auditorium dell’Università Milano-Bicocca, Milano, 2009, pag. 93 e ss.

66 Si richiama la sentenza del 20 gennaio 1971, n. 1, con la quale la Consulta dichiarava l’illegittimità costituzionale della presunzione di pericolosità del minore non imputabile; la sentenza del 27 luglio 1982, n. 139, con la quale la Corte dichiarava l’illegittimità della presunzione di pericolosità del prosciolto per infermità mentale; la sentenza 28 lu- glio 1983, n. 249, con la quale la Corte ha dichiarato illegittima la presunzione di peri- colosità del seminfermo di mente.

67 L’art. 31 della legge n. 663 del 10.10.1986 ha abrogato l’art. 204 del codice penale, così disponendo: «Tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accerta- mento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa», mentre l’art. 21 ha attribuito al Magistrato di Sorveglianza la competenza funzionale esclusiva in ordine all’applicazione in concreto delle misure di sicurezza.

Il giudice è chiamato a compiere, sulla base di un accertamento in concreto, un giudizio di prognosi criminale di tipo intuitivo, formandosi un quadro della personalità dell’imputato in forza della sua esperienza e degli indici di cui all’art. 133 c.p., da cui potrà dedurre la gravità del rea- to e la capacità a delinquere.

La capacità a delinquere, in chiave positivista, in particolare, com- porta uno spostamento del giudizio dal fatto alla personalità e presenta una duplice funzione: retrospettiva-retributiva, intesa come capacità mo- rale di compiere il reato e che concorre a graduare la responsabilità del soggetto per tale reato ed una funzione prognostico-preventiva, dove la capacità a delinquere serve per accertare l’attitudine del soggetto a com- mettere nuovi reati.68

Si è, inoltre, affermato, che il giudizio di pericolosità non può ba- sarsi solo sulla personalità del reo e sul suo disturbo psichico, ma è ne- cessario considerare anche altri fattori esterni, che possono condizionare il disturbo psichico stesso.

Tali fattori, sociali, familiari, relazionali, inciderebbero sul giudizio prognostico di pericolosità, tanto è vero che si è parlato di “pericolosità situazionale”69 ovvero di pericolosità condizionata dall’ambiente esterno.

Resta, tuttavia, difficile definire il concetto di probabilità e distin- guerlo in modo netto dalla possibilità, soprattutto perché il termine pro- babilità è elastico ed indefinito e può essere soggetto ad una valutazione discrezionale ed imprecisa in tema di prognosi criminale.

68 PAGANO, BORTOLETTI, La pericolosità sociale, Milano, 1982, pag. 19.

69 COLLICA, La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, op. cit., pag. 23, in riferimento alla pericolosità situazionale, l’Autore cita DE LEONARDIS, Statuto e

figure della pericolosità sociale tra psichiatria riformata e giustizia penale: note socio- logiche, in DE LEONARDIS-GALLIO-MAURI-PITCH (a cura di), Curare e punire Problemi

e innovazioni nei rapporti tra psichiatria e giustizia penale, Milano 1988, p. 45 ss.;

GRASSI-NUNZIATA, Infermità di mente e disagio psichico nel sistema penale, Padova, 2003, p. 65 ss.

Tali considerazioni derivano dalla circostanza che gli indicatori previsti nell’art. 133 c.p. sono estremamente generici e carenti di stru- menti per l’accertamento della pericolosità.

La prassi giurisprudenziale ha continuato a postulare un fondamen- to scientifico per la valutazione della pericolosità sociale dell’infermo di mente, fino a richiedere espressamente e costantemente specifiche com- petenze scientifiche, con il ricorso a perizie e consulenze tecniche.70 E’ bene precisare che l’art. 220, comma 2, c.p.p. esclude l’ammissibilità nel processo di perizie volte ad accertare l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato ed in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche, salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicu- rezza. Perciò, se il soggetto è imputabile, la pericolosità è accertata in ba- se all’art. 133 c.p. solo dal giudice, non potendo questi nominare alcun perito; se, invece, il soggetto viene ritenuto, potenzialmente, affetto da una infermità mentale, il giudice, ai fini dell’accertamento della pericolo- sità sociale, potrà decidere di disporre una perizia da affidare o ad uno psichiatra o ad un medico-legale, ma è solo una possibilità non essendovi alcun obbligo in capo al giudice di disporre una perizia per accertarne l’imputabilità e la pericolosità.

Foucault sosteneva che l’intervento della psichiatria nel diritto pe- nale corrispondeva alla necessità di affermazione di una nuova scienza psichiatrica che, attraverso la lettura “scientifica” di soggetti particolar- mente pericolosi, giustificava il proprio potere nella misura in cui fosse una scienza capace di indagare, interpretare e predire la pericolosità.71

70 sul punto cfr. PELISSERO, Pericolosità sociale, op. cit., pag. 107 secondo cui «il passaggio da

un sistema fondato su uno “schema condizionale a struttura prognostica positivizzata ad un siste- ma condizionale a struttura prognostica affidata al giudice e al perito” si fonda su piedi di argilla». 71 FOUCAULT, Sorvegliare e punire, Nascita della prigione, traduzione TARCHETTI, Ei- naudi 2014; sul punto cfr. anche A cura di PANDOLFI, Archivio Foucault, Interventi,

E’ necessario considerare che la prognosi di comportamenti umani futuri posta in essere dal giudice non può mai raggiungere, però, un risul- tato univoco, sia se si segue la concezione oggettivistica della probabilità e sia se si segue quella soggettivistica72, poiché in ogni caso il giudice non dispone di informazioni di tipo scientifico, né dal punto di vista con- tenutistico né di metodo.

La letteratura classica (Leferenz, 1972) conosce tre differenti me- todi prognostici:

- il metodo intuitivo, di cui si servono i giudici, che devono decide- re in base alla loro teoretica cultura generale ed alla loro soggettiva espe- rienza, quale pena o risparmio di pena appare giustificato e funzionale in base al delitto ed alla personalità del delinquente.

- il metodo statistico: si basa sulle analisi empiriche, che rilevano, di ogni fattore, quello che si correla statisticamente con la più alta recidi- va o che sono considerati dagli esperti come indicatori di una elevata re- cidiva;

- il metodo clinico: in base a precise e biografiche indagini di anamnesi, compresa la anamnesi della malattia e l’anamnesi criminale,

Colloqui, Interviste, 1978 – 1985, Estetica dell’esistenza, etica, politica, Milano, 1998,

pag. 61, in cui si rileva come il diritto penale abbia esteso, organizzato e codificato il sospetto e l’identificazione degli individui pericolosi e questa trasformazione non è il passaggio dalla medicina al diritto, ma è stata realizzata attraverso un meccanismo con- tinuo di chiamata e di interazione tra il sapere medico e psicologico e l’istituzione giu- diziaria.

72 COLLICA, La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., pag. 11 e 12, la quale, rispetto alla concezione oggettivistica, si riferisce alla probabilità intesa come realtà esterna all’osservatore, espressa da una serie di frequenze stabili ed eventi, perciò la pericolosità sociale indicherà il “grado di possibilità di un certo evento”, in termini di probabilità frequentista. Rispetto alla concezione soggettiva, invece, la pro- babilità rappresenta il grado personale di fiducia nella previsione dell’evento, esprimibi- le in una quota, cd. “quota di scommessa”, basata sul teorema di De Finetti.

sono estrapolate dal passato, attraverso l’attuale situazione, per il futu- ro73.

Se da un lato la psichiatria forense predilige il metodo clinico, che pone in primo piano una prognosi individuale in base all’esperienza degli esperti, dall’altro si è ritenuto preferibile il cd. metodo combinato, con cui i dati individuali emersi con il metodo clinico, si fondono con i dati sociologici e statistici del metodo statistico74.

Tuttavia, questo metodo richiede un eccessivo impiego di risorse, tra esperti medici e sociologi, con un aggravio di costi, perciò spesso nel- la prassi si ricorre al metodo intuitivo, che vede affidato esclusivamente al giudice il giudizio di prognosi in base alla sua esperienza, lasciando margini di eccessiva soggettività ed arbitrarietà.75

Nella pratica il giudice, però, aggira il problema del metodo di ac- certamento e del divieto di perizie, chiedendo al perito, in sede di perizia psichiatrica, di pronunciarsi anche sulla pericolosità sociale, badando a non travalicare i limiti imposti dall’art. 220 c.p.p.

Con questo espediente si rischia, però, di confondere due valuta- zioni molto diverse tra loro, poiché nella perizia sull’imputabilità il giu- dice chiede al perito di “operare una diagnosi e, dunque, di valutare i complessi patologici del soggetto”76, nella perizia sulla pericolosità al pe- rito viene chiesta una prognosi per la quale il legislatore non rinvia a scienze sociali e psichiatriche, ma a criteri del tutto giuridici. Si potrebbe

73 NEDOPIL, MÜLLER, Forensische Psychiatrie, Klinik, Begutachtung und Behandlung

zwischen Psychiatrie un Recht, Thieme, 2012, pag. 347.

74 COLLICA, La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, op. cit., pag. 13.

75 Sui rischi dell’uso assoluto del metodo intuitivo si rinvia a MUSCO, La misura di si-

curezza detentiva, Milano, 1979, p. 192 ss; FORTI, L’immane concretezza. Metamorfo- si del crimine controllo penale, Milano, 2000, p. 20 ss.; FORNARI L., Misure di sicu- rezza, op. cit., p. 619.

dire che, paradossalmente, la legge chiede al perito di sostituirsi al giudi- ce, addirittura usando gli stessi suoi parametri.

Questo perché la pericolosità sociale non corrisponde a nessuno dei criteri che costituiscono la diagnosi psichiatrica, sui quali si fonda il me- todo scientifico. Il concetto di pericolosità sociale non ha alcun valore te- rapeutico, ma ha la funzione pura di difesa sociale della collettività e del modo con cui questa percepisce il tema della sicurezza.77

Il concetto di pericolosità sociale perde così totalmente ogni carat- tere di scientificità, non sussistendo, allo stato, metodi di accertamento predittivi tali da garantire un certo grado di evidenza scientifica.78

La carenza di scientificità del giudizio di pericolosità sociale e la relatività della sua definizione, quindi, comportano una effettiva proble- maticità della sua valutazione.79

In questa prospettiva, il concetto di pericolosità sociale, ormai ob- soleto e da tempo criticato come «malattia infantile della criminologia»80,

77 VENTURINI, CASAGRANDE E TORESINI, Il folle reato. Il rapporto tra la responsabilità

dello psichiatra e la imputabilità del paziente, FrancoAngeli, 2010, pag. 154.

78 PELISSERO, I limiti del diritto penale sostanziale nella prova dei fatti psichici, in a cu- ra di GIOVANNANGELO, PIEMONTESE e VENAFRO, La prova dei fatti psichici, Torino, 2010, pag. 284, in cui l’Autore spiega che l’incertezza dei giudizi predittivi di pericolo- sità sociale è legata al metodo ovvero all’accertamento, sulla base dei dati presenti, di un giudizio prognostico sul rischio di recidiva. In tale caso, il fatto psichico sfugge, an- cor prima che al suo accertamento, alla sua definizione, che si traduce in problemi di prova.

79 TRAVERSO, VERDE, Pericolosità e trattamento in criminologia, Note a margine alle VIII Giornate Internazionale di Criminologia Clinica Comparata (Genova, 27 maggio 1981).

80 DEBUYST, La notion de dangerosité, maladie infantile de la criminologie, in Crimino-

logie, 1984, 7 ss. cit. da SCHIAFFO, La pericolosità sociale tra «sottigliezze empiriche» e ‘spessori normativi’: la riforma di cui alla legge n. 81/2014, in Diritto Penale Contem-

poi come malattia congenita della psichiatria81, risulta sempre più inade- guato a soddisfare esigenze di garanzia della persona e di difesa sociale.

Per tali motivi, il concetto di ‘socialmente pericoloso’ si presenta come estremamente generico e, spesso, si presta a comoda etichetta al fi- ne di rassicurarsi nei confronti di gruppi di persone percepite di volta in volta come socialmente minacciose.

4. La valutazione della pericolosità sociale nella applicazione

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