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SEZIONE PRIMA

3. Imputabilità e disturbi della personalità La sentenza della Cassazione n 9163/

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9163 del 25 gennaio 2005209, denominata anche sentenza Raso, ha fornito dei più precisi criteri di valutazione dell’infermità mentale, in ambito proces- suale, e di come questa possa incidere sulla capacità di intendere e di vo- lere.

La Corte, ripercorrendo il consolidato giurisprudenziale210, ha evi- denziato che la imputabilità è normalmente considerata presente quando l'autore ha raggiunto la maturità fisio-psichica, prevista dalla legge, non dimenticando l’art. 98 c.p., e salvo che questi versi in una situazione di infermità, così costituendo, come afferma autorevole dottrina, «il com- promesso, o il punto d'incontro, tra le esigenze proprie del principio di colpevolezza e quello della prevenzione generale».

Ne deriva che il concetto di imputabilità è, al tempo stesso, empiri- co e normativo, nel senso, che è dato innanzitutto alle scienze di indivi- duare se l’autore di reato possiede i requisiti bio-psicologici tali da poter ritenere che il soggetto sia in grado di comprendere e recepire il contenu- to della norma connesso alla previsione della sanzione punitiva; è compi-

209 Per consultare il contenuto della sentenza

http://www.ristretti.it/areestudio/giuridici/leggi/capacita.htm, in dottrina cfr. BERTO- LINO, L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, in Dir. pen. proc., 2005, p. 853 ss.

to del legislatore individuare in che termini i dati forniti dalle scienze empirico-sociali abbiano, poi, una rilevanza giuridica.

Proprio da questo ragionamento, formulato dettagliatamente dalla Suprema Corte, ed al fine di superare il problema di quali disturbi psichi- ci più o meno gravi possano incidere sulla capacità di intendere e di vole- re, le Sezioni Unite hanno ritenuto che «i gravi disturbi della personalità» rientrano nel concetto di infermità per il riconoscimento del vizio totale o parziale di mente.

Tali disturbi rilevano, ai fini del vizio di mente totale o parziale, pe- rò a condizione che il giudice ne accerti la gravità e l’intensità, tali da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere o di volere ed il nesso eziologico con la specifica azione criminosa.

Le Sezioni Unite, rilevando che il concetto di imputabilità si risolve sia sul piano normativo sia sul piano empirico, invocano una «necessaria collaborazione tra giustizia penale e scienza», pertanto, come già soste- nuto in dottrina, affermano, in definitiva, che, per l’esclusione dell’imputabilità, vanno ricomprese le nevrosi, le psicopatie ed in genera- le i disturbi della personalità.

La sentenza, inoltre, fa espresso riferimento anche al DSM, consi- derato il più moderno e diffuso manuale diagnostico, a cui non bisogna necessariamente riferirsi, ma va considerato, secondo le Sezioni Unite, come un ulteriore elemento di supporto per confermare la tesi che anche i disturbi della personalità sono riconducibili per la moderna psichiatria nel concetto di infermità di mente.211

La Suprema Corte, però, è andata oltre, ritenendo che il concetto di infermità mentale non coincide con quello di malattia mentale, ma so-

211 Sul punto e sulla diagnosi dell’infermità mentale cfr. COLLICA, Il riconoscimento del

ruolo delle neuroscienze nel giudizio di imputabilità, in Diritto Penale Contemporaneo,

stiene che «..a conferma della maggiore ampiezza del termine di infermi- tà rispetto a quello di malattia, non interessa tanto che la condizione del soggetto sia esattamente catalogabile nel novero delle malattie elencate nei trattati di medicina, quanto che il disturbo abbia in concreto l’attitudine a compromettere gravemente la capacità sia di percepire il di- svalore del fatto commesso, sia di recepire il significato del trattamento punitivo».

In tal modo, la Corte, allontanandosi dal rigidismo nosografico, po- ne una apertura, ai fini della configurabilità o meno del vizio di mente, totale o parziale, al concetto di disturbo della personalità.

Per la Corte non vi è, quindi, alcun dubbio che i disturbi della per- sonalità possano incidere sulla capacità di intendere e di volere, purché siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità stessa. Il giudice dovrà, quindi, accertare che il fatto di reato si sia originato proprio a causa del disturbo mentale.

Da ultimo, ma di non poco conto, le Sezioni Unite hanno posto le basi per un possibile superamento del concetto di imputabilità, ritenendo che «la dottrina ha da tempo posto in rilievo come le più recenti acquisi- zioni della psichiatria riconoscano spazi sempre più ampi di responsabili- tà al malato mentale, riconoscendosi che, pur a fronte di patologie psichi- che, egli conservi, in alcuni casi, una "quota di responsabilità", ed a tali acquisizioni appare ispirarsi anche la l. n. 180/1978, nel far proprio quell'orientamento psichiatrico secondo cui la risocializzazione dell'in- fermo mentale possa avvalersi anche della sua responsabilizzazione in tal senso».

Ne consegue un ribaltamento della concezione tradizionale, così che il malato di mente non è sempre incapace di intendere e di volere, né, quindi, sempre socialmente pericoloso.212

Non riconoscere all’infermo di mente doveri e quote di responsabi- lità equivale a non riconoscergli quote più o meno ampie anche dei dirit- ti.213

Se, quindi, la relazione tra il disturbo mentale e il comportamento lesivo non è puramente causale, né verificabile, non è più nemmeno giu- stificata l’esclusione di punibilità ed al soggetto infermo di mente do- vrebbe essere applicata la medesima sanzione adottabile per il soggetto imputabile. A questa soluzione si perviene non solo per consentire all’infermo di mente, da un punto di vista psicologico e psichiatrico, un riconoscimento di responsabilità rispetto a se stesso, ma anche per evitare le conseguenze di discipline che, seppur legittimate da bisogni di prote- zione di soggetti ‘deboli’, di fatto comportano trattamenti discriminatori, più severi e meno garantiti, rispetto a quelli cui sono sottoposti i rei im- putabili, sani di mente.214

Sul punto, la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia ed efficienza del Servizio sanitario nazionale, Senato- XVI legislatura, all’esito di un’attenta indagine sulle condizioni di vita e di cura

212 MANNA, L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione. Dalle ‘finzioni giuridiche’ alla

‘terapia sociale’, Torino, 1997, pag. 63 e 64; sulle cd. quote di responsabilità cfr. MAN- NA, Diritto penale e psichiatria di fronte alla malattia mentale, in Rassegna Italiana di

criminologia, 2000, pag. 338.

213 D’AMATO, La crisi del concetto di imputabilità e la necessità di un ripensamento sui

presupposti soggettivi della responsabilità penale, in Scritti in Onore di S. Moccia, Na-

poli, 2017, pag. 559.

214 D’AMATO, La crisi del concetto di imputabilità e la necessità di un ripensamento sui

presupposti soggettivi della responsabilità penale, in Scritti in Onore di S. Moccia, Na-

poli, 2017, pag. 560, richiamando la relazione a Senato della Repubblica, XVI Legisla- tura. Commissione Parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sa- nitario nazionale. Relazione finale sull’attività della Commissione, XXII-bis, n. 10, in

all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari, in cui si è evidenziata la assoluta inidoneità di questi ultimi e delle case di cura e di custodia a tu- telare i soggetti, rispettivamente, ivi internati o ricoverati, ha concluso nel senso di auspicare un ripensamento complessivo dell’istituto della non imputabilità e di tutti i suoi perniciosi corollari.

La Commissione chiaramente prospetta, al di là di modificazioni puntuali, che appaiono davvero urgenti e indifferibili, che abolizione dell’istituto della non imputabilità è un intervento che inciderebbe sino alle radici l’impostazione del codice penale attualmente vigente e che non si può che evocarlo, senza comunque rinunciare ad indicarlo quale «approdo necessario».215

4. La rilevanza giurisprudenziale delle recenti acquisizioni ge-

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