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SEZIONE PRIMA

7. La sentenza della Corte Costituzionale n 22/

La sentenza della Corte Costituzionale n. 22/2017317, che ha riget- tato un’altra questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1-

317 Per consultare la sentenza n. 22/2017 della Corte Costituzionale cfr. http://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do , per un commento alla sentenza cfr. COLLICA, I limiti di durata delle misure di sicurezza detentiva al vaglio della Corte

quater, del decreto legge 31 marzo 2014 n. 52, sollevata dal Giudice per

le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Napoli, con ordinanza del 21 maggio 2015, nella parte in cui «stabilisce che le misure di sicu- rezza detentive, provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle resi- denze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare ol- tre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione massima (…)».

Il giudice rimettente riferiva di dover sciogliere una «riserva di de- cidere» relativa a una persona indagata per i reati di cui agli artt. 337, 582 e 635, secondo comma, c.p., nei cui confronti il procedimento era stato sospeso ai sensi dell’art. 71 c.p.p.

L’indagato era stato sottoposto alla misura di sicurezza provviso- ria, ai sensi dell’art. 206 c.p., del ricovero in ospedale psichiatrico giudi- ziario con provvedimento del 28 maggio 2005, sempre riconfermato, ed era ancora internato, nonostante fosse decorso il termine massimo fissato dalla legge n. 52/2014.

Il Giudice remittente rappresentava che lo stato della persona inter- nata fosse «del tutto preoccupante», essendo questi affetto da «psicosi cronica con sintomatologia delirante di grandezza, fenomeni allucinatori, disorganizzazione del pensiero, assenza dei poteri di critica e di giudizio, eteroaggressività e condotte compulsive alla base dell’iperfagia alimenta- re e dell’episodica ingestione di sostanze non commestibili (pica), iper- tensione arteriosa, broncopatia asmatica, tabagismo cronico, obesità gra- ve (all’ingresso oltre kg. 200), disturbi strutturali della coscienza (diso- rientamento, distraibilità, disturbi anamnesici, incoerenza ideativa), man-

Costituzionale: tra istanze di garanzia e riemergenti esigenze di difesa sociale, in Dirit-

cata autonomia alla cura di sé e dei propri spazi». Questa era stata la dia- gnosi del Dipartimento di salute mentale.

La relazione psichiatrica, redatta successivamente, del Dipartimen- to di salute mentale del 25 marzo 2015 aveva confermato la situazione di gravità psicopatologica dell’internato e specificava la possibilità di una sua allocazione «in prosieguo» presso una struttura residenziale alternati- va, purché avesse le caratteristiche di «alta intensità assistenziale e [di] congrua disponibilità di personale specializzato». Tuttavia, secondo la stessa relazione non vi erano strutture sul territorio disponibili all’accoglienza dell’internato, né la sua famiglia aveva l’intenzione di ac- coglierlo in casa.

Per tali motivi, secondo il Giudice remittente la norma impugnata è irragionevole, poiché fondante su interpretazioni delle vicende sociali che «vengono in fatto a rivelarsi fallaci in quanto divergenti dagli accadimen- ti della quotidianità». Secondo il Giudice, la norma fonderebbe la cessa- zione della misura di sicurezza detentiva alla pena edittale del reato per cui è stata applicata, invece che alla cessazione della pericolosità sociale, come disposto dall’art. 206, secondo comma, c.p.

Il Giudice remittente ha così sollevato il paradosso di una equipara- zione alle misure di sicurezza, pur avendo una diversa funzione, del prin- cipio proprio delle «misure di custodia cautelare», secondo il quale la mi- sura cautelare applicata «va sostituita quando non appare più proporzio- nata alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata (art. 299, comma 2, c.p.p.)», ovvero «la custodia cautelare perde efficacia quando è pronun- ciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta ad impugnazione, se la durata della custodia già subita non è inferiore alla pena irrogata (art. 300 comma 4, c.p.p.), e quindi, a maggior ragione, quando la custodia caute- lare sia superiore alla pena edittale massima prevista per quel reato». Ciò

comporterebbe un uguale trattamento per situazioni diverse, in violazione dell’art. 3 Cost., e la messa in libertà di una persona socialmente perico- losa, non potendo disporre «altre misure idonee, anche detentive», volte ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate e a contenerne la pericolosità sociale.

La Corte Costituzionale ha deciso di valutare la questione di legit- timità costituzionale, seppure questa sia stata sollevata in riferimento ad un comma diverso (comma 8 dell’art. 3-ter), che di fatto è inesistente, poiché il Giudice a quo ha comunque indicato il testo della norma, conte- stata come illegittima, corrispondente all’art. 1, comma 1-quater del de- creto legge 31 marzo 2014, n. 52.

La Corte espressamente afferma che «la norma impugnata è diretta

a evitare i cosiddetti ergastoli bianchi, cui può dar luogo la permanenza a tempo indeterminato in strutture detentive per l’esecuzione delle misu- re di sicurezza, e pone così fine a situazioni in cui per l’infermità menta- le, anche nel caso di commissione di reati di modesta gravità, persone senza supporti familiari o sociali rimanevano perennemente private della loro libertà in un contesto di natura penale» e che la questione rappre-

sentata desta effettivamente preoccupazione, poiché mancano sul territo- rio strutture idonee a soddisfare le esigenze di cura e di controllo delle persone ancora socialmente pericolose rimesse in libertà.

Tuttavia, la Corte ha ritenuto inammissibile la questione di legitti- mità, in forza dell’illegittimità costituzionale dell’art. 159, primo comma, c.p. disposta dalla sentenza n. 45 del 2015, nella parte «in cui, ove lo sta- to mentale dell’imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della prescrizione quando è accertato che tale stato è irreversibile». Infatti, nel caso posto all’attenzione della Corte, è ormai maturata la prescrizione,

pertanto, secondo il giudice rimettente l’avvenuta estinzione del reato andrebbe «dichiarata ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e degli artt. 70 comma 1 e 71 comma 1 c.p.p.», e inoltre «andrebbe comunque applicata la misura di sicurezza a norma dell’art. 205 comma 1 c.p.». La Consulta invita a tenere conto che nella fase delle indagini preliminari le misure di sicurez- za definitive non possono essere applicate e che, in ogni caso, le misure di sicurezza non sono applicabili con una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, come nel caso della prescrizione, poiché tale pronuncia difetta di accertamento della commissione del reato, presuppo- sto indefettibile per l’applicazione delle misure di sicurezza.318

Non si può, quindi, fare riferimento all’art. 205, primo comma, c.p. del codice penale, come propone il giudice rimettente, poiché, come af- fermato dalla giurisprudenza di legittimità: «Nessuna delle misure di si- curezza tra quelle indicate tassativamente dagli artt. 215 e 236 c.p., in re- lazione all’art. 199 stesso codice, può essere applicata [alla persona che sia stata prosciolta] per una causa diversa da quelle previste espressamen- te dagli artt. 49 (reato impossibile), 115 (istigazione ed accordo a com- mettere un delitto), 222 (reato commesso da persona non imputabile per infermità mentale e situazioni a queste equiparate), 224 (reato commesso da minore degli anni quattordici) c.p., in quanto presupposto indefettibile delle misure di sicurezza – compresa quella della libertà vigilata che ha carattere generale – prev[iste] dal codice penale è l’esistenza di una sen- tenza di condanna (salvo il disposto dell’art. 205 comma secondo in rela- zione all’art. 109 c.p.)».319

318 Sul punto cfr. anche il commento alla sentenza di COLLICA, I limiti di durata delle

misure di sicurezza detentiva al vaglio della Corte Costituzionale: tra istanze di garan- zia e riemergenti esigenze di difesa sociale, in Diritto Penale e Processo, 6/2017, pag.

768.

Ne deriva che quando il reato si estingue per prescrizione, le misure di sicurezza, provvisorie o definitive, risultano inapplicabili.

La Consulta, quindi, ha dichiarato inammissibile la questione di le- gittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1-quater, del decreto legge 31 marzo 2014, n. 52, in riferimento all’art. 3 Cost., poiché riguarda una norma che il Giudice per le indagini preliminari non deve applicare, per- ciò è stata dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.320

Le sentenze della Corte Costituzionale e l’orientamento positivo della Cassazione richiamata possono essere intesi come un ulteriore, utile passaggio «per il superamento dell’equivoco, riduttivo e non scientifico concetto di ‘socialmente pericoloso’», oltre che per un totale ripensamen- to del ‘sistema del doppio binario’, eventualmente anche alla luce dei primi risultati positivi del processo che oramai è avviato.321

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