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9.La Politica di Vicinato alla luce del Trattato di Lisbona

E’ opportuno esaminare come il nuovo quadro istituzionale originato dalla stesura del Trattato di Lisbona abbia influenzato e possa ancora influenzare la Politica di Vicinato dell’Unione Europea e, più generalmente, le relazioni esterne dell’Unione stessa.

L’attenzione deve porsi specificatamente sull’articolo 8 del Trattato dell’Unione Europea (TUE) che riproduce letteralmente il testo dell’articolo I-57 del mai entrato in vigore Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

Tale previsione normativa recita: “L’Unione Europea

svilupperà relazioni approfondite con i Paesi a lei vicini mirando a stabilire un’area comune di prosperità e buon vicinato, fondata sui valori caratterizzanti dell’Unione Europea e basata su strette cooperazioni con i Paesi confinanti”.

Il secondo comma di tale articolo elenca le possibili misure pratiche con cui realizzare gli scopi prefissati nel primo paragrafo: “L’Unione Europea può concludere accordi specifici

con i Paesi interessati. Tali accordi possono contenere obbligazioni reciproche come la possibilità di attivare iniziative comuni che porteranno a periodiche consultazioni reciproche”.

La dottrina30 ha spesso definito tale norma come “la clausola di

vicinato” aggiungendo però come tale disposizione usi una terminologia indefinita e quindi variamente interpretabile.

Si nota come la norma faccia riferimento a Paesi vicini: una interpretazione letterale lascia intendere che ci si riferisca esclusivamente agli Stati immediatamente confinanti mentre una interpretazione più estensiva può riferirsi anche ai Paesi confinanti dei confinanti stessi dell’Unione.

Questa seconda opzione è stata accettata della Commissione Europea come si può capire per esempio dall’ampliamento all’area del Caucaso della Politica di Vicinato: l’Armenia e l’Azerbaijan non hanno nessun confine comune con uno Stato membro dell’Unione.

Continuando ad analizzare il dettato normativo, ci si chiede cosa si intenda con relazioni approfondite: si presuppone quindi una forma più specifica e profonda della normale cooperazione, ma d’altra parte non viene specificata nessuna modalità di concretizzazione di tale forma più profonda di collaborazione.31

L’articolo 8 fa riferimento ad “accordi specifici” per raggiungere gli obiettivi prefissati: si riprende la dizione dell’articolo 217 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea che costituisce

30 D. Hanf, “The European Neighbourhood Policy in the Light of the New

“Neighbourhood Clause”, College of Europe, Bruges,2010.

31 Si nota come il Trattato non dia una definizione della forma di cooperazione

la prima base giuridica per gli Accordi di Associazione dell’Unione Europea con Paesi terzi.

La formulazione dell’articolo 8, però, non prevede esplicitamente procedure speciali (previste nell’articolo 217) per la stipula di tali accordi limitandosi a suggerire consultazioni periodiche per valutare l’effettiva messa in atto degli accordi in esame.

L’articolo 8 elenca anche due condizioni da rispettare nello stringere tali relazioni diplomatiche: i rapporti oggetto della disposizione normativa in esame devono essere basati sulla cooperazione reciproca e fondati sui valori caratterizzanti dell’Unione Europea.

Ad un primo esame, la disposizione relativa alla cooperazione sembra proclamare un principio di per sé evidente: accordi associativi devono essere concordati tra l’Unione Europea e i Paesi terzi coinvolti.

Una interpretazione possibile di tale dettato tende a escludere le “associazioni interne” dal principio di cooperazione enunciato dall’articolo 8; per associazioni interne si intende la partecipazione formale di Paesi terzi nel processo decisionale delle istituzioni dell’Unione Europea.

Alcuni problemi interpretativi possono nascere anche dalla seconda condizione elencata dal presente articolo: il rispetto dei valori fondanti dell’Unione.32

Si fa quindi riferimento anche ai criteri e valori politici indispensabili per gli Stati membri33.

32 Si può trovare un riferimento ai citati valori fondanti nell’articolo 2 del TUE:

“L’Unione è fondata sui valori del rispetto per la dignità umana, per la libertà, la democrazia,lo stato di diritto e i diritti umani, inclusi i diritti delle minoranze. Questi valori sono comuni a tutti gli Stati Membri in una società in cui il pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà e l’uguaglianza di genere prevale”

33 Si pensi all’articolo 49 del TUE per i requisiti di accesso all’Unione Europea

Una interpretazione letterale della disposizione evidenzia come l’Unione possa intrattenere tali relazioni approfondite con i Paesi confinanti esclusivamente se questi ultimi rispettano tali valori allo stesso livello e alla stessa intensità dei Paesi membri.

Una interpretazione più ampia porta invece ad includere in tale ambito di collaborazione anche i Paesi formalmente impegnatisi a rispettare tali valori fondanti pur non attuando attualmente misure atte a tale scopo.

Pur se la giurisprudenza della Corte di Giustizia e la dottrina attuale propendano per la prima di tali interpretazioni, si può osservare come la non immediata attuazione di tali valori non sia un ostacolo insormontabile per il riconoscimento dello status di Paese candidato ad entrare nell’Unione Europea.34

Analizzando tale interpretazione nell’ottica della Politica di Vicinato si può concludere come

l’Unione Europea si impegni in tali iniziative anche per diffondere i propri valori caratterizzanti e come un maggior coinvolgimento con i Paesi terzi debba necessariamente passare attraverso il rispetto di tali principi da parte dei paesi in questione.

L’articolo 8 del Trattato sull’Unione Europea ha una valenza principalmente programmatica evidenziando l’importanza che per l’Unione Europea riveste la stabilità politica ed economica dei Paesi ad essa confinanti.

Non viene concretamente individuata una metodologia di azione, per cui l’Unione Europea continua ad avere un notevole margine di discrezione per quanto riguarda le politiche e gli strumenti con cui portare avanti le proprie relazioni con i Paesi confinanti. Si può comunque riferire, ex articolo 8 del presente Trattato, un dovere per l’Unione Europea di adottare tali nuovi strumenti di

rispettare per gli Stati membri.

partnership e collaborazione come “Gli Accordi di Vicinato” solo per particolari forme di collegamento con i Paesi prescelti.

Si discute se tale dovere sia obbligatorio per l’UE.

La conseguenza principale di tale clausola,però, rimane senza dubbio la condizione che viene posta per instaurare relazioni particolari con Paesi terzi all’Unione : il fatto che queste siano basate sui valori fondanti della stessa Unione.

Sarà quindi la stessa Ue a esaminare ed eventualmente approvare i percorsi di “democratizzazione” dei Paesi terzi.

Sarà l’Unione a caratterizzare i valori di democrazia, rispetto dei diritti umani e stato di diritto e come questi siano stati interiorizzati dagli Stati terzi.

La mancata definizione di tali valori lascia una pressoché totale arbitrarietà alla Ue di definirli caso per caso senza possibilità per gli Stati coinvolti di far valere le proprie ragioni.

La relativa astrattezza della clausola proposta dall’articolo 8 può quindi essere alla base di alcune problematiche della Politica di Vicinato che nemmeno gli ulteriori sviluppi dell’Unione per il Mediterraneo né il Partenariato Orientale hanno reso meno evidenti.

Si nota come l’obiettivo principale della Politica di Vicinato e delle sue recenti derivazioni che sono state analizzate precedentemente sia la reazione di un comune quadro di riferimento per le relazioni tra l’Unione Europea e i Paesi a lei confinanti.

Tale obiettivo si evince per esempio dalla Dichiarazione di Barcellona e dalle dichiarazioni istitutive della più recente Unione per il Mediterraneo (anche il fatto stesso che ci si proponga di creare una “Unione” evidenzia come l’obiettivo principale sia l’istituzione di un comune modo di agire tra i Paesi coinvolti).

La realtà concreta diverge però dal quadro che emerge dai trattati e dalle dichiarazioni : l’Unione Europea sta continuando ad agire in maniera sostanzialmente differenziata nei confronti dei Paesi con cui entra in contatto.

Questo può sì agevolare la collaborazione,dato che si rispettano le particolarità e le problematiche di ogni singolo Paese confinante, ma certamente non comporta la creazione del quadro unitario che dovrebbe essere l’obiettivo finale della Politica di Vicinato.

I Paesi terzi, per raggiungere i requisiti richiesti per stringere le “relazioni approfondite” con l’Unione Europea ex art. 8, devono spesso applicare riforme di vario carattere.

L’Ue deve inoltre capire quali possano essere incentivi adeguati per i vari Paesi per spingerli a partecipare alla Politica di Vicinato: come precedentemente riportato, una partecipazione a tali programmi non comporta necessariamente una successiva adesione all’Unione Europea.

Questo giustifica il comportamento di alcuni Stati35 che non

hanno mai effettivamente accettato la partnership europea se non per usarla per preparare un successivo eventuale accesso all’Unione Europea.

Probabilmente,per una maggiore efficacia ed efficienza della Politica di Vicinato, i trattati istitutivi di quest’ultima dovrebbero espressamente riportare gli incentivi che gli Stati partecipanti avranno a loro vantaggio e le modalità con cui tali vantaggi saranno acquisiti: riportare quindi le tappe verso una più completa integrazione economica e politica.

Questo potrebbe però andare in contraddizione con i requisiti dell’articolo 8 che sono stati precedentemente esposti,ossia il rispetto dei valori fondanti dell’Unione Europea: riservare tali

incentivi anche a coloro che non hanno raggiunto tali standard sarebbe quindi impensabile.

Un’ulteriore problematica è quella relativa alla clausola condizionale da rispettarsi per i Paesi terzi che vogliono entrare in relazione con l’Unione Europea nell’ambito della Politica di Vicinato,ossia il rispettare i valori fondanti dell’Unione.

Si deve riflettere su quale metodo deve essere usato per analizzare se tali principi sono rispettati.

L’UE dovrebbe capire che in diversi casi le nazioni confinanti potrebbero essere in una situazione socio-politica completamente opposta a quella prevista dall’articolo 8 TUE e che gli incentivi proposti dalla Politica di Vicinato non riescono a convincere gli Stati confinanti ad entrare nella Politica di Vicinato.

L’ Ue dovrebbe inoltre, se tale clausola fosse compiutamente rispettata, arrivare a ridimensionare o addirittura a sospendere le relazioni con Paesi caratterizzati da una condotta antidemocratica come la Bielorussia e la Siria.