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Gli accordi di non divulgazione

2. GLI ACCORDI DEL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO NELLA RICERCA

2.2. G LI ACCORDI DEL T RASFERIMENTO T ECNOLOGICO NELLA RICERCA UNIVERSITARIA ( IN

2.2.3. Gli accordi di non divulgazione

71 materiali potrebbero essere trasferiti con diversi accordi e dunque potrebbero risultare obbligazioni antitetiche sulla medesima invenzione.

Dalle problematiche sopra delineate emerge, quindi, la necessità di un’architettura precisa e puntuale delle clausole contrattuali contenute negli M.T.A., avendo ben presente che la finalità cui deve tendere un accordo del genere è quella di “contenere condizioni di licenza in grado di conciliare i vari aspetti e consentire, così, che la proprietà intellettuale non blocchi l’attività scientifica, soprattutto pubblica” (Draft Report to the Commission 2007b, 51). A dispetto, comunque, delle problematiche potenzialmente emergenti, alcuni studi di natura economica sul tema del trasferimento tecnologico107 hanno recentemente evidenziato che apparentemente proprio l’impiego di M.T.A. consente di ridurre i costi transattivi della negoziazione fra le parti e dunque di incentivare l’attività brevettuale, facilitando la circolazione di materiale protetto. In particolare, Stern arriva persino a sostenere108 in un suo saggio che gli M.T.A. devono essere considerati un complemento per i brevetti (con particolare riguardo alle scoperte biotecnologiche): “Putting MTAs in place at the time of patent approval lowers the cost of mutually beneficial transactions between the developers of materials and follow-on researchers and widens the availability of patented biomaterials.”109

che designa informazioni “confidenziali” e con il quale le parti si impegnano a mantenerle segrete, pena la violazione dell'accordo stesso e il decorso di specifiche clausole penali in esso contenute. Come recita la locuzione stessa, appunto, esso crea una relazione di natura confidenziale tra le parti al fine di proteggere qualsiasi tipo di segreto industriale, salvaguardando informazioni commerciali non pubbliche.

La finalità di tali specie di accordi, evidentemente, è quella di mettere le parti in condizione di comprendere i processi commerciali dell'altra parte con il solo scopo di valutarne le potenziali relazioni/interazioni. Gli accordi di non divulgazione possono essere bilaterali (ciò entrambe le parti sono limitate nell'uso del materiale ricevuto) o possono limitare una sola delle parti. Nell’ambito accademico è normalmente nell’interesse universitario di evitare che vi siano fughe d’informazioni verso i partner societari che sondano la fattibilità della commercializzazione dell’invenzione prima di sottoscrivere uno qualsiasi degli accordi: sono questi i casi, dunque, degli accordi che limitano una sola delle parti.

Tra gli aspetti comunemente evidenziati negli accordi di non divulgazione si annoverano:

- la definizione delle parti dell'accordo;

- la definizione/elencazione di quale informazione debba essere ritenuta confidenziale.

Tendenzialmente trattasi di una lista di tipi di dati da includere, inclusi brevetti non pubblicati, conoscenze (know-how), schemi, informazioni finanziarie, verbali, strategie commerciali, ecc.;

- l'esclusione da quale informazione debba essere mantenuta confidenziale. Tipicamente le limitazioni d'uso dei dati confidenziali non saranno valide se: il beneficiario già conosce il materiale; il beneficiario è venuto a conoscenza del materiale da un'altra fonte; il materiale è disponibile pubblicamente; il materiale è stato ottenuto illegalmente; o il materiale è sottoposto ad ordinanza giudiziaria;

- il termine della confidenzialità;

- il termine di validità dell'accordo;

- le obbligazioni del beneficiario riguardo alle informazioni confidenziali ed i tipi di divulgazioni ammesse.

Nessuna delle disposizioni previste negli accordi di specie vengono interpretate come un obbligo per alcuna delle parti di stipulare ulteriori negozi. E comunque, nel caso

73 in cui, a seguito della valutazione delle informazioni da parte del ricevente, le parti decidano di sviluppare ulteriori rapporti di collaborazione, saranno le medesime parti a negoziare in buona fede separati ed appropriati accordi per tale fine.

Gli accordi di natura confidenziale rivestono un ruolo molto importante nelle trattative volte a negoziare un accordo diretto al trasferimento tecnologico, perché dall’eventuale fuga di notizie può dipendere, eventualmente, l’invalidazione del titolo ad esso sotteso. La debolezza di questi accordi risiede, inoltre, nell’essere poco vincolanti e di difficile riparazione in caso di inadempimento dal momento che l’eventuale e successiva sanzione non riesce comunque a riparare la dannosità connessa all’avvenuta fuga di notizie.

A ciò aggiungasi, infatti, che l’intervento giurisdizionale (cui peraltro le Università/centri di ricerca sono così restie nella pratica) arriverebbe comunque dopo che l’integrità del bene è stata definitivamente divulgata. La parte che avrà violato, cioè, la riservatezza dell’accordo sarà passibile di inadempimento contrattuale ma nel frattempo l’informazione prima riservata sarà divenuta pubblica e pertanto rilevante nel giudizio di validità dell’eventuale brevetto depositato (e/o di riservatezza del know-how e/o segreto industriale trasferito).

A ben vedere, però, gli accordi di non divulgazione possono rivestire un ruolo decisivo non solo nella fase pre-contrattuale ma anche in quella successiva, dal momento che possono aiutare ad interpretare la volontà delle parti in caso di contenzioso o a ricostruire la reale natura e portata delle informazioni riservate in esso contenute. A tal riguardo, infatti, uno dei problemi più delicati si verifica quando le informazioni riservate acquisite nel corso dei primi contatti commerciali vengono utilizzate dall’avente causa (per lo più il licenziatario) per minacciare od ottenere l’invalidazione di diritti nel corso della successiva relazione contrattuale, grazie a dettagli o a circostanze delle quali si è venuti a conoscenza durante la fase delle trattative. Recentemente la giurisprudenza statunitense si è espressa110 nel senso di avallare la pratica della possibile invalidazione del titolo da parte del licenziatario contestualmente alla sospensione del pagamento dei canoni, con ciò evidentemente incentivando i licenzianti all’uso delle cd. “non challenge clauses” (clausole di non contestazione), a mezzo delle quali il licenziatario s’impegna contrattualmente a non

110 Si veda l’avvincendarsi delle conclusioni giudiziali contenute in Lear, Inc. v. Adkins, 395 U.S. 653, (1969), poi Gen-Probe Incorporated, Plaintiff-Cross Appellant, v. VYSIS, INC., 02 1617 (Fed. Circ. 2004), poi più recentemente in MedImmune, Inc. v. Genentech, Inc., 427 F.3d 958 (Fed. Cir. 2005) in cui la Suprema Corte ha ritenuto che l’esistenza della licenza da sola (anche senza aver commesso prima un qualche inadempimento) non impedisce il licenziatario dal contestare la validità del brevetto, che pertanto può essere invalidato in ogni momento.

eccepire la invalidazione dei diritti una volta licenziati. Vale qui appena il caso di anticipare111 che la clausola di non contestazione contenuta in un accordo di licenza di brevetto, a seconda del contesto giuridico ed economico, può avere natura restrittiva della concorrenza ai sensi dell' art. 85, n. 1, del trattato CEE. Una clausola del genere112 non ha tuttavia natura restrittiva qualora la licenza che la contiene sia stata concessa a titolo gratuito ed il licenziatario non possa quindi subire svantaggi concorrenziali relativi al pagamento di compensi, ovvero qualora la licenza, pur essendo stata concessa a titolo oneroso, riguardi un procedimento tecnicamente superato del quale l'impresa che ha accettato l'obbligo di non contestazione non si valeva113 .

Occorre infine pensare al fatto che la tecnologia trasferita a mezzo degli accordi tende a rigenerarsi e che per questo ad ogni accordo di non divulgazione può far seguito una serie indefinita di accordi che dovranno, di volta in volta, essere ricontrattualizzati e per i quali dovrà essere indicata l’informazione da rendere confidenziale. È in questo senso che si è soliti parlare, allora, del peso dei costi transattivi legati alla fase di negoziazione: questi accordi potrebbero essere visti come uno dei potenziali costi in grandi di impattare negativamente il trasferimento. A nostro avviso, invece, questi accordi rivestono un’importanza strategica eccezionale. Anche ammettendo, cioè, che essi possano essere considerati un costo nel corso delle negoziazioni, la loro assenza o comunque la loro non attenta redazione può avere un impatto pesantemente negativo nel trasferimento tecnologico. Si tratta a nostro parere, dunque, di un costo assolutamente necessario.