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La durata del contratto e le cause di risoluzione

3. LE PROBLEMATICHE SOTTESE AI CONTRATTI DI LICENZA DI

3.1. I PIÙ RECENTI SVILUPPI DELL ’ ANALISI ECONOMICA DELLE LICENZE DI INVENZIONI

3.2.6. La durata del contratto e le cause di risoluzione

137 su un altro trovato. Il che, evidentemente, significherebbe, se dimostrato, aumentare la produttività economica ed il progresso scientifico in generale. Ed aiuterebbe altresì a capire come stipulare contratti a breve durata possa essere visto come una forma alternativa di incentivo per quelle imprese che possono riconvertire in breve tempo la produzione e cambiare la loro politica industriale.

Dal punto di vista delle istituzioni licenzianti, evidentemente, non si può mancare di sottolineare i potenziali effetti dannosi che l’adozione di una licenza di breve durata potrebbe comportare. Difficilmente, infatti, al termine del contratto l’ente di ricerca potrà ricollocare la tecnologia sul mercato che, seppur licenziata in maniera non esclusiva, presenterà già un folto numero di concorrenti ed uno stato della tecnica oltremodo avanzato ed affollato. Non si sono ad oggi riscontrati studi analitico-empirici sul punto, il che è sintomo di una lacuna della dottrina su queste tematiche. Ci si augura, quindi, che nel prosieguo la letteratura possa colmare questo vuoto. Non ci pare, in realtà, del tutto auspicabile la propensione per una serie di licenze a breve durata anche a causa delle spese di negoziazione e di amministrazione dei contratti che irrimediabilmente scaturiscono da questa operazione. Visti i costi di individuazione del licenziatario e vista la dipendenza di quest’ultimo dalla privativa del licenziante, anche in termini di investimenti per lo sviluppo e la commercializzazione, non pare del tutto fuori luogo l’opinione per cui la continua rinegoziazione di contratti di licenza possa essere persino più dannosa degli effetti che, come illustrato sopra, mirerebbe a sanare. Granieri256 conforta la nostra tesi quando dice che “i rimedi contro gli inadempimenti devono essere ispirati a un’esigenza di repressione delle condotte scorrette e di contemporanea manutenzione del vincolo contrattuale e incentivazione al corretto adempimento”. Anche ad opinione del giurista, cioè, la conservazione del vincolo contrattuale, quando ciò è conveniente, paga di più della rinegoziazione del contratto con altri licenziatari. Ad ulteriore e definitiva conferma della nostra convinzione, Mills e Tereskerz257 suggeriscono “che non è nell’interesse del licenziante (chiunque esso sia) mettere in forse la sopravvivenza del licenziatario”. E ciò anche perché, a nostro avviso, una nuova fase di ricerca di un licenziatario andrebbe ad impattare negativamente lo sfruttamento dei titoli e dunque l’operazione del trasferimento.

256 M. Granieri, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria: invenzioni accademiche e trasferimento tecnologico, Il mulino, 2010.

257 A.E. Mills, P. Tereskerz, The Tragedy of the Commons (and Anti-Commons), in (ed) R. Kolb, The Encyclopedia of Business Ethics and Society, 2007.

C’è anche chi258 avanza, eventualmente, l’ipotesi di modulare la durata del contratto giocando sul profilo dell’esclusiva: ad esempio una licenza esclusiva in capo all’Università solo per un certo periodo di tempo (per poter assicurare al licenziatario una fase iniziale di preferenza sul mercato) e poi magari mutare la licenza in via non esclusiva a beneficio di più licenziatari.

Passando adesso alle varie cause di risoluzione, i contratti di licenza, a prescindere dalla loro durata, tendono a risolversi per degli ordini di motivi che per comodità divideremo in due macro-categorie: la prima, inadempimenti del licenziatario legati al mancato adempimento di obiettivi oggettivi; la seconda, inadempimenti del licenziatario legati a suoi comportamenti soggettivi. Nella prima categoria ricadono tutti quei casi (come le licenze nel settore biotecnologico o fitofarmaceutico attraverso la previsione delle milestones) in cui la prosecuzione del rapporto dipende dall’adempimento di condizioni contrattuali cui è sospensivamente legato il rapporto e che “mantengono focalizzate le parti sugli obiettivi intermedi e finali da raggiungere”259. D’altra parte, non sempre è così facile individuare un inadempimento da parte del licenziatario ed in ogni caso ciò può portare potenzialmente a conflitti che richiedono spendite di tempo e di costi. Nella seconda categoria, invece, ricadono tutta quella serie di inadempimenti che sono legati alla condotta (dolosa o colposa) del licenziatario. Com’è evidente, i comportamenti possono essere i più vari -poiché legati ad una condotta soggettiva del licenziatario- e non si ha qui la pretesa di volerli elencare in modo esaustivo. Fra essi, ci si limita qui a ricordare i più significativi: il moral hazard; l’inventing o patenting around; l’under-reporting; lo shelving; il technology flipping. Qui di seguito un breve inquadramento concettuale di ognuno di essi260.

Del moral hazard si è già parlato a lungo in precedenza, qualificandolo come comportamento opportunistico del licenziatario che vuole arrestare lo sviluppo della tecnologia licenziata per seguire i suoi interessi personali della ricerca.

258 M. Granieri, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria: invenzioni accademiche e trasferimento tecnologico, 2010.

259 J. Oheler, a cura di A. Krattiger, R.T. Mahoney, L. Nelsen, J.A. Thomson, A.B. Bennett, K. Satyanarayana, G.D. Graff, C. Fernandez e S.P. Kolawsk, Using milestones in healthcare product licensing deals to assure access in developing countries, in Intellectual Property Management in Health and Agricultural Innovation. A Handbook of Best Practices, MIHR, 2000.

260 Da alcune indagini dottrinali condotte a livello europeo e statunitense , comunque, le cause soggettive più frequenti di risoluzione sono: il mancato pagamento delle royalties; la mancata copertura dei costi con i redditi provenienti dalle licenze; il repentino shift della politica aziendale ed economica dell’impresa e la conseguente perdita, da parte di quest’ultima, del suo interesse nella continuazione della licenza; la decisione aziendale di cambiare il business o il prodotto da sviluppare avendone creato ex novo uno da esso dipendente (sia per caratteristiche, funzionamento, ecc.) tanto che la proprietà intellettuale non è più utile a livello commerciale e strategico.

139 Col termine di inventing o patenting around si deve intendere il comportamento di chi intende eludere il pagamento delle royalties a mezzo dello sviluppo di tecnologie alternative (ovvero brevetta miglioramenti delle caratteristiche, funzioni della tecnologia principale) dipendenti dalla licenza principale. Si è anche detto che per contrastare il primo si auspica il ricorso a corrispettivi variabili e contro il secondo obblighi di licenze incrociate o retro-licenze in modo da incentivare il perfezionamento della tecnologia licenziata e nel contempo garantirsi la possibilità di beneficiarne (il che, evidentemente, implica anche che le parti devono indicare precisamente nel contratto miglioramenti e perfezionamenti nonché la proprietà intellettuale derivata nel modo più dettagliato possibile).

Con il termine di under-reporting si definiscono tutte quelle condotte volte ad oscurare il report completo delle vendite del trovato. Si dirà come una delle possibili metodologie per ovviare a questo rischio è quella di instaurare procedure di controllo chiamate “audit”. La procedura dell’audit261 è normalmente a carico del licenziatario e viene dettagliatamente descritta nel contratto. Qualora dalla procedura di controllo siano emerse irregolarità superiori al valore soglia tollerato (che nella prassi internazionale si aggira attorno al 5%), il licenziatario è tenuto a riparare ai canoni elusi, in primo luogo, e subordinatamente, ove previsto, a risolvere il contratto.

Lo shelving, invece, consiste nel comportamento del licenziatario volto a prendere in concessione un trovato senza avere l’intenzione di svilupparne la commercializzazione, dal momento che il reale motivo per il quale lo aveva approcciato era quello di sottrarre il bene ai concorrenti. Come si diceva per il fenomeno del moral hazard, anche in questo caso la previsione di canoni variabili o lump-sum fisse potrebbe scoraggiare questa tendenza anti-concorrenziale del licenziatario.

Interessante, infine, è il caso della sub-licenza, ove, come sempre Granieri262 ci ricorda, non sono infrequenti clausole, soprattutto nel commercio internazionale di tecnologie, nelle quali si dice che “la risoluzione della licenza non compromette la sorte delle eventuali

261 L’audit normalmente costituisce una verifica sui seguenti aspetti (de minimis): 1) verificare l’accuratezza del report; 2) determinare se la presenza nel mercato di riferimento ha incontrato gli obiettivi prefissati; 3) verificare la qualità del prodotto a mezzo di test (eventuale invio al Centro di Ricerca); 4) verificare la strategia marketing adottata; 5) monitorare i luoghi di esportazione dei trovati e verificarne la corrispondenza nell’accordo; 6) verificare l’uso del marchio; 7) testare se la licenza ha bisogno di una qualche modifica-rinegoziazione; 8) verificare se il licenziatario è soddisfatto della sua licenza e prendere degli accorgimenti contrattuali correttivi entro un breve periodo di tempo; 9) verificare i costi della licenza secondaria.

262 M. Granieri, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria: invenzioni accademiche e trasferimento tecnologico, 2010.

sub-licenze concesse dal licenziatario, con diritto del licenziante di risolverle successivamente o di subentrare nei rapporti”. A dire il vero non si sono trovati precedenti nella giurisprudenza comunitaria e statunitense di siffatte problematiche, ma ci pare di poter dire che questa possibilità alla fine possa essere foriera di più problemi di quanti non ne intenda risolvere invocando il principio di conservazione del contratto. Non si dimentichi, infatti, che per evitare che il licenziatario eluda gli obblighi a esso facenti capo, si prevede che le condizioni di sub-licenza debbano essere tendenzialmente più onerose. In questo modo, si evita che il licenziatario possa lucrare dalla concessione in sub-licenza e devolvere così a terzi la produzione e commercializzazione del trovato. Per cui l’eventuale sopravvivenza alla licenza principale delle sub-licenze da essa dipendenti potrebbe, a nostro avviso, solo causare dei discreti squilibri nel mercato. Questo fenomeno di opportunismo contrattuale è da qualcuno chiamato technology flipping, e consiste appunto nel comportamento del sub-licenziante che tende lucrare sui canoni imposti al sub-licenziatario piuttosto che procedere alla vendita dei beni presi con la licenza principale, distorcendo in questo modo la catena dell’innovazione ed aumentando i costi di monitoraggio in capo all’Università. D’altra parte non si dimentichi che il goal del trasferimento tecnologico è proprio la massimizzazione del trasferimento e la produzione di innovazione e che siffatti comportamenti opportunistici da parte del licenziatario costringono l’Università a tenere un monitoraggio continuo, che si traduce in costi ed impegni non indifferenti.

È stato ampiamente comprovato263, infine, che la risoluzione del rapporto (anche come conseguenza del recesso unilaterale del licenziante) è un rimedio o un effetto che le stesse parti possono concordare come rimedio d’uscita a fronte dell’accertata impossibilità di raggiungere un determinato obiettivo. Anzi, vi è pure chi sostiene che la minaccia di risoluzione può essere più efficace della sanzione stessa. Secondo Thursby e Thursby264, anzi, l’effettività del monitoraggio dipende da quanto credibile è la minaccia che il licenziante receda dal rapporto.

263 J.G. Thursby, M.C. Thursby e Dechenaux, Shirking, Sharing Risk, and Shelving: The Role of University License Contracts, NBER Working Paper, 2005.

264 Ibidem.

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