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L’esclusività e la non esclusività delle licenze

4. LE BEST PRACTICES NEI CONTRATTI DI LICENZA BREVETTUALE

4.4 I PROFILI RILEVANTI PER L ’ INDIVIDUAZIONE DI BEST PRACTICES CONTRATTUALI

4.4.2. L’esclusività e la non esclusività delle licenze

183 che per le resistenze del licenziatario, può essere consigliabile ricorrere a licenze incrociate (cross licenses), talora rilasciate in bianco (blanket o package licenses), cioè riferite a tutti i diritti potenzialmente scaturenti da una data tecnologia e dalle sue possibili, future versioni.

che questi costi siano l’elemento determinante per far propendere le Università ed i Centri di ricerca verso una licenza esclusiva.

Ricorrere ad una licenza esclusiva, invece, dall’altro lato può costituire la scelta commerciale migliore quando la tecnologia da traferire richiede un grande investimento per sviluppare il suo potenziale di mercato. Il licenziatario avrà gli stimoli giusti per sopportare il rischio della fase di sviluppo solo e se potrà contare su una futura posizione esclusiva nello sfruttamento commerciale della tecnologia322. A tali condizioni, una licenza esclusiva assicurerebbe agli investitori di preservare il capitale e le energie investite senza dover temere gli attacchi concorrenziali di terzi che astrattamente potrebbero intervenire nel mercato prima di aver avuto il tempo di recuperare gli investimenti a mezzo delle vendite.

Infatti, una licenza esclusiva tout court ha il potenziale vantaggio di escludere tutti gli sviluppatori potenziali del trovato brevettuale da tutti i campi. Una licenza in cui l’esclusiva è confinata al campo d’uso, invece, non riesce ad evitare che altri soggetti possano ottenere licenze connesse a diversi impieghi del prodotto. Senza contare, peraltro, che il licenziatario esclusivo tende sempre ad addossarsi tutti i costi di un eventuale giudizio e per l’Università questo rappresenta un indiscutibile vantaggio. Per questo l'industria è in genere interessata prevalentemente alle licenze esclusive quale fonte di vantaggio competitivo. Un’area ove si tende a licenziare in via esclusiva è tradizionalmente quella chimico-farmaceutica, nella quale ci possono volere anche dieci anni e notevoli investimenti per sviluppare un prodotto finale. Dalle licenze esclusive non provengono necessariamente, però, i proventi più elevati, come evidenziato in uno studio economico condotto sull’attività brevettuale praticata presso la Columbia University, la Stanford University e l’University of California da Thursby e Thursby. Peraltro lo studio ha rivelato anche che le licenze d’invenzione accademica che avevano raccolto maggiori introiti erano state concesse a livello non esclusivo (“What is immediately striking is the very high percentage of licences (54.5 per cent) that are non-exclusive”323). Non manca, comunque, chi non valuti negativamente l’impatto dell’esclusiva, a prescindere dal settore in cui questa si collochi324. Prima di tutto, licenziare ad un solo soggetto significa, in qualche modo, dipendere dal suo comportamento e dalla

322 J.G. Thursby, M.C. Thursby, Industry/University Licensing: Characteristics, Concerns and Issues from the Perspective of the Buyer, Journal of Technology Transfer, 2003.

323 J.G. Thursby, M.C. Thursby, University licensing, Oxford Review of Economic Policy, 2007.

324 Cfr., tra gli altri, M. Lemley, Are Universities Patent Trolls?, Fordham Intellectual Property, Media & Entertainment Law Journal, 2008: “(…) In fact, however, this higher royalty rate may or may not translate into a higher revenue stream for the university (…). And exclusive licenses can block any development of a technology if the licensee doesn’t deliver”.

185 sua diligenza. La scrupolosità ed il suo rendimento sono, quantomai nel caso di esclusiva, un elemento da tenere sotto particolare controllo se si vogliono evitare i comportamenti rischiosi dell’” “inventing” o del “patenting around”. Siffatti comportamenti si verificano quando, per eludere l’esclusiva, il licenziatario inizia a sviluppare tecnologie alternative a quelle del licenziante per sottrarsi al pagamento delle royalties, ovvero a brevettare caratteristiche, processi, miglioramenti della tecnologia per creare forme di dipendenza con la tecnologia brevettata da contrapporre in rinegoziazioni con il licenziante (è comunque evidente che a livello contrattuale si possa evitare che il licenziatario esamini la tecnologia sotto licenza in modo tale da impedirgli di brevettare alcunché di nuovo). Ad esempio, se ci concentriamo sul profilo del potenziale impatto che le licenze possono avere sulle pubblicazioni accademiche, quella esclusiva sembra essere la tipologia di licenza che più ne influenza, in senso negativo, l’andamento. Uno studio condotto da Mowery325 sull’impatto che l’esclusività di una licenza può avere sulle pubblicazioni accademiche rileva che proprio nei casi di licenze esclusive si riscontrano i gap più importanti tra attività di licensing accademico e citazioni. Mowery interpreta questi risultati sulla base del fatto che la natura delle licenze, come visto poco sopra, è quella di un contratto incompleto ex se e che pertanto i licenziatari hanno un naturale bisogno di accedere al know-how trasferito dagli inventori. Siffatto accesso è meno impellente per quelle invenzioni che sono licenziate su base non esclusiva mentre normalmente a mezzo di licenze esclusive si tendono a trasferire trovati embrionali in fase di sviluppo (proof and prototypes) che richiedono ulteriori sforzi degli inventori anche nello sviluppo. Proprio per questo siffatti trovati necessitano anche del trasferimento di tutta quella conoscenza non codificata -know-how- in capo ai ricercatori326 che evidentemente può essere in grado di bloccare la loro produttività accademica. C'è infine chi327 riporta che un regime di licenze esclusive possa compromettere l’allargamento e la specializzazione di certi settori merceologici e che una

325 D.C. Mowery, A. Arvids, A. Ziedonis, The geographic reach of market and non-market channels of technology transfer: comparing citations and licenses of university patents, National Bureau of Economic Research, 2001.

326 Cfr. A. Arora, Licensing Tacit Knowledge: Intellectual Property Rights and the Market for Know-How, Economics of Innovation and New Technology, 1995.

327 C. Balderi, G. Conti, M. Granieri, A. Piccaluga, And Yet it Does Move!’ University Patenting and Licensing in Italy.

Differences and Similarities in the Management of Technology Transfer Activities at European Level, Management &

Innovation Laboratory, 2007.

tale conseguenza sarebbe incompatibile con un sistema di finanziamenti ottenuti con i fondi pubblici per la ricerca328.

A nostro avviso, si può affermare che non esiste una tipologia migliore o peggiore di licenza d’invenzione accademica329, poiché solo il tipo di tecnologia brevettata consente di inquadrare gli elementi rilevanti per stipulare un accordo. Granieri ed altri330 evidenziano che tra le caratteristiche che occorre tenere in considerazione, per valutare l’opportunità e convenienza di una licenza piuttosto che di un’altra, vi sono: (a) la scala di diritti che lo sponsor della ricerca si è riservato nello sfruttamento commerciale della tecnologia (opzioni, diritti di prelazione, ecc), (b) il livello di maturità della tecnologia da brevettare, (c) la presenza di know-how associato al brevetto, e la possibilità di poter contare sulla collaborazione ex post con gli inventori per favorire lo scambio di informazioni non codificate (anche se codificabili); (d) eventuali oneri normativi (cfr. prodotti farmaceutici), (e) i possibili campi di utilizzo della tecnologia che consentono opzioni multiple nel campo di utilizzo delle licenze e una maggiore diffusione dei risultati della ricerca; (f) la durata residua della protezione del brevetto rispetto alle tendenze del mercato, (g) la conformità con la tecnologia e con gli standard di mercato (principalmente nel settore della Information Technology), (h) la probabilità di bloccare eventuali contraffazioni o illegittimità e di recuperare le perdite di profitti.

Se si cominciasse a negoziare i punti più importanti della licenza secondo i sopra detti criteri e si iniziassero a valutare -tutti inscindibilmente- quali fattori di vantaggio competitivo, allora il criterio di scelta fra le due opzioni sarebbe più agevole e si arriverebbe a soluzioni più mirate. Ciò significa, dunque, che per essere sfruttate al meglio, le licenze richiedono che le complessità e difficoltà operative del caso vengano vagliate alla luce di

328 In alcuni settori - soprattutto nelle scienze biochimiche - il tempo necessario per la commercializzazione è particolarmente lungo a causa dello sviluppo e della necessaria fase di regolamentazione di essa. Di conseguenza, il rischio che una tecnologia licenziata ad un solo soggetto industriale possa non raggiungere il mercato è molto alta e con esso le conseguenze negative che ciò comporta per le industrie. Proprio al contrario, in altri settori industriali, la scelta dell’esclusività può dipendere dai ricavi più elevati che la posizione “solitaria” del licenziatario è in grado di generare e, di conseguenza, dai ricavi che il licenziante può godere in termini di royalties. Insomma, per l’Università il costo/opportunità legata alla concessione di una licenza esclusiva devono essere vagliate anche alla luce della perdita di opportunità precluse per il solo fatto che è stato prescelto un solo licenziatario e del rischio che quest'ultimo possa non essere in grado di arrivare con successo allo sviluppo ed allo sfruttamento di tecnologia in conformità alla domanda del mercato. Ogni licenziante deve cioè conoscere bene il rischio di dipendere da un’unica controparte.

329 Contra: AAUP report: Recommended Principles & Practices to Guide Academy-Industry Relationships, 2012: le licenze dovrebbero avere carattere non esclusivo, e se esclusive non dovrebbero durare meno di 8 anni (in più occorre che venga allegato un report che spieghi perchè si è scelto una licenza esclusiva).

330 Cfr. C. Balderi, G. Conti, M. Granieri, A. Piccaluga, And Yet it Does Move!’ University Patenting and Licensing in Italy. Differences and Similarities in the Management of Technology Transfer Activities at European Level, Management

& Innovation Laboratory, 2007.

187 tutte le variabili sopra considerate. Normalmente, infatti, per contenere i costi e per consentire lo sfruttamento commerciale di una determinata tecnologia specie quando il tasso di obsolescenza è alto, l’Ufficio per il trasferimento tecnologico universitario tende a preferire una licenza esclusiva anziché concedersi il tempo necessario per identificare e negoziare (con il rischio che un accordo non venga raggiunto). Ciò porta inevitabilmente l’Ufficio a dimenticarsi del cd. B.A.T.N.A. (migliore alternativa a un accordo negoziato), ma a concentrarsi solo su quella che viene generalmente identificata come la migliore soluzione per massimizzare il vantaggio competitivo: l’esclusiva. In realtà, come correttamente illustrano Granieri ed altri331, in questo modo l’Ufficio non sa a quante e a quali alternative di potenziali licenziatari sta rinunciando e quanti di loro potrebbero essere eventualmente disposti ad accettare una licenza non esclusiva. Anche se il goal più alto per un Ufficio di Trasferimento Tecnologico universitario è sempre quello di allocare l’invenzione a mezzo di licenza esclusiva, una licenza esclusiva tout court potrebbe di fatto escludere sviluppatori potenziali in campi nuovi dal licenziare ad altri il prodotto brevettato. In sostanza, cioè, l’Ufficio dovrebbe arrivare a capire quando, come ed in quali contesti che tipi di licenze licenziare. Oppure, perché no, non licenziare affatto e ricorrere a sistemi di commercializzazione del trovato alternativi (pensiamo al settore dei software, per il quale in alcuni casi non licenziare affatto o licenziare su una royalty free base -open source license- è forse la metodologia migliore per diffondere la tecnologia).

Insomma, esistono svariate modalità per modulare una licenza d’invenzione accademica che non impediscono, pur nella loro esclusività, di sviluppare la tecnologia in altri contesti, oppure di usarla nei paesi in via di sviluppo, o di calibrarla in alcune aree ed in altre no, o di adottare certi meccanismi volti ad ovviare ai punti deboli dell’una e dell’altra tipologia in un unico contesto. Per esempio, si potrebbe pensare di utilizzare licenze esclusive per un solo settore e per un periodo di tempo determinato, salvo poi aprire la possibilità ad entrare nel mercato ad altri soggetti e dunque convertirle in licenze non esclusive in caso di mancato raggiungimento di obiettivi minimi prefissati (“convertible lexclusive-non exclusive licenses”) o anche concedere un’esclusività tout court in relazione solo a certe finalità ma non ad altre, o ancora solo per finalità commerciali riservandosi la ricerca e

331 Cfr. C. Balderi, G. Conti, M. Granieri, A. Piccaluga, And Yet it Does Move!’ University Patenting and Licensing in Italy. Differences and Similarities in the Management of Technology Transfer Activities at European Level, Management

& Innovation Laboratory, 2007.

lo sviluppo. In alcuni casi il timore di vedersi spogliati dell’esclusiva e quello di assistere a che altri beneficino degli investimenti sostenuti da loro stessi può costituire un buon incentivo per minimizzare i rischi che la dipendenza da un solo soggetto del mercato può causare. Dall’altra parte, le “convertible non exclusive-exsclusive licenses” funzionano in modo tale che, allorchè il licenziatario incontri determinati standard produttivi (fissati discrezionalmente dal licenziante), come premio l’Università converte l’intera licenza, o alcuni aspetti di essa, nella forma esclusiva. In alcuni casi siffatte licenze possono prevedere anche solo la diminuzione dei quantitativi royalty dovuti in capo al licenziatario. Il problema cui s’incorre nella pratica, però, è che gli Uffici del trasferimento tecnologico non riescono a fronteggiare, sia in termini di tempo, di risorse e di competenze, al confezionamento ad hoc di licenze siffatte. Tendenzialmente nella fase iniziale delle trattative le imprese licenziatarie tendono infatti a rivendicare un’esclusiva ampia in tutti i campi d’uso, ma è sempre buona norma partire dalla concessione di essa nella misura più ampia possibile solo per un certo tempo determinato, e poi, in fasce di tempo assegnate, passare a restringere i campi di utilizzo (a seconda delle scelte economico-commerciali della licenziante o dei campi in cui la licenziataria sembra aver ottenuto i risultati migliori).

Queste soluzioni, che noi qui chiamiamo “di modulazione”, trovano una loro definizione tecnica nel termine di licenza “ibrida”, ovvero un modello di licenza creativa332 che calibra in sè alcuni aspetti di esclusiva ed altri di non esclusiva.

Volendo stigmatizzare quanto sopra espresso:

- le licenze esclusive e quelle non esclusive soddisfano obiettivi socio-economici precisi e, volendo essere analitici, differenti. La diversità degli stessi dipende dal tipo di tecnologia, dallo stadio della sua evoluzione, dal grado di innovatività rispetto allo stato dell’arte in cui essa si inserisce. All'interno delle licenze esclusive, ci sono molte opzioni possibili da vagliare caso per caso, come ad esempio l'esclusività limitata ad un determinato campo di utilizzo, ad un certo territorio, o per periodi di tempo limitati.

- la delimitazione precisa e dettagliata del campo di utilizzo all’interno delle licenze dovrebbe essere adottata come metodo preferenziale della concessione di esse. Esso consente di ottenere un maggiore controllo sulla tecnologia licenziata, ottimizzando l'uso e il valore di essa. Assumere, pertanto, un atteggiamento flessibile nei negoziati e studiare le

332 Questo modello trova la sua prima consacrazione formale nel modello di licenza inglese del cd. “Lambert Model contract” nel 2005.

189 motivazioni di fondo del licenziatario nonché il suo modello di business con attenzione è senza alcun dubbio il modo più efficiente per ottenere incentivi elevati.

- si tende a consigliare, affinché l’operazione possa attrarre l’investitore, di mantenere una licenza esclusiva nel paese in cui la licenziataria abbia sede, ed invece negli altri paesi, se del caso, una non esclusiva. In questa maniera l’Università può riservarsi il ruolo di rappresentante esclusivo delle vendite del licenziatario nel resto dei paesi. Una soluzione333 può essere anche quella di impiegare nel contratto una clausola “catch-all” nelle vendite dei trovati in modo da impedire al licenziatario di offrire in vendita il prodotto al di fuori del mercato territoriale allo stesso riservato, o comunque in quello ove l’Università mantiene la sua esclusività o ha già rapporti con un altro licenziatario esclusivo per quel territorio specifico.

- a prescindere dal tipo di licenza prescelto, ove prevista, la facoltà di concedere in sub-licenza va strutturata nel modo più dettagliato e blindante possibile. Questo per evitare che la licenziante perda il controllo della filiera delle licenze e la licenziataria conceda il suo brevetto a terzi concorrenti o comunque a soggetti non graditi alle Università. Potrebbe essere conveniente, allora, inserire una clausola di parere preventivo-approvazione dei sub-licenziatari da parte dell’Università. Lo stesso dicasi, ovviamente, allorché nell’accordo si sia prevista la cessione della licenza a terzi.

- gli operatori degli Uffici del trasferimento tecnologico universitari dovranno assumere un atteggiamento flessibile ed assumere nuove e più specializzate competenze, ove necessario, al fine di sapersi cimentare nell’architettura della migliore licenza creativa da adattare al caso concreto senza riferirsi, necessariamente, a modelli standard pre-impostati e tendenti a concedere trasferimenti in via prettamente esclusiva334.

- per gli Uffici del trasferimento tecnologico sarà utile sviluppare dei modelli di accordi interni che verranno poi modificati ed adattati caso per caso. Una check-list o tool-box di cui ai modelli delle licenze più ricorrenti dovrebbe essere rivista prima e durante i negoziati con le differenti imprese licenziatarie.

333 L. A. Patt et al., The Law and business of licensing, Finnegan Goldscheider, Clark Boardman Company, 1979.

334 In particolare, i funzionari europei dovranno essere molto cauti ad affrontare la tendenza che si sta riscontrando in molti dei centri di ricerca oltreoceano, cioè quella di riprodurre la struttura aperta delle licenze esclusive di software anche nei modelli di licenza tradizionali. Queste strutture ultime non presentano le stesse caratteristiche ed esigenze, per cui difficilmente possono piegarsi ad abbracciare campi così specifici come quello. Non è ancora chiaro se e in quale misura, ad esempio, le invenzioni biotecnologiche possano essere modellabili su quelle strutture.

- occorre infine riconoscere che le relazioni commerciali non sono statiche. Qualsiasi disposizione di un accordo deve, naturalmente, essere rispettata, ma l’adozione di una certa flessibilità anche nel corso della negoziazione dei contratti di licenza può essere una strategia valida nel forgiare solide partnership. Spesso è meglio concentrarsi sugli aspetti fondanti dell'accordo generale prima di entrare in discussioni su specifiche.