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I L DARK SIDE DEI CONTRATTI DI LICENZA : QUALI GLI EFFETTI NEGATIVI RISCONTRATI

3. LE PROBLEMATICHE SOTTESE AI CONTRATTI DI LICENZA DI

3.3. I L DARK SIDE DEI CONTRATTI DI LICENZA : QUALI GLI EFFETTI NEGATIVI RISCONTRATI

trasferimento tecnologico.

Nella pratica commerciale, a ben vedere, abbondano esempi di pratiche di licenze d’invenzioni accademiche i cui esiti non sono stati particolarmente felici. In particolare, l’utilizzo non sempre fortunato degli strumenti del trasferimento tecnologico ha fatto sì che si annoverassero esempi di situazioni in cui tutte (o quasi) le sopra citate aree tematiche venissero colpite da quelli che in economia sono chiamati i cd. “paradossi economici”, ovvero situazioni in cui il portare all’eccesso uno dei sopra citati aspetti può causare un indebolimento nel rapporto di licenza.

La reportistica276 analizzata annovera esempi di situazioni contrattuali in cui, ad esempio, sono state richieste da parte delle istituzioni partecipazioni societarie eccessive, in alcuni casi oltre il 15% delle quote, o casi in cui le medesime hanno richiesto un quantitativo di royalty non misurabile con parametri oggettivi o comunque sproporzionato ed irragionevole rispetto ai finanziamenti ricevuti, in alcuni casi addirittura eccedente i flussi di cassa in entrata. Accordi distruttivi e forme di pagamento anticipato prima che gli obiettivi milestones siano stati raggiunti, oltre alla concessione di licenze non esclusive per aziende in start-up (specie nel settore medico ove i costi sono notevoli) rappresentano una scelta del tutto inefficace e depotenziante per lo sviluppo di una cultura dell'imprenditorialità e dell'innovazione. Lo stesso dicasi se si pensa a casi riportati di trattative tra un membro della facoltà e l'Università che troppo spesso si trovano uno contro l'altra in negoziazioni estenuanti che assomigliano ad agoni competitive piuttosto che a sodalizi collaborativi. Il settorein cui si evincono problematiche applicative maggiori277 è quello delle biotecnologie, poiché in esso, più di altri, vengono coinvolti i cd.

research tools per lo sviluppo di nuove applicazioni commerciali, ovvero strumenti di ricerca sviluppabili in house da una società, ma ottenuti dall’ente di ricerca per incorporazione o a

276 Cfr. Capitolo 6.

277 M. Salomon Mireles, An Examination of Patents, Licensing, Research Tools: And the Tragedy of the Anticommons in Biotechnology Innovation, George Washington University, 2004.

mezzo licenze. Un problema che si pone in relazione a questi research tools, più degli altri strumenti oggetto del trasferimento, è la determinazione del loro valore. Ciò perché al momento della concessione in licenza di siffatti strumenti è difficile valutare con precisione il valore finale del prodotto o servizio che verrà sviluppato, anzi, è addirittura difficile prevedere se una qualsiasi applicazione commerciale verrà addirittura sviluppata. Pertanto, il costo della licenza per la ricerca di base non è semplicemente il costo di sviluppo della ricerca, ma è anche il costo del valore del diritto di utilizzare la tecnologia in un futuro.

Pensiamo al caso dello sviluppo di una nuova applicazione commerciale, per la quale sia necessario ricorrere a research tools multipli, ciascuno dei quali richiede una licenza diversa, dunque con una disposizione diversa quanto alle royalty. La “geopardizzazione” dei diritti conferiti ai vari licenziatari può minacciare gravemente il potenziale di profitto dell’Università, creando un disincentivo per le imprese che abbisognano di vari studi per lo sviluppo commerciale specifico dei singoli prodotti o servizi. Capita sovente, peraltro, che una società abbandoni lo sviluppo di un prodotto o servizio commerciale che si rivela inutile o non abbastanza redditizio da permetterle di continuare a sviluppare.

Da tutti gli esempi sopra riportati, dunque, pare evidente che nella prassi le imprese non riescono sempre ad utilizzare correttamente gli strumenti a loro disposizione ed arrestano la crescita reale del loro business. Ciò anche perché non possono contare su una solida cultura in tal senso. In tale ottica, allora, va letto l’ammonimento della White Paper sulle Best Guidelines adoperabili per usare al meglio le tecnologie universitarie pubblicate nel 2007 dall’Association of American Universities (A.A.U.)278: "la struttura delle licenze può variare notevolmente caso per caso e da istituzione a istituzione in base a circostanze specifiche richieste da ogni diversa attività di ricerca. Riconoscendo che ogni licenza è soggetta alle influenze che rendono uniche ed insufficienti le soluzioni di adattamento, il nostro obiettivo è rilasciare un documento capace d’incoraggiare i nostri colleghi nella professione trasferimento di tecnologia per analizzare singolarmente ogni possibilità di concessione di licenze in modo da riflettere le esigenze di business e valori di ognuna”.

Peraltro la comparazione di due studi empirici condotti su periodi differenti da due economisti, Mireles279 (2005) e Baldini280 (2008), su campioni di pratiche di licenze che non hanno portato a risultati soddisfacenti, dimostrano come anche in due emisferi territoriali

278 http://www.aau.edu/policy/Reports_presentations_technology.aspx?id=11962

279 M. Salomon Mireles, An Examination of Patents, Licensing, Research Tools: And the Tragedy of the Anticommons in Biotechnology Innovation, George Washington University, 2004.

280 N. Baldini, Myths and grounded evidence, Scientometrics, 2008.

151 diversi (Stati Uniti d’America e paesi dell’Unione Europea) gli inconvenienti pratici in cui le parti contrattuali tendono a cadere sono incredibilmente gli stessi. Ciò significa, se analizzata da un’ottica giuridica, che la struttura della licenza presenta gli stessi inconvenienti pratici a prescindere dal regime di titolarità dei risultati prescelto o dalla cultura dell’innovazione in essi diffusa. In qualche modo, dunque, tutto questo è un segnale ancora più forte del fatto che è la struttura della licenza, prima ancora -o quanto meno unitamente- ad altri aspetti, che deve essere approfonditamente vagliata. In particolare, entrambi gli studiosi puntano la loro attenzione sui seguenti aspetti problematici: il fenomeno dei blocking patents, la pratica delle complementary patents, la possibile formazione di hold-ups, la determinazione di royalty stacking, i costi di transazione, la minaccia al progresso scientifico (limitazioni alla rivelazione delle scoperte, limitazioni sugli strumenti della ricerca281); il rischio di cambiamenti nella ricerca (abbassamento della qualità nei brevetti;

sostituzione ed interscambiabilità fra brevetti e pubblicazioni; abbassamento della qualità

281 W.M. Cohen, R. Florida, W.R. Goe, University-Industry Research Centres in the United States, Mimeo, Carnegie Mellon University, 1994; D. Blumenthal, N. Causino, E.G. Campbell, K.S. Louis, Relationships between academic institutions and industry in the life sciences. An industry survey, The New England Journal of Medicine, 1996; Y.S. Lee, The sustainability of university-industry research collaboration: An empirical assessment, Journal of Technology Transfer, 2000; D. Blumenthal, N. Causino, E.G. Campbell, K.S. Louis, Withholding research results in academic life science.

Evidence from a national survey of faculty, Journal of American Medicine Association, 1997; E.G. Campbell, J.S.

Weissman, N. Causino, D. Blumentahl, Data withholding in academic medicine: Characteristics of faculty denied access to research results and biomaterials, Research Policy, 2000; K.S. Louis, L.M. Jones, M.S. Anderson, D. Blumenthal, E.G.

Campbell, Entrepreneurship, secrecy, and productivity: A comparison of clinical and non-clinical life sciences faculty, Journal of Technology Transfer, 2001; J.P. Walsh, A. Arora, W.M. Cohen, Research tool patenting and licensing and biomedical innovation. In: W. M. Cohen, S. A. Merril (Eds), Patents in the Knowledge-Based Economy. The National Academies Press, 2003; R.R. Nelson, The market economy, and the scientific commons, Research Policy, 2004; B. N.

Sampat, Patenting and U.S. academic research in the 20th century: The world before and after Bayh-Dole, Research Policy, 2006.

nelle pubblicazioni282); la minaccia all’attività didattica (riduzione dell’orario lavorativo;

conflitto d’interessi; riduzione del numero di pubblicazioni degli studenti; riduzione dell’apprendimento informale283); la minaccia all’industria (limitazioni sulla comunicazione

282 J.G. Thursby, M.C. Thursby, Who is selling to the ivory tower? Sources of growth in university licensing, Management Science, 2002; L.M. Ranga, K. Debackere, N. Von Tunzelmann, Entrepreneurial universities and the dynamics of academic knowledge production: A case study of basic vs. applied research in Belgium, Scientometrics, 2003; B. Van Looy, M. Ranga, J. Callaert, K. Debackere, E. Zimmermann, Combining entrepreneurial and scientific performance in academia: Towards a compounded and reciprocal Matthew-effect? Research Policy, 2004; P. Azoulay, W. Ding, T. Stuart, The Impact of Academic Patenting on the Rate, Quality, and Direction of (Public) Research Output, Working paper # 11917, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2006; B.N. Sampat, Patenting and U.S. academic research in the 20th century: The world before and after Bayh-Dole, Research Policy, 2006; B. Van Looy, J. Callaert, K.

Debackere, Publication and patent behaviour of academic researchers: Conflicting, reinforcing or merely co-existing?, Research Policy, 2006; K.S. Louis, D. Blumenthal, M.E. Gluck, M. A. Stoto, Entrepreneurs in academe: An exploration of behaviours among life scientists, Administrative Science Quarterly, 1989; A. Agrawal, R. Henderson, Putting patents in context: Exploring knowledge transfer from MIT, Management Science, 2002; N. Carayol, M. Matt, Does research organization influence academic production? Laboratory level evidence from a large European university, Research Policy, 2004; S. Lach, M. Schankermann, Incentives and Invention in Universities, Working paper # 9727, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2003; P. Azoulay, W. Ding, T. Stuart, The Determinants of Faculty Patenting Behaviour: Demographics or Opportunities?, Working paper # 11348, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2005; M. Gulbrandsen, J-C. Smeby, Industry funding and university professors’ research performance, Research Policy, 2005; F. Murray, S. Stern, Do Formal Intellectual Property Rights Hinder the Free Flow of Scientific Knowledge? An Empirical Test of the Anti-commons Hypothesis, Working paper # 11465, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2005; J.B. Powers, P.P. McDougall, University start-up formation and technology licensing with firms that go public: A resource-based view of academic entrepreneurship, Journal of Business Venturing, 2005; P.E. Stephan, S. Gurmu, A.J. Sumell, G. Black, Who’s Patenting in the University? Evidence from the Survey of Doctorate Recipients, Mimeo, Georgia State University, 2005; P. Azoulay, W. Ding, T. Stuart, The Impact of Academic Patenting on the Rate, Quality, and Direction of (Public) Research Output, Working paper # 11917, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2006; M. Meyer, Knowledge integrators or weak links? An exploratory comparison of patenting researchers with their non-inventing peers in nanoscience and technology, Scientometrics, 2006A; M. Meyer, Are patenting scientists the better scholars? An exploratory comparison of inventor authors with their non-inventing peers in nanoscience and technology, Research Policy, 2006; C.S. Renault, Academic capitalism and university incentives for faculty entrepreneurship, Journal of Technology Transfer, 2006.

283 A. Agrawal, R. Henderson, Putting patents in context: Exploring knowledge transfer from MIT, Management Science, 2002; S. Lach, M. Schankerman, Incentives and Invention in Universities, Working paper # 9727, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2003; F. Murray, S. Stern, Do Formal Intellectual Property Rights Hinder the Free Flow of Scientific Knowledge? An Empirical Test of the Anti-commons Hypothesis, Working paper # 11465, National Bureau of Economic Research, Cambridge, MA, 2005; M. Meyer, Knowledge integrators or weak links? An exploratory comparison of patenting researchers with their non-inventing peers in nanoscience and technology, Scientometrics, 2006A; M. Meyer, Are patenting scientists the better scholars? An exploratory comparison of inventor authors with their non-inventing peers in nanoscience and technology, Research Policy, 2006B; P.S. Stephan, Educational implications of university-industry technology transfer, Journal of Technology Transfer, 2001; A. Geuna, L. Nesta, University patenting and its effects on academic research: The emerging European evidence, Research Policy, 2006; M. Kenney, The ethical dilemma of university-industry collaborations, Journal of Business Ethics, 1987; M. Gluck, L.D. Blumenthal, M.A. Stoto, University-industry relationships in the life sciences: Implications for students and post-doctoral fellows, Research Policy, 1987; D. Blumenthal, N. Causino, E.G. Campbell, K.S. Louis, Relationships between academic institutions and industry in the life sciences. An industry survey, The New England Journal of Medicine, 1996; T.R. Behrens, D.O. Gray, Unintended consequences of cooperative research: Impact of industry sponsorship on climate for academic freedom and other graduate student outcome, Research Policy, 2001; M.W. Lin, B. Bozeman, Researchers’ industry experience and productivity in university-industry research centres: A “scientific and technical human capital” explanation, Journal of Technology Transfer, 2006; E.G. Campbell, D. Blumenthal, Perils of university-industry collaboration, Issues in Science and Technology, 1999.

153 Università-industria; ritardi per l’industria dell’innovazione; perdita di informazioni proprietarie; ostacoli ai nuovi campi della ricerca; irragionevole aumento dei costi284).

Vediamoli più da vicino uno per uno, tralasciando di analizzare quei profili di cui abbiamo già approfonditamente parlato nel par. 3.1.2. quando si è trattato di illustrare lo stato attuale dello studio della letteratura economica.

Con la pratica dei blocking patents deve intendersi il blocco ai brevetti che nasce come conseguenza dalla natura incrementale dell'innovazione. Se la licenziataria migliora un'invenzione coperta dal brevetto licenziato dall’Università, essa potrebbe ottenere un brevetto per la sua invenzione, assumendo che siffatta scoperta soddisfi i requisiti per la brevettabilità. Tuttavia, il miglioramento del brevetto preesistente non può essere praticato senza violare il primo brevetto. Allo stesso modo, la struttura universitaria titolare del brevetto preesistente non può utilizzare liberamente il secondo brevetto senza vedersi bloccata nella pratica. Ciò significa, dunque, che le due parti contrattuali possono potenzialmente bloccare la loro attività a vicenda.

Con il termine di complementary patents s’intende quella tecnologia che non può essere brevettata e dunque sfruttata senza ottenere una licenza per l’utilizzo di un altro trovato brevettabile da cui essa, in qualche modo, è composta. La mancanza di cooperazione fra i comproprietari delle tecnologie coperte dai brevetti potrebbe di fatto bloccare lo sviluppo della tecnologia principale a causa del concorrere dei brevetti fra di loro. Così, per sviluppare una particolare applicazione commerciale, i proprietari di brevetti

284 W.M. Cohen, R. Florida, L. Randezzese, J.P. Walsh, Industry and the academy: Uneasy partners in the cause of technological advance. In: R. G. Noll (Ed.), Challenges to Research Universities. Brooking Institution Press, Washington, DC, 1998; U. Schmoch, Interaction of universities and industrial enterprises in Germany and the United States – a comparison, Industry and Innovation, 1999; J. Thursby, M.C. Thursby, Industry perspectives on licensing university technologies: Sources and problems, Journal of the Association of University Technology Managers, 2000; J.G. Thursby, M.C. Thursby, Industry/university licensing: Characteristics, concerns and issues from the perspective of the buyer, Journal of Technology Transfer, 2003; J.G. Thursby, M. C. Thursby, Are faculty critical? Their role in university-industry licensing, Contemporary Economic Policy, 2004; R. Fontana, A. Geuna, M. Matt, Factors affecting university-industry R&D projects: The importance of searching, screening and signalling, Research Policy, 2006; W.M. Cohen, R. Florida, W.R. Goe, University-Industry Research Centres in the United States, Mimeo, Carnegie Mellon University, 1994; D.

Blumenthal, N. Causino, E.G. Campbell, K.S. Louis, Relationships between academic institutions and industry in the life sciences. An industry survey, The New England Journal of Medicine, 1996; D.S. Siegel, D.A. Waldmann, A.N. Link, Assessing the impact of organizational practices on the productivity of university technology transfer offices: An exploratory study, Research Policy, 2003; H.R. Hertzfeld, A.N. Link, N.S. Vonortas, Intellectual property protection mechanisms in research partnerships, Research Policy, 2006.; D. Blumenthal, M. Gluck, K.S. Louis, D. Wise, Industrial support of university research in biotechnology, Science, 1986; W.M. Cohen, R. Florida, W.R. Goe, University-Industry Research Centers in the United States, Mimeo, Carnegie Mellon University, 1994; J. Colyvas, M. Crow, A. Gelijns, R.

Mazzoleni, R.R. Nelson, N. Rosenberg, B.N. Sampat, How do university inventions get into practice?, Management Science, 2002; D.S. Siegel, D. A. Waldmann, A.N. Link, Assessing the impact of organizational practices on the productivity of university technology transfer offices: An exploratory study, Research Policy, 2003; R.A. Lowe, Who develops a university invention? The impact of tacit knowledge and licensing policies, Journal of Technology Transfer, 2006.

complementari devono concedersi in licenza i diritti l’un l’altro o comunque concederli a terze parti.

Con il termine di hold-up s’intende, invece, la pratica per cui uno sviluppatore, inconsapevole dell’esistenza di un certo brevetto, utilizza la tecnologia brevettata per creare una nuova applicazione commerciale di sua elaborazione, pur partendo dal brevetto di un’Università. Lo stesso può avvenire nel caso in cui l’azienda sviluppatrice sia a conoscenza dell’esistenza di un brevetto che blocca potenzialmente la creazione di un’applicazione commerciale e si lanci nella progettazione di un trovato che interferisce col predetto brevetto o comunque gravita intorno alla sua sfera di protezione. Qualunque tipo di royalty che l’Università titolare del brevetto potesse esigere da parte dello sviluppatore non avrebbe mai lo stesso peso del vedersi in qualche modo agganciata nel suo brevetto principale. Un esempio di un potenziale hold-up nell’industria biotecnologica ricomprende il caso dello sviluppatore che utilizza una sequenza del gene già brevettato da parte di una struttura di ricerca universitaria.

Il cd. royalty stacking285 può occorrere proprio in occasione di blocchi di brevetti, di brevetti complementari o di brevetti di sbarramento in cui un trovato successivo opera più livelli di miglioramento su un’invenzione preesistente. Con tale termine ci si riferisce a situazioni in cui un unico prodotto viola potenzialmente molti brevetti, e quindi deve sostenere oneri di royalty multipli. Pensiamo al caso delle cd. licenze multiple su un unico trovato: esse possono dare diritto ad un certo quantitativo di royalty per la vendita di ogni applicazione commerciale. Ad esempio, una singola sequenza genomica può essere brevettata in diversi modi, a seconda del processo genico adoperato. Pertanto, al fine di intraprendere un’operazione commercialmente utile, quale la terapia genica, che utilizza uno o più geni per la sua realizzazione, una società dovrà ottenere molteplici licenze dall’Università per utilizzare quei medesimi brevetti. La società che svilupperà la terapia genica dovrà cioè probabilmente pagare un canone diverso per ogni gene necessario a praticare la terapia. Il valore dello sviluppo commerciale, oppure la redditività dello stesso, possono dunque essere diminuite a causa della percentuale di canoni pagati per ciascun strumento di ricerca, o parte di un gene o geni diversi utilizzati in un’applicazione commerciale. In questo senso, allora, vi può essere un disincentivo per le imprese nella

285 Cfr., tra gli altri, M. Lemley, C. Shapiro, Patent Holdup and Royalty Stacking, Texas Law Review, 2007.

155 ricerca e nello sviluppo di applicazioni commerciali in aree ove vi è un vasto parco di brevetti.

Quanto ai costi della transazione, abbiamo già anticipato la questione allorché si è parlato della negoziazione e dei costi ad essa legati.

4. Le Best Practices nei contratti di licenza brevettuale