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Le licenze di invenzioni accademiche, in particolare: il contesto; gli scopi; l’inquadramento giuridico; le

2. GLI ACCORDI DEL TRASFERIMENTO TECNOLOGICO NELLA RICERCA

2.2. G LI ACCORDI DEL T RASFERIMENTO T ECNOLOGICO NELLA RICERCA UNIVERSITARIA ( IN

2.2.4. Le licenze di invenzioni accademiche, in particolare: il contesto; gli scopi; l’inquadramento giuridico; le

eccepire la invalidazione dei diritti una volta licenziati. Vale qui appena il caso di anticipare111 che la clausola di non contestazione contenuta in un accordo di licenza di brevetto, a seconda del contesto giuridico ed economico, può avere natura restrittiva della concorrenza ai sensi dell' art. 85, n. 1, del trattato CEE. Una clausola del genere112 non ha tuttavia natura restrittiva qualora la licenza che la contiene sia stata concessa a titolo gratuito ed il licenziatario non possa quindi subire svantaggi concorrenziali relativi al pagamento di compensi, ovvero qualora la licenza, pur essendo stata concessa a titolo oneroso, riguardi un procedimento tecnicamente superato del quale l'impresa che ha accettato l'obbligo di non contestazione non si valeva113 .

Occorre infine pensare al fatto che la tecnologia trasferita a mezzo degli accordi tende a rigenerarsi e che per questo ad ogni accordo di non divulgazione può far seguito una serie indefinita di accordi che dovranno, di volta in volta, essere ricontrattualizzati e per i quali dovrà essere indicata l’informazione da rendere confidenziale. È in questo senso che si è soliti parlare, allora, del peso dei costi transattivi legati alla fase di negoziazione: questi accordi potrebbero essere visti come uno dei potenziali costi in grandi di impattare negativamente il trasferimento. A nostro avviso, invece, questi accordi rivestono un’importanza strategica eccezionale. Anche ammettendo, cioè, che essi possano essere considerati un costo nel corso delle negoziazioni, la loro assenza o comunque la loro non attenta redazione può avere un impatto pesantemente negativo nel trasferimento tecnologico. Si tratta a nostro parere, dunque, di un costo assolutamente necessario.

75 costituisce l'elemento qualificante della categoria sub b), ovvero l’accordo del trasferimento tecnologico più diffuso e più efficace per meglio sfruttare l’invenzione brevettata o il know-how/segreto industriale trasferito. In questo caso, però, il concetto di efficienza deve intendersi in senso allocativo poiché l'obiettivo del trasferimento di tecnologia è quello di far circolare l'innovazione e determinarne lo sfruttamento nella maniera più intensa, a beneficio degli utenti finali. Al fine di massimizzare l’innovazione tecnologica, sciogliendo il ricorrente dilemma del make or buy innovation115, la prassi negoziale ha infatti esaltato la tendenza delle imprese di ammodernare la propria attività attraverso questa precipua forma contrattuale finalizzata all’acquisizione della proprietà industriale da soggetti terzi.

Con il termine generico di “licensing in” si intende l’acquisizione del diritto ad utilizzare per un certo periodo di tempo tecnologie brevettate o non brevettate (cioè del know-how) da parte di un'impresa. Talvolta avviene che l’impresa detenga già alcune conoscenze al proprio interno ma non sia in grado di utilizzarle nell'attività produttiva perché l’uso è impedito dall'esistenza di un brevetto di terzi. Oppure vi sono settori che, per la specificità del prodotto ovvero del mercato, hanno una forte tendenza, se non addirittura la necessità fisiologica, di ricorrere allo sviluppo in house di innovazione e contemporaneamente all’acquisizione di tecnologia dai Centri di ricerca. Il “licensing out”

(cioè il licensing in uscita), invece, rappresenta la politica aziendale volta a concedere licenze sulla propria proprietà industriale allo scopo di procurare all’impresa un reddito aggiuntivo (che può integrare il reddito derivante dalla fabbricazione e dalla vendita dei prodotti). Le strategie di licensing out variano in base a fattori molteplici ed eterogenei, quali il fatto che la tecnologia sia relativa ad un settore al di fuori delle possibilità produttive e commerciali dell’impresa, ovvero che la tecnologia sia applicabile anche in altri settori nei quali l’impresa non è presente, oppure che l’impresa non sia in grado di sostenere gli investimenti necessari per porre in essere una sufficiente politica di brevettazione o comunque un’opportuna difesa legale dei propri diritti di proprietà industriale.

Il presente studio, vertendo sul trasferimento tecnologico in ambito accademico, si concentrerà necessariamente sul profilo di “licensing in” aziendale, con ciò implicitamente

115 Come evidenzia Massimiliano Granieri: “Quando il licenziante è un ente pubblico di ricerca, la situazione è estremamente diversa, poiché la prospettiva di realizzare la manifattura (opzione make) per le università non è praticabile (salvo l’ipotesi dello spin-off); ne consegue che il fatto di individuare un licenziatario e portare a casa l’impegno non tanto e non solo di pagare le royalties, ma anche e soprattutto di investire nel completamento dello sviluppo, rivestono la massima importanza” (M. Granieri, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria : invenzioni accademiche e trasferimento tecnologico, Il mulino, 2010).

assumendo quale entità fornitrice di tecnologia l’Università, il Centro di Ricerca o le organizzazioni no-profit verso aziende fruitrici di proprietà intellettuale accademica o comunque verso imprese costituite dagli scienziati per la valorizzazione commerciale del know-how maturato nella loro attività di ricerca (spin-off).

2.2.4.1. Gli scopi.

È di tutta evidenza come l’acquisizione di tecnologia direttamente dai Centri creatori della medesima tecnologia possa garantire vantaggi alle imprese che se ne servono, quali ad esempio:

- un risparmio dei costi altrimenti necessari per conseguire in autonomia la tecnologia desiderata;

- l’eliminazione del rischio di investire in un progetto di ricerca e sviluppo senza riuscire a raggiungere gli obiettivi desiderati;

- la possibilità di ottenere un ammodernamento ed una crescita della competitività in tempi ristretti;

- la possibilità di immettere sul mercato prodotti già testati da terzi, il cui costo di commercializzazione potrebbe rivelarsi insormontabile.

Dall’altra parte, invece, l’Università/Centro di Ricerca detentore esclusivo della tecnologia, oggetto del trasferimento, potrà sperimentare i seguenti benefici:

- il fatto di poter ampliare lo sfruttamento economico della tecnologia su mercati nei quali l’istituzione di ricerca non è presente, né potrebbe esserlo in modo diretto in considerazione della sua natura, dei mercati cui essa non è inserita e dei costi degli investimenti necessari;

- la possibilità di moltiplicare il ritorno sugli sforzi finanziari compiuti per conseguire quel dato bene immateriale;

- la possibilità di godere dei miglioramenti ottenuti rispetto alla tecnologia concessa (si intenda lo sviluppo di sinergie e proficue collaborazioni, anche individuali, a mezzo dell’apporto dei ricercatori; oppure la creazione di spin-off universitari).

Sempre facendo leva sulle surveys oggetto del nostro studio, emerge in modo molto chiaro da più parti che i brevetti non hanno comunque come oggetto e scopo primario quello della licenza, il che, a contrario, significa che le licenze non nascono direttamente

77 quale destinazione ultima dei brevetti116. E ciò è dovuto alla stragrande varietà di canali di commercializzazione in cui le Università possono adoperarsi per massimizzare il trasferimento tecnologico, il che, tradotto in altri termini, significa che le licenze possono essere utilizzate anche per acquisire il diritto ad utilizzare per un certo periodo di tempo tecnologie non brevettate (know-how, segreti) da parte di un'impresa.

Lo scopo per il quale le Università licenziano, allora, appare non solo quello della raccolta di proventi desunti dalle licenze ma anche quello che nasce dal concorso di quest’ultimo con tutti i benefici sopra elencati, uniti all’intrinseca valorizzazione del prestigio accademico veicolato tramite esse.

2.2.4.2. L’inquadramento giuridico.

La licenza è un contratto atipico di durata in cui il titolare della tecnologia intende concederne a terzi il diritto d'uso temporaneo, esclusivo o non esclusivo, mantenendone la proprietà. In base a tale tipologia contrattuale il titolare riconosce a terzi il diritto di utilizzare e sfruttare economicamente la proprietà industriale del titolo (o dei titoli) ad essa sottesi di cui dispone nei limiti contrattualmente pattuiti. In questo caso, pur non attuandosi un trasferimento della titolarità sul diritto di proprietà industriale, il licenziante limita la pienezza del suo diritto di esclusiva117 per un certo periodo di tempo. Il contratto di licenza ha natura atipica e per l’ordinamento italiano viene perlopiù assimilato alla fattispecie della locazione o dell’affitto. Pur non prevedendo la legge una particolare forma per la validità del contratto in questione in alcuno degli ordinamenti di cui si occupa il presente studio, appare tuttavia opportuno adottare una forma scritta in considerazione delle numerose fattispecie da regolare e dell'eventuale possibilità di trascrizione del contratto (nel caso di diritti titolati).

116 D’altra parte, due sono i fini che normalmente i brevetti tendono a ottenere: incentivare la commercializzazione e assumere il ruolo di “segnali” di prestigio accademico. Nessuno dei due fini è indipendente dall’altro. Se il brevetto è un incentivo per la commercializzazione, le Università devono ottenere brevetti per commercializzare. Ma se i brevetti vengono visti solo come segnali di prestigio accademico, allora il valore di un’Università calcolato sulla base del solo portafoglio brevetti privo di exploitation sarebbe piuttosto limitato. In aggiunta a ciò, i brevetti possono rivestire anche un certo determinato valore anche per chi effettua la ricerca, e dunque avere un valore “soggettivo”. Katherine Strandburg, ad esempio, suggerisce che alcuni ricercatori universitari non tendono ad ottenere i brevetti per profitto ma per mantenere un controllo esclusivo sulla ricerca successiva.

117 A. Vanzetti e V. Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2009.

2.2.4.3. Le tipologie.

In base alle prerogative trasmesse, la licenza può avere come finalità la produzione/manifattura (OEM License Agreement118) – dunque l’impiego della tecnologia di prodotto o di processo in qualche ciclo produttivo – o anche semplicemente la distribuzione del prodotto che incorpora la tecnologia, quando non si tratti di licenza all’utilizzatore finale tipica per lo più delle tecnologie software (cd. End-user License Agreement). Si è discusso se alla licenza per produzione acceda naturalmente quella per la distribuzione dei prodotti, oppure se le facoltà connesse con la distribuzione vadano espressamente specificate nel contratto e possano avere vita distinta. La questione è rilevante, ancora una volta, nell’ottica di disincentivazione delle condotte opportunistiche del licenziatario e normalmente si auspica che venga risolta contrattualmente dalle parti a mezzo di un’esplicita previsione.

Vi è poi un terzo tipo di licenza, che non è tanto utilizzata nel trasferimento tecnologico universitario, ma che in realtà ben potrebbe esserlo: quella a mezzo della quale il licenziante concede proprietà intellettuale al licenziatario, vale a dire gli concede di salvarsi contro il rischio di contraffazione o da possibili vincoli di dipendenza da brevetti altrui. In questo caso la licenza non è funzionale alla produzione o alla distribuzione, ma è funzionale per l’impresa a non vedersi citata in contraffazione per l’utilizzo di una tecnologia simile a quella già brevettata (tipico caso è quello delle tecnologie di background). È stato da più parti119 notato che se l’Università si servisse di siffatto strumento contrattuale per aumentare i suoi eventuali proventi, si comporterebbe più o meno alla stregua dei patent trolls di cui abbiamo già parlato120.

2.2.4.4. La struttura.

Come nella maggior parte dei rapporti verticali, l'architettura giuridica del contratto di licenza è obbligata a tenere sotto controllo il problema tipico delle condotte opportunistiche del licenziatario, onde prevenire forme di inadempimento che possano compromettere la stabilità del vincolo di durata e pregiudicare il processo di circolazione ed

118 OEM è l’acronimo di "Original Equipment Manufacturer”.

119 Cfr., tra gli altri, M. Granieri, La gestione della proprietà intellettuale nella ricerca universitaria: invenzioni accademiche e trasferimento tecnologico, Il mulino, 2010.

120 Cfr. Cap. 1, par. 1.3.

79 attuazione dell'innovazione (come vedremo poi, una delle modalità con cui regolare siffatte condotte dipenderà anche dal tipo di compensazione prevista per agevolare lo scambio). È per ridurre al minimo questi rischi che, allora, si tende ad adoperarsi in operazioni negoziali lunghe e complesse, il cui contraltare non può che risolversi in un aumento proporzionale dei costi e dei rischi legati alla perdita di riservatezza nelle informazioni a causa dell’inadempimento (eventuale) dei licenziatari.

Normalmente le invenzioni accademiche sono poco più di una proof of concept, ovvero sono brevettate in una fase così embrionale del loro status che nessun risultato commerciale può essere neanche lentamente prevedibile per alcun partner commerciale. In molti casi le invenzioni sono licenziate persino prima che tutte le potenzialità tecnologiche in esse comprese siano emerse o comunque siano state rese note 121. Alcune invenzioni accademiche già brevettate possono addirittura restare in stato embrionale per anni e giacere presso le riserve dei laboratori dipartimentali senza riuscire a trovare una loro commercializzazione. Ecco allora perché c’è chi122 arriva persino a sostenere che a quel punto poco rileva la questione della titolarità -istituzionale o individuale- dell’invenzione, stando il fatto che l’efficienza del trasferimento tecnologico è misurata solo in termini di cooperazione fra tutte le parti in gioco: Università/Centri di ricerca, inventori-ricercatori, partner licenziatari. Nessuna esclusa.

Le licenze d’invenzione accademica presentano una struttura di base per lo più comune a tutti gli ordinamenti giuridici internazionali, poiché mutuata dall’esperienza di trasferimento tecnologico d’oltreoceano e sviluppatesi nella contrattualistica internazionale.

In particolare, l’architettura contrattuale presenta il ricorrere dei seguenti punti (così disposti in senso logico):

(a) Le premesse e le definizioni

Le premesse sono finalizzate alla descrizione dei presupposti fattuali e dei titoli di proprietà industriale che originano il negozio giuridico. La redazione delle premesse deve essere affrontata con cura, evitando di ritenere che la sostanza dell’accordo sia da ravvisarsi

121 R.A. Jensen, and M.C. Thursby. Proofs and Prototypes for Sale: The Licensing of University Inventions, American Economic Review, 2001.

122 P. Aghion & J. Tirole, Formal and Real Authority in Organizations, Massachusetts Institute of Technology (MIT), 1994.

nei contenuti emarginati dai singoli articoli. Le premesse rappresentano un passaggio fondamentale di questo tipo di contratto, poiché il loro contenuto è usato uniformemente dagli interpreti per meglio individuare la volontà effettiva delle parti, specie quando essa è poco chiara o comunque arbitrabile. D’altra parte anche le definizioni costituiscono un tratto a dir poco “cruciale” di questa tipologia contrattuale. Esse hanno la funzione di circoscrivere le aree di significato predeterminate per singoli termini chiave a valere nell’ambito del testo contrattuale, ed hanno la finalità di limitare gli spazi di incertezza e le libertà ermeneutiche delle parti in fase di esecuzione dell’accordo.

(b) La concessione della licenza (grant) e gli obblighi del licenziatario

Con la concessione (grant) si formalizza il trasferimento dal licenziante al licenziatario del titolo ad utilizzare, per un certo periodo di tempo, il bene licenziato ed i diritti di privativa ad esso connessi. In tale clausola devono essere ben specificati sia l’utilizzo specifico del bene licenziato, sia l’ambito territoriale ed il termine di utilizzo dello stesso. In particolare, il licenziante avrà interesse a circoscrivere l’utilizzo del bene da parte del licenziatario in modo tale da impedire eventuali abusi (si pensi, ad esempio, all’utilizzo di una tecnologia in un ambito non coperto dalla licenza o alla produzione di quantità superiori a quelle concordate ovvero all’uso lesivo del marchio del licenziante).

Nel caso che ci compete, cioè quello di una licenza che abbia ad oggetto tecnologie, la regolamentazione contrattuale viene approntata con cura, in particolare quando si tratta di diritti non titolati, quali il know-how o il segreto industriale. In questo caso la c.d.

clausola di concessione della licenza dovrà identificare con estremo dettaglio le tecnologie oggetto della licenza, i prodotti licenziati e il territorio contrattuale, curandosi di ammettere o meno la possibilità di sub-licenziare a terzi la privativa concessa. In capo al licenziatario, infatti, può venire concessa la facoltà di concedere, a sua volta, una licenza derivata o, come tecnicamente si suole definire, una sub-licenza. Trattasi di una licenza derivata dalla principale, per la quale normalmente valgono le stesse considerazioni in materia di licenza, quanto a tipologie, facoltà in capo al sub-licenziatario, modalità di pagamento dei corrispettivi e così via. Nel caso però in cui il licenziante abbia ammesso espressamente123 la

123 A ben vedere, in realtà, secondo alcuni (cfr. P. Greco- P. Vercellone, Le invenzioni e i modelli industriali, in Trattato di diritto civile italiano diretto da Vassalli, 1968), nel silenzio del testo contrattuale la possibilità di creare sub-licenziatari deve ritenersi automaticamente compresa tra le facoltà che il licenziante trasferisce al licenziatario. Posizione contraria pare emergere, invece, per il diritto statunitense, ove però si omette di suggerire una soluzione espressa.

81 possibilità di concedere sub-licenze in capo al licenziatario, questi dovrà normalmente rispondere ad un’ulteriore serie di obbligazioni: ovvero sottoporre di volta in volta la sub-licenza al gradimento della licenziante oppure al riscontro di taluni requisiti (negativi o positivi) in capo al sub-licenziatario. La possibilità di concedere sub-licenze consente normalmente, infatti, una maggiore diffusione della tecnologia e una più capillare penetrazione sul mercato, soprattutto se si tratta di tecnologia matura prossima al prodotto, per cui è naturale che il licenziatario sia conseguentemente gravato da una serie di obbligazioni volte a valutarne la bontà.

Tendenzialmente le parti prevedono, inoltre, disposizioni precise in relazione alla disciplina dei miglioramenti di cui alla tecnologia trasferita (ed eventuale obbligo di comunicazione), all'assistenza tecnica nonché ai sistemi di risoluzione delle eventuali controversie. Normalmente le imprese licenziatarie (specie nel sistema statunitense) si assumono integralmente la responsabilità per ogni danno, lesione, mancanza relativa al prodotto scaturente dalla tecnologia licenziata o prestano comunque una garanzia sui prodotti/processi/risultati che possa derivare dall’esercizio dei diritti concessi con la licenza in modo da lasciare indenne l’Università contro ogni eventuale pretesa di terzi (negli Stati Uniti d’America, in particolare, una delle prime duty delle Università è proprio quella di verificare la presenza e capienza di un’assicurazione in capo alla società licenziataria).

Diremmo comunque che, fra tutte le obbligazioni della licenziataria, è centrale l’obbligo di attuazione della tecnologia, che nel caso della licenza esclusiva (come vedremo infra) andrà associato ad un canone di diligenza sensibile alla posizione nella quale si trova il licenziante rispetto ai poteri della controparte.

Un’obbligazione sicuramente importante e ricorrente nella quasi totalità dei samples124 di licenza considerati è, infine, quella di mantenere le informazioni riservate per tutta la durata della licenza (ed in molti casi anche oltre) in capo alla licenziataria. Va da sé, infatti, che all’aumento della lunghezza delle negoziazioni non può che derivare una più alta probabilità di inadempimenti da parte dei contraenti. Ecco allora spiegato il perché, nella maggior parte dei casi dei samples di licenze considerati, si rileva un alto numero di accordi di segretezza, il che sta a significare che la pratica ad oggi invalsa è quella di proteggere le informazioni rivelate dalle parti.

124 Sample è un modello contrattuale.

(c) Esclusiva (o non esclusiva)

L’esclusiva è un elemento accessorio di fondamentale importanza in questa tipologia contrattuale. In forza della clausola di esclusiva il licenziante si obbliga a non concedere ad altri una licenza sullo stesso diritto di proprietà industriale nel medesimo ambito. In tal modo il licenziatario viene investito degli stessi diritti del titolare della tecnologia e può quindi escludere dall’utilizzazione del trovato ogni altro soggetto compreso il concedente.

L’esclusiva può essere variamente modulata nelle clausole contrattuali, ovvero l’utilizzo dell’invenzione può essere concesso per un determinato scopo ma non per un altro oppure in relazione ad un certo prodotto ma non ad un altro (dando vita a quelle che sono normalmente definite licenze esclusive field-of-use). Al licenziante, spogliato in parte del diritto di sfruttamento economico, possono essere riconosciuti dei diritti residuali, quali ad esempio il diritto di valersi della priorità convenzionale per i depositi all’estero del titolo sotteso ovvero la legittimazione all’azione di contraffazione (nel caso di brevetto).

Attraverso l’esclusiva il licenziatario, essendo l’unico soggetto autorizzato in un determinato territorio a sfruttare quel determinato bene di proprietà industriale, può decidere più autonomamente di effettuare degli investimenti in un arco di tempo ragionevole, avendo a disposizione un mercato ben individuato, senza la concorrenza del licenziante o di altri licenziatari del medesimo licenziante, con maggiori probabilità di rientrare dell'investimento, realizzando così un margine di utile di differente entità.

Da uno studio di Mowery e Ziedonis125 è emerso che le licenze esclusive tendono ad essere siglate per quelle invenzioni con un potenziale commerciale incerto che richiede considerabili investimenti nella fase di sviluppo. Un’area dove la licenza esclusiva può dare risultati sperati è, ad esempio, quella farmaceutica, in cui ci possono volere anche più di dieci anni e milioni di investimenti per produrre il prodotto finale. Tali invenzioni accademiche tendono ad esemplarsi in proofs and prototypes, e normalmente richiedono anche il passaggio di know-how complementare come indicato da Jensen e Thursby126 e da

125 D. C. Mowery, Arvidis A. Ziedonis, The Geographic reach of market and non-market channels of technology transfer:

comparing citations and licenses of University patents, Nber Working Paper Series, 2001.

126 R. Jensen - M. Thursby, Proofs and Prototypes for Sale: The Tale of University Licensing, American Economic Review, 2001.

83 Arora127. In questo senso, allora, una licenza esclusiva può assicurare gli investitori contro azioni di concorrenza free-riding perpetrate da terzi e contro il rischio che tali azioni attacchino il mercato prima che essi abbiano completato la ricerca e lo sviluppo sulla tecnologia e recuperato gli investimenti iniziali attraverso le vendite. Le licenze esclusive non si traducono necessariamente in ritorni più elevati, come evidenziato nei case studi analizzati da alcuni economisti in relazione alle Università della Columbia, di Stanford, e della California128. Gli studi in questione rivelano, peraltro, che i brevetti che hanno contato la più rilevante suddivisione di proventi per le strutture universitarie sono stati licenziati su base non esclusiva. Dunque, investire nell’innovazione a mezzo di licenze esclusive può portare a risultati ottimali solo in alcuni settori; in alcuni altri, infatti, sono le licenze non esclusive a far ottenere risultati commerciali più apprezzabili. In alcuni casi, addirittura, si possono ottenere risultati importanti anche senza brevettare alcunché e basarsi su altri modi di trasferire la tecnologia.

Licenziare in modo non esclusivo, infatti, può essere la soluzione migliore quando la tecnologia licenziata non è in fase di sviluppo embrionale oppure quando la tecnologia contiene una forte innovazione in una certa area dal momento che, in tali circostanze, il beneficio starà proprio nel fatto che si potrà licenziare la tecnologia a molti sviluppatori.

Una valida alternativa al “dilemma dell’esclusività”, infine, pare essere rappresentata dalla licenza cd. co-esclusiva, mediante la quale il licenziante concede cioè al licenziatario un’esclusiva, ma si riserva alcune o tutte le prerogative connesse con la situazione proprietaria, tranne quella di creare ulteriori licenziatari. In questo caso, dunque, il licenziatario potrebbe avere un solo concorrente, rappresentato dal licenziante.

(d) Le limitazioni territoriali e la concorrenza

Un aspetto cruciale del licensing condotto al di fuori dall’ambito accademico, nel caso in cui il contratto di licenza abbia per oggetto proprietà industriale e sia concluso tra imprese produttrici, consiste nel rischio per il licenziante di creare un concorrente, o di rafforzare un concorrente esistente. Per limitare tale rischio spesso si prevedono clausole di

127 A. Arora, Licensing Tacit Knowledge: Intellectual Property Rights and the Market for Know-How, Economics of Innovation and New Technology, 1995.

128 D.C. Mowery et al., The Growth of Patenting and Licensing by U.S. Universities: An Assessment of the Effects of the Bayh-Dole Act of 1980, Res. Pol., 2001.

restrizione territoriale, imponendo al licenziatario di astenersi dal fabbricare, usare e vendere il prodotto licenziato al di fuori del territorio di assegnazione contrattuale. Pur tuttavia, anche nell’ambito del licensing accademico, la prassi vuole che vengano concordate tra le parti le aree territoriali in cui è limitato l’uso della licenza, e ciò evidentemente sia per permettere all’Università di calibrare la diffusione della tecnologia licenziata ma anche per mantenere su di essa un certo controllo e potere dispositivo. La validità di queste clausole deve comunque essere valutata alla luce della legge applicabile al contratto e - per quel che riguarda l’Unione Europea129 - si dovrà verificare che dette clausole siano conformi alla normativa comunitaria applicabile sulla base del livello di protezione assegnata dal contratto e della rilevanza dei mercati di riferimento delle parti coinvolte.

(e) Gli obblighi del licenziante

Solitamente gli obblighi del licenziante sono rappresentati dal trasferimento della proprietà industriale licenziata, unitamente a servizi accessori, quali ad esempio il supporto tecnico al licenziatario, nonché le eventuali garanzie di processo e di prodotto. Nel caso dell’Università quale parte licenziante gli obblighi possono riguardare un eventuale impiego dei ricercatori anche dopo la licenza del materiale al fine di cooperare per lo sviluppo e l’implementazione della tecnologia licenziata (con le relative implicazioni legate alla titolarità e dunque compensazione dei miglioramenti).

In alcuni settori diventa imprescindibile l’attività di monitoraggio dell’Università licenziante rispetto all’attività del licenziatario (normalmente i controlli sono annuali). Detto controllo potrà essere attivato attraverso prescrizioni contrattuali, istruzioni scritte e procedure per il controllo (non solo, evidentemente, limitato al potere di vigilanza e supervisione quanto alla ripartizione dei proventi). Al licenziatario, infatti, spetta un obbligo di informazione rispetto all’utilizzo del bene concesso, essendo egli chiamato non solo ad adottare tutte le misure necessarie o ragionevolmente richieste dall’Università al fine di prevenirne ed impedirne ogni uso improprio da parte dei propri clienti e fornitori o da parte di terzi, ma anche a cooperare fattivamente in caso di contenzioso giudiziale

129 Cfr. Regolamento CE 96/240 e dal Regolamento CE 772/04.