• Non ci sono risultati.

ACM, strutture empiriche e attributi mentali: un nodo critico

C’è infine (mai come in questo caso “last but not least”) un aspetto fondamentale che appartiene alla natura delle proprietà psicologiche: non sono proprietà estensive, di- rettamente tangibili su qualche oggetto o manipolabili, a differenza della lunghezza o del peso, e quindi è più difficile teorizzarne la struttura. Quando Zand Scholten [2011, 40-41] tratta tre aspetti di criticità nel confronto tra modello di Rasch e ACM, sta di fat- to concentrando la sua attenzione su tre effetti di questo stesso aspetto epistemologico.

Il primo punto riguarda il fatto che, nell’ambito della Teoria Rappresentazionale della Misurazione da cui è nata la Teoria ACM, si ritiene necessario specificare a priori, in modo preciso e non equivoco, a quale insieme di oggetti gli assiomi dovrebbero ap- plicarsi. Se questo compito è relativamente accessibile rispetto alla definizione di molte proprietà fisiche, “perfino per proprietà psicologiche apparentemente “semplici” quale la difficoltà di item che accertano l’abilità aritmetica o spaziale, questo è già molto più difficile” [ibidem].

Qui s’innesta il secondo punto, che ci porta di fronte al tema del grado di robu- stezza delle teorie e delle ipotesi concernenti le dimensioni attitudinali. Michell [2008a,

119 Sempre Karabatsos [2001, 395] argomenta che “si può essere tentati di concludere da ciò che for-

se dovrebbero essere impiegate altre statistiche di adattamento, non basate sui residui, per testare l’accordo dei dati con il modello di Rasch. Tuttavia, le statistiche di adattamento non basate sui residui possono soffrire allo stesso modo il mascheramento. Qualsiasi statistica di adattamento basata sui para- metri stimati β e δ assume che essi siano i veri valori dei parametri, non viziati da dati potenzialmente di- sturbanti.”

162

15] ricorda quanto affermava molto tempo fa Boring [1920, 33], secondo il quale “non ha senso provare a ricercare nel processo logico di elaborazione matematica una preci- sione significativa per la psicologia che non sia [già] presente nella configurazione psi- cologica del problema”. Detto rovesciando i termini, l’insieme dei concetti e delle loro relazioni, che compongono le ipotesi iniziali riguardo a un certo costrutto, dovrebbero essere abbastanza robusti da “tenersi insieme”, anche in sede di analisi del modello, se l’obiettivo è quello della misurazione. Ora, di norma un ricercatore sociale parte, sulla base della propria conoscenza, definendo un concetto in grado di connotare un costrutto latente, descrivendone gli aspetti e caratterizzandolo in ogni suo elemento. Sulla base di questo lavoro, poiché il costrutto non è direttamente rilevabile, costruisce e seleziona un

set di affermazioni che, per fondate e motivate ragioni teoriche, ritiene descrivano i vari

livelli di espressione del costrutto, secondo una logica nel nostro caso cumulativa; dall’altro lato, seleziona un campione di soggetti che pensa abbiano una posizione lungo la dimensione definita dal costrutto. A questo punto, le risposte dei soggetti agli item sono trasformate dalla funzione del modello, così da arrivare alle stime. Tecnicamente è possibile, e in concreto accade spesso, che item o soggetti siano eliminati dalla conside- razione del modello perché il loro livello di adattamento non è ritenuto adeguato, quindi per migliorare il fit globale del modello stesso. Così facendo si stanno modificando i rapporti semantici d’indicazione [Marradi 1980; 2007] tra il costrutto e gli indicatori inizialmente individuati: si concede, di fatto, che il legame ipotizzato tra concetto indi- cato e alcuni indicatori non sia valido, sulla base dell’osservazione empirica (e della sua interpretazione da parte del modello). Possono non esserci, quindi, ragioni di contenuto che spingano a espellere l’indicatore dal modello. Questo però, consapevolmente o me- no, comporta che verosimilmente cambi anche il concetto teorico di partenza, perché evidentemente vi erano all’inizio delle componenti estranee di cui il processo di analisi ha mostrato la non omogeneità. Insomma, se alcuni indicatori spariscono, cambia in qualche modo la dimensione latente scalata dal modello. Esistono però valide motiva- zioni teoriche per giustificare la perdita di certi indicatori? E come cambia il costrutto iniziale? Zand Scholten [2011, 40], pur da un punto di vista non rappresentazionale, molto correttamente avverte che “quando il focus è solamente nella rivendicazione di un livello di misurazione intervallare per una qualche proprietà, e non nell’identificazione di fattori che possono confondere la variabile d’interesse, l’utilizzo del modello di Ra-

163

sch può darci un falso senso di successo e può condurre a strumenti di misurazione che rivendicano in modo fallace di rappresentare una qualche proprietà quantitativa”. In- somma, dal punto di vista teorico della RMT, un modello in sede di misurazione non deve servire a selezionare le variabili-indicatore che legano di più tra loro, ma a testarne la scalabilità e la natura quantitativa, per cui la loro selezione originaria deve risiedere su fondate ragioni teoriche: gli item non possono entrare e uscire dal modello come i passeggeri su un autobus. Nelle scienze fisiche, talvolta, è più agevole aggiustare il tiro sul versante della teoria e trovare le giustificazioni per l’inadeguatezza di uno strumento di misurazione. Zand Scholten [ibidem] spiega egregiamente il meccanismo con questo esempio:

Supponiamo che stessimo per costruire uno strumento di misurazione per la lunghezza usando la comparazione a coppie di persone con aste di legno. Se avessimo rimosso le aste non conformi ai nostri assiomi di additività, saremmo seriamente a rischio di produrre uno strumento di misurazione che produce una misurazione a livello d’intervalli so- lamente per un sottogruppo degli oggetti per cui gli assiomi dovrebbe- ro valere. Ora, se potessimo squalificare queste aste anomale dimo- strando che erano tutte aste fatte da legno appena tagliato che era an- cora molto flessibile, potremmo legittimamente adeguare la nostra demarcazione di questo insieme di oggetti.

Il terzo punto è già stato affrontato nella nostra discussione e riguarda il fatto che alcuni assiomi debbano poter essere testati su insiemi infiniti e continui. Si è detto che, oltre alle gerarchie di cancellazione, è possibile immaginare di poter scendere asintoti- camente nell’infinitamente piccolo solo attraverso un esperimento mentale: tra due item o due soggetti, potrò sempre trovarne un terzo che si colloca tra loro, e così avanti. Se ciò in principio è possibile, nel caso di proprietà psicologiche non direttamente operati- vizzabili è un’impresa quasi disperata riuscire a trovare sempre il successivo terzo ele- mento. Pensando a un test sulle capacità aritmetiche di un campione di soggetti, quale

item, si chiede Zand Scholten, giace a un livello di difficoltà tra quello di ‘1+1’ e quello

164

I punti discussi aiutano a costruire un quadro di riferimento generale sulla que- stione del modello di Rasch come forma di misurazione additiva congiunta. Abbiamo visto i motivi per cui il modello si qualifica matematicamente come una struttura di quel tipo, ma anche alcuni argomenti che tendono a indebolire questo legame, rendendo la questione più complessa e articolata. Proveremo adesso ad andare più in profondità, af- frontando alcuni aspetti del dibattito epistemologico a nostro avviso salienti. Per farlo, discuteremo a partire dalle posizioni di alcuni studiosi che negano, con argomenti diver- si e partendo da visioni differenti, che il modello di Rasch sia un caso di ACM.

165

12 Il modello di Rasch come misurazione congiunta:

una critica dal versante rappresentazionale

La prima prospettiva dalla quale vogliamo cominciare questa disamina è quella di Kyngdon [2008a; 2008b], che cerca di dimostrare come, partendo proprio da un rigoro- so punto di vista rappresentazionalista e quindi in piena adesione ai principi della ACM, il modello di Rasch non possa essere legittimamente rivendicato come un’istanza di mi- surazione additiva congiunta. Lo fa partendo con l’affermare i presupposti della teoria rappresentazionale contemporanea (RMT) e le condizioni che governano l’ipotesi della misurazione fondamentale di una struttura empirica, adottando un taglio per certi versi addirittura ontologico.

12.1 Presupposti della ACM: perché il modello di Rasch fallirebbe nel