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Il primo aspetto, fondamentale, riguarda la natura dei modelli IRT e di quelli ACM. Mentre i primi sono probabilistici, gli assiomi della misurazione congiunta addi- tiva hanno un carattere strettamente deterministico, di stampo algebrico115. Sul versante

della ACM, questo significa che un rigoroso controllo degli assiomi comporta un rifiuto in blocco del modello anche in presenza, al limite, di un solo caso divergente dalle ipo- tesi. Le violazioni delle condizioni degli assiomi sono considerate “errori” che negano la possibilità che la struttura indagata sia quantitativa continua. Certo, si potrebbe discu- tere sull’appropriatezza di un termine come “errore”, che pare più adatto se utilizzato con riferimento a concetti come quello di “validità” (per cui, per esempio, non si rileva in modo corretto una certa proprietà) più che per descrivere la non riproducibilità di un dato empirico da parte di un modello o un assunto formale astratto. Se una certa struttu- ra empirica non possiede le caratteristiche richieste da una teoria della misurazione, al- lora i suoi elementi non sono “errati”: semplicemente violano i presupposti necessari a darne una certa rappresentazione.

Riguardo alla natura deterministica della ACM si può ripetere la constatazione svolta per altri modelli deterministici nella Parte Prima: nella pratica della ricerca psico-

115 Questo, come detto, comporta che alcuni assiomi si muovano nell’ambito degli insiemi infiniti di

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sociale è raro, se non quasi impossibile, che una serie di dati empirici rispetti in modo integrale e completo un insieme di assunti che prevedono, in modo rigido e inflessibile, il rispetto di certe condizioni formali. Questo accade con modelli di tipo ordinale, quale quello di Guttman, e accade prevedibilmente a maggior ragione con modelli che ampli- ficano la selettività dei requisiti. Ora, se una deviazione dagli assiomi è realmente frutto di uno o più errori casuali, allora questo non implica necessariamente e per principio che gli attributi in questione non rispettino gli assiomi. Il problema è che un modello de- terministico non è in grado di gestire, in nessun caso, queste deviazioni e non offre strumenti per valutarne l’eventuale livello di accettabilità. A questo si riferiscono gli au- tori citati in precedenza, quando lamentano una scarsa applicabilità degli assunti ACM e la totale mancanza di flessibilità. Del resto, per sfruttare pienamente la potenza della struttura algebrica degli assiomi, questa rigidità è il prezzo da pagare.

Poniamo, però, che le violazioni degli assiomi non scaturiscano da errori casuali, ma rappresentino vere e proprie deviazioni della struttura empirica da quanto immagina- to da quella formale del modello. Nel nostro caso specifico, ciò può significare che gli attributi non hanno effettivamente niente a che vedere con strutture quantitative, combi- nabili additivamente in modo congiunto: cioè, non esiste nessuna dimensione latente che influenza le risposte delle persone a una serie di affermazioni, oppure non ne esiste una rappresentazione additiva perché abilità e difficoltà non hanno una struttura abba- stanza complessa da sostenerla.

C’è però un’altra possibilità, contemplata dai modelli come quello di Rasch, che sostiene quanto segue: l’ipotesi del costrutto latente è sostenibile ed è possibile rappre- sentare su di esso abilità e difficoltà, utilizzando una loro combinazione additiva; sola- mente, la relazione tra loro si basa su un rapporto probabilistico. L’atteggiamento di una persona verso un oggetto cognitivo può avvicinarsi più o meno a quello espresso da una certa affermazione, ma alla fine il soggetto deve “tirare una riga”, accettare o rifiutare un item, valutare una risposta corretta ecc., dato che il modello tratta solo chiusure di-

cotomiche116. Per questo si deve tenere conto di un “effetto alone” nelle risposte, che

non è necessariamente frutto di errori di valutazione, ma l’emergere del fatto che gli at- teggiamenti sono composti da una complessa pluralità di gradi, che la distanza tra posi-

116 Questo ovviamente vale, in misura maggiore o minore, per tutte le tecniche a risposta chiusa. Tale

processo è meno problematico per quanto riguarda il dare una risposta giusta o sbagliata su precise nozio- ni.

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zione personale ed espressione dell’item si allarga o si restringe e che, quando queste soglie si avvicinano molto, a far pendere la risposta da una parte o dall’altra possono es- sere sottili sfumature, il prevalere contingente di questo o quell’aspetto del costrutto. Il vantaggio dei modelli probabilistici è quello di tenere conto di questa variabilità, di que- sto “alone” e del fatto che, pur tracciando una linea netta tra un “sì” e un “no”, un sog- getto non sempre accetta o rifiuta in toto un’affermazione, possono esserci gradi diversi che si rispecchiano in vari livelli di probabilità117. In pratica, il modello di Rasch (e gli altri modelli IRT) di fronte alla condizione pratica delle scienze umane, offre un’interpretazione di questo “effetto alone” e gli strumenti per valutarne un possibile impatto, a scapito dell’assoluto, tetragono rigore assiomatico dei modelli ACM. Su que- sto punto si svolge un pezzo del dibattito sull’adeguatezza del modello di Rasch come istanza di ACM, tra chi rivendica un maggior realismo del primo [es. Borsboom e Mel- lenbergh 2004] e chi invece ritiene che l’elemento stocastico stesso dimostri l’impossibilità di provare la natura quantitativa dei costrutti mentali [es. Kyngdon 2008b].