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Interpretazione qualitativa o quantitativa della scala congiunta

3.2 Il modello unfolding e le metriche ordinate

3.2.2 Interpretazione qualitativa o quantitativa della scala congiunta

La teoria mostra che esistono due tipi di scale J per ogni set di scale I. Infatti, pos- siamo essere interessati solo al livello ordinale della scala ovvero possiamo rivolgere l’attenzione a sviluppare anche le sue caratteristiche di metrica ordinata. Nel primo ca- so si riflette su un certo numero di scale I e si cerca una scala J, compatibile con esse, che rappresenti solo gli stimoli come una serie ordinata da un’estremità all’altra: in que- sto caso si definisce la scala J di tipo qualitativo. Non ci si pone la questione dell’ordine di grandezza delle distanze, ma solo quella del loro ordine di rango. Si può dimostrare che a ogni scala qualitativa congiunta di n stimoli corrispondono 2n-1 scale individuali compatibili con essa.

Nel caso, invece, in cui si vogliano considerare, oltre all’ordine degli item, anche le informazioni riguardanti la loro distanza, si darà della scala J un’interpretazione

quantitativa. Ciò significa che, attraverso la tecnica opportuna, si potrà controllare se le

scale individuali empiricamente rilevate formano o no un insieme compatibile con l’ipotesi che la distanza tra alcuni degli stimoli sia maggiore o minore della distanza tra altri stimoli. I criteri sono ovviamente più stringenti rispetto al caso della scala J qualita- tiva. Non rientra nei nostri obiettivi un’illustrazione completa e puntuale della tecnica, per cui ci limiteremo qui a esporre sommariamente i punti principali.

Una scala congiunta quantitativa è composta di un sottoinsieme delle 2n-1 scale I

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duali di cui è composto tale sottoinsieme è (𝑛2) + 1 39. Per questo, una scala J con 4 sti-

moli sarà compatibile con 8 scale I nella versione ordinale e con 7 scale I nella versione metrica ordinata; una scala J con 5 stimoli sarà compatibile con 16 scale I nella versione ordinale e con 11 scale I nella versione metrica ordinata, e via dicendo. Il numero di stimoli deve essere superiore a tre per ricavare informazioni sull’ordine di grandezza delle distanze. Dato un insieme di n item, è possibile ricavare una singola informazione sull’ordinamento di due distanze per ogni sottoinsieme disponibile di 4 item: il numero di sottoinsiemi di 4 elementi ricavabili da un insieme di n è dato dal calcolo combinato- rio come (𝑛4) [Torgerson 1958].

Per passare dall’ordine semplice all’ordine tra differenze, il modello ha bisogno di un assunto in realtà abbastanza “forte”, che introduce la dimensione metrica: si suppone, infatti, che la distanza tra due item sia in funzione diretta dell’intensità della loro prefe- renza e che esista un punto centrale tra i due stimoli che rappresenta una posizione di equidistanza. Rilevare empiricamente certe scale I e non altre può fornire informazioni sulla posizione relativa di taluni punti centrali e, a sua volta, sulla distanza relativa tra gli stimoli coinvolti.

Vedremo ora un esempio riferito alla fattispecie più semplice (4 stimoli)40.

Fig. 3.2 – Rappresentazione di una dimensione latente con 4 item e AB̅̅̅̅ > CD̅̅̅̅

39 Vi sono altre tre caratteristiche necessarie affinché una scala J sia quantitativa [McIver e Carmines

1981, 75-6]. Per le nostre esigenze sarà sufficiente citarle in nota:

- Ogni scala I deve necessariamente terminare o con il primo o con l’ultimo stimolo della scala J. - Può esserci solo una coppia di scale I le quali siano una l’immagine esattamente speculare

dell’altra. Una di esse comincerà con il primo stimolo della scala J e finirà con l’ultimo; vicever- sa per quella a essa speculare.

- Se un insieme completo di scale I (composto cioè da (𝑛2) + 1 scale) si combina con la scala J, deve essere possibile sistemare le scale individuali in modo tale che ognuna di esse scaturisca da quella precedente, con la sola inversione di una coppia adiacente di item.

40 L’esempio è tratto da McIver e Carmines [1981]. Esempi più complessi si possono trovare nelle

opere di Coombs citate. In particolare, Coombs [1950] fa alcuni esempi con scale di 5 stimoli.

A B C D

AB ACAD BC BD CD

1 2 3 4 5 6 7

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S’immagini che i quattro item siano disposti lungo l’attributo rappresentato dall’asse orizzontale, nell’ordine ABCD. Le frecce verso il basso indicano i sei punti centrali tra gli stimoli, che separano il continuo in sette intervalli caratterizzati ognuno da un certo ordine di preferenze (frecce orizzontali in alto), ricostruibile come segue:

1) ABCD 2) BACD 3) BCAD 4) BCDA 5) CBDA 6) CDBA 7) DCBA

Come si vede, ogni volta che si supera una soglia di equidistanza tra due item, si passa a un ordinamento diverso delle preferenze e, superando, si inverte l’ordine di que- sti ultimi.

Quante e quali informazioni metriche possiamo ottenere dai quattro stimoli? Co- me detto, esse sono pari a (𝑛4) , in questo caso 1. Nell’esempio precedente, l’informazione che si ricava è che l’intervallo AB è maggiore di quello CD. La scala de- cisiva è la quarta, BCDA. Essa ci dice che, partendo dall’estremità sinistra della dimen- sione, il punto centrale tra A e D si incontra prima di quello tra B e C. Infatti, la scala della terza sezione è BCAD, mentre in quella successiva si ha appunto l’inversione tra A e D. Il fatto che il punto di equidistanza di AD sia più a sinistra di quello di BC è ga- ranzia che C sia più vicino a D di quanto B non lo sia ad A e quindi che AB̅̅̅̅ > CD̅̅̅̅.

La possibile alternativa sarebbe che la quarta scala invertisse, rispetto alla terza, gli item B e C, presentandosi quindi come CBAD. In questo caso avremmo concluso che il punto centrale di AD si trova a destra di quello di BC e quindi che AB̅̅̅̅ < CD̅̅̅̅. Graficamente la configurazione cambierebbe nel modo seguente:

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Fig. 3.3 – Rappresentazione di una dimensione latente con 4 item e AB̅̅̅̅ < CD̅̅̅̅.

L’ordine degli altri mid-point non può cambiare, data la combinazione ABCD, per motivi strutturali: quello tra A e B deve essere logicamente prima di quelli tra A e C e tra A e D; il punto tra A e C deve essere prima di quello tra B e C, il quale a sua volta deve precedere quello tra B e D, che deve venire prima di quello tra C e D. Il “grado di libertà”, se così vogliamo chiamarlo, riguarda quindi l’ordine tra il punto centrale di BC e quello di AD.

Non è facile, da un punto di vista pratico della ricerca applicata, che durante la ri- levazione in un campione si abbia evidenza di sole scale individuali compatibili univo- camente con una sola scala J. Questo è uno dei limiti comune a molti degli approcci de- terministici: basta un solo caso incoerente per contraddire il modello e l’insieme partico- lare di assunti che lo costituiscono41. Inoltre, superando i 5 item, il modello acquisisce una complessità difficilmente gestibile e forse questo è uno dei motivi che ne hanno frenato la diffusione.

Il modello della metrica ordinata ha comunque molti elementi interessanti. Uno di questi è che si presta sia a un tipo di ricerca esplorativa che a una di tipo confermativo. Infatti, si può iniziare dai dati empirici per testare se essi siano coerenti con una qualsia- si rappresentazione dimensionale delle preferenze, senza un piano preciso, facendo in modo che sia la tecnica a fornire un’eventuale scala congiunta da interpretare e decifrare

ex post; oppure si può partire da un’ipotesi teorica precisa, immaginando che esista una

41 A tutti i modelli deterministici sono stati associati coefficienti e indici per stabilire la quota di “er-

rore”, di casi devianti dalla norma richiesta dal modello stesso. Tutte queste misure soffrono però di arbi- trarietà nello stabilire quale quota di devianza sia da ritenere tollerabile e oltre la quale devono invece considerarsi violate a tal punto le caratteristiche del modello, da classificarlo come falsificato dai dati.

A B C D

AB AC BCAD BD CD

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dimensione di preferenze strutturate come una certa scala J, controllando in seguito se le scale I sono compatibili con l’ipotesi iniziale o se essa sia falsificata dai dati.

E’ inoltre notevole come il modello (se corroborato dalle evidenze empiriche) par- tendo da semplici dati di preferenza, riesca ad aggiungere una quantità d’informazioni non indifferente. Usando le parole di Coombs [1950, 157-8], esse possono essere

1) la scoperta di un attributo latente soggiacente alle preferenze; 2) l’ordine degli stimoli sul continuum dell’attributo; 3) qualcosa al ri- guardo delle grandezze relative delle distanze tra coppie di stimoli; 4) il frazionamento del continuum in intervalli, il posizionamento delle persone in questi intervalli e l’ordinamento di questi intervalli su que- sto continuum dell’attributo; 5) qualcosa a proposito delle grandezze relative di questi intervalli.

Per ottenere almeno parte di questi risultati, si ricorre però a un assunto, quello della relazione lineare tra intensità della preferenza e distanza degli item, che abbiamo definito “forte”. Perché? Si sviluppa un approccio che fa dichiaratamente a meno di uni- tà di misura perché, si dice, esse sono spesso definite in modo controverso e insoddisfa- cente nelle scienze psicologiche e sociali, che non possono manipolare i propri oggetti di ricerca e verificare così gli assunti di misurazione; si ricorre quindi a dati di tipo or- dinale, quali appunto le preferenze, più verosimili; si continua, però, a considerare la dimensione dell’attributo latente come continua e quantitativa, non solo sullo sfondo, a livello di aspetto teorico generale e di contesto, ma come vera e propria indicazione operativa, poiché si utilizzano in modo diretto le caratteristiche che scaturiscono da que- sto assunto metrico: gli item hanno determinate distanze tra loro, incognite ma diretta- mente in relazione con l’intensità (quantitativa) della preferenza e tale caratteristica è considerata così precisa e strategica da poter immaginare che ognuna di loro sia perfet- tamente sezionabile a metà in un punto di equidistanza tra due stimoli, che determina a sua volta i confini degli intervalli che individuano le zone delle varie scale I.

Il modello unfolding di Coombs, nella versione base che abbiamo commentato, si colloca quindi a metà strada tra un livello ordinale e uno intervallare. A differenza della generalità dei modelli per scale ordinali, qui non si sospende il giudizio sulla natura

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dell’attributo: essa è chiaramente interpretata come continua e quantitativa e tale carat- teristica entra direttamente nella fattispecie delle scale J quantitative. Senza tale assunto, dalla semplice combinazione di relazioni di rango, non potrebbero emergere le altre, in- teressanti informazioni sull’ordine delle grandezze. Ma, al pari della definizione di una qualsiasi unità di misura per dimensioni psicologiche, anche quella delle relazioni inter- correnti tra stimoli lungo l’attributo, offerta dal modello, è ipotetica e ugualmente que- stionabile dai sostenitori di una visione classica della misurazione.