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Le acque del Polesine e le forme dell’abitare Un’ipotesi di lavoro per un progetto inclusivo

Federico Russo

Email: refeeed@gmail.com Tel: 329 9026363

Paolo Russo

Email: paolo1.russo@mail.polimi.it Tel: 333 4052016 Abstract

Il contesto polesano, storicamente legato alle alluvioni e marginale ai principali processi economici, ci suggerisce una riflessione sulle criticità del territorio e sugli elementi che ne strutturano i paesaggi.

La necessità di ordinare e mettere a sistema varianti e invarianti di questi territori “deboli” e le necessità di creare figure unitarie nelle quali far convergere strategie condivise ci ha portato a reinterpretare l’ambiente polesano seguendo due letture parallele. Una prima lettura riconosce nei paesaggi delle acque diversi funzionamenti del territorio e specificità ambientali. Nella seconda si evidenzia come in questo contesto stiano agendo processi di gerarchizzazione del territorio isotropo.

Queste due letture, insieme ai processi di microimprenditorialità diffusa che investono i paesaggi fluviali e alla conseguente ridefinizione di senso di essi, possono suggerire nuovi scenari progettuali per questi territori a bassa “intensità”.

Parole chiave: local plans, ecological networks, public spaces. 1 | Le acque del Polesine: processi in atto

Storia del Polesine legata al rischio idrogeologico

La storia del Polesine è strettamente legata all’evoluzione dei due grandi fiumi che ne delimitano i confini (l’Adige a nord e il fiume Po a sud) e ne segnano l’evoluzione socio-culturale. Fra il 1870 e il 1882 il Polesine subisce otto esondazioni. Le conseguenze dell’alluvione del 18821 porteranno più di 60.000

persone ad emigrare in Sud America; l’alluvione del 1951 (avvenuta in periodo già difficile per l’Italia che esce compromessa dal secondo conflitto mondiale) crea 160.000 sfollati e un decremento della popolazione per cause dirette e indirette di 80.000 persone nei successivi 10 anni (circa una persona su tre abbandonò il territorio).2

1 «All’indomani dell’unità d’Italia, nella parte orientale della valle padana, vastissime sono le aree incolte e ricoperte di canneti e

giunchi in quanto ricoperte dalle acque. […] i campi coltivati sono in continuo pericolo per i ristagni d’acqua e per le piene dei fiumi. Nel 1868, nel 1872, nel 1879 e nel 1882 la valle Padana orientale subisce disastrose alluvioni del Po, dell’Adige e di altri fiumi, centinaia di migliaia di ettari vengono sommersi; le case e i prodotti di un lavoro secolare dell’uomo cancellati» (Pirani, 1991).

2 Il processo di decremento della popolazione è ancora in atto: la mappa Istat ‘Variazione percentuale della popolazione 1971-

2011’ della Regione Veneto ci mostra come all’interno della regione la provincia di Rovigo, al di là delle zone collinari e montane, è la zona con la maggior percentuale di riduzione.

È in questo contesto, di costante pericolo di inondazioni e di marginalità rispetto ai principali processi economici, che l’intervento diretto dal recente Stato unitario da una parte cerca di infrastrutturare il territorio e dall’altra (tramite ampi contributi ai grandi gruppi finanziari) favorisce la bonifica di nuove aree con l’obbiettivo di strappare nuovi terreni fertili all’acqua e di proteggere le terre vecchie. Il primo Progetto generale di bonifica è del 1895 e pianifica una vasta rete di canali che, solitamente tramite impianto idrovoro, immettono le acque di scolo nella rete principale. Altre importanti opere per l’assetto odierno del territorio sono la realizzazione del Collettore Padano (1894-1904) e l’insieme degli interventi su quella che diventerà l’idrovia Fissero-Tartaro-Canal Bianco-Po di Levante3. Il primo progetto

dell’idrovia risale al 1938, quando alla finalità di sistemazione idraulica vengono aggiunte quelle irrigue4 e

quelle di navigazione interna (lo scopo è quello di collegare Mantova con il mare Adriatico).5 Arretratezza e marginalità

Oggi il territorio polesano viene associato ad una immagine rurale statica, storicamente scandita dalle alluvioni che ne decimano le popolazioni e una terra con una bassa propensione all’innovazione socio- economica, lontana dalle performances delle realtà produttive importanti del contesto geografico in cui si colloca.

L’immagine che abbiamo di questo territorio deriva dal racconto che ne è stato fatto dal dopo guerra a oggi sia dai racconti televisivi6 sia dai numerosi film che hanno raccontato la complessa realtà del Fiume e

della vita che vi si svolge affianco.7 Registi come Visconti, Antonioni e Mazzacurati hanno ambientato le

loro pellicole in questi luoghi, ma sono forse i cortometraggi degli anni ‘50 di Florestano Vancini che meglio raccontano i gesti di un quotidiano e faticoso convivere con l’acqua.8

Affianco a questo racconto “informale” esiste una letteratura specialistica9 e tecnica che ci racconta le

specificità di questi territori marginali. Alla fine degli anni ’80 Giuseppe Dematteis descrive le reti basso- padane10 come un territorio con una rete urbana piuttosto rarefatta a bassa densità insediativa, strutturato

nel corso dei secoli dalle grandi imprese agricole e dalle bonifiche che esse hanno intrapreso. L’assenza della piccola conduzione diretta, l’adozione di sistemi di coltura intensivi e monocolturali, l’assenza di un processo d’industrializzazione sul territorio ha delineato uno scenario poco adatto a forme di valorizzazione diffusa (G. Dematteis, 1995).

Il “vuoto”

Il Polesine e l’adiacente “bassa” Ferrarese11, marginali allo sviluppo economico e infrastrutturale del secolo

scorso, sono interpretabili per alcuni aspetti come un “vuoto” dove le figure territoriali del sistema lineare Milano-Venezia, della “città diffusa veneta” e della Via Emilia perdono forza e intensità.

Ne consegue un territorio, dove la struttura insediativa sia di difficile lettura e dove il 90% del suolo sia ad uso agricolo. Se da una parte questo tipo di territorio è al centro dell’attenzione delle politiche dell’Unione europea (nel 2012 sono stati stanziati 40 miliardi di euro a sostegno dell’agricoltura)12 dall’altra fatica a

trovare una propria identità e una propria dimensione all’interno del mutato rapporto città-campagna.

3 Il Canalbianco, insieme alle sue conche di navigazione, ai porti e l’interporto di Rovigo (1992), attraversando da ovest a est la

Provincia di Rovigo ne costituisce il suo asse centrale.

4 Il canale Tartaro–Canalbianco–Po di Levante dà il nome all’omonimo bacino idrografico del quale rappresenta il corpo idrico

recettore. I limiti del bacino idrografico sono il fiume Adige e il fiume Po (l’ultimo tributo di destra dell’Adige è in Vallagarina mentre l’ultimo tributo di sinistra del Po è il Mincio).

5 Fonte: Piano Generale del Sistema Idroviario dell’Italia del Nord

6 Nel 1956, a pochi anni dalla nascita della televisione italiana, Mario Soldati realizza l’inchiesta televisiva Viaggio lungo la valle del

Po.

7 Negli ultimi anni si è posta nuova attenzione al fiume Po, indicativa è la rassegna cinematografica “Un Po di Cinema” del 2014

dedicata al Fiume da parte della Cineteca di Milano e realizzata al MIC – Museo Interattivo del Cinema.

8 Sono trentasei i cortometraggi che Florestano Vancini realizza tra il 1949 ed il 1959. Tra i più famosi: Delta Padano; Traghetti

alla foce; Variazioni a Comacchio; Dove il Po scende; Palude operosa.

9 «La ‘questione Polesine’ è ormai conosciuta nei suoi dati economici, sociali, territoriali. Disoccupazione in costante aumento da anni, crisi di quasi tutti i settori produttivi; conseguenti pensanti provvedimenti di licenziamento; minaccia di disgregazione di un tessuto sociale compromesso quasi nelle sue stesse possibilità di sopravvivenza». Così l’allora Presidente della provincia di Rovigo Giorgio Nonnato definiva la situazione socio-economica del territorio polesano sollecitando un lungimirante progetto territoriale, politico e sociale. (Nonnato, 1984)

10 Ricerca condotta dal GRAM, Gruppo di studio sulla rivalorizzazione delle aree marginali. 11 Vedi documentario prodotto dalla Regione Emilia-Romagna Nelle terre del delta (1975).

12 La Nuova Politica Agricola Comunitaria PAC ha stanziato, per il periodo 2014-2020, 400 miliardi di euro per la diversificazione

dell’attività agricola. L’agricoltura occupa il 75% del territorio veneto, producendo solo il 2,8% del PIL regionale, e sopravvivendo grazie a un sistema di aiuti ed incentivi. (B. Secchi, 2008) Nell’articolo La programmazione e l’emergenza, G. La

Questo “vuoto”, dato dalla mancanza di nodi urbani primari e infrastrutture, si struttura invece attorno ad una complessa rete idrografica ed è proprio tramite essa che questa area può trovare proiezioni con contesti più ampi13. Il ruolo strutturante dell’idrografia risulta più evidente visto ad una scala vasta che

supera i limiti amministrativi e quindi ponendo le necessità di nuovi obbiettivi progettuali (B. Smets in N. Meijsmans, 2010).

Figura 1| La struttura idrografica della pianura padana. Fonte: immagine prodotta dall’autore.

“Colonizzazioni informali”: strategie diffuse nei territori marginali

Quindi da una parte si ha il progetto moderno post-unitario delle grandi bonifiche che struttura il territorio sottraendolo alla sua storica indeterminatezza fissandolo così in un’immagine tutt’ora visibile.14

Seppur attraverso processi economici che trascurano le esigenze degli strati più poveri della popolazione (E. Sereni, 1961) e avviando così numerose rivolte (dalle Boje alle rivolte bracciantili del dopo guerra), la “grande bonifica” definisce un paesaggio all’interno della quale le relazioni tra il singolo, la collettività, le economie locali e il palinsesto su cui poggiano prendono forma (A. Corboz, 1998).15

Dall’altra si ha la seconda fase d’ingegnerizzazione del territorio, in cui si cerca uno sviluppo basato sull’infrastrutturazione, avvenuta su un modello moderno settoriale, che non risponde più a una logica unitaria ma come moltiplicarsi di progetti in risposta alle criticità che emergevano.

Gli interventi sulla rete idrografica «hanno visto nell’emergenza il suo elemento guida» (G. La Varra, in Agnoletto, Guerzoni, 2012) che ha portato «dal secondo dopoguerra, un generale processo di banalizzazione ambientale del territorio della Pianura Padana, che ha interessato anche le regioni fluviali di alcuni grandi corsi d’acqua, tra cui il Po ne è emblema. Parallelamente si è assistito ad una tendenziale Varra fa notare come sia in atto un’inversione di tendenza: oggi è all’interno delle città che si produce un plusvalore in grado di mantenere i territori agricoli. (La Varra, in M. Agnoletto, M. Guerzoni, 2012).

13 Tramite il fiume Po, il territorio polesano viene connesso all’intera pianura padana; l’area del delta si inserisce in un contesto

ambientale ed economico che va da Venezia a Ravenna.

14 Indefinitezza durata secoli, causata non solo dalle esondazioni ma anche dal continuo modificarsi del percorso dei fiumi, dal

loro interrarsi e spesso dal cedersi il proprio alveo.

15 Usando le parole di Maria Chiara Tosi un territorio dove «tra attività economiche, modi della loro organizzazione, deposito

fisico lasciato sul territorio e società mobilitata non è stata attivata pressoché alcuna forma di mediazione.» (Tosi in, Fabian, 2012)

banalizzazione delle morfologie degli alvei e contrazione per entità e per valore naturale degli ambienti e delle biocenosi fluviali caratteristici.»16

Analogamente, i progetti delle infrastrutture della mobilità, sono stati interpretati per rispondere esclusivamente all’aspetto viabilistico. Le opere del recente passato, come ad esempio la Strada Statale Transpolesana (1963-1988), sono dei “tubi”17 privi di relazioni con ciò le circonda, producono un

territorio sezionato le cui relazioni con la realtà locale sono ridotte a semplici ponti, sottopassi e svincoli. Se nel tempo questi “tubi” non hanno saputo portare la potenza innovatrice che un’infrastruttura deve creare, è invece all’interno dell’altro sistema della mobilità, ovvero all’interno della fitta trama della “spugna”18 che si possono leggere processi in atto a cui forse bisogna prestare più attenzione. Sono gli

spazi di cui il progetto non ha ancora preso in considerazione “l’up-grading concettuale” dove la popolazione ha saputo dare risposte alle proprie esigenze personali e di collettività. È nello spazio pubblico latente degli spazi golenali, dei margini delle strade provinciali e statali, lungo la fitta rete dei canali che è avvenuta questa “colonizzazione informale”.

Figura 2 | «Case Sospese: una ricerca architettonica e antropologica lungo le rive del fiume Po»

Fonte: le immagini sono state gentilmente concesse dal fotografo Ettore Moni.

La “perlustrazione e la descrizione dello spazio per come si è costruito” 19 ci permettono di mettere in luce

anche nel contesto polesano alcune micro-strategie utili alla comprensione e alla ri-definizione di senso di un territorio a bassa densità insediativa. I cambiamenti in atto di questo territorio s’inseriscono allo stesso modo, in un contesto europeo che si lascia alle spalle un "secolo forte": il XXI secolo europeo si caratterizza da strategie più "deboli e diffuse" sorrette da imprenditorialità di massa con forme produttive pulviscolari. Le trasformazioni del territorio fanno riferimento a strategie più reversibili, incomplete e imperfette ma più capaci di riadattarsi agli imprevisti (A. Branzi, 2006).

In questi contesti rurali la chiusura di un salumificio con un centinaio di addetti porta alcuni dipendenti a intraprendere nuove forme "imprenditoriali", trasformando le proprie abitazioni in case-laboratorio per la produzione di insaccati, tortellini o altri prodotti tipici locali: il "saper fare" delle comunità rurali locali ha creato negli anni "70 del secolo scorso le condizioni favorevoli alla creazione del capannone, ossia un grande contenitore unico nel quale le mani esperte dedicano la loro professionalità; alla chiusura del contenitore unico, parte dei dipendenti disseminano nel territorio piccole smart-box imprenditoriali creando network di produzione e vendita paralleli alla grande distribuzione.

Le piccole smart-box imprenditoriali investono anche i paesaggi dell'indeterminatezza fluviale con una serie di attività legate al tempo libero, come ad esempio le house-boat ristorante lungo il fiume Po o le

16 Autorità di bacino del fiume Po. Il Comitato istituzionale del 5 aprile 2006 approva una Direttiva per gli interventi di

rinaturazione dei territori delle fasce fluviali definite dal PAI.

17 I “tubi” e la “spugna” sono due modelli interpretativi della rete viaria veneta concettualizzati all’interno della ricerca On

mobility, riconcettualizzazioni della mobilità nella città diffusa. Per analogia si associano ai tubi le «infrastrutture ad alta velocità/capacità i cui bordi non sono permeabili come le autostrade o le tangenziali. «Oggetti che programmaticamente stabiliscono relazioni con il contesto solo per mezzo di precisi punti di ingresso al sistema. […] Il modello della spugna si basa su un’analogia che consente di assumere lo spostamento del traffico come fosse il moto di un fluido dentro un tessuto poroso […] la rete minore stabilisce con il contesto un programmatico rapporto di scambio continuo». (Fabian, 2012) Più in generale la ricerca in questione si «propone di osservare i territori della dispersione insediativa a partire dal loro supporto principale: la rete delle acque e delle strade». (B. Secchi, 2010)

18 Vedi nota precedente.

19 Per cogliere i processi di trasformazione che hanno investito i territori della dispersione insediativa in Italia emergono, dagli anni

‘80 del secolo scorso, nuovi sguardi multidisciplinari, nuovi strumenti per indagare i processi di trasformazione del territorio (Zanfi in, M. Agnoletto, M. Guerzoni, 2012).

attività di supporto alla navigazione per turismo e pesca. Anche in questo caso l'insieme del pulviscolo imprenditoriale legato alle acque crea un network, un insieme di geografie parallele basate su micro- strategie individuali. Negli oggetti architettonici dell'autoproduzione è possibile ripercorrere i processi di trasformazione socio-economici di queste piccole realtà urbane. Nelle case galleggianti i controsoffitti derivano dai rivestimenti verticali di una sala da ballo che ha chiuso negli anni novanta, l’arrivo della rete di distribuzione del metano per riscaldare le abitazioni consente di spostare il grande bombolone del gas dal giardino alla casa sul Po, per immergerlo nelle acque fluviali e creare una enorme cella frigo senza elettricità. Il “saper fare” della persona comune trasforma e reinterpreta tutto quello che viene lasciato indietro dai processi di trasformazione socio-economici, ridà lustro a vecchie cucine dismesse.

2 | Le forme dell’abitare: un’ipotesi di lavoro Due letture parallele

La necessità di ordinare e mettere a sistema varianti e invarianti di questi territori “deboli” ci ha portato a reinterpretare l’ambiente polesano seguendo due letture parallele. Una prima lettura riconosce nei paesaggi delle acque diversi funzionamenti del territorio polesano e specificità ambientali. Sistemi ambientali lineari continui come le aste fluviali, gli ambienti isotropi delle canalizzazioni e gli specchi d’acqua lagunari a macchia di leopardo definiscono un territorio complesso. Le differenti “acque” sono interessate da diversi usi e da diverse “pressioni” antropiche come l’inquinamento, la gestione del rischio idrogeologico.

Nella seconda lettura si evidenzia come in questo contesto stiano agendo diversi processi di gerarchizzazione del territorio isotropo, mediante differenti “polarità”. Il territorio polesano viene immaginato come sommatoria di tre macro-ambienti insediativi derivanti da relazioni storiche di lunga durata: all’interno di ogni ambiente insediativo, si può notare come il processo di gerarchizzazione avviene attraverso micro-trasformazioni che seguono logiche insediative differenti; attrattori lineari lungo le principali arterie di traffico, nuclei compatti che esercitano forza centripeta nel loro intorno e un sistema urbano lineare che regge trasformazioni per singoli tasselli indifferenti gli uni agli altri.

I paesaggi delle acque

Il sistema lineare continuo dell’Adige si presenta nel tratto polesano come un ambiente fluviale regimentato e navigabile sul quale si attestano compartizioni agricole e filamenti urbanizzzati minori. Il naviglio Adigetto, storicamente utilizzato per il trasporto delle merci, attraversa diversi centri urbani compatti come Badia Polesine, Lendinara e Rovigo.

Il paesaggio rurale delle canalizzazioni, composto da circa 2.000 km di corsi d’acqua artificiali isotropi riversano le loro acque in eccesso nel Canalbianco. Il paesaggio delle canalizzazioni e delle strade interpoderali è la porta di accesso alle architetture storiche puntuali (vedi Atlante dei centri storici della Regione Veneto).

Il sistema delle acque a macchia di leopardo degli ambienti lagunari crea un mix produttivo e imprenditoriale nel quale convivono prodotti agricoli come il riso, la pesca e la pescicoltura. Gli ambienti lagunari rappresentano un ambiente dinamico e in continua ridefinizione per l’azione congiunta dell'energia erosiva del mare e quella dell'apporto di depositi solidi dei rami fluviali (C. Cavalieri, 2012). Il sistema ambientale continuo del fiume Po si caratterizza dalla dinamicità e indeterminatezza dei suoi ambienti golenali, le quali svolgono un ruolo attivo nella gestione del rischio idrogeologico per l’intera asta fluviale. L'ambiente golenale è colonizzato da oggetti che si adattano alla mutevolezza delle acque e che convivono con la precarietà del rischio idrogeologico. Gli oggetti architettonici che compongono questo network fanno riferimento a strategie deboli generalmente caratterizzate dall'autocostruzione e con diversi livelli di “reversibilità”. Un primo livello di reversibilità si compone dai presidi stabili, ossia dalle house- boat attrezzate. Le case galleggianti in molti casi ospitano attività imprenditoriali come ristoranti o pub, in altri casi svolgono solo il ruolo di approdo. Un secondo livello di reversibilità si compone di una serie di oggetti, come le case-rifugio negli ambienti golenali esondabili o dai gazebo-salotti nei boschi ripariali. Un terzo livello si attiva in funzione alla mutevolezza del paesaggio fluviale e delle stagioni e si compone dalle spiagge, punti panoramici accessibili di volta in volta via terra o via acqua.

Le tre ‘polarità’

Figura 4 | Tre polarità urbane. Fonte: immagine prodotta dall’autore.

Le polarità dell’alto Polesine (123.869 abitanti) si compone oltre dalla città di Rovigo, dai nuclei urbani compatti che si sviluppano tra il corso d’acqua dell’Adige e quello del naviglio Adigetto e rappresentano un sistema aperto con il veronese a ovest e con il padovano a nord. Le polarità dell’alto Polesine sono servite dalla linea ferroviaria che collega Verona a Rovigo. I centri storici di queste cittadine possiedono una forza centripeta per il loro intorno e rappresentano la scelta localizzativa per la microimprenditorialità, innescando micro-processi rigenerativi del patrimonio edilizio storico. In questo tratto dell’Alto Polesine lo sviluppo di questi centri avviene a partire dagli anni mille con la creazione di centri religiosi, come ad esempio l’Abbazia della Vangadizza a Badia Polesine. Il sistema lineare della Romea (57.063 abitanti) attraversa in senso nord-sud la provincia di Rovigo e connette le aree del Delta con la provincia di Venezia

verso nord e la provincia di Ferrara e Ravenna verso sud. Lungo questo tratto della strada Statale si sono verificati processi di saldatura tra diversi nuclei urbani e accorpamento tra diversi Municipi. Nei tratti non urbani il sistema della Romea svolge il ruolo di attrattore lineare per nuove architetture legate al commercio e al turismo balneare, presentandosi come una strada mercato che attraversa i paesaggi lagunari e delle bonifiche. Il sistema lineare della Eridania (63.495 abitanti) si sviluppa parallelamente a distanza di poche centinaia di metri dal fiume Po e connette il Polesine alle provincie di Ferrara e Mantova. Ai lati della via Eridania sorgono una serie di nuclei urbani storici di piccole dimensioni, i quali hanno attestato le proprie aree produttive e commerciali su questa infrastruttura. Queste, nel loro insieme, danno vita ad un ambiente urbano sovra-locale. I processi di terziarizzazione e la micro-imprenditorialità che investono questi ambienti, stanno accelerando un processo di ridefinizione di ruoli tra i nuclei urbani e l’arteria “veloce”: se storicamente la via Eridania rappresentava il “retro” produttivo di questi ambienti