Istituto Universitario di Architettura Venezia DCC- Dipartimento di Culture del Progetto
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Abstract
Osservando le pratiche che si generano dall'uso della bicicletta in Veneto, si riconoscono usi specifici e nuovi dello spazio ad opera di popolazioni che mescolano alla tradizione, l'innovazione, le tendenze e la multiculturalità. Simili pratiche si rafforzano soprattutto se rilette in un'ottica di importante incremento dell'accessibilità e qualità ambientale attraverso fenomeni di riappropriazione di alcuni spazi dedicati al turismo, alla produzione e al tempo libero. Lo sguardo su quelle che si possono definire filiere della bicicletta dimostra come in modo evidente, soprattutto in Veneto, il tessuto economico legato alla bicicletta costituisca uno straordinario sedime di tradizione e know how e quindi di adattabilità in un momento di forte transizione. Di per sé solo la ricognizione di alcune aziende operanti nei più svariati settori afferenti la bicicletta e il relativo grado di eccellenza lo dimostrano. La conoscenza diretta, la ricostruzione di alcune vicende e una volontà reinterpretativa dimostrano come si possa ottenere una bicicletta Made in Veneto. Ne deriva un deposito ricco e, nonostante il periodo di crisi, anche fiorente costituito da operatori nel settore turistico e da aziende fornitrici di servizi, senza contare le associazioni e gli eventi locali di matrice amatoriale, sportiva o non competitiva.
Parole chiave: infrastrutture, bicicletta, scenario. 1 | Riscoperta
Il progressivo aumento di pratiche connesse al possesso e all'uso della bicicletta in Italia sta tracciando geografie interessanti su come realtà economiche, amministrazioni locali, portatori di interessi e singoli individui, anche alla luce di una crisi economica e finanziaria, di una nuova sensibilità ambientale e forse di un sostanziale cambiamento di costumi, abbiano saputo rispondere e proporre prodotti e servizi di particolare innovazione ed eccellenza.
Collocandosi, ancora una volta, su posizioni di rilievo sia sul piano nazionale che internazionale, tali pratiche stanno riscrivendo relazioni tra l'ambiente fisico, i processi economico-gestionali e la società che in parte risultano ancora da esplorare spingendo ad interrogare i territori su come collocare il progetto nei territori della contemporaneità (Lanzani, Merlini e Zanfi, 2012).
Alcuni dati dimostrano che nel 2014 il numero di vendite di biciclette ha superato quello delle auto1.
La riflessione che si intende condurre cerca di portare lo sguardo al di là delle questioni strettamente infrastrutturali per la mobilità ciclistica. La visione risulta più complessa perché sfocia dove il tema della riscoperta di apparati, supporti e filiere dichiarano in forma implicita un ruolo centrale per una visione futura della Regione.
Il Veneto potrebbe tranquillamente riscrivere capitoli della propria storia economica e sociale attraverso la lente della bicicletta, nel suo valore reale e simbolico: sia per il lavoro che per il quotidiano.
Le prime linee ferroviarie costruite nella regione dopo l'Unità d'Italia fino a tutto il secondo dopoguerra (fig.1), presentavano una struttura reticolare che ben si adattava alle logiche di collegamento dei centri maggiori sfruttando le risorse idriche a scopi energetici, in particolare nelle aree pedemontane (Zucconi, 1990). Un uso praticamente sistematico della bicicletta garantiva spostamenti capillari su un territorio dalle caratteristiche produttive ed antropiche a cavallo tra protoindustria ed agricoltura. L'assetto delle infrastrutture per la mobilità, inevitabilmente congiunto ai tracciati idrografici primari e secondari, ha con il tempo trasformato il territorio nella sua interezza. Le atmosfere degli anni Cinquanta e Sessanta, nonostante il boom economico e l'abiura definitiva all'automobile di proprietà, mantengono vivi gli spostamenti in bicicletta non solo di buona parte della classe operaia, facendo convivere la quotidianità, sia dei contesti urbani che rurali, con forme arcaiche di economie itineranti, espletate per esempio dalle bici dei mestieri (Aresi, 2014), con le eroiche imprese dei leggendari miti del ciclismo sportivo (Franzinelli, 2013).
Figura 1 | La rete ferroviaria in Veneto nel 1940 (elaborazione E. Donadoni). Adattabilità
L'immaginario connesso alla bicicletta soprattutto nei contesti diffusivi del Veneto, richiede approcci radicali ed alternativi, dove i legami economici e sociali costruiscono filiere complesse ma indicative di un cambiamento che la transitorietà contemporanea interpreta in alcuni episodi come paradigmatici e di grande opportunità.
Per fare un esempio di come la questione proporrebbe ricadute immediate sul piano economico, un primo tema rientra nei termini di aumento della capacità di acquisto delle famiglie nel momento in cui venisse meno l'effettiva proprietà dell'automobile e questa prima osservazione si pone entro una cornice di senso reale e tangibile2.
Alcune ricerche dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, finanziate dal Fondo sociale europeo negli anni 2014-2015 hanno avuto come focus principale la possibilità di pensare a forme di mobilità inedite per il territorio Veneto. Si avanzava la possibilità di riciclare infrastrutture per la mobilità sia ferroviaria che automobilistica attraverso forme di interscambio con mezzi cha garantissero grossomodo un buon grado di autonomia come la bicicletta tradizionale o a pedalata assistita. Entro cornici
2 Un'automobile mediamente ogni anno costa 1.675 euro per il solo acquisto ripartito sul costo totale e 3.109 euro di spese di
utilizzo, per un totale di 4.783. Per l'Italia oggi si contano tre auto ogni due famiglie, cosicché il costo per famiglia andrebbe moltiplicato per 1.5, facendo salire il costo di spesa annua fino a 7.175 euro
interpretative e metodologiche diverse, si sono adottati punti di vista interdisciplinari, coniugando l'urbanistica alla composizione architettonica, alla tecnologia, al design, ma anche alla sociologia e all'economia3.
Il senso del paper rientra nel complessivo ripensamento di alcuni elementi costitutivi delle realtà urbane venete. I supporti che la città diffusa propone sono un deposito straordinariamente ricco e multiforme. Infrastrutture che esistono e in misura abbondante presentano caratteri di fortissima adattabilità a riconversione, tutela e fruizione sia diretta che non per la ciclabilità.
Per questo il territorio veneto si presenta come un tessuto intrecciato ad aspetti interessanti che, se superano la dimensione del caso isolato, diventando elementi paradigmatici ed indicatori di forme potenziali di cambiamento, nonché di sperimentazione, di un fenomeno di pratiche inedite “della” e “per” la bicicletta. Tali pratiche, il più delle volte, risultano difficilmente ascrivibili sia alle forme ed alle azioni economiche più tradizionali, che ai comuni processi gestionali da parte dei soggetti pubblici.
Alcune voci del panorama associazionistico e produttivo del Veneto in materia di bicicletta4 intendono narrare la natura emergente di conflitti che, in anni recenti, sembrano aver trovato forme di tregua tra le istanze normative e progettuali, basti pensare alla quantità di piste ciclabili costruite. Ma questo non basta perché la bicicletta viene percepita ancora come un “corpo estraneo” nello spazio fisico della città contemporanea, determinando discontinuità fisiche e procedurali, non senza contraddizioni visibili che rimandano ad una sostanziale arretratezza più istituzionale che di progettazione e di immaginario.
Un corpus considerevole di possibili casi paradigmatici nel territorio veneto, studiati entro la ricerca Bike
Nuove Strade5, intendono mettere in luce, in maniera solo apparentemente controcorrente, attraverso
mappe e story telling, il carattere di adattabilità che alcuni supporti infrastrutturali minori presentano in Veneto. L'adattabilità è prima di tutto fisica e dichiara una vera e propria propensione al ri-progetto. Strade bianche, alzaie dei fiumi, passaggi informali e moltissimi altri esempi che costituiscono il carattere poroso (Secchi, 2014) della città diffusa e che si collocano il più delle volte tra gli elementi della mixité funzionale diventano infrastrutture per la mobilità non ascrivibili in chiare prescrizioni, azioni e programmi. Il più delle volte inoltre, tali depositi risultano esclusi dalle forme di governo del territorio, dalle iniziative politiche e dagli investimenti economici consegnandoli all'incuria, alle forme di sfruttamento non adeguato o di privatizzazione. In ogni caso, affermare che molti di tali depositi sul territorio si adattano perfettamente ad una visione per una mobilità alternativa nella Regione, significa mostrare che la ricerca condotta in questa direzione negli ultimi anni non è solo un’interpretazione in grado di estendersi ai temi della riconfigurazione fisica del fenomeno, ma include possibili modelli di riuso funzionale di spazi, di integrazione con le istanze di welfare diffuso e di messa in sicurezza idrogeologica del territorio e di valorizzazione.
Un’adattabilità che si rideclina anche nei contesti economici e che propone riscritture di filiere di pratiche legate all'uso ed al possesso di biciclette nel Veneto e, più in generale, nord-est dell'Italia.
Pluralità: Bici e Nord-Est
Basta pedalare attraverso il tessuto isotropo delle strade del Veneto per capire come molte pratiche del tempo libero contemporaneo (sport, socializzazione, transito) siano riconoscibili e siano perpetuate quotidianamente in spazi o percorsi “secondari”, alternativi ai tracciati principali.
In Bike Nuove Strade infatti si sono messi in luce alcuni parametri atti a costruire un progetto-ricerca che sfocia di fatto in uno scenario di mobilità alternativa e, per certi versi, di ristrutturazione urbana per la Regione Veneto in virtù di una nuova consapevolezza economica, ambientale e anche in fondo di costume, accanto ai temi del rischio idrogeologico e del riciclo di infrastrutture per la mobilità. Considerando nell'ordine dei 3 km le distanze agevolmente percorribili in bicicletta in un territorio pianeggiante, la stazione ferroviaria, specie se intermedia rispetto i centri più consistenti, assume un ruolo di fondamentale
3 Si fa riferimento in questo caso a due assegni di ricerca svoltisi presso l'Istituto Universitario di Architettutra di Veneza nel
2014 (L. Fabian responsabile scientifico) ed inscritti entro un programma di ricerca di interesse nazionale PRIN Cofin 2006, Re-
Cycle Italy coordinato da R. Bocchi.
Assegno di ricerca monodisciplinare dal titolo: Bike (Bicycle Instruments, Knowledge and Enterprise). La mobilità urbana dopo il picco del
petrolio in relazione alla crescita del sistema produttivo della mobilità sostenibile ed uno pluridisciplinare dal titolo: Turismo, territorio, riciclo: riciclo di reti ferroviarie e infrastrutture dismesse e di fabbricati abbandonati a favore dello sviluppo di itinerari turistici a percorrenza “lenta”nell'area veneta.
4 I Quaderni del Centro Studi FIAB Riccardo Gallimbeni dal 2008 puntualmente mettono in luce molteplici declinazioni del problema.
importanza come punto per garantire anche gli spostamenti ciclistici di lunga percorrenza attraverso l'interscambio. Non da ultimo va inoltre precisato che il 54% della popolazione in Veneto risieda entro tali distanze da una stazione ferroviaria (fig.2).
In questo frangente di pari rilievo diventa anche tutto il supporto infrastrutturale secondario, dove le strade bianche, o poderali, spesse volte in stretta relazione con la trama idrografica minore, si interpretano come un “materiale pronto all'uso” per pratiche di mobilità, turismo e tempo libero che il vivere quotidiano potrebbe rileggere con la lente della bicciletta. La ricerca mette in luce una pluralità di figure idealtipiche. Si parla quindi, talvolta anche attraverso neologismi: di ciclo-commuter, di cicloturista e di cilo-flâneur, ciascuno dotato di biciclette specifiche ai propri scopi, ciascuno attivatore di processi spaziali ed economici particolari, ma tutti soggetti che incrociano nel Veneto aspetti, iniziative ed economie legati al mondo della bicicletta, numericamente e qualitativamente molto elevate nel territorio.
Figura 2 | Il 54% della popolazione in Veneto vive a meno di 3km di distanza da una stazione ferroviaria.
(elaborazione E. Donadoni).
Filiere
Nell'ambito delle discipline socio-economiche, anche per quanto riguarda la bicicletta si parla di artigianato evoluto (Micelli 2010; Micelli, Oliva 2015) laddove artigiani, molto spesso di lunga tradizione, producono biciclette su misura secondo caratteristiche legate allo sport, al tempo libero e agli spostamenti urbani. Ancora una volta il Veneto si propone come un osservatorio privilegiato per cercare di mettere in luce alcune evoluzioni ed alcune forme economiche recenti con ricadute spaziali (fisiche e processuali) che molto hanno a che fare con specificità territoriali.
All'interno di una dimensione artigianale inerente la bicicletta, in risposta ad una crescente attitudine al riciclo ed alla rigenerazione di vecchi telai e componentistica destinati unicamente allo smaltimento in discarica, alcune associazioni, cooperative o imprese sociali operano nella direzione del recupero, del rimontaggio e della ridistribuzione di biciclette usate, raggiungendo ogni anno numeri significativi. L'associazione di promozione sociale La Mente Comune di Padova, ad esempio, nel solo 2014, con disponibilità economiche contenute e con la collaborazione dell'amministrazione locale, ha recuperato e “rimesso a nuovo” poco meno di mille “biciclette da palo” ad uso prevalentemente pendolare per la città. Riconosciuto come fenomeno urbano, merita un interesse particolare l'effetto benefico che ha riportato alla zona della stazione di Padova la presenza della sua officina, La Stazione delle Biciclette (Fiocco, 2013), in termini di riattivazione di dinamiche urbane, economiche ed inevitabilmente di controllo sociale che ha permesso di riqualificare un tratto di strada che fino a poco tempo prima era teatro di episodi di violenza, spaccio e conflitto sociale. Ma se nella cornice del riciclo La Mente Comune costituisce un fiore all'occhiello tra le esperienze venete, non vanno trascurati anche tutta una serie di artigiani che proprio dal Veneto sono partiti dando nuova vita a materiali difficili da smaltire, come quello che sovente viene scartato nelle officine per le di biciclette. Anche in questo caso le storie di riciclo creativo, partono spesso dal Veneto e più in particolare dalla provincia di Venezia. Sara Ferro di Chioggia, già da una decina d'anni,
ha cominciato la sua attività realizzando accessori alla moda e oggetti recuperando gli scarti di una ciclofficina. Da queste esperienze ne nascono un'infinità di oggetti per usi diversi come: accessori trendy, giocattoli, utensili da giardino, dotazioni per biciclette. Oggetti che intrecciano esperienze e punti di partenza differenti e si raccolgono puntualmente in occasioni di commercio locale e nazionale, molte volte con implicite finalità rigenerative da parte delle singole amministrazioni, come il Festival del Riuso Creativo che annualmente si tiene a Mestre.
Altre storie riguardano origini lontane legate alla bicicletta che si sono sviluppate e mutate con il trascorrere del tempo. Archiutti S.p.a é oggi azienda leader nel settore dei mobili per l'ufficio, ma prima di affermarsi nella provincia di Treviso, era associata alla produzione artigianale di biciclette che realizzava per tutta la prima metà del '900 in una piccola officina. Dai tubi di metallo, usati per creare i telai delle biciclette, si è saputo dare vita a un prodotto nuovo, come tavolini e sedie per i bar e poi in seguito, le attrezzature mobili per l'ufficio.
Le produzioni di Faggin Bikes di Padova, telaisti dagli anni Cinquanta del Novecento, dimostrano, con continuità temporale, come l'abilità nella lavorazione dell'acciaio sfoci a livelli di precisione ed adattabilità al corpo umano quasi sartoriale. Le biciclette a scatto fisso Biascagne Cicli di Treviso, riportano l'eccellenza del Made in Veneto, rispetto un prodotto artigianale ma di assoluta qualità non soltanto materica ma anche e soprattutto di design. Oltre al prodotto finito la produzione forse più significativa in Veneto si attesta per quanto riguarda la componentistica per biciclette.
I produttori di selle per biciclette infatti non solo si sono imposti sul panorama internazionale, divenendo vere e proprie multinazionali, come il caso delle Selle Royal che dalla provincia vicentina si é imposta sul mercato inglese come leader, ma si sono addirittura organizzati in veri e propri distretti produttivi raggiungendo esportazioni nel 2013 pari a 6.101.501 unità ed un indotto economico pari a 72.206.644 euro.
Il Distretto produttivo della bicicletta in Veneto é un distretto direttamente riconosciuto dalla Regione6.
Contrariamente alla maggior parte dei nuovi distretti che si diffondono su tutto il territorio regionale, per quanto rispondenti alle normative regionali, quello della bicicletta risulta un distretto nel “senso classico” dato che la propria concentrazione produttiva insiste su un territorio limitato, riconoscibile e determinato
(Chahinian, 2013).
Appare interessante infatti osservare come l'area di competenza del distretto che si estende a cavallo delle province di Treviso (Castelfranco Veneto e Loria), Vicenza (Rossano Veneto e Bassano del Grappa) e Padova (area di Piove di Sacco e Padova) costrueisca geografie di relazioni produttive alla scala locale e non. In questa fascia di territorio, il percorso di tutta la filiera è assai vasto e comprende anche altre aree di produzione legate più agli accessori e alla commercializzazione, ma per lo più situate nel Veneto o al limiti a contatto con i suoi confini.
La bicicletta in ogni caso rientra molto spesso all'interno di manifestazioni organizzate da associazioni, club o amministrazioni locali. Risulta assai difficile calcolare un vero e proprio indotto economico legato a questo tipo di eventi perché il raggio di azione e di interazione con forme svariate di economie risulta assai ampio. Si tratta di considerare l'effetto diretto della specifica manifestazione che nel caso di Expo Bici di Padova, Cicloraduni e Ciclostoriche che nelle loro varie tappe includono puntualmente il Veneto e raggiungono le migliaia di partecipanti ed un effetto indiretto, legato ai servizi richiesti e all'organizzazione di simili eventi. Tra queste la Strade Bianche dell'Alta Marca di Treviso, nota come Ottavio Bottecchia, si inscrive in un circuto nazionale di Giro d'Italia d'Epoca.
A Vicenza, Girolibero7 invece si presenta come un tour operator di pacchetti cicloturistici. L'azienda, nel
suo campo di azione, attiva geografie inedite in Veneto, che se da un lato recuperano tracciati segnalati dagli itinerari europei e regionali, dall'altro ne crea di nuovi, prediligendo in particolare le vie lungo i corsi d'acqua, le ville storiche o parchi naturali.
Girolibero in questo caso rappresenta un caso eccezionale per ricchezza di sfaccettature soprattutto se si rileggono alcune scelte aziendali strategiche, effettuate nel corso degli anni recenti. Una tra tutte la scelta consapevole della localizzazione urbana dell'azienda: un capannone a pochi passi dal centro storico che permette ai propri dipendenti di evitare il possesso o l'uso forzato dell'automobile per il tragitto casa- lavoro.
Il caso Veneto coniuga aspetti particolari che meritano un'osservazione specifica. Se letto alla scala territoriale, la Regione, forse più per ragioni di riallineamento alle direttive comunitarie, ha intrapreso da alcuni anni iniziative che stanno alla base di una forte valorizzazione paesaggistica proprio a partire
6 Leggi Regione Veneto in materia di Distretti Produttivi L.R. n.8 del 4 aprile 2003, L.R. n. 5 del 16 marzo 2006 e L.R.
n.13/2014.
dall'incremento e la messa a sistema della mobilità ciclistica. In questo frangente tuttavia manca ancora un'approccio di osservazione del problema che veda la bicicletta come oggetto di una condivisione più collettiva riuscendo ad intercettare economie nuove e tradizionali altamente aderenti al territorio.
Un nuovo strumento di indagine del presente?
Nel corso dell'ultimo decennio in Veneto é cresciuto un interesse da parte di un mileu eterogeneo costituito da mercati, relazioni, media, ricercatori e progettisti collocabili a cavallo della volontà di riscoperta, di racconto, di riformulazione, di rappresentazione e di progetto. Tale progetto si colloca in un momento preciso, riconducibile alla transizione che il Nord Est manifatturiero sta vivendo. É una dinamica che trova il suo perno in alleanze tra tipologie di soggetti apparentemente molto diversi tra loro ma in ogni caso riconducibili ad espressioni di passaggi in corso, che permettono riflessioni, ipotesi ed immagini per un futuro dove la bicicletta diventi uno strumento di indagine, una lente con il compito di esplorare lo spazio del presente. Probabilmente la domanda vera risiede nei termini in cui la bicicletta possa entrare direttamente nella storia, nella tradizione e nel futuro dei modelli spaziali veneti, entro uno statuto paragonabile a quello dell'automobile. La bicicletta é un campo in cui si incontrano le tradizioni con i principi più innovativi, laddove forme di imprenditorialità tendenzialmente giovane e aperta al mercato globale, start up ed imprese artigiane tradizionali mettono a disposizione conoscenze, dove le relazioni si stabiliscono attraverso il digitale per ricercare e sperimentare forme innovative e servizi nuovi legati al suo possesso ed uso (Bonomi, Masiero, 2014).
Se da un lato in Veneto si rileva una composizione sociale oggi forse più metropolitana nell'uso del deposito infrastrutturale e nelle istanze dei propri spazi, avanzando tra professioni terziarie e forme elitarie di cultura, dall'altro si assiste all'operato di rappresentanze amministrative, spesso sindaci ed assessori delle realtà locali, a cui spesso viene demandato l'onere e lo sforzo rispetto ad una “qualità della vita” e dello