Università IUAV di Venezia dCP - Dipartimento di Culture del Progetto
Email: [email protected]
Abstract
L’Europa si trova a far fronte con sempre più urgenza a temi ambientali che necessitano una visione rinnovata del progetto di spazio aperto e di infrastruttura. L’ipotesi qui avanzata é che si sta procedendo verso un modo europeo di concepire le infrastrutture ciclabili: l’Europa tenta di riorganizzare la propria mobilità ciclabile attraverso il progetto EuroVelo. Tale progetto, assume differenti declinazioni in ogni paese, divenendo unità di misura di un territorio eterogeneo.
L’intento di questo articolo è di esplorare le diverse declinazioni di progetti di infrastrutture ciclabili territoriali e di spazi verdi. In questo articolo si compara, in particolar modo, la produzione di infrastrutture della mobilità dolce e del sistema di spazio aperto legato alla mobilità ciclabile in due casi studio differenti: la Germania, con particolare attenzione sulla città di Berlino, e l’Italia, con il caso studio di Milano.
Parole Chiave: infrastructures, ecology, mobility. L’infrastruttura della mobilità ciclabile
Se si parte dalla consapevolezza che il territorio è un palinsesto, le reti infrastrutturali diventano gli elementi più capaci di narrarne la struttura. Citando Corboz, «per insediarvi nuove strutture [...] è spesso indispensabile modificarne la sostanza in modo irreversibile. Ma il territorio non è un contenitore a perdere né un prodotto di consumo che si possa sostituire. Ciascun territorio è unico per cui è necessario “riciclare”, grattare una volta di più (ma possibilmente con la massima cura) il vecchio testo che gli uomini hanno inscritto sull'insostituibile materiale del suolo, per deporvene uno nuovo, che risponda alle esigenze d’oggi, prima di essere a sua volta abrogato» (Corboz 1983).
La rete infrastrutturale e i modelli di mobilità del passato e fino ad oggi adoperati risultano inadeguati ad affrontare le sempre più urgenti questioni ambientali, economiche e sociali. Il sistema di mobilità organizzato su principi energetici ed economici non più sostenibili, basato sui combustibili fossili e sulla mobilità individuale su gomma. Oppure l’abbandono di tracciati ferroviari e di scali dell'infrastruttura su ferro risultato del suo declino sono segni evidenti dell’attuale ineguatezza delle reti.
L’urgenza in materia ambientale per la riduzione delle emissioni invita a riflettere su possibili nuove politiche di infrastrutturazione come pure sul progetto di territorio con coscienza ecologica.
Il rapporto del’European Commission del 2011 ribadisce l'urgenza di ridurre drasticamente le emissioni complessive di ‘gas serra’ dei Paesi membri.
Da questo sfondo di riferimento, che presuppone un cambiamento di rotta drastico, si osservano le trasformazioni in atto sul territorio europeo in materia di mobilità dolce e si possono riscontrate alcuni
cambiamenti concreti in zone altrimenti resistenti alla mobilità ciclabile, oppure consolidamenti di questa, laddove già profondamente radicata.
Negli ultimi anni la bicicletta attraversa un momento di “rinascimento” internazionale in cui in tutta Europa essa si colloca come mezzo per gli spostamenti quotidiani. (Pucher, Buehler, 2012)
Ma se per paesi come Danimarca, Olanda e Germania la bicicletta è già fortemente radicata come mezzo di trasporto, anche in Italia, nonostante le forti resistenze ‘culturali’ riscontrate a causa del permanere di un modello di mobilità urbana disegnato principalmente attorno all'uso dell'auto privata, l’uso del mezzo a pedali si sta lentamente radicando.
L’Europa tenta di organizzare la propria mobilità ciclabile a scala di continente - oltre che attraverso progetti ambiziosi di mobilità transnazionale come vedremo più avanti - attraverso molteplici iniziative locali “dal basso” che con un buon grado di successo non solo incentivano l’uso del mezzo a pedali ma riescono ad integrare una dimensione collettiva delle pratiche d’uso della bicicletta negli spazi della città. Questo non si ferma alla pratiche nella dimensione fisica me si estende a quella «dimensione ulteriore» (Bozzuto, 2008) costituita dall’interazione con gli spazi digitali delle comunità online oggi disponibili in internet.
La bicicletta diventa sempre più rappresentazione di uno stile di vita sano e sostenibile, oltre che un modo di usare e interpretare lo spazio urbano. Cavalcando questa illuminata onda di presa di coscienza, molte iniziative “dal basso” iniziano a puntellare i territori sempre più attraversati dalla bicicletta1, in modo
diffuso e capillare. La bicicletta riguarda un bacino d’utenza sempre più ampio ed eterogeneo.
EuroVelo: il telaio per una nuova dimensione del paesaggio attraversato
EuroVelo è una rete europea di vie ciclabili il cui obiettivo è offrire una rete transeuropea sostenibile. Comprende 14 percorsi ciclabili su lunghe distanze che coprono circa 70.000 km, di cui circa 45.000 già realizzati. La rete è gestita dalla European Cyclists’ Federation che si propone di assicurare che tutti gli itinerari offrano elevati standard di progettazione.2
Nell’infrastrutturazione europea EuroVelo diventa telaio di supporto per quella rete più minuta e capillare a livello prima nazionale, poi locale. Tale progetto, assume differenti declinazioni in ogni paese, divenendo unità di misura di un territorio eterogeneo, con problematiche affini ma sensibilmente diverse.
In questo articolo EuroVelo è da considerarsi struttura di sottofondo che lega tutti i progetti di mobilità ciclabile in Europa nonché pretesto per implementare il sistema del verde che gode oggi di una rinascita intellettuale. Infatti EuroVelo rivela una porosità di paesaggio poco nota, interdetta dall’uso di tracciati rigidi altrimenti utilizzati. Promuovere il turismo su due ruote è obbiettivo comune per l’Europa.
In una recente pubblicazione del Parlamento Europeo in materia di mobilità ciclabile vengono individuati e riassunti gli elementi essenziali per promuovere l’uso della bicicletta ovvero le infrastrutture stradali e l’intermodalità per gli spostamenti di media lunghezza.3
Nel 1993 la piattaforma nazionale olandese di informazione e tecnologia per i trasporti, le infrastrutture e lo spazio pubblico (CROW) ha pubblicato la prima versione del manuale per la progettazione di strutture riservate alle biciclette, descrivendo tutte le fasi. Ha definito i cinque principali requisiti che devono presentare le infrastrutture per ciclisti, ovvero migliore sicurezza del traffico; immediatezza (percorsi brevi e rapidi dal punto di partenza a destinazione), comodità (buone superfici, spazio ampio e ostacoli da parte degli altri utenti della
strada ridotti al minimo), capacità di richiamo (un ambiente piacevole, socialmente sicuro, senza odori o
1 Eventi o attività come CriticalMass in cui una volta al mese in varie città europee, migliaia di biciclette invadono completamente
la carreggiata limitando il traffico di mezzi motorizzati. Oppure Ciclofficine, in cui si può personalizzare la bicicletta ed essere così parte di una comunità su due ruote.
2 Si veda EuroVelo.org
3 Si veda il rapporto “La Rete Switzerland Mobility, Switzerland Mobility è la rete nazionale svizzera dedicata ai trasporti non
motorizzati
che integra modi non motorizzati (quali escursionismo, pattinaggio, ciclismo e canoa) con i trasporti pubblici (treno e autobus), offrendo le migliori opportunità di combinare tempo libero e turismo.
rumori sgradevoli), coesione (percorsi logici e coesi).
Oggi in Europa l’approccio all’uso della bicicletta dal punto di vista delle politiche in atto non vanta un atteggiamento comunitario ma varia in maniera considerevole a seconda del paese. In alcuni casi, questo è regolamentato in uno specifico piano teso alla promozione della bicicletta a livello nazionale; in altri, le politiche in materia sono inserite in piani più generali relativi a trasporti nazionali, ambiente o salute. I governi nazionali possono contribuire all’attuazione delle politiche a favore della bicicletta in aree locali in molti modi, non ultimo istituendo un quadro programmatico nazionale o una strategia che stabilisca gli strumenti giuridici e normativi per un uso della bicicletta sicuro ed efficiente, fornendo, al contempo, un adeguato aiuto finanziario, soprattutto per le infrastrutture destinate alle biciclette e lo sviluppo del settore4.
In Olanda il 25% della popolazione usa la bicicletta per ogni spostamento quotidiano, segue la Danimarca (19%) e la Germania (10%).
Secondo il rapporto pubblicato dalla città di Copenhagen nel 2002 "The Cycle Plan 2002-2012”, primo obiettivo era portare a 40% la quota di persone che si recano al lavoro in bicicletta.
A Copenhagen, dove culturalmente la bicicletta è un vero e proprio mezzo di trasporto con appropriate infrastrutture ad esso dedicate, si cristallizza una interessante interpretazione e rielaborazione degli spazi a sola pertinenza ciclabile: la “Conversation Lane”.
Qui la sezione della strada diventa più complessa, rivelando un sofisticato seppur semplice dispositivo per potenziare la mobilità a due ruote. La pista ciclabile è costituita da due parti, una di queste più ambia in modo da ospitare due ciclisti che procedono parallelamente, potendo così comunicare durante il viaggio. Questo innovativo design viene chiamato “conversation lane”, un termine che molto racconta sulle prestazioni di questa pista. Viene coniato quando venne ampliata l’intera sezione ciclabile per garantire una pista veloce.
Il nome scelto per il dispositivo ha avuto il potente compito di formalizzare la pista come nuovo strumento in dotazione dei ciclisti urbani e dare una connotazione positiva alla dimensione sociale del cycling.
La città di Copenhagen ha in programma di estendere questo principio di mobilità ciclabile allo 80% delle piste ciclabili ore esistenti.
Quel che si otterrebbe è un’alta qualità della mobilità ciclabile, non solo per l’aspetto infrastrutturale e di sicurezza della tale, bensì arricchirebbe il cycling di un enorme valore sociale raffinando il layer ciclabile di più connotati in grado di abbracciare quindi una più ampia fetta di utenza.
Ad ogni modo, se Copenhagen è da intendere come una eccellenza in materia di infrastruttura ciclabile, non è da dimenticare che anche altre città europee stanno andando verso l’obbiettivo comune di incrementare la mobilità ciclabile, trainate dall’urgenza più volte espressa nei rapporti della Commissione Europea.
Amburgo, seconda città più grande della Germania, reagisce a questa spinta europea lanciando una sfida: i prossimi 20 anni serviranno alla costruzione di una infrastruttura verde in grado di servire tutta la città. Nell’immagine usata dalla città di Amburgo per promuovere il progetto ci sono i Grüne Ringe, ovvero degli Anelli Verdi intervallati da assi. I raggi dal centro di Amburgo spingono verso le periferie, in questo sistema vengono incastonate 11 piste ciclabili a lunga percorrenza.
A Siviglia, notoriamente lontana dalle tendenze in mobilità sostenibile riscontrabili ad Amsterdam o a Copenhagen, è riuscita ad incrementare l’uso giornaliero della bicicletta da 6.000 utenti a 70.000, in circa due anni dopo la messa in opera di tracciati per le due ruote segnalate con un colore per distinguerle dalla pertinenza carrabile.
Milano nell’anno dell’Expo
Entro questo sfondo di riferimento diventa importante collocare l'Italia all’interno di questo frame: in questo articolo verrà preso in considerazione il caso studio di Milano.
Il capoluogo lombardo nella fascinazione di accogliere la sfida ecologica e diventare una città “verde” che si riscatta dunque dal proprio recente passato industriale accoglie il progetto dei Raggi Verdi che si può forse intendere come una risposta italiana alle esigenze europee. Simile per forma e strutturazione al progetto del Grüne Ringe per Amburgo, i Raggi Verdi costituisco una vision per Milano che non può più prescindere dalla mobilità ciclabile. Sempre più città, tra cui alcune in cui l’atteggiamento nei confronti della bicicletta era negativo, tra cui si colloca Milano, attuano sistemi di bike sharing. Questo atteggiamento potrebbe essere il primo importante passo verso una intermodalità necessaria per incrementare l’uso della bicicletta per la regione metropolitana milanese.
Infatti la sfida progettuale è duplice: da una parte mantenere lo storico ruolo centrale nell’economia e finanza e al contempo raffrontare la propria capacità di attrazione nell’ambito europeo. Il sistema della mobilità e la connessione di questo al sistema del verde è fattore decisivo.
Il progetto dei Raggi Verdi tenta di costruire una nuova immagine per Milano. Il progetto di verde assume un carattere sistemico in grado di ripensare alla città nella dimensione fisica dello spazio pubblico.
Questo approccio sistemico nel progetto di verde milanese è una sfida ambiziosa per il capoluogo lombardo. Il progetto prevede una cintura verde che ingloba un percorso ciclo-pedonale di circa 72km che attraversa e collega parchi esistenti e spazi aperti lungo i margini della città. L’occasione imperdibile è di costruire una metropoli contemporanea più attraversabile, porosa e vivibile.
Il progetto Raggi Verdi non è l’unico grande sforzo nel ripensare ad una nuova immagine per Milano, in questa tentativo si collocano le visione di recupero degli scali ferroviari dismessi, tra cui il progetto delle Rotaie Verdi, in cui scali ferroviari dismessi diventano occasione per ripensare ad una nuova dimensione di verde urbano, come a Parigi con la Promenade Plantée, a New York con la High Line, o a Berlino con una moltitudine di progetti, tra cui i parchi Gleisdreieck, Nordbahnhof, Görlitzer Park o il tanto discusso parco Tempelhofer Freiheit. Anche a Milano si sta facendo strada l’idea concreta di un verde profondamente connesso e “innestato” nel tessuto urbano.
Il progetto milanese di recupero dei tracciati ferroviari abbandonati prevede a fianco del corridoio ecologico dove i treni continueranno a passare, delle aree verdi fruibili da tutti ricavate negli scali dismessi che diventeranno centri di aggregazione.
Rotaie Verdi è un progetto pilota, il cui scopo è quello di realizzare uno studio di fattibilità per creare un vero e proprio parco lineare tra lo scalo di San Cristoforo e quello di Porta Romana, utilizzando le fasce di rispetto dei binari ferroviari in attività come elementi di connessione delle oasi urbane a loro volta realizzabili nei due scali in dismissione.5
A svelare un trend positivo è anche l’approvazione6 del progetto VenTo. Acronimo di Venezia-Torino, è
un'idea nata dal Politecnico di Milano per dare attuazione alla rete nazionale con un primo grande intervento strutturale lungo il Po, da Venezia al capoluogo piemontese deviando per Milano e l'Expo. Quello che manca è un denominatore comune, sfida che ora Milano dovrà affrontare. Mettere in relazione queste esperienze di pregio vuol dire creare uno scenario in cui Milano è rappresentata come una città orizzontale, verde e permeabile dai flussi ciclabili.
Anche se il trend segnala un andamento positivo nella trasformazione del capoluogo lombardo in una metropoli verde e sostenibile, ad oggi, con l’Expo da poco inaugurato, Milano non è riuscita a cambiare la sua immagine.
Le piste ciclabili a Milano sono ancora scarse rispetto ad altre città europee, anche se l’estensione e il numero di utenti aumenta di anno in anno. Il bike sharing ha segnato sicuramente l’inizio del lungo percorso che il capoluogo lombardo deve seguire per diventare una città verde, sostenibile e attrattiva. Infatti i dati raccolti dal comune di Milano, rivelano un incremento nell’uso del bike sharing, la maggior frequenza dei noleggi nei giorni feriali rivela la tendenza a servirsi della bicicletta per gli spostamenti lavorativi e non solo per il tempo libero.
Inoltre Il comune di Milano in materia di infrastruttura ciclabile, ha in programma di raffinare l’offerta tenendo in considerazione le diverse tipologie di fruizione: le lepri e le tartarughe7. La prima tipologia
5 Rotaie Verdi è un progetto pilota cofinanziato da Fondazione Cariplo e RFI, Rete Ferroviaria Italiana in partnership la
Cooperativa Eliante, Il Comune di Milano e WWF Italia
6 Il Comune di Milano ha aderito al progetto VenTo con la Deliberazione n. 30 del 18/01/2013 approvata dalla Giunta
richiede principalmente moderazione del traffico la sistemazione delle pavimentazioni. Per la seconda tipologia si richiede di limitare al massimo la convivenza con le auto. Alla prima tipologia non viene data quindi un tracciato di pertinenza come nel caso danese, ma sussiste la commistione con i mezzi motorizzati.
Learning from Berlin - una nuova ecologia
Il recupero degli scali ferroviari dismessi potrebbe diventare una reale occasione di costruire una vision influente per Milano in grado di avvicinarla a città come Berlino, che è stata capace di accogliere la sfida offerta dalla dismissione, nonché nel caso specifico dalla distruzione e abbandono, per costruire una metropoli verde e riscattarsi da un passato buio.
Berlino gode della reputazione di città verde per eccellenza a causa della moltitudine di immagini e progetti in cui il sistema del verde ha svolto un ruolo chiave nella (ri)strutturazione della città. Oggi il progetto di completamento - e ampliamento - del sistema del verde e di connessione dei frammenti attraverso una fitta rete di percorsi ciclabili è tema centrale.
Alcuni dei progetti per Berlino sono stati capaci di confrontarsi con il carattere frammentario e con la natura costituita da continue rotture proprie delle capitale tedesca e hanno proposto una visione sistemica dello spazio aperto. Non tutti gli aspetti presenti nelle visions proposte per Berlino sono diventate realtà ma forse sono proprio gli “incompiuti” o i progetti mai realizzati che sono stati capaci di più forza nel creare una immagine di Berlino (Magnago Lampugnani 1987), come città nel paesaggio.8
I progetti berlinesi menzionati nei paragrafi precedenti, sono stati caposaldo per la costruzione di una nuova immagine di Berlino. Il più recente completamento è il West Park di Gleisdreick, inaugurato due anni fa, ovvero la seconda porzione del parco Gleisdreieck, la cui parte Ost (Est) è fruibile dal 2011. La storia di questa porzione di territorio urbano è strettamente connessa allo sviluppo del sistema ferroviario berlinese: qui venne a configurarsi, infatti, un nodo infrastrutturale importante già con la realizzazione della prima linea prussiana su ferro. Il nome dell’area deriva proprio dal landmark formato dai tre imponenti viadotti che vennero a costituire appunto un triangolo di binari (Gleis=binario, Dreieck=triangolo). Con la divisione di Berlino, fu definitivamente dismesso.
Circa trenta ettari di territorio restarono così per circa quarant’anni in uno stato di sonno apparente. Lasciato a se stesso, quello che era stato il più importante e significativo snodo del tracciato ferroviario della capitale tedesca, viene mano a mano colonizzato da piante e animali, per costituirsi come una consistente, imprevista riserva di biodiversità dentro la città. Con il tempo, la vegetazione spontanea ha ricoperto i tracciati ferroviari, i suoi edifici, i binari, conquistando un’estetica unica che narra la storia urbana di Berlino meglio di ogni parola.
Nel 2006, viene indetto dalla città di Berlino un concorso internazionale di progettazione per la riconversione dell’area del Gleisdreieck in parco: integrare il grande spazio aperto nel sistema urbano e renderlo accessibile rappresenta l’occasione per determinare una connessione tra Potsdamer Platz, Kreuzberg e Schöneberg.
Il parco ora realizzato è costituito da due porzioni collegate da un filamento ciclabile interregionale, infatti il parco ingloba a sé il tracciato ciclabile Berlino-Lipsia, in parte sui sedimenti dei binari ormai dismessi. La conversione in parco di quest’area ha un ruolo chiave nel sistema degli spazi aperti di Berlino: la sua realizzazione determina infatti il completamento del corridoio ecologico nord-sud.
La combinazione tra natura spontanea e tracciati ferroviari dismessi è tutt’altro che neutra: si tratta di un luogo con forti specificità, che non può essere confuso o falsamente interpretato come solo esercizio di ecologia urbana.
7 Il comune di Milano nel definire le tipologie di fruizione della rete ciclabile distingue i ciclisti che percorrono la città a grande
velocità, lungo le direttrici principali e scelgono sempre il tracciato più veloce e i ciclisti che gradiscono un confort di sicurezza molto maggiore, mediante la netta separazione del loro spazio rispetto a quello delle autovetture. Le prima tipologia viene chiamate Lepri, la seconda Tartarughe.
8 Si pensi alla proposta del collettivo berlinese diretto da Hans Scharoun che nel 1946 propone la costruzione di una città nel
Berlino, attraverso la sua rete ciclabile fitta e capillare, talvolta fusa con il layer verde è riuscita a creare un dispositivo che permette di dare una nuova interpretazione del paesaggio attraversato e della strada non solo come elemento di transito, ma un luogo di interazione e scambio, costruendo una narrazione della città.
Forse è proprio sull’elemento a basso grado tecnologico, la bicicletta, su cui bisogna scommettere per tracciare nuove prospettive per le città italiane dopo il ciclo della crescita.
Riferimenti bibliografici
Augè M. (2008), Éloge de la bicyclette, Payot, Paris; tr. it.: Il bello della bicicletta, Bollati Boringhieri, Torino 2009 Bozzato P., Fabian L., Apologia del Bicycle Urbanism. Il futuro del mezzo a pedali, tra utopia e progetto urbano, in