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Cronistoria di un’infrastruttura ambientale Chiara Cavalier

EPFL Lausanne ENAC- IA - LAB-U Email: chiara.cavalieri@epfl.ch

Abstract

Negli ultimi decenni, il ruolo del patrimonio paesaggistico e dell’ambiente in Italia ha lentamente conquistato il suo spazio all’interno del progetto urbanistico. Ciò nonostante, poiché gli effetti di tali politiche e pianificazione tardano a tramutarsi in forma concreta, il territorio si trova in una condizione di continua emergenza e in continua lotta per la difese delle proprie risorse. Per ripercorrere da un lato una transizione di prospettive e dall’altro lo scollamento tra progetto e territorio, questo articolo propone lo studio della vicenda dei Colli Berici: un caso anomalo all’interno della pianura veneta centrale - anche solo per il fatto di essere un rilievo - ma che, ciò nonostante, riflette diversi momenti della cultura urbanistica italiana e apre possibilità a percorsi futuri. Attraverso la lettura di due piani, a distanza di un trentennio, emerge il tema del territorio come risorsa e del ruolo dell’ambiente che da residuo, scarto, complemento, si fa risorsa, struttura e possibilità, aprendo nuove piste di riflessione per un uso o riuso di territori che da isole nella frammentazione si fanno infrastrutture metropolitane.

Parole chiave: palinsesto, infrastruttura ambientale, Monti Berici. Monti Berici tra patrimonio e palinsesto

L’Italia è tra i pochi paesi al mondo in cui la tutela del paesaggio sia inclusa all’interno della propria Costituzione; eppure ogni giorno continua la selvaggia aggressione al paesaggio, disprezzando o interpretando le norme a proprio vantaggio; eppure nel dicembre del 2004 la maggioranza parlamentare approva una legge - L. 308 - per la totale sanatoria di un vasto numero di illeciti ambientali e paesaggistici (Settis, 2010); eppure l’effetto congiunto del malgoverno del territorio e dei cambiamenti climatici si manifesta in maniera sempre più evidente sotto forma di erosioni, dissesto idrogeologico e alluvioni in ogni parte del suolo nazionale. Sebbene la vicenda legislativa sia piuttosto complessa1, questi brevi cenni

sono forse sufficienti ad introdurre l’oggetto di indagine di questo articolo, i Colli - o più propriamente dal punto di vista geologico, i Monti - Berici2 e porlo sullo sfondo di un’Italia che, guardando al malgoverno

1 Nella legge del 1909 il paesaggio non compare, anche se, nel disegno di legge, l’oggetto della tutela ‘le cose immobili e mobili che

abbiano interesse storico, archeologico o artistico’ era esteso a ‘i giardini, le foreste, i paesaggi, le acque’. Tredici anni dopo, nel 1922, venne approvata la prima legge organica di tutela del paesaggio, seppur alimentando la discussione circa il nesso tra patrimonio culturale e tutela del paesaggio. Nel 1939 si giunse a due leggi ‘parallele’ di G. Bottai: una per il patrimonio culturale, l’altra per il paesaggio (Settis, 2010). A questo proposito, Antonio Cederna annota il fatto che in fase di stesura della legge il temine ‘paesaggio’ sostituisce quello di ‘monumenti naturali’ (Cederna, 1975). La stessa nozione di ‘ambiente’ o ‘natura’ non era presente nella costituzione italiana del 1948, ma venne introdotto più tardi, con l’affermarsi della cultura ambientalista a partire dalla fine degli anni ’60.

2 Questo articolo costituisce un primo tentativo di studio di questo territorio. Per questa ragione risulterà più una collezione di

appunti, una sorta di elenco aperto di possibili percorsi di approfondimento o di ricerca, piuttosto che un argomento esaustivo e concluso.

del passato, alla transizione del presente, e alle possibilità del futuro può e deve introdurre nuovi tipi di risorse all’interno del panorama nazionale, soffermandosi a riflettere sul ruolo urbano, sociale ed economico del patrimonio – ambientale e culturale - che possiede.

La monotona uniformità della pianura veneta, della città diffusa (Indovina 1990), da valle a monte, è bruscamente interrotta da alcuni gruppi isolati di rilievo, da alcune figure territoriali in grado di orientare gli stessi abitanti all’interno del proprio territorio. Tra questi i Colli Berici, un unico e piatto massiccio dal profilo regolare e poco accidentato (Candida, 1950), già descritti da Goethe nel suo Viaggio in Italia: «...la via che da Verona conduce a Vicenza è piacevolissima; ...a destra l’ampia pianura che si percorre man mano si allarga, e la strada larga, diritta e ben mantenuta attraversa la campagna assai fertile: la vista spazia fra lunghe file di alberi intorno ai quali si avviticchiano verso l’alto i tralci della vite... vicino a Vicenza i colli si elevano, di bel nuovo da nord a sud: sono, a quanto si dice di natura vulcanica, e chiudono la pianura. Vicenza è situata appunto al piede, e si vuole, in un’insenatura formata dagli stessi colli.» (Goethe, 1917).

Figura 1 | Colli Berici: spazio aperto a. rilievo; b. morfologia del costruito; c. masse boschive; d. vite, olivo, alberi da frutto; e.

cereali; f. prati. Immagine elaborata dall’autore. Fonte dei dati: Regione Veneto, Sit.

Il territorio berico, seppur privo di una definizione amministrativa, coinvolge il territorio di venti comuni e si estende, immediatamente a sud del centro di Vicenza per circa 170 km2, con forma allungata, per circa

25 km da nord a sud e 12 km da est a ovest. Con un dislivello di oltre 400 metri (culmine nel Monte Alto, 444 m s.l.m.), i limiti dei Colli Berici possono essere inscritti nel quadrilatero definito a Nord dalla SS n.11 ‘Padana Superiore’ - e dell’autostrada A4 -, a Est dalla SS n.247 ‘Riviera Berica’, a sud dalle strade provinciali n.8 ‘Berico Euganea’ e n.14 ‘S. Feliciano’ e a Ovest dalla SS 500. Si tratta di un territorio complesso, la cui forma antropizzata e sedimentata nella percezione attuale è risultante del deposito di diversi interessi, un palinsesto, un accumulo di segni che hanno scritto e riscritto l’insostituibile materiale del suolo (Corboz, 1983). Suolo che, nel corso dei secoli, ha offerto possibilità ogni volta diverse, anche e soprattutto grazie alla sua conformazione collinare. Per Eugenio Turri infatti ‘l’anima’ del paesaggio

Veneto trova le sue migliori caratterizzazioni nella fascia collinare e pedemontana, « il luogo del paesaggio edificato storicamente dagli abitanti del territorio, il luogo delle dolcezze, delle ville aristocratiche, dei giardini, degli orti ben coltivati, dei vigneti generosi, il luogo delle città e delle campagne dove si ritrova più che altrove la presenza ispiratrice dell’agire umano» (Turri, 2005).

De-pressione berica

Se la terra e la costruzione del paesaggio rappresentavano, nella cultura veneta, un vero e proprio rito, nel corso del XX secolo il legame indissolubile con il suolo comincia a sfaldarsi. A partire dagli anni ’30 l’area berica subisce un declino demografico che verrà accentuato negli anni ’60 - durante il miracolo economico- con la crisi del settore primario. La vicinanza alla città compatta o piuttosto alle grandi arterie di traffico -veri assi di espansione industriale-, innesca la trasformazione economica e lo sviluppo dei comuni a ridosso della pianura, la cui ripresa demografica è alimentata in buona parte dal flusso migratorio proveniente dai comuni berici. Questi ultimi risultano così ulteriormente penalizzati, tanto da vedere ufficialmente riconosciute dallo Stato le caratteristiche di territori “depressi” nel 1966 (Regione Veneto, 2004). In questo senso il miracolo economico comporta uno sfaldarsi di quella cultura profondamente radicata al territorio, comportando un rifiuto delle tradizioni del passato tale da erigere il capannone a sostituto del campo (Turri, 2005). Accanto al capannone la casa singola con giardino diventa ipertrofica, non tanto in sé, ma perché include gli spazi collettivi, ingloba sempre più il tempo libero (Munarin, Tosi, 2001), comportando una perdita di significato dei grandi spazi collettivi, come quello dei Colli Berici. Alla fine degli anni ’60 i Colli Berici assumono così un duplice volto: quello frammentato, proteso verso la pianura3; quello dell’abbandono, più interno, ma che comincia a richiamare l’attenzione di diversi studiosi

per la sua elevata qualità ambientale, quasi microcosmo all’interno della ‘villettopoli’ veneta.

1973: “Studio per la Valorizzazione dei Colli Berici”

A partire dagli anni ’70 infatti, l’emergere della cultura ambientalista e la redazione del progetto ’80 pongono sull’area berica un accento diverso. Si comincia a parlare se non di tutela, di valorizzazione. La prima tavola del progetto ’80 ‘Caratteristiche fisiche e risorse’ culturali’, classifica l’area berica come ‘area caratterizzata da accentuata presenza di valori naturalistici’ e come ‘area collinare a pendenze forti, prevalentemente boscata’; la seconda tavola ‘risorse del territorio per gli insediamenti e per il tempo libero’ come ‘area caratterizzata da accentuata presenza di valori naturalistici e storico-artistici’. Ciò nonostante l’area dei colli berici non compare nella lista dei luoghi con ‘accentuata presenza naturalistica da utilizzare per sistemi integrati di attrezzature turistiche del tempo libero e di parchi metropolitani’.

Negli stessi anni -1973- un gruppo di aziende private finanzia uno “Studio per la Valorizzazione dei Colli Berici” in collaborazione con lo studio B.B.P.R.4. La ricerca inquadra l’area berica sotto la duplice cornice

dello stato di abbandono cui vertevano in quel momento i Colli e la volontà di mettere in atto misure di contenimento allo smisurato e incontrollato fenomeno di congestione della pianura circostante (Technical et al., 1973). Lo studio si compone di due parti fondamentali: da un lato un’analisi – per lo più quantitativa –; dall’altro una proposta di piano. Nella sezione analitica, dove lo scopo dichiarato è quello di ‘problematizzare’, emerge un descrittivismo ossequioso, –accanto ad un’ordinata collezione di dati– sugli ambienti naturali, sulle condizioni socio economiche del territorio e sul patrimonio culturale- architettonico. Si tratta di un quadro conoscitivo in cui le dinamiche economiche divengono protagoniste, oscurando in gran parte la lenta costruzione di quello stesso suolo che oggi necessita di essere ripensato. D’altra parte la proposta di Piano si presenta come uno strumento di tutela, con l’inevitabile – a partire da quelle premesse- carattere della zonizzazione funzionale, proponendo la costruzione di un ‘parco

3 Significativo diventa il sistema di stretta relazione esistente fra le zone collinari dei Berici e la sottostante pianura. Questa

relazione, senz’altro di antica data, è particolarmente evidente nella zona della Riviera Berica, in cui tutti i vari comuni si sono ‘estesi’ dalla collina alla pianura con i cosiddetti ‘ponti’, ovvero nuclei urbani di nuova formazione – Ponte di Barbarano, Ponte di Nanto, Ponte di Castegnero, Ponte di Mossano…- quasi si volessero allungare verso la campagna (Regione Veneto, 2004).

4 Gli stessi B.B.P.R. in quegli anni si andava avvicinando al tema ambientale. Ernesto Nathan Roger nel 1964, nell’editoriale

‘L’Italia al Verde’ di Casabella Continuità –di cui era al tempo direttore- ‘Fabbisogno del verde in Italia’ denuncia che il tema del depauperamento delle risorse naturali italiane stavano raggiungendo una fama internazionale (Rogers 1964). È questa l’apertura di un numero dedicato interamente all’ambiente in cui l’accento è posto sui soli - allora - quattro parchi nazionali italiani (Onelli 1964), sulla necessità di istituire enti e nuove legislazioni sul tema delle tutele, e su di un continuo dialogo con Antonio Cederna, membro fondatore di Italia Nostra, che nel 1975 pubblica uno dei rapporti più completi, e per molti versi ancora attuale, sullo stato della natura in Italia (Cederna,1975).

metropolitano’5. Un parco territoriale, all’interno del quale lo strumento regolatore, anche se mai

manifesto, è quello della sezione. Ad ogni pendenza, cui è legato un certo tipo di paesaggio, viene attribuita una diversa ‘zona’, un diverso grado di tutela, un diverso indice di edificazione e diverse possibilità tipologiche di costruzione6. La sequenza implicita che ne risulta (da valle a monte) è

un’agricoltura che si stende fino al piede collinare7, una zona a vincolo monumentale che corrisponde ai

territori di pertinenza delle ‘ville’, una zona di versante in cui si alternano prati, seminativi, vigneti e macchie di bosco, costellati da nuclei rurali sparsi e macchie di bosco, una zona di sommità in cui si alternano zone completamente boscate e altipiani dal paesaggio mediterraneo, in cui l’intervento umano è limitato sostanzialmente all’agricoltura.

Sul piano delle nuove risorse, lo studio propone i Colli Berici come ‘zona speciale attrezzata’ che si compone di una serie di proposte di attrezzature recettive e per il tempo libero accanto a qualche intervento più importante, come un campo da golf, uno zoo, un orto botanico. L’intento è piuttosto chiaro: utilizzare le categorie di paesaggio individuate nell’analisi come materiale attorno al quale strutturare lo ‘zoning’, proponendo un’idea di sviluppo a partire proprio dalla risorsa ambientale.

Il “Piano D’Area Monti Berici”

Oltre trent’anni dopo, il territorio ‘depresso’ degli anni ’60, presenta una relativa stabilità del numero delle aziende e dell’occupazione agricola, anche se frammentato dal punto di vista fondiario. Tuttavia si va manifestando un progressivo invecchiamento degli imprenditori, un progressivo abbandono di colture tradizionali come i cereali e l’aumento delle colture legnose -olivo e frutteti-, mentre si assiste ad un calo delle superfici complessivamente investite da vigneti non specializzati con il contemporaneo incremento di quello DOC8. Il piano d’Area attribuisce le cause che hanno determinato il degrado delle attività agricole

alla struttura morfologica, topografica e idrografica del luogo, allo stato frammentario delle proprietà, alla scarsità di infrastrutture e nella mancata modernizzazione delle tecniche colturali.

I lasciti dello slancio degli anni ’70 sono deboli, a parte un graduale ma autodeterminato incremento delle attività recettive. Sul piano della tutela e della pianificazione bisogna aspettare gli inizi degli anni ’90. Nel 1992 infatti la rete Natura 2000 dichiara i ‘Monti’ Berici Sito di Interesse Comunitario9. Nel 1994 il

PTRC avvia il processo di stesura e approvazione del Piano d’Area Monti Berici (Regione Veneto, 2004), che verrà adottato nel 2008, in fase conclusiva della stesura del PTRC successivo -2009-.

La struttura del Piano d’Area riflette gli anni che lo separano dal suo antenato: una relazione introduttiva, che affronta in maniera sintetica ma concisa i caratteri morfologici del territorio, anticipa la definizione di Sistemi Territoriali, Schemi Direttori e Progetti Norma, elementi che testimoniano uno spostamento concettuale nell’estensione del piano. Se scompaiono infatti le analisi socio-economiche e la collezione di dati del piano degli anni ’70, al loro posto appaiono grandi categorie interpretative in cui elementi diversi – anche dal punto di vista concettuale- compongono un’interpretazione unitaria, piuttosto che di zona. I ‘sistemi territoriali’ - floro-faunistico, delle fragilità, delle valenze storico ambientali, delle relazioni della cultura e dell’ospitalità – danno un’immagine complessiva del territorio berico, dove conservazione, tutela e valorizzazione turistica divengono strumenti espliciti per una ridefinizione del comprensorio. Il Piano rileva un’ossatura a fondamento della stessa logica dei sistemi; un’ossatura che si compone di due elementi: una ‘matrice’ di ‘ville’10, generatrici di un processo ordinatore del territorio, capace di dare forma e

struttura ad un discreto intorno, e ancora in grado di sviluppare un interesse che travalica l’ambito stesso dei Berici; una costellazione di ‘icone’, di simboli del ‘patrimonio culturale caratterizzante’, identificati non solo con parchi e giardini storici, ma anche con siti di interesse archeologico, eremi, mulini, edifici di archeologia industriale, fontane, lavatoi, forni, torri colombare. All’interno di questa cornice, Schemi

5 Il termine ‘parco metropolitano’ deriva dallo stesso progetto ’80, all’interno del quale però, come citato sopra, l’area dei Colli

Berici non viene classificata come area di ‘accentuata presenza naturalistica da utilizzare per sistemi integrati di attrezzature turistiche del tempo libero e di parchi metropolitani’ (tav. 10, 20).

6 Particolarmente sviluppato da parte dei B.B.P.R. è il principio incrementale della costruzione per tipologie, all’interno delle quali

diverse possibilità cercano di mostrare le soluzioni ottimali per contenere il consumo di suolo.

7 Vi si coltivano vite, ulivo e cereali. La proprietà è assai frazionata e l’insediamento molto sparso (Mansoldo, 1959).

8 Accanto alle coltivazioni di primaria importanza, quali vite, ciliegio, olivo, è significativa la presenza di attività agricole cosiddette

minori fra le quali è possibile annoverare l’apicoltura, la coltura dei tartufi, le piante officinali e l’allevamento di selvaggina.

9 SIC, mentre i vicini e più ‘fortunati’ Euganei, già Parco Regionale dal 1989 - Legge Regionale 10 Ottobre 1989 N. 38- rientrano

nelle Zone di Protezione Speciale.

10 Il territorio berico è caratterizzato da un patrimonio di beni di interesse storico culturale ricco e variegato, di cui le numerose

emergenze architettoniche presenti (ville, chiese ed oratori) costituiscono gli elementi più noti. La dimensione di tale complesso di beni è però in generale poco conosciuta, mentre l’interesse turistico risulta nella stragrande maggioranza dei casi indirizzato verso i complessi architettonici più prestigiosi e conosciuti (Regione Veneto, 2004).

Direttori e Progetti Norma, disegnano un completamento e risanamento di quell’infrastruttura culturale che diviene, così, risorsa. Specie fauno-floristiche, colture d’eccellenza –l’uliveto tradizionale e la zona DOC– e il vasto patrimonio architettonico costruiscono un solido sfondo su cui articolare, potenziare e sviluppare un turismo dal sapore agro-culturale.

Figura 3 | Colli Berici: Matrice e Icone . (nero e grigio). Immagine elaborata dall’autore. Fonte dei dati: Regione Veneto, Sit.

Colli Berici da struttura a infrastruttura

Questo articolo non è ne un’analisi approfondita dei due piani accennati sopra, ne tantomeno una critica o un loro confronto. È piuttosto un tentativo di comprendere quale fosse l’idea dei Colli Berici che intendessero descrivere, quale l’ipotesi di futuro. Se nel primo caso infatti l’intento era quello di gettare le basi per la costituzione di un ‘parco metropolitano’, nel secondo si accentua sempre più la tendenza all’affermazione di un oggetto isolato, da tutelare a valorizzare. Se la zonizzazione, nonostante antitesi di una logica di rete, cerca di trattare il territorio come parte di città, i sistemi territoriali descrivono delle categorie che, anche se sovrappongono piani diversi mettendo in luce risorse inedite, si esauriscono nei confini dello stesso comprensorio. Se l’ambiente, da spazio quasi residuale diviene bene da salvaguardare prima e da tutelare poi, l’idea di un ambiente come risorsa e come infrastruttura territoriale (Waldheim 2005) è in qualche modo annullata da due programmi che, per ragioni diverse, restituiscono un’immagine ‘chiusa’ piuttosto che aperta. In altre parole un ‘parco metropolitano’ si costruisce attraverso la compresenza di diversi sistemi, attraverso regole tipologiche, attraverso il riconoscimenti di ‘matrici’ ed ‘icone’, attraverso la salvaguardia del palinsesto culturale, ma soprattutto si costruisce sul deposito infrastrutturale che ne definisce il carattere stesso di metropoli.

In questo senso il tema dell’infrastruttura, della sua capacità di strutturare il territorio stesso, in egual misura nelle pendici e nella sommità dei Colli Berici, è poco presente nei due piani appena discussi. Eppure è la capillarità dell’infrastruttura che ne denuncia il carattere metropolitano. E non si tratta soltanto della rete -seppur sempre più estesa11- di sentieri escursionistici, ciclabili, e del tempo libero, che

pervadono il territorio attraversandone i diversi materiali e paesaggi. Si tratta del supporto infrastrutturale nella sua totalità – strade asfaltate, strade di campagna, mulattiere, sentieri – talmente permeabile da raccontare l’intero territorio non tanto come un’isola nella pianura, ma piuttosto come un pezzo di città. Collocato su questo sfondo, la nozione stessa di parco assume un significato più aperto. È un’ipotesi di un territorio in cui è l’ambiente stesso diviene tessuto connettivo(Waldheim 2005); luogo attraverso il quale ricostruire un contesto identitario; spazio in cui coesistano nel contempo le dimensioni del ‘recettivo’ e dell’ ‘applicativo’ (Olmsted 1870); in altre parole diviene infrastruttura.

Figura 4 | Colli Berici: Infrastrutture. Pipes and Sponge.. Immagine elaborata dall’autore. Fonte dei dati: Regione Veneto, Sit.

11 Di recentissima costituzione, l’ ‘Altavia dei Berici’, un percorso ciclopedonale, risultato della connessione di percorsi esistenti,

Riferimenti bibliografici

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