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Politecnico di Milano

DAStU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani Email: corradie@tiscali.it

Abstract

Ci sono aspetti della modificazione del territorio che spesso sfuggono a codificazioni o definizioni esatte nelle discipline che le indagano o le osservano come l‘architettura e l’urbanistica. Queste modificazioni prevalentemente riguardano la città costruita, ma altrettanto spesso riguardano il territorio aperto nella sua campo di paesaggio. Spesso queste modificazioni sono indotte da sistemi infrastrutturali diversi come forma e funzione. E altrettanto spesso questi sistemi appaiono sempre più inadeguati ad una dimensione economica, sociale, culturale che vede scambio di merci e persone tra contesti sempre più ampi e differenti tra loro. In questa nuova geografia, le azioni di trasformazione frequentemente, sono mutuate da concetti derivanti da discipline molto lontane dal progetto o dalla pianificazione generando esperienze diverse e con ricadute differenziate sul territorio e sulle sue modificazioni. La tesi proposta intende indagare quali siano i concetti, gli strumenti e le esperienze italiane ed europee di ri-ciclo o di pratiche tecniche, cultuali e sociali progettuali nella trasformazione delle infrastrutture attraverso l’osservazione di discipline affini al progetto e alla pianificazione.

Parole chiave: riciclo, paesaggio, infrastrutture. 1 | Premessa

I territori delle infrastrutture viarie sia stradali che ferroviarie, sono costituiti da una serie di elementi molto eterogenei tra loro e sono a loro volta caratterizzati da disimmetrie sia spaziali che relazionali. È una condizione determinata all’origine, si sviluppano lungo una dimensione prevalente (lunghezza) ma incidono fortemente su l’altra dimensione, quella trasversale. Generano spazi di risulta puntiformi con dimensioni che vanno da quella locale a quella urbana o territoriale a seconda del rango che rivestono. Il campo entro il quale questo scritto trova argomentazioni è quello dei territori delle infrastrutture lineari (ferrovie, autostrade) e nei paesaggi che li contengono. Si intende affrontare lo studio esperienza di ri-ciclo infrastrutturale in ambito nazionale, attraverso l’estrazione di alcune questioni generali mutuate da uno studio specifico condotto sulla linea Sulmona-Carpinone-Isernia meglio conosciuta come la Transiberiana d’Italia, per individuare eventuali elementi catalizzatori applicabili a territori fragili tipici delle aree interne appenniniche. Adottare campi e contesti è il primo obiettivo per poter ragionare su scale e condizioni generali ma nello stesso tempo applicare la sperimentazione a casi locali dei territori minori che caratterizzano prevalentemente il paesaggio italiano.

2 | Passaggi

Una delle questioni primarie nell’affrontare la questione del riciclo delle infrastrutture è comprendere l’influenza e il ruolo svolto da queste nella costruzione dei territori attraversati. Nate essenzialmente come strumento di ammodernamento del territorio, di fatto ne hanno dato un impulso ciclico allo sviluppo di

questi. Nella loro genesi, spesso hanno mutato profondamente luoghi ed identità. A volte, nei contesti più impervi, ne hanno valorizzato le risorse e le hanno rese fruibili ad una utenza più vasta. Nei primi albori, le moderne infrastrutture, si sono originate da un programma di studi e di indagini in cui il disegno e la conoscenza del territorio, delle economie e delle strutture morfologiche sono stati essenziali per la formazione di ogni esercizio realizzativo. Il territorio, sebbene gli strumenti di rilievo, non avessero il supporto della contemporanea tecnologia, per mezzo della sua rappresentazione (rilievi, mappature, tecniche di rappresentazione), era conosciuto ed indagato e reinterpretato nell'invenzione di un luogo che andava oltre la definizione degli elementi tecnici trasformandolo in spazio progettuale non più codificato ma studiato proprio nelle differenze e modificazioni a tutte le scale del progetto. Ogni elemento che le costituiva, dalle rete di infrastrutture alla singola costruzione, erano inserite in un più ampio ambito disciplinare, partendo da uno sguardo capace di sottomettere ad una posta in gioco di tipo sociale, la padronanza della costruzioni. La ricerca dei punti di rottura dei sistemi, sia fisici che sociali erano condizioni remote ma capitali, quale estremizzazione di un processo culturale che ha come confine temporale una Europa in cui la cultura della modellazione dello spazio prevale sui molti aspetti del progetto e del programma.

È in Europa e soprattutto in Italia che lo spazio delle infrastrutture del moto, nel momento in cui abbandona la scala del “giardino” per abbracciarne una più vasta, riconducibile alla misura della produzione e del consumo, rompe l’equilibrio secolare tra ‘morfologia del territorio e opere di antropizzazione’ (G. Zambrini, 1989) che aveva garantito la costruzione di un paesaggio pregevole e per la prima volta nella storia della costruzione di questo si assiste ad una non ‘adeguatezza/aderenza’ (B. Gabrielli, 1989, pp 93-94) dell’opera dell’uomo per scala e tecnologia, al contesto, uniformando e introducendo norme che di fatto hanno omogeneizzato ciò che per natura si era conformato come frammentario, discontinuo. A sua volta il progetto dei tracciati nasce da modalità operative dettate più dal codice della strada, da elementi tecnici e da normative di sicurezza stradale che non da scelte formali privilegiando il tracciato al percorso.

Ciò che si è privilegiato è un sistema di opere fisiche, che tenevano conto di programmazioni1 fondate su

tempi in cui la realizzazione fisica dei manufatti a volte superava la dimensione temporale di questi.

3 | La riscrittura del territorio

Ogni elemento infrastrutturale, introduce nei territori in cui si posa, delle connessioni che aprono questi ultimi a nuove scale di relazioni, ponendo come argomento di discussione la riconoscibilità delle categorie di appartenenza dello stesso. E' importante quindi, comprendere i diversi modi di riscrittura dello spazio generato da questi, per poter individuare le reali influenze di questi alle diverse scale dei luoghi e quindi del progetto, poiché la loro configurazione non è solo conseguenza di cause economico - politiche ma è un fattore oggettivo capace di strutturare la società.

L’infrastruttura, soprattutto nei territori minori, si è evidenziata nel tempo come segno ordinatore dell’impianto territoriale restituendo continuità fisica, in un paesaggio antropogeografico già costituito continuando a far prevalere caratteristiche ‘morfologiche/relazionali’ in cui la tensione tra la continua mimesi e il contrasto con l'ambiente, pone ancora la questione insoluta su quale sia la strada da percorrere per una definizione progettuale del tema.

Se le forme delle infrastrutture sono passate attraverso evoluzioni strutturali che vanno dalle strutture ardite dell’ '800, fino alla produzione seriale, la attuale dinamica post/industriale tende ormai, a riconfigurarne l’immagine attraverso nuove articolazioni del territorio. Il sistema delle nuove interrelazioni sia interne che esterne alla logica dei tracciati che dei contesti, individua nuovi centri sui quali appoggiarsi trasformandoli in capisaldi di regioni naturali/artificiali nella cui estensione, questi, supportano i nodi delle maglie che ridisegnano l’esistente e ridefiniscono margini, estendendoli per poi trasformarsi in nuove relazioni socio economiche.

4 | Le matrici progettuali

L’infrastruttura viaria o ferroviaria si pone quindi come attrice di modificazione di strutture morfologiche naturali e artificiali e pone come questione la necessità di chiarire il suo ruolo e la sua capacità nel porsi in relazione con il contesto. Ciò pone come questione primaria la necessità, in una azione di riciclo di queste dell’adattamento dell'architettura che le compongono ai nuovi contesti sociali e culturali dove tipologie

(morfologia e tecnologia) del progetto aderiscono e vengono generate non solo dall’economia e dalla fisicità del luogo di questi ultimi ma soprattutto dalle nuove relazioni territoriali di rango superiore che stabiliscono. Di conseguenza la loro nuova configurazione, sia in termini fisici che di riferimento, si connota ogni volta a seconda dei diversi comportamenti socio-culturali, economico a cui deve relazionarsi. Se nella scelta di nuove infrastrutture la valutazione dei nuovi cicli di vita si determina su una serie di parametri (cfr. R.Jennings, 2012: pp 171-175) la cui sequenza è scandita da elementi derivanti da un rating preciso e predeterminato, nel caso del riciclo delle infrastrutture si può asserire che il rating è un elemento che va costituito e sperimentato.

In questo tipo di operazione, i sistemi produttivo e fisico insediativo esistenti generati, determinano nuovi assetti e nuove configurazioni in cui il programma, soprattutto del nuovo d’uso, tende a declassare funzioni e ranghi destinandolo a un sistema che apparentemente potrebbe essere definito ‘a funzionalità debole’ (Biraghi, 2015: pag. 12) ma che di fatto è capace di sviluppare sistemi forti di nuove relazioni sia economiche che sociali.

Pensare le infrastrutture ferroviarie o stradali nel momento della loro dismissione come sterili ‘residui del futuro’ (Valente I., 2015, pag. 8) destinati nella migliore delle ipotesi a piste ciclabili, è di fatto una incapacità progettuale che non riesce a proiettarne il futuro in nuovi contesti o in nuovi progetti.

Di conseguenza gli elementi che costituiscono i dati su cui impostare il programmi di riciclo delle infrastrutture possono essere individuati a partire dalla disarticolare da forme dimensionalmente tendenti all’infinito a forme apparentemente finite. Si originano così regole aggregative che lasciano spazio a modelli di derivazione più antica generati da “simbiosi ambientale” di matrice organicistica adeguatamente fondata su una conoscenza geografica quale strumento di trasformazione e non di rottura con lo spazio. Quindi nella tendenziale univocità che assumono le infrastrutture viarie nell’interagire con il contesto attraverso segni di occasioni non colte, il riciclo di queste può essere ridefinito attraverso un procedimento analitico che verifica la modalità d’uso, le risorse finanziarie e realizzative. la parcellizzazione dei contesti. Il sistema delle relazioni multiscalari che può generare entra a far parte di processi di riqualificazione più ampi anche caratterizzati da discontinuità nel loro strutturarsi nel territorio.

Catalizzare eventi che si succedono in maniera improvvisa alterando equilibri di fasi insediative a volte stabilizzati da secoli, sconvolgendo ‘interi impianti territoriali’ (E. Turri, 1979: pag.225) determinando nuove configurazioni è forse la prospettiva verso cui rivolgere un possibile percorso di recupero.

Le nuove configurazioni delle infrastrutture possono a loro volta determinare alterazioni radicali del contesto fissando nuove dimensioni estendendo la geografia dei luoghi. È sotto questo profilo che si manifesta la vera valenza di riciclo delle infrastrutture ferroviarie e viarie: collegamento a scala territoriale, trasformatore di organizzazioni consolidate anche se non sempre riescono a seguire in maniera sincronica tutte le mutazioni indotte dal nuovo ciclo di vita.

5 | Strutturare nuovi contesti

Nel sostanziale squilibrio tra forma naturale e forma artificiale generato dalle infrastrutture, si fonda una modalità di riciclo che può dedurre le sue leggi dal paesaggio, dai contesti dalle relazioni, confrontandosi con esso per tirarne fuori le leggi costitutive, e per assumerne leggi descrittive.

Questo approccio al progetto di riutilizzo pone ovviamente in primo piano il confronto con il progresso tecnico per attestarsi ad un suo uso attraverso la modulazione e la ricerca di nuovi processi, quale mezzo di racconto dei luoghi. Un ruolo forte è rivestito dalle infrastrutture informatiche, la cui estensione ed espansione fa si che nuove modalità di abitare i territori della dismissione, soprattutto nelle aree minori, sia possibile per mezzo della costruzione di microsistemi economici capaci di sostenere circuiti importanti per il rinnovo e lo sviluppo.

Ciò comporta una attenzione diversa che non privilegia la singola opera ma pone invece come attore dell’intervento l’intero paesaggio con i suoi attori e le sue relazioni multiscalari e multidisciplinari.

È soprattutto necessario dunque, confrontarsi con un territorio già scritto, in cui il compito delle infrastrutture nel loro nuovo ciclo, è quello di descriverne altri sensi. E’ evidente che il campo d’interesse è nello sviluppo di tecniche progettuali che operino attraverso l’integrazione economica, ambientale, sociale e paesaggistica delle infrastrutture.

Questa logica, se applicata al riciclo delle attrezzature viarie o ferroviarie, chiede di operare una serie di rinunce relativamente alla ingegneria, disciplina che ha governato il progetto delle infrastrutture per favorire l’urbanismo come luogo del progetto di riciclo.

Si può ipotizzare un suddivisione delle questioni non per esemplificazione ma per consentire di operare su modalità di analisi diversificate con gradi di complessità variabili.

Le questioni principali riguardano: la scala delle relazioni, la scala del contesto e la scala dei manufatti. Questi tre elementi potrebbero generare dei codici trasformabili in tecniche progettuali atte e rideterminare il ruolo e il rango delle infrastrutture nel nuovo ciclo di vita quasi a voler determinare filiere specifiche.

Ognuna di queste attraversa una progettualità specifica integrata alle altre e che richiede il contributo specialistico di varie discipline.

La scala delle relazioni è ad esempio legata al nuovo ruolo che l’infrastruttura può rivestire e necessariamente deve coinvolgere stakeholder, programmatori economici ai vari livelli, istituzioni regionali e nazionali al fine di costituire un sistema valido e condiviso proiettato verso sistemi economici sostenibili e modulabili nel tempo.

La scala del contesto deve necessariamente allargare la sua dimensione progettuale da una sezione trasversale tecnica dell’infrastruttura piuttosto modesta rispetto al tracciato, per trasformarla in una sezione critica ampia, atta a determinare un nuovo confine di applicabilità degli interventi o delle ricadute del progetto.

La scala del manufatto dovrebbe analizzare e catalogare lo stato e la consistenza di questi, sia per quanto concerne gli elementi strettamente tecnici e sia tutti gli elementi che completano il patrimonio infrastrutturale (ponti, gallerie, magazzini, depositi ecc..)

È quindi necessario produrre indicazioni a scale diverse restituendo la multiscalarità del progetto, costruendo configurazioni adeguate ai manufatti, legandoli alla dimensione minore tipica di contesti e territori deboli.

Queste indicazioni, in sintesi richiedono nuove strategie nel ‘mappare’ intese come ‘rappresentazione’ (Andriani C., Corradi E, Massacesi R., 2014: pag. 141) quale insieme descrittivo di relazioni, applicabile a qualunque scala e a qualunque ragionamento. Nella redazione di una mappa si tende ad associare un dato ad una condizione che nel caso dell’architettura dovrebbe coincidere con la descrizione dell’abitare un luogo, in molteplici dimensioni, da quella territoriale a quella puntiforme attraverso relazioni di prossimità o di distanza.

Spesso il destino delle infrastrutture viarie dismesse, soprattutto ferroviarie, è quello di trasformarsi in piste ciclabili. Raramente avviene una rifunzionalizzazione o una specializzazione tale da ridefinirne ruolo e competenza, costi di gestione, costi di manutenzione sono gli elementi determinanti di scelte che spesso non tengono conto di economie diverse, legate ai territori al a sistemi complessi in ambiti apparentemente semplici.

Altrettanto spesso questo avviene in territori pregevoli sotto il profilo ambientale naturalistico, ricchi di elementi atti invece a generare flussi importanti di utenza di tipo diversificata.

Si pone quindi un inversione del tema. Quanto un contesto può recuperare o riciclare una infrastruttura viaria e quali sono gli elementi che opportunamente modificati o ripensati possono governare un processo di rinascita di manufatti e territori?

Non è solo un’ottica interpretativa, è un sistema denso di elementi e di dati, che devono essere studiati. Ad esempio, l’esplorazione visivo figurative di queste infrastrutture è un dato fondamentale per comprenderne le potenzialità e le valenze.

Capire il valore di tutti quei tracciati a forte specializzazione dismessi che servono gli insediamenti dell’entroterra, implica un lavoro sistematico e scientifico, tale da attribuire scale di valori percettivi, tecnici e ambientali per cui il riutilizzo di assi viari obsoleti la cui durata fisica passa anche attraverso una riqualificazione complessiva, diventi un operazione sostenibile sotto tutti gli aspetti del processo di riciclo. Pianificare un processo di riciclo delle infrastrutture introduce anche l’aspetto della sostenibilità, concetto che racchiude una contraddizione di fondo, relativamente al dato di sostanziale inadeguatezza rispetto ai valori ambientali/paesaggistici, economici e sociali che hanno generato da sempre i manufatti infrastrutturali viari e ferroviari. Superare la dicotomia tra ‘economia di scala e scala economica’ (Corradi E., Massaccesi R., 2014: pag. 202) è il passaggio più difficile, significa individuare strategie, processi, buone pratiche e nuovi modelli. Richiede una grande capacità di integrazione tra diverse esigenze ed aspettative, oltre che di capacità imprenditoriale. Quest’ultima si sta dimostrando una qualità sempre più espressa dal basso del processo. Sono piccole iniziative private, spesso di onlus o associazioni che mettono in moto circuiti di notevole interesse. Descrivono delle capacità reali di transcalarità decisionale operativa integrata in aspetti a volte contrastanti tra loro.

6 | Ri-ciclo critico

Le prospettive di lavoro riguardano l’individuazione di una metodologia scientifica che confronti dati estremamente eterogeneei tra di loro per caratteri e contenuti. Nella trasformazione dei paesaggi infrastrutturali a partire dalla codificazione delle azioni semplici e ricorrenti è necessario quindi, individuare elementi utili a generare consapevolezza delle proprie potenzialità.

Esiste una genetica riconoscibile che accomuna i processi di riciclo in cui le esperienze italiane e quelle europee possono confrontarsi. L’atto critico del progetto si configura nello studio delle variabili al codice genetico e nel loro reinserimento all’interno delle nuove dinamiche di trasformazione sia semplici che complesse.

Obiettivo finale è quello di inquadrarli in processi di trasformazione più ampi che tengano conto di potenzialità e tempi di modificazione legati alle identità locali, alle aspettative di rilancio complessivo che possa essere raccontato come evoluzione di un sistema dinamico a “tempo lento” dei territori minori italiani.

Riferimenti bibliografici

Biraghi M. (2015) “Il senso delle cose”- in Cozza C., Valente I. (a cura di) La freccia del tempo, Pearson, Milano.

Andriani C., Corradi E., Massacesi R., (2014) MAPPA/RE_CYCLE, Mappare il cambiamento, rappresentanza (politica) e rappresentazione (autoriale) dei territori dell’abbandono, in Marini S., Rosselli C., “Op-position II”, Aracne ed. Roma.

Corradi E., Massacesi R., (2014) “Paradigmi per il re-cycle di infrastrutture in territori fragili” in Marini S., Rosselli C., “Op-position I”, Aracne ed. Roma.

Gabrielli B. (1996) “Le trasformazioni del territorio e ciò che ne consegue”, Clementi A., De Matteis, G. Palermo P.C. (a cura di) - Le Forme del Territorio Italiano - Laterza, Bari.

Jenning R- (2012) “Issues in Assessing Urban Infrastructure”- in AA.VV., Infrastructure Sustainability and Design, Routledge ed., New York.

Turri E. (1979), Semiologia del paesaggio italiano, Longanesi, Milano.

Valente I., (2015) “La feccia del tempo: una tassonomia provvisoria”- in Cozza C., Valente I. (a cura di) La freccia del tempo, Pearson, Milano.

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