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Politecnico di Milano

DAStU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani Email: stefano.darmento@gmail.com

Abstract

Matera sarà la Capitale Europea della Cultura 2019. Le grandi potenzialità turistiche della città sono sfruttate solo parzialmente e gran parte del suo territorio resta ancora inesplorato. I danni apportati da decenni di mancata pianificazione o di sviluppo legato quasi esclusivamente all’edilizia o ad interventi pesanti sono evidenti.

Il paper vuole provare a spiegare certe problematiche della città e della sua relazione con il suo territorio, declinate in prospettiva del traguardo del 2019, di possibilità, potenzialità e problematiche correlate a un maggior sfruttamento turistico e ad un riutilizzo di una serie di infrastrutture. Un turismo fatto di infrastrutture leggere e diffuse può diventare l’elemento chiave della pianificazione del territorio, in modo da facilitare e promuovere un suo sfruttamento consapevole, unendo cultura, agricoltura e manifattura secondo modelli sostenibili portando benefici a lungo termine. Associando ad esso una corretta pianificazione, nel senso del riuso delle infrastrutture di mobilità ma anche idrauliche, come il sistema delle cisterne, è possibile evitare la depauperazione del patrimonio naturale e artistico e il consumo di suolo indiscriminato, oltre che combattere efficacemente fenomeni di dissesto idrogeologico e incrementare la resilienza dei territori.

Parole chiave: local development, infrastructures, tourism. 1 | Introduzione

La città di Matera ha recentemente (17 ottobre 2014) vinto il titolo di Capitale Europea della Cultura 2019, diventando una delle due città ospitanti della manifestazione in quell'anno, insieme alla bulgara Plovdiv. Nel suo essere un capoluogo di provincia dalle dimensioni modeste, poco più di sessanta mila abitanti, rappresenta la realtà della città medio-piccola europea. A capo di una provincia di circa 200.000 abitanti, da sempre risulta più proiettata verso l'area barese, confinando con i grossi centri di Altamura, Santeramo e Gravina che insieme sommano circa 140.000 abitanti, e con cui risulta più collegata in termini infrastrutturali ed economici, rispetto al resto della sua stessa provincia.

Città povera, vergogna d'Italia, Matera diventò laboratorio urbanistico, ma anche culturale e sociale negli anni '50 e '60, in occasione dello sfollamento dei rioni Sassi. In quei decenni di boom economico, gli interventi dello Stato mirarono alla riorganizzazione dell'economia agricola, tramite la Riforma Agraria, ed all'industrializzazione del Mezzogiorno con la creazione di poli manifatturieri attorno a grandi aziende statali. Tra fine anni '80 e gli anni 2000, poi, Matera divenne il perno di quel triangolo del salotto, con Altamura e Santeramo, che arrivò a rappresentare il 55% delle esportazioni italiane nel settore. Dopo queste fasi di sviluppo industriale, in questi anni l'intero territorio sta vivendo il rischio di desertificazione produttiva, dopo il fallimento delle aree industriali sovvenzionate dallo Stato, entrate già in crisi a partire dagli anni '80, e la fine dell'epoca d'oro del salotto materano (Castellano, 2010). Le risorse su cui il territorio può e deve puntare, meno soggette a sbalzi e cicli sono quindi la cultura, ed il turismo come sua conseguenza.

L’eredità di una gestione del territorio spesso solo orientata alla speculazione, o a imposizioni di sistemi produttivi dall’alto, o legata a vecchie logiche di infrastrutturazione pesante che sarebbero dovute servire da stimolo per uno slancio economico, sono evidenti nelle grandi aree o infrastrutture abbandonate o sottoutilizzate.

Il 2019 è l'occasione per Matera per mettersi al centro di questo territorio, di cui è cerniera, ovvero tra l'area densamente abitata dei centri della Murgia, la valle del Basento ed il metapontino, consacrando la sua dimensione di centro culturale e lavorando insieme al suo vasto territorio, proponendo un nuovo modello di sviluppo sostenibile e sinergico. Il riuso di alcune infrastrutture può contribuire efficacemente alla realizzazione di un tale modello.

2 | Le potenzialità inespresse

L'investimento di Matera su se stessa e sul proprio territorio rappresenta una grande opportunità. La città è ancora meta di un limitato flusso turistico, ed ancora relativamente poco conosciuta. Si può dire che sia ancora quasi agli inizi sul mercato turistico, un settore sempre in crescita grazie alle nuove e via via maggiori capacità di spesa dei paesi in via di sviluppo.

E proprio per avere più attrattiva ed appetibilità verso un pubblico lontano, la città deve fare sistema con il suo territorio, per offrire un'esperienza che, oltre alla peculiarità unica dei Sassi, sappia offrire uno spaccato di vita genuina e sana, passando attraverso il paesaggio, il cibo e tutti quegli elementi che insieme compongono la cultura in senso più ampio. La meta del 2019 può sicuramente essere il pretesto per lavorare su questo aspetto.

Matera resta tuttora percepita come una meta di passaggio, per una gita di un giorno. La costa jonica è invece meta di un massiccio esodo estivo principalmente da località pugliesi, non generando quindi una vero e propria ricaduta positiva sul territorio, sia per il modello di organizzazione turistica in villaggi e cittadelle di seconde case abbastanza distanti dai centri abitati, sia per la provenienza maggioritaria degli ospiti, che il territorio possono dire di conoscerlo già -almeno relativamente- e non sono interessati ad altro che non sia la spiaggia.

Una tendenza degli ultimi decenni è il collegamento tra cultura ed economia. La cultura è sempre più vista come un’industria, capace di agire in sinergia con altri elementi ed altre attività per creare reddito, con il rischio, spesso, di essere valutata solo in base al possibile ritorno economico.

L’Italia si caratterizza per un patrimonio culturale vasto e numeroso, valutabile indipendentemente dalla lista UNESCO, per la quale, comunque l’Italia è il Paese con più siti protetti. A questa dotazione culturale di base, però, non corrisponde, in modo sorprendente, una percentuale così alta come potrebbe sembrare di lavoratori impegnati in settori culturali, che sono l’1,1% degli occupati totali e, dato più sorprendente, appena la metà di quelli occupati nei corrispondenti settori nei paesi nordici, Inghilterra, Germania e Francia, e questo nonostante il Paese abbia una percentuale più alta di studenti in materie ricadenti nell’ambito dei beni culturali (Dalla Torre, 2011). Questo a significare quanto l’occupazione in tali settori non sia strettamente dipendente al patrimonio, ma alla capacità di gestirlo e promuoverlo creando nuovi sbocchi.

Eventi come la Capitale Europea della Cultura vanno nell’ottica di promuovere uno sviluppo duraturo. Questa possibilità dipende ovviamente dalla gestione dell’evento. È stato visto quale sia stato il ritorno positivo in termini di immagine e quindi anche turismo, per alcune città, considerate tra le buone pratiche, che sono state capaci di innescare meccanismi che hanno attratto investitori privati e più visitatori, valutando anche che il turismo culturale è generalmente un tipo di turismo ad elevata capacità di spesa. Il turismo si configura come un’industria in crescita costante a scala globale, senza previsioni di discese su lungo termine (World Tourism Organization, 2012). Rappresenta dunque una grande risorsa da sfruttare considerando l’apertura di mercati sempre nuovi e l’aumento di capacità di spesa da parte dei cittadini delle nazioni economicamente emergenti. Matera, e la Basilicata più in generale, è una destinazione aperta al turismo, soprattutto internazionale, relativamente recente. È, infatti, ancora una realtà abbastanza sconosciuta e ha vissuto, finora del turismo di ritorno degli ex-emigrati durante le festività. Per queste ragioni l’industria turistica, ed il benessere economico derivante, hanno nell’area ampli margini di rinnovamento, se gestiti a sistema tra le varie zone e se declinate secondo un aspetto che sta ora prevalendo, ovvero quello dell’attenzione ambientale e della sostenibilità.

In particolare, i dati di Matera si rivelano addirittura preoccupanti, sebbene in continuo aumento, proprio per la strategicità della città, che corrisponde alla destinazione città d’arte – mare preferita durante i mesi estivi e città d’arte – agriturismo che sta sempre più prendendo piede. In particolare, il turismo orientato

non solo alla visita dei Sassi, ma al vivere il territorio, proprio facendo leva sulle caratteristiche agricole, può aiutare all’aumentare il dato di presenza turistica, particolarmente penalizzante, 1,5 giorni, che dice chiaramente come il turismo tipico sia costituito solo da una visita di passaggio ai Sassi. È da notare come la città sia un catalizzatore di stranieri, passati da 6000 a 30000 negli ultimi dieci anni, a costituire il 50% del totale di arrivi dall’estero nella regione. È in particolare auspicabile una maggiore sinergia con il turismo della costa jonica, caratterizzato anche esso da una buona quantità di presenze e, soprattutto, dal più alto dato di presenza, arrivando quasi a 101.

Altra opportunità da considerare è la vicinanza alla dinamica Regione Puglia, che registra oltre due milioni di presenze straniere, in forte crescita. Altra caratteristica è l’estrema stagionalizzazione del turismo, concentrato nei mesi di luglio ed agosto ed in misura minore a giugno e settembre.

Le criticità del sistema, che non permettono di sfruttare appieno le potenzialità date dal turismo, sono imputabili ad una scarsa capacità di pianificazione turistica, alla mancanza di intraprendenza del settore pubblico e privato nella proposizione di modelli innovativi ed all’ancora poca pubblicità e valorizzazione del patrimonio culturale.

3 | Riciclare infrastrutture per la mobilità dolce

Una possibile strategia, qui proposta, per integrare il territorio materano nel suo complesso è quella della mobilità dolce. Sistemi come quelli cicloviari hanno avuto e stanno avendo un notevole successo turistico ed anche economico dove siano stati applicati (Busi, Pezzagno, 2006).

L'Unione Europea stessa ne ha sostanzialmente preso atto finanziando il programma Eurovelo, equiparandolo a livello di infrastrutture pesanti quali quelle ferroviarie e stradali. Eurovelo consiste in una rete europea di ciclovie, di cui l'itinerario numero cinque, da Londra a Brindisi via Roma, seguendo il tracciato della Via Appia, passerebbe proprio da Matera (Lumsdon, Weston, Peeters, et al. 2009).

Questo itinerario può quindi diventare l'asse portante di un rinnovamento urbano e territoriale. Sarebbe il perno di una rete di percorsi turistici, volti alla scoperta ed alla fruizione del territorio materano, dalla costa jonica alla città di Altamura, mettendo così in rete Matera con il suo intorno. L'altro asse principale consisterebbe in una ciclovia che da Matera porti al mare, utilizzando il sedime di un vecchio tratto di ferrovia delle Calabro-Lucane, dismesso nel 1972. In questo modo i due poli turistici di maggior spessore, la città di Matera e la costa jonica, sarebbero connessi da un'infrastruttura leggera che attraversa i paesaggi aspri della murgia, boschivi della collina materana, fluviali del Basento e del Cavone, prettamente agricoli della piana metapontina ed infine la pineta e le dune di sabbia che portano al Mar Jonio (Figura 1).

Figura 1 | Il percorso della ciclovia attraverso i paesaggi e il patrimonio territoriale.

Elaborazione dell’autore.

In questi 90 km si stendono infinite distese di campi di grano e uliveti, ma anche vigne e frutteti. Parchi naturali come quello della Murgia Materana, e le oasi WWF del lago di S. Giuliano e del Bosco Pantano e le immense formazioni argillose dei calanchi, di grande rilevanza naturalistica e geologica.

In mezzo agli immensi spazi vuoti che caratterizzano questa regione, sorge un gran numero di masserie, aziende agricole ed agriturismi, che possono fornire un appoggio ed una decina di antichi paesi, ricchi di storia e monumenti. Tra di essi spicca Craco, paese fantasma, scenografia di numerose produzioni cinematografiche, italiane e straniere, e già meta di un cospicuo afflusso di turisti.

L'obiettivo dovrebbe essere quello di incentivare forme di turismo come l'albergo diffuso, già sperimentato con successo nei Sassi di Matera, puntando così al riuso dei numerosi fabbricati vuoti dei centri storici, semi-abbandonati, ed all'integrazione dello stesso con il sistema agricolo ed agrituristico, intercettando un genere di turismo in futura espansione e dalle notevoli capacità economiche quale quello alimentare, offrendo pacchetti inclusivi di uno spaccato di stile di vita italiano attraverso il cibo, il bere, il patrimonio naturale e quello artistico maggiore, i Sassi, e minore, i vari centri della provincia.

Connettendo in questo modo i diversi punti di interesse si verrebbe a creare una vera e propria rete capace di destagionalizzare l'offerta turistica, rendendo Matera da meta di passaggio, base per scoprire il territorio. Inoltre questo sistema turistico si pone come alternativa a quello tuttora predominante dei grandi villaggi e delle città di seconde case che nell'arco degli ultimi venti/trenta anni hanno cementificato la costa jonica, vittima di una speculazione edilizia di proporzioni drammatiche, dove si è permessa la manipolazione degli alvei fluviali accentuando fenomeni di erosione, come la scomparsa della spiaggia di Metaponto, e la modifica dei microclimi.

La ciclovia in oggetto, una volta arrivata al mare, si congiungerebbe con una serie di percorsi naturalistici che connettono tutto l'arco jonico, e due sistemi Eurovelo differenti, riportando alla EV 5 verso Taranto ed alla EV 7 verso Sibari (Figura 2).

Figura 2 | Inquadramento di una possibile ciclovia Matera-mare nel piano della rete Eurovelo passante per il Mezzogiorno (1) e

del territorio provinciale (2). Elaborazione dell’autore.

Lungo il percorso lo scambio con la rete ferroviaria e con snodi di connessione con linee autoviarie è garantito ai due estremi, a Matera con le Ferrovie Appulo-Lucane per Bari ed a Policoro/Scanzano con l'arco jonico delle Ferrovie dello Stato, ed al centro, nelle stazioni FS di Pisticci e Ferrandina, con connessioni Taranto-Potenza-Salerno-Napoli. In ottica futura si può pensare a uno sviluppo anche in aree interne come queste di sistemi di car-sharing a livello territoriale, per cui sarà possibile prendere e lasciare biciclette o automobili secondo modi, luoghi e tempistiche molto flessibili. In questo modo è possibile incentivare un turismo misto bici-treno, o comunque intermodale, favorendo un aumento del potenziale bacino di utenza, estendendolo anche a chi desideri effettuare tragitti più brevi o più frammentati.

4 | Riciclare infrastrutture contro il rischio idrogeologico

Per questo quando il Convegno Nazionale dei Geologi ha recentemente annunciato di voler rendere Matera la prima smart city fondata sulla geologia2.

Spesso l’intelligenza in termini urbani è associata all’applicazione massiccia di sistemi tecnologici di informazione e comunicazione, quando è invece molto più spesso e molto più semplicemente la riscoperta e il riutilizzo in chiave aggiornata di conoscenze e tecniche, e spesso anche manufatti, antiche, precedenti al boom economico dei decenni del secondo dopoguerra, quindi in tempi ancora relativamente recenti. Da questo punto di vista Matera è sempre stata particolarmente intelligente grazie ad un sistema capillare e molto bene organizzato di raccolta delle acque meteoriche e di condensa da umidità. Sistemi del genere erano tipici per secoli di tutti i paesi del territorio lucano, più in generale del meridione d’Italia ma anche di tutte le zone mediterranee.

Il sistema delle cisterne di Matera spicca per la sua incredibile organizzazione. Una rete di canali e pozzi riempiva le cisterne domestiche, collegate in rete (Figura 3) con delle cisterne maggiori come il palombaro (Figura 4). Tutto il sistema sfruttava intelligentemente lo svolgimento verticale della città per la distribuzione delle acque grazie alla gravità e alla capillarità. In caso di piogge molto abbondanti l’acqua in eccesso si redistribuiva tra tutti i nodi della rete, confluendo nei collettori maggiori.

Figura 3 |Schema della rete di collezione delle acque nei Sassi di Matera. Laureano op.cit.

Figura 4 |Il Palombaro.

Laureano op.cit.

La collezione delle acque meteoriche tramite sistemi di cisterne non era sicuramente pensato in chiave ambientale, almeno coscientemente, ma per la comodità di avere un serbatoio di acqua prossimo all’abitazione evitando di dover fare a volte anche diversi chilometri di cammino per l’approvvigionamento. Con la comodità dell’acqua corrente queste necessità sono venute a mancare e così il sistema delle cisterne è caduto in disuso e spesso distrutto o reso inutilizzabile per successive modifiche edilizie (Laureano, 2012).

Il suo inutilizzo si può considerare complice dell’aggravamento delle situazioni di dissesto idrogeologico, infatti questa rete di cisterne e canali proteggeva dall’erosione del terreno. La rete idrica moderna mal costruita, con le sue perdite e i suoi riversamenti sui costoni argillosi, è stata spesso responsabile di catastrofi naturali nel territorio materano, tra cui movimenti franosi si grossa portata tra cui spiccano quelli di Craco e Pisticci3. L’apporto del sistema delle cisterne per il recupero delle acque meteoriche, oltre a

coprire una piccola parte di usi domestici (scarichi del bagno, irrigazione, ecc…), avendo dunque valenza ambientale, può contribuire a combattere il rischio idrogeologico, rendendo non pericolosa la superficie impermeabile, recuperando le acque cadenti sulle coperture degli edifici mitigando gli effetti di dilavamento. A ciò si aggiunge la valenza ambientale del recupero e riuso delle acque stesse e della creazione di intercapedini che permettono un maggiore raffrescamento durante la stagione secca, così come riscaldamento durante quella fredda, secondo i migliori principi dell’edilizia bioclimatica.

5 | Conclusioni

Nella proposta qui presentata il turismo diventa l'elemento chiave della pianificazione territoriale e il riutilizzo delle reti infrastrutturali in disuso elemento fondante di rigenerazione urbana e protezione del territorio. In realtà si tratta di unire una serie di provvedimenti virtuosi, che dovrebbero ormai essere dettati da un comune buon senso e da un'attenzione per la cura del territorio e dell'ambiente in crescita (anche se a volte ancora lentamente e faticosamente).

Si tratta, certo, di un turismo diverso, più avanzato, che si discosta da un modello prevalente fatto di cemento e grandi strutture, come quelle che stanno letteralmente ingoiando la costa jonica. Si tratta di un turismo che richiede al turista di adattarsi al territorio, per vivere una vera esperienza -anche se spesso costruita ad hoc-, e non viceversa. Ciò non significa che debba essere per forza spartano o privo di lussi.

Restano tutte le divisioni in fasce tipiche dell'ospitalità alberghiera e di tutti i servizi ed attività connesse; le stanze attualmente esistenti nei Sassi, ad esempio, non sono certo economiche e si possono sicuramente definire di alta gamma.

Tale tipo di turismo necessita di infrastrutture di comunicazione e di ospitalità più leggere e più diffuse. Si parla quindi di ciclovie, senza però dimenticare la loro connessione con il sistema ferroviario o di linee autoviarie, di alberghi diffusi, riutilizzando la grande quantità di immobili abbandonati e sfitti nei centri storici, di agriturismi, fornendo pacchetti di esperienza rurale a tutto campo; ad esempio abbinando il soggiorno con i periodi della vendemmia o della raccolta delle olive, collegando turismo, lavoro, produzione agricola.

Per fare economia non è, dunque, necessario consumare suolo, è anzi necessario e prioritario avviare una strategia di protezione e riqualificazione del paesaggio, avendo anche il coraggio di avviare interventi di proporzione notevole che dovranno necessariamente essere diluiti su un arco di tempo lungo. Ad esempio le bonifiche e la ripianificazione delle diverse aree industriali, immense e semivuote -perché abbandonate o mai realmente occupate-, che sorgono sparse nel territorio, concentrando le attività in pochi siti strategici ed altamente funzionali.

Si tratta dunque di un modello alternativo di pianificazione e di sviluppo economico del territorio, che non insegua un immediato e notevole profitto, che ha finora prevalso con conseguenze evidenti -ed eventualmente costose da riparare in momenti successivi- quanto uno sviluppo lento, misurato e stabile, che incrementi la resilienza delle città e del territorio e riduca i rischi di matrice idrogeologica.

La riattivazione del sistema di cisterne, che è considerabile una vera e propria infrastruttura idrica, e la ripresa di questa tradizione edilizia, in chiave moderna, estesa a tutta l’area può sicuramente fare molto in questo senso.

Attraverso la rete delle infrastrutture leggere e di tutti i punti da esse connessi sarà possibile leggere il territorio materano con una nuova chiave, quella di una città che recupera il suo rapporto con l'agro adiacente al centro urbano e che stabilisce connessioni solide con l'agro a vasta scala, di cui diventa capofila di un sistema policentrico.

Riferimenti bibliografici

Busi R., Pezzagno M. (2006), Mobilità dolce e turismo sostenibile, Gangemi, Roma.

Castellano U.A. (2010), “Il salotto made in Mezzogiorno", in Osservatorio sul Mezzogiorno, anno II n.1. Dalla Torre R. (2011), “Il contributo della cultura per la crescita dell’occupazione", in Tafter Journal, n.41,

novembre 2011.

Laureano P. (2012), Giardini di pietra, Bollati-Boringhieri, Torino.