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Latitude Platform for Urban Research and Design Università IUAV di Venezia

Dipartimento di Culture del Progetto Email: m.demarchi@latitude-platform.eu

Tel: 340 8555162

Abstract

A partire dagli anni novanta del secolo scorso, diversi studiosi hanno messo in luce la progressiva occupazione ed impermeabilizzazione del suolo che dal secondo dopoguerra agli albori della recente crisi economica ha interessato il Nord-Est d’Italia. Altri studiosi hanno avanzato l’ipotesi che vi sia una relazione diretta tra le intense trasformazioni urbanistiche avvenute negli ultimi decenni e le disfunzioni idrogeologiche che da tempo interessano ampie aree del Nord-Est. Il presente articolo restituisce gli esiti dell’analisi del processo di impermeabilizzazione del suolo nell’Alto Bacino del Fiume Sile, a nord-ovest di Treviso, un’area in cui negli ultimi decenni l’urbanizzazione si è manifestata con forza di pari passo con il consolidamento della nota città diffusa. L’alto bacino del Sile è un ambito idrogeologico particolarmente sensibile e spesso in sofferenza idraulica sia per i ricorrenti allagamenti sia per la mancanza d’acqua che interessa i coltivi. Su questo sfondo, la ricerca rilegge le trasformazioni incrementali del territorio a varie scale. L’indagine diacronica prende in esame il periodo che va dal secondo dopoguerra ad oggi e privilegia il ridisegno come strumento di restituzione evidenziando in tal modo che lo studio del processo di impermeabilizzazione della città diffusa debba necessariamente considerare gli effetti sul piano idraulico della reiterazione di trasformazioni spaziali alla piccola scala.

Parole chiave: Urbanizzazione diffusa, occupazione incrementale, rischio idraulico. 1 | Introduzione

Nonostante la recente crisi economica, il Nord-Est d’Italia continua ad essere una delle aree geografiche più ricche del paese1. Il Veneto, in particolare, è una delle regioni dove, a partire dal secondo dopoguerra,

1 In tal senso, si veda ad esempio la mappa di distribuzione dei redditi costruita da:

si è diffuso più ampiamente il modello economico della piccola e media impresa che ha consentito ad una popolazione per larga parte agricola e indigente di sviluppare una forte dimensione imprenditoriale e di produrre ricchezza (Bonomi, 2014). Diversi studiosi (per esempio Piccinato, 1993; Munarin e Tosi, 2001; Viganò 2008) hanno messo in luce come questo sviluppo sia inequivocabilmente legato al territorio. La larga dotazione di servizi, la pervasiva moltiplicazione di infrastrutture, la vasta colonizzazione del suolo da parte di zone industriali, capannoni, officine, nuove lottizzazioni residenziali, villette, case su lotto, corti ecc. fanno parte dell’affermazione di un modello di economia molecolare (Bonomi, 1997) che ha dato vita ad un’urbanizzazione estesa alla quale negli anni novanta è stato dato il nome di città diffusa (Indovina, 1990).

La città diffusa veneta è una configurazione urbana orizzontale europea con caratteristiche diverse dallo sprawl urbano. Si tratta di un modello insediativo a bassa densità che a partire dalla seconda metà del secolo scorso, secondo declinazioni diverse, si è affermato in diverse regioni del continente europeo (per esempio il Veneto centrale, le Fiandre, la regione Brabante tra Belgio e Olanda). Paola Viganò (2008) ha evidenziato come nei territori della dispersione insediativa europea non sia riconoscibile una vera rottura della tradizionale dicotomia città-campagna propria dello sprawl mentre è invece la figura della continuità ad essere dominante2. La dispersione è uno “sviluppo senza fratture”, un processo incrementale

d’infrastrutturazione e occupazione del suolo che mantiene connessioni forti con gli insediamenti da cui si origina e con i segni che per secoli sono stati depositati sul territorio (Viganò, 2008)3.

La diffusa disponibilità d’acqua insieme alle numerose infrastrutture messe in campo per gestire questa risorsa hanno avuto un ruolo determinante nel processo di occupazione del territorio (Bevilacqua, 1989a). Come hanno spiegato Cosgrove (1990) e Rusconi (1991), tra gli altri, a partire già dal periodo etrusco si sono susseguiti un’enorme serie di lavori di gestione dell’acqua tanto che ad oggi l’80% dell’odierna matrice agricola regionale è stata oggetto di lavori di bonifica idraulica (Regione Veneto, 2007). I lavori di sistemazione idraulica alla scala minuta – come fossi lungo le strade, dugali o scoline di drenaggio nei campi aperti, seriole e scatolari per l’irrigazione ecc. – hanno accompagnato le grandi opere a scala territoriale – come separazione delle acque alte dalle acque basse, diversioni fluviali, dighe ecc. (Zaccariotto e Ranzato, 2009; Zaccariotto et al. 2009) – secondo ritmi e tempi diversi.

La struttura e il funzionamento del complesso e secolare sistema idraulico veneto hanno subito una modificazione sostanziale a causa del processo incrementale di urbanizzazione avvenuto parallelamente allo sviluppo economico dal secondo dopoguerra. Nel corso di alcuni decenni il territorio agricolo urbanizzato è progressivamente divenuto la città diffusa (Piccinato, 1993). Già sul finire del secolo scorso, gli episodi di allagamento localizzati – definiti così per distinguerli da quelli tradizionalmente legati alla tracimazione dei corsi d’acqua principali – si sono moltiplicati4. In occasione di piogge intense e temporali,

la rete di drenaggio originariamente dimensionata per supportare l’uso prevalentemente agricolo del suolo, è risultata spesso incapace di rispondere al sovraccarico di acque di deflusso generate dalle sempre maggiori superfici impermeabili – strade, corti, piazzali, case unifamiliare, condomini, capannoni etc. (D’Alpaos, 1991: 58; DGR 1322/2006). Tra il 1970 e il 2002, ad esempio, nel territorio che si estende tra il Fiume Piave e il Fiume Livenza, il coefficiente udometrico – definito in idraulica come la portata massima che per unità di superficie defluisce da un’area – è aumentato di circa il 50% (Consorzio di Bonifica Piave, 2012). Inoltre, l’aumento delle aree a parcheggio lungo strada, il consolidamento dei sistemi di accesso ai lotti, ad esempio, hanno in molti casi compromesso la continuità dei sistemi di drenaggio (Zaccariotto, 2010; Ranzato, 2011).

2 | Ipotesi di ricerca

Di seguito vengono presentati in forma parziale i risultati della ricerca Reading the Incremental Occupation of the Territory (RIOT) condotta da Latitude Platform5 al fine di verificare l’ipotesi secondo la quale lo studio

delle disfunzioni idrauliche che da tempo interessano il territorio della città diffusa dell’Alto Bacino del Fiume Sile e che sono anche legate al processo di impermeabilizzazione non possa prescindere dalla lettura delle trasformazioni urbanistiche che dal dopoguerra sono avvenute alla scala dei singoli manufatti

2 Per un approfondimento sulla figura della continuità si veda Bianchetti (2014).

3 Per una restituitone sintetica delle vicende storiche fondative della città diffusa del Veneto si veda Ranzato (2014).

4 Il DGR 1322/2006 è una delle iniziative della Regione Veneto per far fronte a questa situazione.

5 Latitude Platform for Urban research and Design e’ un’organizzazione non scopo di lucro dal 2013 parte dell’European

che in maniera pervasiva hanno occupato il territorio6. In questo senso, la ricerca RIOT rilegge non

soltanto le macro trasformazioni – come per esempio le numerose forme di lottizzazione industriale e residenziale che notoriamente hanno pervaso il Veneto soprattutto per impulso della legge “ponte” (Legge 765/1967) – ma anche il processo di ammodernamento della rete stradale minuta e le modifiche che secondo una grammatica comune sono avvenute a livello dei singoli appezzamenti.

La letteratura recente sul tema è basata su studi che in forma cartografica e/o quantitativa evidenziano da una parte gli incrementi di superficie urbanizzata su scala territoriale7, dall’altra le trasformazioni dei

singoli elementi prototipici8, ma ad oggi manca una lettura trasversale alle due scale che cerchi di restituire

il fenomeno nel suo complesso. La ricerca unisce inoltre alla lettura quantitativa del processo di impermeabilizzazione dell’Alto Bacino del Fiume Sile una lettura qualitativa delle trasformazioni alla scala dei singoli elementi prototipici. In altre parole, si vuole affermare come per la corretta comprensione del fenomeno, non solo le due scale non possano essere osservate indipendentemente, ma ci debba essere un continuo rimando tra i due livelli d’indagine.

3 | Caso studio

L’Alto Bacino del Fiume Sile si estende su una superficie di circa 382 km2 (Figura 1). Il bacino comprende

a nord il versante meridionale del Montello, è contenuto a est dall’asse della strada statale Pontebbana e a ovest dalla strada regionale Castellana, mentre si estende a sud fino al corso del Fiume Sile per chiudersi al Ponte della Gobba nei pressi di Treviso.

Se da un lato il centro abitato di Montebelluna occupa l’estremità nord-est del bacino, quello di Treviso l’estremità sud-ovest e la pressoché continua urbanizzazione della strada mercato Pontebbana si estende su un’ampia sezione ad est, dall’altro nella parte centrale del bacino non si trovano grandi nuclei urbani ma un tappeto quasi omogeneo di piccoli centri, zone industriali e grandi cave di ghiaia inseriti in una matrice agricola costituita da appezzamenti mediamente inferiori all’ettaro, eredità della tipica organizzazione agricola mezzadrile (Bevilacqua, 1989b; Farinelli, 1989; Ranzato, 2014). Ad un’osservazione più attenta, sebbene in forma meno evidente che nell’area centrale veneta, si può leggere un’urbanizzazione pulviscolare costituita prevalentemente da case su lotto e capannoni giustapposti alla matrice agricola. Gli antichi assi stradali Postumia e Feltrina attraversano il cuore del bacino rispettivamente in direzione est- ovest e nord-ovest/sud-est. A questi a breve si andrà ad aggiungere il largo asse autostradale in costruzione denominato Pedemontana Veneta: un’opera prevalentemente in trincea che lungo la direttrice est-ovest taglierà il bacino in due. Ad un’osservazione più attenta, sebbene in forma meno evidente che nell’area centrale veneta, emerge l’urbanizzazione pulviscolare costituita prevalentemente da case su lotto e capannoni giustapposti alla matrice agricola.

Dal punto di vista idraulico, per effetto del profondo materasso ghiaioso che degrada progressivamente dai piedi del Montello fino al fiume Sile, nell’intero bacino vi è una stretta correlazione tra le acque di superficie, le acque sotterranee e l’alto corso del fiume (Bondesan et al., 2010).

6 Questa ricerca è stata condotta parallelamente ad uno studio idrologico e idraulico “Studio attinente le problematiche di laminazione

delle piene mirato alla individuazione di un quadro progettuale di interventi, strutturali e non, per la gestione degli sbarramenti esistenti e dismessi lungo il fiume Sile dalle sorgenti fino a Treviso” (2014) svolto in collaborazione con B&M Ingegneria per il Genio Civile di Treviso.

7 Si veda ad esempio i dati forniti dalla Regione Veneto (Regione Veneto, 2009) o lo stesso studio del Consorzio di Bonifica

Piave (2012).

Figura 1 | L’Alto Bacino del Fiume Sile nel contesto dell’alta pianura tra le colline del Montello a nord, il Fiume Piave ad est, il

Fiume Sile a sud e il Fiume Brenta ad est. Fonte: Latitude Platform, elaborazione da Google Maps (2015).

4 | Dati e metodo

La metodologia messa a punto per condurre la ricerca è definita nelle scienze sociali mixed model design9

(Tashakkori and Teddlie, 2003). Secondo tale metodo sono stati integrati differenti livelli d’indagine, per ciascuno dei quali sono state impiegate operazioni di ricerca ad hoc di carattere storico, quantitativo e qualitativo, confrontando i risultati costantemente.

Al fine di indagare le trasformazioni dal dopoguerra ad oggi, si è deciso di lavorare su un arco di tempo rilevante per lo sviluppo urbanistico ma al contempo sufficientemente documentato. Le date selezionate, 1948 e 2007, sono pertanto anche legate alla disponibilità di dati cartografici. Il periodo selezionato è stato studiato in retrospettiva, ovvero partendo dai dati più recenti (2007) e verificandoli rispetto al periodo ed ai rilievi precedenti (1948).

Per rendere la complessità delle trasformazioni alla scala del bacino e alla scala dei singoli elementi prototipici e per evidenziarne la loro stretta correlazione, lo studio considera tre scale territoriali d’indagine, ovvero l’intero Alto Bacino del Fiume Sile, i sottobacini del Torrente Giavera e di Treviso e gli elementi più ricorrenti e prototipici del territorio (casa su lotto, strada minore, strada di grande percorrenza, ecc.) (Figura 2).

Alla scala di bacino e dei sottobacini, il metodo empirico utilizzato si fonda sull’ipotesi che, nei due periodi, l’estensione delle superfici impermeabili sia avvenuta in forma pressoché lineare ovvero considerando irrilevanti, rispetto agli incrementi, i limitati episodi di cancellazione delle superfici impermeabili. Attraverso il confronto cartografico, il dato vettoriale al 2007 è stato verificato e modificato quando necessario, confrontandolo per sovrapposizione a quello del 1948. Il riconoscimento è avvenuto utilizzando come base allo stesso tempo un supporto ortofotocarta e ortofotopiano. L’edilizia industriale è stata distinta dalla rimanente e, allo stesso modo, la rete stradale è stata classificata distinguendo tra strade bianche (sterrate, permeabili) e strade pavimentate (impermeabili). Le due cartografie così ottenute (2007 e 1948), sono state processate in ambiente GIS per l’elaborazione dei dati numerici.

Alla scala minuta, si è dapprima costruita una tassonomia degli elementi che costituiscono un materiale diffuso nel territorio – sebbene ripetuti con declinazioni sempre diverse – e che, per ipotesi, sono allo stesso tempo imputabili di avere un impatto sulle disfunzioni idrauliche del territorio-bacino. A questo proposito si sono distinte le strade minori da quelle ad alto scorrimento, gli edifici su lotto e le piattaforme industriali. La seconda operazione è stata il ridisegno di ciascun elemento prototipico al 2007 e al 1948. Al

9 La ricerca riprende l’apparato metodologico che Ranzato (2011) ha messo a punto adattando il mixed model design utilizzato

fine di individuare i tipi, contemporaneamente ai rilievi sul campo, si sono consultate diverse fonti storiche (come foto, indagini tipologiche e le stesse mappe) ed è stato messo a punto un linguaggio grafico che per quanto possibile renda auto-evidente la relazione tra gli elementi e l’acqua.

Figura 2 | Sottobacini e rete idrografica dell’Alto Bacino del Fiume Sile. Fonte: dati GIS Consorzio di Bonifica Piave e Consorzio

di Bonifica Acque Risorgive.

5 | Risultati

Al fine di sostenere l’ipotesi di ricerca, sono qui descritte le sole trasformazioni del lotto isolato e della strada e quelle riconoscibili a livello dell’Alto Bacino del Fiume Sile.

5.1 | Casa su lotto

Il passaggio da un’economia prevalentemente agricola alla diffusione della piccola e media impresa ha profondamente cambiato lo spazio dell'abitare.

Nel 1948 la casa rurale era inserita nel contesto agricolo in quasi totale continuità con gli spazi coltivati (Figura 3). Lo spazio aperto nei pressi dell’edificio, pur non coltivato, era funzionale alle attività rurali. Il suolo era prevalentemente permeabile. L'accesso alla casa dalla strada era normalmente garantito da un viale in terra battuta e/o ghiaia. L'edificio aveva un profilo compatto e le volumetrie erano funzionali all’attività rurale. Le colture sono integrate secondo il modello della piantata veneta dove filari di vite maritata alle piante ad alto fusto (gelsi, olmi, ecc.) si alternano a strisce coltivate a seminativo e/o leguminose (Coltro, 2006). Le recinzioni erano rare mentre i confini di proprietà erano definiti da fossi, strade e siepi (Coltro, 2006). Un fosso con piantumazioni su entrambe le rive separava il lotto dalla strada. Un sistema di fossi minori – un solco di pochi decimetri – anch’essi alberati spesso circondava gli altri tre lati del lotto agricolo abitato. La strada, a fondo ghiaioso, aveva dimensioni sufficienti a consentire il passaggio di carri o trattori. Una canaletta in cemento per l'irrigazione di solito correva lungo il fosso stradale opposto all’ingresso all’abitazione. Quando pioveva, la pioggia intercettata dal tetto scolava nelle aree circostanti l’abitazione. Una parte dell’acqua che arrivava nello spazio aperto infiltrava mentre la rimanente scorreva verso il sistema di fossi in forma di deflusso superficiale ed era spesso intercettata dalla vegetazione spontanea ai bordi del lotto. Le strutture vegetali come quelle lungo i fossi e quelle nel campo intercettavano una parte dell’acqua di pioggia che poteva così scendere a terra più lentamente o evaporare. Dai fossi di drenaggio l’acqua scendeva a valle per gravità.

Con la progressiva sparizione dello stile di vita contadino (maggiori standard igienici, rafforzato senso della proprietà privata) il lotto al 2007 appare profondamente trasformato anzitutto per la più marcata

giustapposizione tra lo spazio dell’abitare e quello agricolo10 (Figura 3). A questo, come noto, ha

contribuito anche l'evoluzione degli strumenti urbanistici (in particolare la legge ‘ponte’) che con la zonizzazione introdusse lottizzazioni residenziali e industriali e che nel caso della casa su lotto, rinforzò implicitamente il limite tra lo spazio dell’abitazione e quelli agricoli. Al fine di ottenere un’area maggiormente definita e controllabile, percorribile da automobili e camion, utilizzabile a parcheggio, lo spazio aperto nelle immediate vicinanze della casa viene pavimentato (asfalto e cemento ma anche clinker, ecc.). La parte che rimane permeabile, non dovendo più supportare le attività legate all'economia agricola, viene sistemata a giardino secondo il dilagante modello della ‘villetta’. Abbandonate le attività agricole, gli spazi costruiti vengono reinterpretati. A causa della contrazione e della frammentazione del nucleo familiare medio si moltiplicano gli ampliamenti – in molti casi in abuso edilizio – dovuti in particolare alla permanenza di forti legami con la famiglia: un nuovo fabbricato viene così spesso costruito nelle prossimità dell’abitazione originaria per ospitare i figli e il loro nucleo familiare o, in altri casi, la nuova attività industriale. Il campo, sempre più distinto dal lotto della residenza – e della piccola impresa –, si semplifica per rispondere alle esigenze della meccanizzazione e alle nuove tecniche irrigue. I bordi del lotto vengono demarcati dall’introduzione di reti metalliche e muretti lungo il fronte strada e, spesso, anche sugli altri lati. Contemporaneamente, le depressioni ai limiti del lotto vengono colmate. Nel tratto adiacente l’abitazione, il fosso lungo strada viene ‘tombinato’ per lasciare spazio a superfici in ghiaia o asfaltate ove sia possibile parcheggiare. Lungo i fossi che persistono i filari scompaiono per semplificarne la manutenzione e, talvolta, per allargare la sezione stradale. La strada infatti è più larga e quasi sempre asfaltata. Quando piove, l’acqua di pioggia viene intercettata dal tetto, e dalle altre superfici impermeabili che circondano l’abitazione. L’infiltrazione rimane circoscritta al giardino e ai margini della pavimentazione. Il deflusso superficiale raggiunge velocemente la strada e da lì il fosso per scendere a valle per gravità.

5.2 | Alto bacino del fiume Sile

Alla scala dell’Alto Bacino del Fiume Sile, le trasformazioni tra 1948 e 2007 appaiono ugualmente considerevoli11 (Figure 4 e 5).

Nel 1948, il bacino è un territorio agricolo omogeneamente abitato. L’urbanizzazione è notevolmente più densa a Treviso, mentre è polarizzata debolmente nel centro di Montebelluna e lungo la strada provinciale 248. I fabbricati industriali, contenuti in numero e dimensione, sono presenti quasi esclusivamente nei pressi di Treviso e Montebelluna. Il sistema stradale è prevalentemente costituito da strade bianche mentre le strade pavimentate sono limitate ai centri storici e alle strade a principali a più alto scorrimento.

Nel 2007 la figura della città diffusa è chiaramente visibile. Le parti edificate sono per estensione confrontabili a quelle dello spazio aperto: le aree periurbane di Treviso e Montebelluna sono più ampie; lungo la rete delle strade principali l’urbanizzazione appare pressoché continua andando ad integrarsi alle estensioni urbane dei centri; gli elementi sparsi aumentano per numero e dimensione. I fabbricati industriali sono presenti su tutto il territorio con tendenza a polarizzarsi lungo gli assi stradali e, soprattutto, nelle numerose piattaforme industriali. Escluse le strade a solo uso agricolo che rimangono bianche, il sistema stradale è una fitta rete impermeabile a servizio dell’urbanizzazione.

10 A tal proposito, si veda la descrizione del processo di ‘privatizzazione’ dello spazio che Ryckevaert (2002) fa del territorio

diffusamente abitato delle Fiandre (Belgio).

11 In questa sede non si forniscono i dati numerici per i quali si rimanda a “Studio attinente le problematiche di laminazione delle piene

mirato alla individuazione di un quadro progettuale di interventi, strutturali e non, per la gestione degli sbarramenti esistenti e dismessi lungo il fiume Sile dalle sorgenti fino a Treviso” (2014) B&M Ingegneria & Latitude Platform.

Figura 3 | La casa su lotto nel 1948 (a sinistra) e nel 2007 (a destra). Fonte: Latitude Platform.

Figura 4 | Superfici impermeabili nell’Alto Bacino del Fiume Sile nel 1948 (a sinistra) e nel 2007 (a destra). Si distinguono i

fabbricati industriali (grigio) dai rimanenti (nero) e dalle strade. Fonte: Latitude Platform.

6 | Considerazioni finali

Il presente studio ha messo a confronto l’evoluzione dell’impermeabilizzazione del suolo che dal dopoguerra ad oggi ha interessato il territorio dell’Alto Bacino del Sile e dei sottobacini del Torrente Giavera e di Treviso con quella avvenuta alla scala degli elementi prototipici che, declinati in maniera diversa ma secondo logiche/regole comuni, articolano il territorio. Il raffronto tra le trasformazioni a livello del bacino con quelle a livello del lotto, restituisce la complessità del fenomeno di occupazione del suolo che ha portato all’emergere e al consolidarsi della città diffusa.

Dall’analisi appare evidente che l’impermeabilizzazione sia imputabile sia alle grandi trasformazioni urbanistiche come ampie lottizzazioni residenziali ed industriali, strade mercato, assi stradali a scorrimento