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L’adattamento al diritto derivato

L’adattamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento giuridico europeo

3.2 L’adattamento al diritto derivato

L’adattamento alle fonti derivate del diritto europeo si configura in maniera diversa a seconda del tipo di atto dell’Unione cui appartengono le disposizioni che debbono essere applicate, cioè tra regolamento, direttiva e decisione.

Posto che i regolamenti e le decisioni non necessitano di una norma interna di attuazione, salvo diversa previsione dell’atto stesso, il problema dell’adattamento al diritto europeo derivato, riguarda essenzialmente le direttive, che imponendo agli Stati destinatari il conseguimento di un certo risultato, lo lasciano libero di scegliere forme e mezzi idonei a tal fine.

L’art 288 TFUE, nel sancire la definizione delle direttive, prescrive la necessità di adottare provvedimenti nazionali idonei a recepire tale fonte, onde attuare l’obiettivo dalla stessa posto. Le direttive contengono solitamente un termine entro il quale lo Stato deve dare loro attuazione. Tuttavia accade sovente, specie nel nostro ordinamento, che si verifichino ritardi considerevoli in tale adempimento: lo Stato italiano è stato più volte convenuto dinanzi alla Corte di Giustizia per mancata ottemperanza alle prescrizioni dell’Unione.

In Italia, per cercare di ovviare a tale situazione di cronica inadempienza, in un primo momento il loro recepimento è avvenuto attraverso il ricorso ad una legge con cui il Parlamento delegava il Governo ad emanare decreti legislativi di attuazione delle norme

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comunitarie, oggi europee, strumento questo che richiedeva tempi eccessivamente lunghi.

Successivamente, con la legge 9 Marzo 1989, n. 86 nota come legge “la Pergola” è stata introdotta una specifica procedura per velocizzare i tempi di attuazione degli atti comunitari. E’ stata prevista,infatti, l’approvazione annuale, da parte del Parlamento, di un disegno di legge del Governo (c.d. Legge Comunitaria) contenente l’indicazione delle direttive e degli altri atti europei che dovevano essere recepiti nell’ordinamento nazionale.

La legge comunitaria poteva contenere essa stessa norme di adattamento agli obblighi europei, oppure conferire al Governo una delega legislativa ai sensi dell’art 76 della Costituzione o ancora dettare disposizioni che autorizzavano il Governo ad emanare un regolamento di attuazione delle direttive europee, purchè esse riguardassero materie di competenza statale esclusiva e non coperte da riserva assoluta di legge24.

Nonostante i ritardi verificatisi nell’emanazione delle leggi comunitarie, tale strumento periodico di adeguamento ha consentito di recuperare molti inadempimenti e di porre lo Stato italiano in una situazione di maggiore ottemperanza agli obblighi europei. Peraltro, si è anche verificato che, in casi di urgenza o in ragione della specificità della materia, in alcuni casi, l’adempimento degli obblighi in questione ha avuto luogo con provvedimenti normativi, definiti “salva-infrazioni” estranei al meccanismo delle leggi comunitarie annuali: è il caso ad esempio del decreto legge 8 aprile 2008, n. 5925,

24 Addenda di aggiornamento alla L. n. 234//2012 A.M. Calamia. Diritto dell’Unione

europea. Manuale breve. Cit. p.2

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Il decreto è stato convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008 n. 101

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recante disposizioni finalizzate a porre termine ad alcune procedure di infrazione avviate contro l’Italia.

La legge la Pergola è stata sostituita dalla legge 4 Febbraio 2005 n.11 (cosiddetta legge Buttiglione), recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi “comunitari”, che ha confermato lo strumento della legge comunitaria. Tra le novità introdotte dalla legge vi è il riconoscimento al Governo delle facoltà di adottare “provvedimenti, anche urgenti, necessari a fronte di atti

normativi e di sentenze degli organi giurisdizionali dell’Unione europea che comportano obblighi statali di adeguamento solo qualora la scadenza risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge comunitaria relativa all’anno in corso” (art. 10 comma 1).

In sostanza la norma consentiva al Governo, anche in assenza di una delega al Parlamento, di adottare decreti legge o atti amministrativi per adeguare l’ordinamento italiano agli obblighi europei, che dovevano essere attuati entro un termine anteriore alla presumibile entrata in vigore della legge comunitaria annuale.

La legge “Buttiglione” è oggi abrogata e sostituita dalla l. n 234/2012, recante “norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea” (pubbl. in GU – Serie gen., n. 3 del 4 Gennaio 2013).

L’ambito di applicazione della legge n.234 del 2012, in realtà, è molto più ampio rispetto alle precedenti, trattandosi di un articolato provvedimento di carattere generale finalizzato a disciplinare il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell’Unione europea ( c.d fase ascendente), nonché garantire l’adempimento degli obblighi derivanti

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dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (c. d. fase discendente).

Il provvedimento stabilisce il nuovo quadro generale per l’intervento del Parlamento, del Governo, delle Regioni e degli altri attori istituzionali ai fini della formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti e delle politiche dell’Unione europea e dell’adempimento degli obblighi derivanti dall’ordinamento europeo. Costituisce una delle più importanti riforme di sistema della XVI Legislatura ed è frutto dell’iniziativa legislativa parlamentare e del lavoro svolto dalle Commissioni per le politiche dell’Unione europea di Camera e Senato. I motivi di questo intervento normativo sono connessi all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in particolare ai nuovi poteri di intervento del Parlamento nel processo decisionale europeo, e all’esigenza di una più tempestiva attuazione degli obblighi , europei. Il provvedimento appare, però anche volto a porre rimedio a lacune e carenze strutturali del sistema Italia sul processo di formazione e di attuazione delle politiche europee manifestate già prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Dunque, l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha contribuito ad accrescere la consapevolezza dell’urgenza di un adeguamento delle procedure nazionali in relazione alle nuove prerogative espressamente conferite ai Parlamenti nazionali, in quanto vi è un rafforzamento delle funzioni di indirizzo e di controllo di ciascuna assemblea nazionale sull’azione del rispettivo governo nelle sedi decisionali europee. Quest’ esercizio di un controllo parlamentare diviene un “contrappeso” necessario per assicurare la legittimazione democratica dell’intero sistema.

La legge si compone di ben 61 articoli, divisi in nove capi, che comprendono disposizioni organizzative, norme sul processo di formazione “ascendente” del diritto europeo con disposizioni

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riguardanti la partecipazione a tale processo da parte del Parlamento, delle Regioni, degli enti del sistema delle autonomie e delle parti sociali, disposizioni riguardanti il contenzioso e gli aiuti di Stato, nonché le regole generali sull’attuazione del diritto europeo.

Rispetto alla fase ascendente, la legge n. 234 del 2012 sembra muoversi in una direzione di rafforzamento del principio democratico, attraverso un maggior coinvolgimento delle Camere e degli enti territoriali nell’elaborazione degli atti dell’Unione.

L’art. 3 della legge in commento prevede espressamente che il Parlamento partecipi al processo decisionale dell’Unione europea intervenendo, in coordinamento con il Governo, nella fase di formazione delle normative e delle politiche europee, secondo quanto previsto dal Trattato sull’Unione europea e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Ai sensi dell’ art. 4 e ss. della legge si richiede innanzitutto al Governo di svolgere una costante, qualificata e tempestiva attività di informazione e consultazione delle Camere, in modo da consentire a quest’ultime di condizionare l’attività svolta dal primo nelle sedi istituzionali dell’Unione. Ciò vale, in primo luogo, rispetto alla posizione che il Governo intende assumere nelle riunioni del Consiglio europeo e nel Consiglio dell’Unione.

L’informazione delle Camere deve poi essere assicurata anche per le iniziative o questioni relative alla politica estera e di difesa comune. Lo stesso vale, infine, per le procedure di conclusione di accordi in materia finanziaria o monetaria. Inoltre, alle Camere vengono trasmessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri i progetti normativi presentati dalle istituzioni europee, le loro modificazioni, nonché i documenti preordinati alla loro formazione.

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L’art 9, concernente la partecipazione delle Camere al dialogo politico con le istituzione dell’Unione europea, prevede che, fatta salva la procedura di allerta precoce per la valutazione di sussidiarietà, le Camere possano far pervenire alle istituzione dell’Unione europea e contestualmente al Governo, ogni documento utile alla definizione delle politiche europee, tenendo conto anche di eventuali osservazioni e proposte formulate dai consigli regionali e dalle Province autonome.

Sul versante governativo, è stato istituito con l’art. 2 della legge in questione, il Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE), con il compito di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione degli atti dell’Unione, nonché di coordinarle con i pareri espressi dal Parlamento nelle medesime materie. Il CIAE è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per gli affari europei.

Il capo II della legge si conclude con una serie di disposizioni di contenuto più puntuale. Esse concernono, tra l’altro, la partecipazione delle Camere alle procedure semplificate di modifica di norme dei Trattati. Infine, gli obblighi di informazione delle Camere in capo al Governo si estendono anche alle procedure giurisdizionali e di pre – contenzioso riguardanti l’Italia.

La ”fase discendente”, ossia la fase di attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, è invece oggetto del capo VI della legge n.234 del 2012, rubricato “adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, nel quale l’art. 29 prevede le nuove “legge di delegazione europea” e “legge europea”, definizioni queste che si utilizzano in sostituzione della ora superata “legge comunitaria”annuale.

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Ai sensi dell’art 29, quarto comma, il Governo presenta al Parlamento non più uno, come nella disciplina precedente, bensì due disegni di legge annuali. Il primo, da presentare entro il 28 Febbraio di ogni anno26, reca il titolo di “ Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea”. Il secondo è rappresentata dalla c.d. “legge europea”.

La legge 234/2012 ha previsto che la “legge di delegazione” sia finalizzata esclusivamente all’attuazione delle direttive e delle decisioni quadro da recepire nell’ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei.

La legge di delegazione annuale contiene anche: disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell’ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all’Italia dalla Commissione europea ai sensi dell’art. 258 TFUE o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse dalla Corte di giustizia dell’Unione europea; delega legislativa al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione, come previsto dall’art 33 della Legge; delega legislativa al Governo limitata a quanto necessario per dare attuazione a eventuali disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome, conferiscono delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni dell’Unione europea recepite dalle Regioni e dalla Province autonome; disposizioni che individuano i principi fondamentali nel cui rispetto le Regioni e le Province autonome esercitano la propria competenza

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Non è esclusa l’adozione di una seconda legge di delegazione nel medesimo anno, qualora se ne dovesse presentare la necessità (art. 29, ottavo comma).

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normativa per attuare gli atti eurounitari nelle materie di cui all’art. 117, terzo comma. Cost.; delega legislativa al Governo per l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie.

Nel caso di ulteriori necessità di adempimento di direttive, un secondo disegno di legge di delegazione europea può essere presentato entro il 31 Luglio di ogni anno.

La legge europea, anch’essa di cadenza annuale, ma per la quale non è previsto un termine specifico di presentazione del relativo disegno di legge, è finalizzata essenzialmente ad adottare interventi di “attuazione diretta” del diritto dell’Unione. (art. 30, terzo comma). Essa contiene disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi imposti dal diritto dell’Unione, disposizioni statali vigenti oggetto di procedure d’infrazione avviate dalla commissione europea nei confronti della Repubblica italiana o di sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea; disposizioni necessarie per dare attuazione o per assicurare l’applicazione di atti dell’Unione europea; disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai Trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazione esterne dell’Unione europea; disposizioni emanate nell’ambito del potere sostitutivo di cui all’art. 117, quinto comma, della Costituzione. 27

Va ricordato che il potere sostituivo si configura come potere eccezionale, in virtù del quale un soggetto o un organo gerarchicamente superiore oppure investito di una funzione di controllo nei confronti di altri soggetti, provvede in caso di persistente

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R. Mastroianni – G. Strozzi, Diritto dell’Unione europea. Parte istituzionale. Giappichelli, Torino. Sesta edizione. Cit. p.462

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inattività di questi ultimi, a compiere atti rientranti nelle competenze degli stessi.

Il procedimento è disciplinato dall’art. 29, per il quale lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, danno tempestiva attuazione alle direttive e agli altri obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea. Le informazioni sugli atti normativi e di indirizzo emanati dall’Unione europea sono comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro degli affari europei con tempestività, alle Camere, alle Regioni e alle Province autonome. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro degli affari europei, verifica, con la collaborazione delle amministrazioni interessate, lo stato di conformità dell’ordinamento interno e degli indirizzi di politica del Governo in relazione agli atti di cui al comma 2 e ne trasmette le risultanze tempestivamente e comunque ogni quattro mesi, anche con riguardo alle misure da intraprendere per assicurare tale conformità, agli organi parlamentari competenti, alla conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e alla conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome per la formulazione di ogni opportuna osservazione.

L’adeguamento alla normativa dell’Unione viene ulteriormente assicurato tramite lo strumento delle “misure urgenti” di cui all’art 37. Sulla base di tale disposizione, è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli Affari europei possa proporre al Consiglio dei Ministri l’adozione di provvedimenti anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea o dalla legge europea, necessari a fronte di atti normativi dell’Unione europea o di sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea ovvero dell’avvio di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia che comportano

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obblighi statali di adeguamento, qualora il termine per provvedervi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge di delegazione europea o della legge europea relativa all’anno di riferimento.

Infine, l’art. 38, sancisce, sempre per quanto attiene agli strumenti di adeguamento al diritto dell’ordinamento europeo, per i casi di particolare importanza politica, economica e sociale, tenuto conto anche di eventuali atti parlamentari di indirizzo, la possibilità di presentare alle Camere, un apposito disegno di legge recante le disposizioni necessarie per dare attuazione, o assicurare l’applicazione di atti normativi emanati dagli organi dell’Unione europea e riguardanti le materie di competenza legislativa statale. La disposizione è interessante nella misura in cui invita a puntare sull’attuazione diretta non in termini quantitativi, bensì in termini qualitativi, in questo modo indicando una strada realisticamente percorribile. Su singole questioni “di particolare importanza politica, economica e sociale” il Parlamento manterrebbe per sé la diretta attuazione di un atto normativo dell’Unione europea, al di fuori dei binari delle leggi di delegazione europea ed europea. In questo modo si potrebbe corrispondere all’esigenza di un approfondito esame parlamentare di singole questioni che si ritiene lo meritino senza che questo ritardi l’intero processo di adempimento degli obblighi europei, che proseguirebbe il suo più rapido percorso attraverso le leggi di delegazione europea ed europea. Né questo andrebbe a pregiudicare la tempestiva attuazione del singolo atto normativo dell’Unione europea, posto che, se vi è la garanzia di tempi certi per la sua approvazione, l’attuazione diretta non necessariamente richiede più tempo di quella attraverso delega legislativa, solo che si tengano presenti i tempi necessari per l’adozione del decreto delegato. Una

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soluzione realistica e ragionevole, di cui è auspicabile che il Parlamento voglia in futuro avvalersi.

In ultimo, l’art 58 della Legge n. 234 del 2012, prevede che l’intera legge sarebbe assistita da una forza di resistenza superiore a quelle delle leggi di pari grado, non potendo le suo disposizioni essere modificate, derogate, sospese o abrogate per mere incompatibilità con legge successiva.E’ dubbia tuttavia, l’efficacia di una disposizione del genere, essendo la stessa inserita a sua volta in una legge ordinaria e quindi soggetta anch’essa alle regole ordinarie di successione delle leggi nel tempo

La legge n. 234 del 2012 sembra aver portato, nella sua prima applicazione relativa alla fase discendente, due elementi sicuramente positivi. In primo luogo, in termini di qualità della legislazione, l’aver raccolto nella legge “madre” una serie di disposizioni che venivano ripetute con lievi modificazioni di anno in anno nelle singole leggi comunitarie ha fatto della legge di delegazione europea un atto normativo più essenziale, migliorandone la chiarezza e l’intelligibilità28. In secondo luogo, la prima applicazione del nuovo impianto della legge n. 234 ha visto una tempestiva approvazione di entrambe le nuove leggi, laddove da molti anni non si riscontrava una legge comunitaria approvata entro l’anno di riferimento.

28Laddove negli anni più recenti la legge comunitaria aveva finito per divenire “non

solo una legge omnibus, ma una vera e propria legge-manifesto della coalizione di governo, dal contenuto politico profondamente divisivo e carica di valenza simbolica” (E. COTTU, “Morte e trasfigurazione”, cit., p. 1384).

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3.3 Il ruolo delle Regioni nel processo di attuazione della

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