L’adattamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento giuridico europeo
3.3 Il ruolo delle Regioni nel processo di attuazione della normativa dell’Unione europea
Il ruolo delle Regioni nell’attuazione del diritto europeo ha trovato nel nostro ordinamento riconoscimento a livello costituzionale, con la riforma del Titolo V della Costituzione, adottata con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. L’art. 117, comma 5, Cost. prevede infatti che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza (esclusiva e concorrente), << partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari – cosiddetta fase ascendente del diritto europeo- e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, - cosiddetta fase discendente del diritto europeo- nel rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza>>.
Occorre quindi valutare come il riparto di competenze, nel nostro ordinamento giuridico, tra Stato e Regioni, operi con riguardo all’attuazione degli obblighi europei. La tendenza a favore del decentramento e del federalismo manifestatasi nel nostro ordinamento negli ultimi anni, ha valorizzato e rafforzato il ruolo e il potere delle Regioni e, più in generale delle autonomie locali; questa tendenza trova manifestazione e affermazione soprattutto nel diritto primario dell’Unione europea.
Il ruolo delle Regioni nel processo di attuazione del diritto europeo si è affermato, tuttavia, nella prassi con difficoltà. La versione originaria della legge “la Pergola” prevedeva che le Regioni, nelle materie di competenza concorrente, non potessero dare attuazione alle
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direttive europee se non dopo l’entrata in vigore della prima legge comunitaria successiva alla notifica della direttiva.
Questa disposizione venne successivamente modificata dalla legge 24 aprile 1998 n.128, in virtù della quale le Regioni possono dare immediata attuazione alle direttive europee nelle materie di competenza concorrente, pur riconoscendo al legislatore statale la competenza ad emanare nelle medesime materie, norme di principio che prevalgono sulle contrarie disposizioni delle Regioni.
Con le modifiche apportate dalla legge di riforma costituzionale n.3 del 2001, il V comma dell’art.117 ridisegna i rapporti tra Stato e Regioni a fronte dell’ordinamento europeo in generale; sono stati quindi introdotti nuovi principi in base ai quali gli enti territoriali possono partecipare all’Unione europea, sia nella cosiddetta fase ascendente, che in quella discendente. La previsione costituzionale era stata sostanzialmente recepita dalla legge n.11 del 2005 (legge “Buttiglione”), la quale precisava che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano potevano dare attuazione immediata alle direttive europee senza alcuna limitazione, nelle materie di propria competenza, mentre nelle materie di competenza concorrente potevano dare immediata attuazione alle direttive europee nel rispetto dei principi fondamentali espressi nella legge comunitaria, senza dover comunque attendere l’approvazione di tale legge prima di poter dare attuazione alle direttive. Laddove vi fosse stato eventuale contrasto tra la legge regionale già emanata ed i principi fondamentali sanciti all’interno della legge comunitaria, sarebbe prevalsa la legge comunitaria sulle singole disposizioni difformi. Infine, qualora le Regioni non avessero provveduto a dare attuazione alle direttive comunitarie entro i termini stabiliti, lo Stato
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avrebbe potuto attivarsi con atti normativi adottati in via sostitutiva con decorrenza dalla scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa europea da parte delle Regione e delle Province autonome, che perdevano comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna Regione e Provincia autonoma.
L’adozione della legge 24 Dicembre 2012 n.234, valorizza il ruolo attribuito alle Regione e alle Province autonome nella fase ascendente, di formazione del diritto europeo, confermando una tendenza presente anche nei Trattati europei.
La disciplina precedentemente applicabile, contenuta nell’art.5 della legge Buttiglione, è stata parzialmente modificata dal capo IV della legge 234/2012, in particolare dagli artt. 22 e 24, i quali, pur non stravolgendola, vanno nella direzione di un incremento dei poteri di questi enti territoriali e di un loro maggiore coinvolgimento. La disciplina posta dalla legge 234/2012, inoltre, risponde all’esigenza di rispettare alcuni principi esplicitamente richiamati nel suo art. 1: attribuzione, sussidiarietà, proporzionalità, leale collaborazione, efficienza, trasparenza, partecipazione democratica29 .
La prima novità consiste nella previsione di una convocazione più frequente - ogni quattro mesi, piuttosto che ogni sei - della sessione speciale della Conferenza Stato - Regioni dedicata alla trattazione delle questione europee di interesse per le Regioni e le Province autonome (art.22). Questa sessione europea è volta a raccordare la linea del Governo e del Parlamento con quella di questi enti territoriali nelle materie di loro competenza (esclusiva e concorrente), al fine di definire la posizione italiana nelle istituzioni
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U.Villani, Un maggior controllo del Parlamento può ridurre il cosiddetto “deficit democratico”, in Guida al Diritto , 2013, n.4 , p.63 e ss
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dell’Unione europea. L’articolo in questione assegna alla sessione europea della Conferenza Stato – Regioni il compito di esprimere un parere sugli indirizzi generali relativi all’elaborazione e all’attuazione degli atti dell’Unione europea nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome.
Oltre l’aumento a tre delle convocazioni previste dalla legge 234/2012, la stessa conferma l’obbligo per il Governo, già incluso nella legge Buttiglione, di convocare ad hoc la Conferenza Stato – Regioni qualora lo richiedono le Regioni e le Province autonome 30.
L’art 24 della legge 234/2012 è specificamente dedicato alla “Partecipazione delle Regioni e delle Province autonome all’adozione delle decisioni relative alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea”. Questa disposizione impegna il Governo a trasmettere alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e alla Conferenza dei Presidenti delle loro assemblee i progetti di atti legislativi europei e i loro atti preparatori, affinchè siano portati all’attenzione dei rispettivi esecutivi e assemblee legislative. Con particolare riferimento alle materie di competenza regionale, l’informazione dev’essere qualificata e tempestiva e il progetto di atto o il documento devono essere accompagnati da una relazione in merito al loro impatto sulle competenze regionali. In queste materie, le Regioni e le Province autonome hanno trenta giorni (la legge Buttiglione diversamente gliene assegnava venti) per trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio o al Ministro per gli affari europei31 e, per conoscenza, alle Camere, alla Conferenza delle
30 D. Diverio, La partecipazione delle Regioni italiane ai lavori della Commissione nel
procedimento normativo comunitario, in Rivista italiana di Diritto Pubblico Comunitario,2005, 1153- 1165, p.1159
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F. Raspadori, La partecipazione delle Regioni italiane all’Unione europea dopo il Trattato di Lisbona, Giappichelli, Torino, 2012. Cit. p. 178
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Regioni e delle Province autonome e alla Conferenza dei Presidenti delle loro assemblee legislative.
Qualora sia raggiunta un’intesa nell’ambito di una sessione della Conferenza Stato – Regioni convocata su richiesta degli enti territoriali,quando un progetto di atto normativo europeo riguardi materie di loro competenza legislativa, resta ferma la possibilità per il Governo, decorso il termine di trenta giorni, di procedere alle attività legate alla fase ascendente al termine dell’esame da parte della Conferenza Stato – Regioni o in caso anche di mancata ulteriore pronuncia della stessa.
Del tutto immutata è la disciplina contenuta nell’art. 24 della legge 234/2012 rispetto al precedente art.5 della legge Buttiglione con riferimento ai seguenti profili: partecipazione dei rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome ai gruppi di lavoro del già menzionato Comitato tecnico ai fini della definizione della posizione italiana; informazione tempestiva da parte del Governo, nei confronti delle Regioni e Province autonome e per il tramite della Conferenza Stato – Regioni, sulle proposte e materie di loro competenza inserite all’ordine del giorno del Consiglio; informazione tempestiva del Governo alla Conferenza Stato – Regioni, in sessione europea, prima delle riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio, in merito alla posizione italiana nelle materie di competenza delle Regioni e Province autonome; informazione da parte del Governo alle Regioni e Province autonome, tramite la Conferenza Stato – Regioni, sui risultati delle riunioni del Consiglio europeo e Consiglio nelle materie
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di competenza di questi enti territoriali, entro quindici giorni dal loro svolgimento. 32
L’ultimo comma dell’art. 24 conferma la disciplina posta dall’art. 5, comma 1, della legge la Loggia, relativa alla partecipazione diretta delle Regioni e delle Province autonome alle delegazioni del Governo nelle istituzioni europee. La legge 234/2012 non ha, sotto questo profilo, ampliato i poteri delle Regioni e delle Province autonome neppure nelle materie che, secondo la nostra Costituzione, rientrano nella competenza esclusiva di questi enti.
Assume particolare rilievo l’obbligo di informazione da parte degli enti territoriali,posto sia dal diritto primario dell’Unione europea sia dalla normativa italiana,a favore del Parlamento. La Legge 234/2012 ha rafforzato quest’obbligo di informazione. 33 Su un piano generale, l’art. 6 comma 1, prevede che il Presidente del Consiglio o il Ministro per gli affari europei assicurino alle Camere un’informazione qualificata e tempestiva sui progetti di atti legislativi europei. La nozione di “progetto di atto legislativo” può ricavarsi dall’art.2 del Protocollo n.1 dall’art.3 del Protocollo n.2, in base ai quali essa si intende riferita a : “la proposta della Commissione, l’iniziativa di un gruppo di Stati membri, l’iniziativa del Parlamento europeo, la richiesta della Corte di giustizia, la raccomandazione della Banca centrale europea e la richiesta della Banca europea degli investimenti, intese all’adozione di un atto legislativo”.
Un obbligo di informazione, oltre che di trasparenza, emerge anche con riferimento ad alcuni documenti che il Governo è tenuto a presentare alle Camere, ma anche alle Regioni e Province autonome,
32 F. Bientinesi , La partecipazione delle Regioni e delle Province autonome ai
processi normativi comunitari, in Rass. Parl. 2007,cit. p. 981 ss.
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G. Rivosecchi, M. Savino, L. Saltari, M. Gnes, , Il ruolo del Parlamento, in Giornale di diritto amministrativo, 5/2013.Cit.p. 466 s.
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o comunque agli organi che le rappresentano. In primo luogo, si tratta delle relazioni annuali che il Governo presenta al Parlamento ai sensi dell’art. 13 della legge 234/2012 : entro il 31 dicembre quella sugli orientamenti e le priorità del Governo, entro il 28 Febbraio quella sugli sviluppi del processo d’integrazione e sulla partecipazione italiana al processo normativo e alle attività dell’Unione europea. Incombe inoltre sul Governo, ex art. 14 legge 234/2012, di trasmettere alle Camere, alla Corte dei Conti, alle Regioni e alle Province autonome un elenco delle sentenze della Corte di giustizia relative a cause che vedano coinvolta l’Italia o abbiano comunque rilevanti conseguenze per l’ordinamento italiano, dei rinvii pregiudiziali proposti dai giudici italiani, delle procedure d’infrazione avviate nei confronti dell’Italia e dei procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione nei confronti dell’Italia nel settore degli aiuti di Stato.
Infine l’art. 16 della legge di riforma del 2012 prevede che il Governo è tenuto a presentare ogni tre mesi alle Camere e alle Regioni e alle Province autonome, per il tramite della loro Conferenza e di quella dei Presidenti delle loro assemblee legislative, una relazione sull’andamento dei flussi finanziari tra l’Italia e l’Unione europea.
Circa la partecipazione delle Regioni, Province autonome alla fase “discendente” di adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, l’art. 40 della legge 234/2012 dispone che le Regioni e province autonome, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedano al recepimento delle direttive europee. Il successivo art. 41 disciplina uno specifico potere sostitutivo dello Stato in caso di inerzia delle Regioni e Province autonome nelle materie di loro competenza.
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Gli adempimenti relativi alla Corte di giustizia europea sono oggetto di una specifica previsione all’art. 42 mentre l’art. 43 prevede il “diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di Regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione europea”. Secondo questa disposizione, al fine di prevenire l’instaurazione delle procedure d’infrazione di cui agli articoli 258 e seguenti del TFUE o per porre termine alle stesse, le Regioni, le Province autonome, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni,loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa dell’Unione europea. Lo Stato esercita nei confronti di Regioni, Province autonome, enti territoriali, altri enti pubblici e i soggetti equiparabili che si rendono responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa dell’Unione o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, i poteri sostitutivi necessari, secondo i principi e le procedure stabiliti dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n.131 e dell’art. 41 della stessa legge. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui sopra indicati, degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 260, paragrafi 2 e 3, del TFUE. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa nei modi indicati dal comma 7 dell’art. 43 ( emissione di un decreto del ministro dell’economia e finanze, con valore di titolo esecutivo previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati), qualora l’obbligato sia un ente territoriale ; mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, per tutti gli enti e gli organismi pubblici (diversi dagli enti territoriali) assoggettati al sistema di tesoreria unica; nelle vie ordinarie, qualora l’obbligato sia un soggetto equiparato e in ogni
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altro caso non rientrante nelle previsioni precedenti. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari, è stabilita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell’entità del credito dello Stato nonché l’indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Lo Stato ha altresì il diritto, con le modalità e secondo le procedure stabilite dal presente articolo, di rivalersi sulle Regioni, Province autonome, sugli altri enti pubblici e sui soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazione delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
3.4 Il problema dei rapporti tra diritto dell’Unione europea e diritto