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Le conseguenze dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona Tra le ultime novità del panorama normativo europeo, il Trattato d

L’adattamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento giuridico europeo

3.6 Le conseguenze dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona Tra le ultime novità del panorama normativo europeo, il Trattato d

Lisbona, approvato il 13 dicembre 2007 dalla Conferenza intergovernativa ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ha certamente segnato una tappa fondamentale nel processo di integrazione fra ordinamento interno e ordinamento europeo. Il Trattato di Lisbona, a differenza dell’art. I-6 del Trattato

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Costituzionale, non contiene la c.d. clausola di supremazia ai sensi della quale “la Costituzione e il diritto adottato dalle istituzione dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto degli Stati membri”. Tuttavia, il principio del primato del diritto dell’Unione europea sul diritto interno degli Stati membri, ritorna a pieno titolo nel testo della dichiarazione n.17 allegata al Trattato di Lisbona, lasciando in sostanza immutate le cose. Resta tuttavia da chiarire se la clausola di supremazia,come richiamata dalla dichiarazione,costituisca una sicura prevalenza del diritto dell’Unione anche sui principi essenziali delle Costituzioni interne e renda improponibili le riserve, sollevate da alcune Corti Costituzionali, relative alla possibilità di sindacare le norme dell’Unione lesive dei principi fondamentali delle proprie costituzioni, vanificando,così, la dottrina dei “controlimiti”; oppure se, fermo restando il principio di supremazia, non possano individuarsi comunque dei confini oltre i quali il principio non possa più operare, di circoscriverlo cioè all’ambito delle competenze attribuite dall’Unione.

Si ritiene che il principio di prevalenza operi solo nella misura in cui rispetti le delimitazioni delle competenze attribuite all’Unione dai Trattati , in base a quanto stabilito dal principio di attribuzione. Qualsiasi competenza non espressamente attribuita all’Unione nei Trattati appartiene agli Stati membri. Tale principio si ispira, quindi, ad una logica di definizione specifica degli ambiti di competenza dell’Unione al contrario di quanto era stato proposto in ambito di Convenzione europea con il “progetto penelope” che proponeva, invece , la definizione delle missioni dell’Unione europea e dunque basato su una prospettiva funzionalista. Il principio di attribuzione è valutato oggi in maniera rigorosa, facendo risaltare il nesso fra

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obiettivi dell’Unione e competenze attribuite dagli Stati. Inoltre, la Dichiarazione finale sull’esercizio delle competenze concorrenti, ribadisce una volta di più il mantenimento di spazi normativi in capo agli Stati membri laddove gli stessi non l’abbiano espressamente attribuita all’Unione. In particolare, per le competenze concorrenti, “quando l’Unione agisce in un determinato settore, il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione in questione e non copre pertanto l’intero settore.”50

Anche l’art 51 comma 1 della Carta dei diritti fondamentali precisa che le sue disposizioni si applicano agli Stati membri esclusivamente quando diano attuazione al diritto dell’Unione e nel rispetto dei limiti delle competenze ad esse conferite nei Trattati. Il comma 2 precisa che “ la presente Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione aldilà delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti dai trattati”. Anche se enunciati con riferimento alla Carta dei diritti fondamentali, tali principi hanno una valenza più generale e fissano il principio di attribuzione come limite alla prevalenza delle norme anche “costituzionali”europee.

La Corte di giustizia avrà il compito di accertare se l’esercizio delle competenze sia avvenuto nel rispetto del principio di attribuzione, procedendo inoltre ad interpretare e valorizzare le strutture costituzionali nazionali.

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Dichiarazione finale sull’esercizio delle competenze concorrenti, allegata al trattato di Lisbona

69 CAPITOLO IV

La mancata attuazione della normativa europea da parte del legislatore italiano

4.1 Introduzione

Il sistema multilivello europeo integra un ordine giuridico sui generis, in cui opera una pluralità di ordinamenti giuridici su base non gerarchica ma interattiva e cooperativa. E’ proprio con il progredire e con il consolidarsi del processo di integrazione che si è avvertita maggiormente l’esigenza di garantire un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione in tutti i Paesi membri e quindi evitare una disfunzione del sistema nel suo insieme e nelle sue articolazioni, nonché una situazione di discriminazione tra cittadini. L’attuazione dell’idea di un ordinamento europeo integrato con quello dei singoli stati nazionali, richiede che sia possibile armonizzare le singole realtà giuridiche e che si realizzi << uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri>> (art 67 TFUE). L’obiettivo è l’equilibrio tra sovranità nazionale e potestà eurounitaria alla luce del principio di leale collaborazione di cui all’art. 4 TUE (ex art. 10 TCE) e del principio di sussidiarietà di cui all’art. 5 TUE (ex art. 5 TCE).

Poiché sempre più intensa è l’incidenza del diritto dell’Unione sulle legislazioni nazionali, sempre più frequente e rilevante è il tema della responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto eurounitario. A ben vedere, la violazione di uno Stato finisce per

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andare a scalfire la parità di trattamento e la solidarietà all’interno dell’Unione ed a creare uno sbilanciamento disarmonico in un sistema giuridico che vede tra i suoi obiettivi fondamentali quello dell’interpretazione e dell’applicazione uniforme delle regole comuni.51 Una tutela effettiva delle situazioni giuridiche attribuite ai singoli dalle norme eurounitarie può essere garantita solo se vi è un’adeguata predisposizione di rimedi idonei ad assicurare il ristoro dei privati per il caso di comportamenti di organi statali contrastanti con le disposizioni europee.

Come già visto nella trattazione del precedente capitolo, i rapporti tra l’ordinamento dell’Unione e quello nazionale sono basati sul principio del cd. primato del diritto europeo su quello nazionale, il quale secondo l’interpretazione datane dalla nostra Corte Costituzionale comporta che nelle materie riservate alla competenza dell’Unione, ove vi sia contrasto tra una norma europea direttamente applicabile ed una norma nazionale, si debba disapplicare quest’ultima a favore delle disposizioni della prima.

Gli individui possono di conseguenza essere destinatari immediati dell’ordinamento europeo e per questo vedersi attribuire dei diritti soggettivi nuovi ed ulteriori rispetto a quelli designati dagli ordinamenti domestici. Tuttavia,accadeva in passato e accade spesso anche oggi, che le situazioni giuridiche di matrice europea possano essere mortificate dall’inerzia del legislatore nazionale ovvero dalla non corretta esecuzione delle norme sovranazionali nei provvedimenti interni. Di qui la necessità di fornire ai singoli un corredo di azioni delle quali giovarsi in caso di violazione delle

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MICHELE MIRAGLIA La responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione europea da parte dell’organo giurisdizionale in “Amministrazione in cammino” ISSN 2038-3711 p. 3

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situazioni giuridiche soggettive riconosciute a loro favore dall’Unione europea.

Il tema della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione si situa al centro di un antico dibattito non ancora del tutto sopito nè in giurisprudenza nè in dottrina come emerge anche dalle più recenti decisioni della Corte di Giustizia e della Corte Costituzionale e si inscrive nell’ordine dei risvolti pratico – applicativi , tra i più sintomatici sul versante patologico della collaudata attitudine del diritto europeo a penetrare il diritto nazionale degli Stati membri investendo ambiti tematici via via in crescente espansione e di tradizionale afferenza statuale sino ad assurgere agli estremi di una pervasività sistematica.

La responsabilità dello Stato che disattende una previsione normativa europea ricorre tutte le volte che lo Stato, quale che sia l’articolazione che abbia posto in essere la condotta (potere legislativo, potere amministrativo ovvero potere giudiziario) non si sia adoperato per l’allineamento dell’assetto del diritto interno a quello europeo, negligendo l’obbligo di garantire l’innesto di principi giuridici formulati a livello sovranazionale nel proprio ordinamento52. La responsabilità è quindi riferibile a ciascuno dei poteri; in relazione ad ognuno di essi sussiste infatti l’obbligo di adempiere all’impegno sancito dall’art. 10 del Trattato che istituisce la Comunità europea << Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni delle Comunità. Esse facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri obblighi>>.

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P. Cendon Trattato breve dei nuovi danni. Figure emergenti di responsabilità. Ed. 2014 Cedam

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Emerge in modo nitido la complessità sistematica del tema per i molteplici profili di interferenza con vari aspetti del più ampio e controverso tema dei rapporti tra diritto eurounitario e ordinamento interno alla cui ricognizione giova lo scrutinio dei profili problematici che la responsabilità dello Stato presenta in sè e rapportata ad una violazione del diritto dell’Unione. Occorre infatti stabilire preliminarmente se dalla violazione del diritto eurounitario consegua una responsabilità dello Stato rilevante esclusivamente sul piano internazionale o anche sul piano del diritto interno come tale azionabile anche dal privato; quindi se vi siano margini di configurabilità di responsabilità aquiliana e o contrattuale secondo che la violazione è consistita in una mancata trasposizione di norme non immediatamente efficaci o nella inosservanza di norme ad efficacia diretta; se ogni norma di fonte europea sia suscettibile di dar luogo in caso di inosservanza ad una forma di responsabilità dello Stato ed in fine cosa debba intendersi per Stato o Pubblica Autorità quale referente soggettivo di incidenza della disciplina europea al fine di appurare se rilevino o meno a tal riguardo le articolazioni interne e le ripartizioni di competenza coniate dal costituente nazionale e sotto questo profilo affrontare il tema della responsabilità da giudicato anticomunitario.

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4.2 La progressiva elaborazione del regime di responsabilità per

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