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Inadempimento dell’Italia in materia di gestione rifiuti nella regione Campania.

italiano per mancato o inesatto recepimento delle direttive europee.

5.4 Inadempimento dell’Italia in materia di gestione rifiuti nella regione Campania.

Il tema della corretta gestione dei rifiuti, da tempo oggetto di attenzione dell’Unione europea, presenta aspetti attinenti alla tutela dell’ambiente, ma non solo. I rifiuti si configurano anche come beni economici, suscettibili di transazioni e scambi commerciali tra diversi Paesi.

Analogamente a quanto avvenuto in altri contesti, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza 4 marzo 2010, nella causa C – 297/08, Commissione contro Italia, ha accertato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 4 e 5 della direttiva n. 2006/12/CE107 , relativa ai rifiuti, in quanto <<non ha tempestivamente adottato le misure necessarie per

assicurare che i rifiuti in Campania fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente>>.

Per quanto riguarda la situazione precontenziosa che ha condotto a tale epilogo, nel 2007, in presenza di una nuova situazioneemergenziale in Campania, la Commissione europea aveva proposto un ricorso per inadempimento contro l’Italia, ritenendo che le misure adottate dal Governo non fosserosufficienti per assicurare un elevato livello di protezione per l’ambiente e la salute.

Il Governo, per respingere le accuse della Commissione, aveva addotto l’esistenza di cause di forza maggiore, sostenendo che l’Italia avrebbe compiuto ogni possibile sforzo per arginare la crisi, con l’apertura di nuove discariche (ostacolata dalle azioni di protesta della popolazione) e intraprendendo iniziative straordinarie di raccolta.

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Inoltre, ad avviso della Repubblica, la censura attinente all’art. 5 della direttiva sarebbe stata viziata da un’insufficiente analisi delle cause storiche della grave situazione che imperversava nella regione Campania108.

La Corte di Giustizia, nella sentenza del 4 marzo 2010, ha rigettato gli argomenti del Governo italiano ritenendo che gli impianti in servizio in Campania non erano sufficienti per consentire lo smaltimento dei rifiuti; era infatti necessario che entrassero in funzione nuove discariche, così come previsto dal Piano regionale del 1997 e da quelli successivi.

La Corte di giustizia ha ricordato che, ai fini della creazione di una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nella scelta della base territoriale che ritengono adeguata per conseguire un’autosufficienza nazionale. Per taluni tipi di rifiuti, a causa della loro specificità, il trattamento può essere utilmente raggruppato all’interno di una o più strutture a livello nazionale o persino in cooperazione con altri Stati membri. Invece, per i rifiuti urbani non pericolosi – che non richiedono impianti specializzati – gli Stati membri devono organizzare una rete di smaltimento il più vicino possibile ai luoghi di produzione, ferma restando la possibilità di attuare cooperazioni interregionali, o anche transfrontaliere, che rispondano al principio di prossimità.

Se uno Stato membro, come nel caso di specie l’Italia, ha scelto di organizzare la copertura del suo territorio su base regionale, ogni Regione deve allora assicurare il recupero e lo smaltimento dei suoi

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rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti sulla base del criterio di prossimità.

Di conseguenza la Corte ha affermato che se <<una Regione non è

dotata, in misura e per un periodo rilevanti, di infrastrutture sufficienti a soddisfare le sue esigenze per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, si può dedurre che dette gravi carenze a livello regionale possono compromettere la rete nazionale di impianti di eliminazione dei rifiuti, privandola delle caratteristiche di integrazione ed adeguatezza richieste dalla direttiva 2006/12 (oggi sostituita dalla direttiva 2008/98), che consenta allo Stato membro interessato di perseguire individualmente l’obiettivo di autosufficienza>>.

Occorre rilevare, come ha sottolineato la Commissione, nel caso di specie, che la Repubblica italiana ha essa stessa operato la scelta di una gestione dei rifiuti a livello della regione Campania, in quanto

<< ambito territoriale ottimale>>.

La situazione è apparsa ancora più grave avendo la Campania un tasso di raccolta differenziata dei rifiuti ben più basso rispetto alla media nazionale.109 La Corte poi ha analizzato un punto fondamentale: lagrande quantità di rifiuti giacenti per le strade ha costituito undegrado significativo per l’ambiente e per il paesaggio e una reale minaccia anche per la salute umana, perché gli accumuli dei rifiuti hanno provocato una contaminazione del suolo e delle falde acquifere, il rilascio di sostanze inquinanti non solo nell’atmosfera, ma anche nell’acqua potabile.

Dopo la sentenza del 2010 della Corte di giustizia, la Commissione si è tenuta costantemente in contatto con le autorità italiane, nell’intento

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Si trattava di 55 mila tonnellate di rifiuti che riempivano le strade e 120 mila tonnellate in attesa di trattamento presso gli impianti.

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di assicurare che l’Italia prendesse le misure necessarie per eseguire la sentenza. Alcuni progressi sono stati compiuti: l’Italia ha adottato un nuovo piano di gestione dei rifiuti per la Campania nel gennaio 2012 e a giugno 2013 ha presentato un programma di misure destinate a gestire i rifiuti nella regione Campania fino al 2016, quando dovrebbero diventare operativi nuovi impianti di trattamento.

Dall’estate 2011 – sottolinea sempre la Commissione – le autorità locali hanno dirottato grandi quantità di rifiuti verso impianti in altre regioni, soluzione questa di natura meramente temporanea a problemi che caratterizzano la regione ormai da anni. Ma, aggiunge << non sono però da escludersi nuove emergenze, dato che il trasporto dei rifiuti fuori dalla regione non risolve in modo adeguato i problemi endemici di questo territori>>. L’Europa, nonostante abbia riconosciuto i progressi fatti, tra i quali l’incremento della raccolta differenziata, guarda con preoccupazione i ritardi che hanno portato all’arresto della costruzione della maggior parte degli impianti previsti per il recupero dei rifiuti organici, degli inceneritori e delle discariche.

Per quanto concerne gli interventi più recenti in materia, occorre segnalare la legge del 9 agosto 2013, n.98, legge di conversione del d.l.21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (c.d. "decreto del fare"), che è stato approvato con numerose modifiche e integrazioni.

Il decreto-legge reca disposizioni in materia ambientale. L’art. 41, in particolare, detta disposizioni volte alla semplificazione e accelerazione nell’attuazione degli interventi di adeguamento del sistema dei rifiuti nella Regione Campania e finalizzate ad accelerare

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l’attuazione delle azioni in corso, ai fini del superamento della procedura d’infrazione europea n. 2007/2195.

Per le finalità indicate viene prevista la nomina, con decreti del Ministro dell’ambiente, di uno o più commissari ad acta per provvedere, in via sostitutiva degli enti competenti in via ordinaria, alla realizzazione e l’avvio della gestione degli impianti nella Regione Campania, già previsti e non ancora realizzati, ed alle altre iniziative strettamente strumentali e necessarie.

Viene inoltre introdotto il divieto di importazione in Campania di rifiuti speciali e di rifiuti urbani pericolosi destinati allo smaltimento. Un’ulteriore disposizione, introdotta nel corso dell’esame parlamentare (articolo 41-ter) prevede l’esclusione di talune tipologie di impianti ed attività agricole dal novero degli impianti assoggettati all’autorizzazione alle emissioni in atmosfera110.

Infine, il tema è oggetto di attuale discussione nelle aule parlamentari. Nel decreto “sblocca Italia” (D.L. 133/2014 recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive"), l’art. 35 recita al comma 1 “Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente

decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le

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procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europeedi settore. Tali impianti, individuati con finalità di progressivo riequilibrio socio economico fra le aree del territorio nazionale, concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio mentre deprimono il fabbisogno di discariche. Tali impianti di termotrattamento costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente”

È opportuno ricordare come a seguito alla procedura di infrazione avviata a carico dell'Italia nel 2007, la Commissione europea ha deciso di sospendere l'erogazione di fondi europei destinati a tale scopo.

L’Italia non si è però rassegnata alla sospensione dei pagamenti e ha presentato due ricorsi, sostenendo che avrebbero dovuto essere bloccati solo quei fondi relativi alle misure specificamente oggetto della procedura d’infrazione e non, invece, tutti i progetti nel settore della gestione e dello smaltimento dei rifiuti.

Tuttavia, il giudice europeo, nella sentenza emessa dal tribunale di prima istanza, ha rigettato le fragili tesi difensive della Repubblica italiana.

Sull’Italia nel frattempo, continua a pendere la minaccia della Commissione europea di un secondo ricorso per non esecuzione della sentenza del 2010, le cui conseguenze sarebbero molto gravi, comportando, infatti, l’arrivo di multe pesantissime per il periodo pregresso e per ogni altro giorno di permanenza nella situazione di infrazione.

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5.5 Condanna dell’Italia per discriminazione disabili sul lavoro.

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