italiano per mancato o inesatto recepimento delle direttive europee.
5.3 Indennizzo/riparazione vittime di reati violenti ed intenzionali Un’altra ipotesi italiana di responsabilità dello Stato – legislatore è
quella della mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE101, in tema di risarcimento delle vittime di reati violenti ed intenzionali.
In conseguenza alla Decisione Quadro del Consiglio dell’Unione Europea sulla posizione della vittima nel processo penale e del Libro Verde sul “ Risarcimento delle vittime di reati”, nel 2002, il Consiglio europeo promulga una proposta di direttiva, a cui fa seguito, dopo due anni, l’adozione della direttiva 2004/80/CE.
La direttiva in questione del 29 aprile 2004 ha imposto agli Stati membri dell’Unione Europea, a far data dal 1 Luglio 2005, di apprestare una tutela rimediale – risarcitoria a beneficio delle vittime di reati violenti ed intenzionali, laddove impossibilitate a conseguire dagli autori delle condotte criminose, il risarcimento dei danni. Dal paragrafo 6 del preambolo si evince testualmente, il diritto ad
ottenere un indennizzo equo ed adeguato, indipendentemente dal luogo della Comunità Europea in cui il reato è stato commesso.
Con questa direttiva l’Unione Europea aveva voluto creare una tutela accessoria alla libertàdi circolazione in tutti gli Stati membri, nel senso di garantire ai cittadinil’integrità personale e l’eventuale risarcimento anche nelle situazioni transfrontaliere.
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Da quasi un decennio, dunque, il nostro paese, in qualità di firmatario della Direttiva 2004/80/CE, dovrebbe contenere nel suo ordinamento un sistema di “compensation”, idoneo a consentire il giusto risarcimento delle persone che sono state vittime di reati violenti ed intenzionali.
Il capo II della direttiva è per l’appunto intitolata <<Sistemi di
indennizzo Nazionali>>, nella versione inglese <<National Schemes of compensations>>102. Tuttavia, il legislatore italiano non ha dato
completa attuazione alla su indicata direttiva.
Tale inadempimento è stato sancito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 29 novembre del 2007, su ricorso del 26 febbraio del 2007 della Commissione delle Comunità europee. La Quinta sezione della Corte di giustizia nella causa C – 112/07 ha disposto che “ non
avendo adottato, entro il termine prescritto, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio del 29 aprile del 2004, 2004/80/CE, relativa all’indennizzo delle vittime di reato, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva”.
L’affezione degli Stati europei all’idea di una tutela risarcitoria statale di queste vittime risale, invero, addietro nel tempo: già negli anni sessanta, infatti, diversi Stati europei diedero vita a meccanismi, sostanzialmente di sicurezza sociale, rivolti a garantire delle forme di risarcimento statale a favore delle vittime in questione. 103
102 M. Bona, La tutela risarcitoria statale delle vittime di reati violenti ed intenzionali:
la responsabilità dello Stato per mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE, in Rivista Giuffrè, Responsabilità civile e previdenza, 2009, n. 3, 662 – 708.
103
M. Pisani, Per uno “Statuto” europeo delle vittime dei reati, in Istituto Lombardo ( Rend. Lett), 2002, Vol. 136, Fasc 2, 421- 429.
123
Peraltro, l’Italia era stato l’unico Stato europeo ( insieme alla Grecia) a non aver neppure tenuto conto della Convenzione europea sul
risarcimentodelle vittime di crimini violenti (Strasburgo, 24 Novembre 1983, entrata in vigore il 1 febbraio 1988), che, avendo anticipato di
molti anni la direttiva, prevedeva, come tuttora, che se la riparazione non può essere interamente garantita da altre fonti, lo Stato deve contribuire a risarcire sia coloro che hanno subito gravi pregiudizi al corpo o alla salute causati direttamente da un reato violento e/o intenzionale e sia coloro che erano a carico della persona deceduta in seguito a tale atto. La Convenzione contempla anche il caso di stupro.
Ad oggi, l’inadempimento dello Stato italiano permane nonostante l’emanazione del d. lgs. n. 204 del 9 Novembre 2007, che reca come titolo “Attuazione della direttiva 2004/80/CE relativa all’indennizzo
delle vittime di reato”, il cui contenuto è decisamente scarno e
lacunoso.
Invero, con tale intervento il Governo italiano, delegato dal Parlamento all’adozione della direttiva de quo con la legge comunitaria del 2005, non ha posto rimedio al suo inadempimento, ma si è limitato a disciplinare i momenti procedurali di collaborazione transfrontaliera, con ciò recependo solo il Capo I della direttiva e considerando solo ed esclusivamente il profilo “crossborder” della disciplina europea ( ossia quello relativo all’organizzazione dei rapporti tra le autorità competenti istituite in ciascuno Stato membro)104, cristallizzando così il proprio inadempimento al dovere di istituire “un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali
violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo
104
M. Bona. La tutela risarcitoria statale delle vittime di reati violenti ed intenzionali: la responsabilità dell’Italia per la mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE, in Responsabilità civile e previdenza, 2009, n. 3, 662 – 708.
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equo ed adeguato alle vittime”, non fornendo attuazione alcuna al
disposto dell’art. 12, paragrafo 2.
Per quanto riguarda nello specifico l’omessa previsione di un sistema nazionale e, conseguentemente, il permanere della situazione d’inadempimento rilevata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (la quale aveva peraltro ricordato alla Repubblica italiana come, ai fini dell’attuazione di una direttiva, necessitino di essere attuati “tutti i
provvedimenti necessari per procedere all’attuazione della direttiva nell’ordinamento giuridico nazionale), occorre rilevare come questa
scelta sia frutto di una vera e propria determinazione consapevole del Governo italiano che considerava la totale sufficienza, ai fini dell’attuazione della Direttiva, delle disposizioni emanate in passato in Italia a favore di determinate vittime di crimini, ( posizione già sostenuta nella causa instaurata dalla Commissione europea, laddove la Repubblica italiana si era difesa osservando che “determinate leggi
già vigenti nell’ordinamento giuridico italiano prevedono l’indennizzo delle vittime di atti di terrorismo e criminalità organizzata nonchè delle vittime di richieste estorsive e di usura ).
L’inadempimento all’art. 12 par. 2, veniva dichiarato dalla Corte d’appello di Torino, sez. III civile, 23 gennaio 2012, n. 106.
Una cittadina rumena, che, nel 2005, era stata sequestrata, picchiata e stuprata un’interanotte da due ragazzi, aveva citato in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri,innanzi al Tribunale di Torino, per non aver ancora attuato la tutela rimediale richiestadalla direttiva. I fatti criminosi erano stati accertati penalmente, senonchè i due responsabili si erano resi latitanti nel corso del giudizio di primo grado e comunque non avevano risorse economiche per risarcire i danni riportati dalla ragazza.
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Lo Stato italiano non aveva neppure tenuto conto della Convenzione
europea sul risarcimentodelle vittime di crimini violenti del Consiglio
d’Europa del 1983105, che non erastata, infatti, ratificata.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri si era difesa, negando ogni addebito, sostenendo di aver attuato la direttiva con l’emanazione del d. lgs. 9 novembre 2007 n. 204 e che l’ordinamento italiano già contempla dei sistemi di indennizzo, ancorchè solo per alcune specifiche categorie di vittime ( quelle del terrorismo e della criminalità organizzata, del disastro aereo di Ustica, della banda dell’ uno bianca, dell’usura).
I giudici di Torino, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite 9147/2009, avevano riconosciutola natura indennitaria dell’illecito del legislatore e attribuito, al danneggiato, uncredito alla riparazione del pregiudizio, compensativo della perdita subìta per il ritardo oggettivamente apprezzabile.
La Presidenza aveva altresì sostenuto che rientrasse nella discrezionalità del legislatore nazionale stabilire per quali reati intenzionali e violenti riconoscere l’indennizzo, di fatto affermando di poter escludere la tutela di cui alla direttiva nei casi di violenze sessuali, oltre che nelle ipotesi di omicidio doloso e lesioni dolose non imputabili a terrorismo, mafia e criminalità organizzata.
Il Tribunale non aveva, a proposito, concordato con la tesisostenuta dall’Avvocatura di Stato in merito alla discrezionalità del potere che la direttivaeuropea avesse attribuito ai singoli Stati nell’individuazione dei reati dolosi violentiassoggettabili a tutela risarcitoria, anche se commessi a danno di un cittadino europeo eprevia presentazione dell’istanza nel proprio Paese di appartenenza, rilevando che << È
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certamente apprezzabile che il nostro Stato abbia tutelato e tuteli vittime del disastro aereo di Ustica, o le vittime di usura o dei reati di tipo mafioso, ma ciò non significa che abbia adempiuto all’obbligo comunitario di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi nel suo territorio e dunque, anche per i reati di violenza sessuale>>.
I giudici di Torino avevano, inoltre, ritenuto inadempiuta la direttiva anche nella parte in cui l’Italia non avesse determinato i criteri che garantissero un equoe adeguato indennizzo, riconoscendo, in questo caso, la responsabilità dello Stato –legislatore poiché ricorrevano i requisiti richiesti dalla direttiva, cioè il carattere violento e
intenzionale del reato e l’impossibilità di ottenere il risarcimento dagli autori delreato stesso.
Accertato così l’inadempimento dello Stato italiano e la responsabilità dello Stato – legislatore perché ricorrono tutti i presupposti per l’attuazione della tutela risarcitoria collegata alla mancata attuazione di una disposizione europea, la Corte, applicando i consolidati principi sanciti dalla Corte di Giustizia e dalla Cassazione, richiama la sent. 9147/2009 delle Sezioni Unite della Cassazione, con la quale definisce la responsabilità dello Stato italiano per omessa o tardiva trasposizione della direttive europee non auto esecutive come responsabilità di natura indennitaria per attività non antigiuridica, che dà luogo al relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, che va determinato in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita.
Riguardo alla quantificazione del danno, il Tribunale aveva stabilito che il risarcimento/indennizzo dovesse essere adeguato (nel caso di specie, fissato in via equitativa nella somma di € 90.000, comprensiva
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degli interessi legali e della rivalutazione monetaria), per consentireun’effettiva riparazione con mezzi non meno favorevoli di quelli che venisseroapplicati ad analoghe richieste, fondate su violazioni di diritto interno.
Questa decisione è stata oggetto di critiche, almeno sotto due profili: la natura di atto lecito della violazione e d’indennizzo a garanziadella lesione.
Nell’ottica di un rinnovato interesse per la vittima, si può segnalare che il Trattato di Lisbonaha previsto un pacchetto di misure volte ad introdurre e garantire, in tutta l’Unione Europea,un livello minimo di tutela dei diritti, sostegno e protezione in favore delle vittime, senza considerare i luoghi d’origine e di residenza.
È stata, inoltre, proposta una direttiva che istituisce norme minime relative alle vittime di reato e che garantisce loro, in tutti i Paesi membri, un trattamento rispettoso, basatoanche su una formazione, adeguata e specialistica al riguardo, di polizia, pubblici ministeri e giudici.È inoltre recente l’adozione della direttiva 2011/99/UE sull’ordine di protezione europeovolto a tutelare le vittime di atti di violenza dal rischio di essere nuovamente oggettodi persecuzioni da parte del loro aggressore. La direttiva dovrà essere recepita, dagliStati membri, entro la data dell’11 Gennaio 2015.106
In materia di risarcimento di vittime di reati violenti ed intenzionali, numerose sono state le pronunce dei giudici italiani, che nel rilevare l’inadempimento dello Stato italiano nell’effettivo recepimento della direttiva, hanno nondimeno condannato lo Stato medesimo a risarcire i danni giudizialmente lamentati da vittime di reati intenzionali e
106
V.Sciarrino . La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto dell’Unione. IPSOA. Ed. 2012. Cit. pag. 155
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violenti. Lo Stato italiano è stato, infatti, ugualmente condannato a risarcire il danno subìto dalle vittime di reati intenzionali violenti – pur in carenza del più snello procedimento previsto dalla direttiva – nei giudizi civili all'uopo promossi dalle vittime davanti all'autorità giudiziaria.
Una recente pronuncia in tal senso risale al Tribunale di Milano, 26 agosto 2014, n. 10441. Due signore, vittime di violenza sessuale e lesioni personali commessi il 6 marzo 2007 da sei persone di nazionalità rumena, convengono in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ne chiedono la condanna al risarcimento dei danni subiti per la mancata e/o non corretta attuazione della Direttiva 2004/80 CEE. Il Tribunale individua la responsabilità dello Stato italiano in quanto il d. lgs. 204/2007, benché emanato in attuazione della direttiva 2004/80/CEE, non individua l’istituzione di un sistema di indennizzo delle vittime di reato; qualifica come grave e manifesta la violazione dello Stato italiano a fronte della mancata previsione di un sistema di tutela delle vittime di tali reati; ravvisa l’esistenza del nesso di causa tra l’omessa attuazione della direttiva ed il danno lamentato dalle attrici. Pertanto, configurandosi tutti i presupposti indicati dalla Corte di giustizia (sentenza Francovich) per la responsabilità statale da mancata attuazione della direttiva, il giudice accoglie le richieste risarcitorie delle parti attrici.
Presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati, è stata presentata il 16 aprile del 2014 una proposta di legge C 2306 in materia di risarcimento delle vittime di reati violenti ed intenzionali ed istituzione di un fondo di solidarietà.
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5.4Inadempimento dell’Italia in materia di gestione rifiuti nella