L’adattamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento giuridico europeo
3.5 I rapporti tra norme interne e norme dell’Unione non dotate di efficacia diretta.
Con riferimento a questo tipo di conflitto, la Corte Costituzionale ha affermato la possibilità di sindacare la legge statale contrastante sulla base dell’art. 117 Cost. come novellato dalla legge 18 Ottobre 2001 n.3, che subordina la potestà legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario : “ le direttive comunitarie fungono da norme imposte atte ad integrare il parametro per la valutazione di conformità della normativa (nella specie) regionale all’art. 117, primo comma, Cost. 48 Più in generale, rispetto ad eventuali antinomie che riguardino direttive non self-
executingo decisioni – quadro, in ragione della loro non efficacia
diretta, non sussiste in capo ai giudici interni alcuna possibilità di sancirne direttamente la prevalenza tramite la disapplicazione della normativa nazionale contrastante. Nell’ottica della Corte
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CGUE sentenza 14.12.1995, causa C – 312/93 Peterbroeck.
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Costituzionale, le leggi interne in contrasto con il diritto dell’Unione comportano in ogni caso una violazione dell’art. 11 Cost. Tuttavia, qualora il conflitto si riferisca a norme dotate di efficacia diretta, la questione di legittimità costituzionale non può essere sollevata, a pena di irricevibilità per difetto di rilevanza, in quanto le regole proprie dell’ordinamento dell’Unione, a cui l’art. 11 Cost. fa riferimento, attribuiscono al giudice comune il compito di risolvere immediatamente il conflitto disapplicando la norma interna per far posto al precetto dell’Unione rilevante nella fattispecie. Si osservano a tal fine i meccanismi previsti dalla l. 234/2012.
Qualora invece la norma in questione non sia dotata di efficacia diretta, realizzandosi comunque una situazione normativa non conforme agli obblighi europei e dunque riconducibile all’ambito di applicazione degli artt.11 e 117 Cost., l’antinomia deve comunque essere risolta e non può che trovare compimento secondo le regole generali dell’ordinamento italiano, ricorrendo necessariamente alla Coste Costituzionale. Il giudice comune deve comunque sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma interna per violazione degli artt.11 e 117 Cost., in riferimento alla norma europea che opera da parametro interposto di costituzionalità. A conferma di quanto appena sostenuto, la giurisprudenza della Corte costituzionale, già nella pronuncia Granitalsosteneva che il fenomeno della ritrazione / non applicazione della regola nazionale opera “solo se e fino a quando il potere trasferito alla Comunità si estrinseca con una formazione compiuta e immediatamente applicabile dal punto di vista interno. Fuori dall’ambito materiale e dai limiti temporali in cui vige la disciplina europea così configurata, la regola nazionale serba intatto il proprio valore e spiega la sua efficacia; d’altronde essa
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soggiace al regime previsto per l’atto del legislatore ordinario, ivi incluso il controllo di costituzionalità”. 49
Analizzando la giurisprudenza più recente, nella sentenza 227 del 2010, con riferimento alle fonti del “terzo pilastro” era stata posta dinanzi alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale della legge 22 aprile 2005 n. 69, con la quale il nostro ordinamento ha inteso recepire la Decisione quadro sul mandato di arresto europeo (n. 2002/584/GAI). La Corte, in primo luogo, ha stabilito che il contrasto tra normativa di recepimento e la decisione quadro, insanabile in via interpretativa, “non poteva trovare rimedio nella disapplicazione della norma nazionale da parte del giudice comune, trattandosi di norma dell’Unione europea priva di efficacia diretta, ma doveva essere sottoposto alla verifica di costituzionalità di questa Corte”. L’ipotesi di illegittimità della norma nazionale per non corretta attuazione della decisione quadro è riconducibile pertanto, continua la Corte “ai casi nei quali non sussiste il potere del giudice comune di ‘non applicare’ la prima, bensì il potere-dovere di sollevare questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt.11 e 117 Cost, laddove, come nel caso di specie, sia impossibile escludere il detto contrasto con gli ordinari strumenti ermeneutici consentiti dall’ordinamento”. Questa giurisprudenza ha finalmente aperto le porte al controllo di costituzionalità nei confronti delle leggi interne incompatibili con gli obblighi imposti dall’Unione europea, sistema al quale il giudice italiano deve ricorrere ogni qual volta il rimedio della diretta disapplicazione non possa concretamente operare. In questo contesto si pone la questione della facoltà, per il giudice delle leggi, di rivolgere quesiti pregiudiziali alla Corte di Giustizia in presenza di un dubbio ermeneutico sulla portata della
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norma dell’Unione, non direttamente efficace, invocata come parametro interposto ai fini degli artt 11 e 117 Cost. Con ordinanza n.207 del 2013 la Corte Costituzionale ha realizzato una svolta storica nella sua giurisprudenza,effettuando per la prima volta il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia (art.267 TFUE) nel corso di un giudizio in via incidentale.
La soluzione adottata dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza 207 del 2013 contribuisce ad intensificare il dialogo diretto con la Corte di giustizia, estendendolo in prospettiva alle ipotesi in cui il rapporto tra la disciplina interna e quella dell’Unione si presenta in maniera da coinvolgere i principi supremi dell’ordinamento o i diritti fondamentali della persona umana. Rimangono peraltro alcuni punti da chiarire, per i quali sarà necessario attendere la successiva prassi. Ad esempio, la corretta collocazione dell’iniziativa della Corte all’interno del secondo o del terzo comma dell’art. 267 TFUE : occorrerà valutare se in presenza di un dubbio sulla corretta interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte Costituzionale sia tenuta o abbia solo la facoltà di rivolgere quesiti pregiudiziali alla Corte di giustizia.
3.6 Le conseguenze dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona