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1.3. I contratti di pooling come una possibile soluzione alla patent crisis

1.3.4. L'adattamento dell'Unione Europea

Il Mercato Interno dell'Unione Europea ha avuto a che fare con la pratica degli accordi di patent pooling con inevitabile ritardo rispetto agli Stati Uniti. Quando infatti la disciplina europea della concorrenza ha iniziato a muovere i primi passi, le politiche antitrust adottate dalle autorità statunitensi avevano già chiaramente assunto un'esplicita ostilità verso le pratiche di aggregazione brevettuale. Inoltre la principale preoccupazione nell'applicare il diritto della concorrenza in Europa è sempre stata quella di evitare i potenziali effetti anti-concorrenziali di accordi tra più soggetti in rapporto di rivalità nel medesimo mercato. In mancanza poi di un testo legislativo di riferimento la disciplina si è evoluta su impulso della

giurisprudenza che ha inevitabilmente affrontato la materia con riferimento ogni volta a casi concreti.85

Fino agli anni '90 l'approccio adottato dalla Commissione dell'Unione Europea può essere qualificato come ostile agli accordi di patent pooling e alle aggregazioni di diritti di proprietà intellettuale più in generale. Tali privative erano percepite come strumenti per imporre limiti alla produzione, alla ricerca e in ultima istanza come potenziali ostacoli all'edificazione del Mercato Interno. Il primo caso relativo alle pratiche di pooling con cui si sono cimentati gli organi di controllo europei può essere considerata l'accordo che ha stipulato la nota multinazionale dell'ICT Philips VCR86. La Commissione ha dovuto stabilire se l'accordo di scambio multilaterale di privative fosse indirizzato a promuovere l'interoperabilità dello standard. Philips insieme ad altre cinque imprese si era accordata per l'utilizzo in comune di alcune privative riguardanti standards tecnici per il sistema VCR di video cassette. Tuttavia il contratto non prevedeva solo lo scambio di diritti di proprietà intellettuale, ma comportava l'adozione completa da parte di tutti gli altri membri di alcune specificità tecniche elaborate da Philips con il divieto aggiuntivo di effettuare modifiche allo standard senza il previo consenso degli altri titolari. Inoltre ai partecipanti era impedito adottare ogni altro sistema alternativo a quello di Philips. La Commissione dell'Unione Europea non ha concesso l'esenzione all'accordo perché esso imponeva restrizioni non indispensabili che avrebbero impedito lo sviluppo e la commercializzazione di sistemi alternativi e probabilmente con prestazioni migliori.

La Commissione ha poi affrontato il caso della preclusione del mercato nel caso IGR Stereo Television87, in cui l'accordo di pooling avrebbe generato il rischio di

85

Si veda a questo proposito: G. COLANGELO, Avoiding the Tragedy of the Anticommons:

Collective Rights Organizations, Patent Pools and the Role of Antitrust, in LUISS Law and Economics Lab Working Paper No. IP-01-2004. Disponibile all'indirizzo:

http://ssrn.com/abstract=523122. 86

Decisione della Commissione del 20 Dicembre 1977 riguardo ai procedimenti di infrazione dell'articolo 85 del Trattato dell'CEE (IV/29.151 – Registratori per Video Cassette), OJ L 47, 18/02/1978 ai punti 42-47.

87

Si veda Commissione Europea, 11esimo Rapporto sulla Politica di Concorrenza (1981) al punto 94.

impedire l'entrata nel mercato di new comers. IGR (soggetto che raggruppava tutti i produttori di televisori a colori in Germania) deteneva due brevetti necessari per la produzione di televisori con impianto stereo. I soggetti non membri di IGR potevano ottenere la licenze delle tecnologie soltanto dopo un prolungato periodo di tempo e l'adempimento di alcune condizioni. Dopo le proteste di alcuni concorrenti, la Commissione ha avviato indagini in reazione alle quali IGR si è dichiarata disponibile a concedere le licenze senza lungaggini di alcun tipo pur di ottenere l'arresto delle ispezioni antitrust.

Nel caso Advanced Photographic System (APS)88 la Commissione per la prima volta invece di esprimere un parere negativo ha evidenziato gli effetti pro-concorrenziali dell'accordo. Il pool coinvolgeva cinque produttori di materiali per apparecchi fotografici e mirava alla definizione di standard comuni per la produzione di nuovi prodotti ed equipaggiamenti. Oltre 4.800 brevetti sono stati aggregati insieme, perché tutti ritenuti dai partecipanti necessari alla produzione dei nuovi prodotti. La Commissione ha giudicato che tale accordo potesse essere esentato dal divieto di restrizioni anti-concorrenziali. Pur essendo innegabili le positività derivanti dall'accordo, la dottrina più attenta non ha mancato di rilevare come un tale raggruppamento di diritti di proprietà intellettuale avrebbe potuto precludere l'entrata nel mercato di tecnologie alternative a quelle aggregate. La Commissione si è concentrata sui benefici e le efficienze derivanti dall'accordo alla produzione del prodotto finale, senza dare la giusta importanza al mercato delle tecnologie di per sé considerato. Già a partire da questi primi casi si è reso evidente come un'attenta analisi dei reciproci rapporti intercorrenti tra i brevetti interni al pool fosse indispensabile per valutarne eventuali profili anti-competitivi.89

Col passare degli anni la Commissione ha iniziato a fare riferimento nella propria attività alla maggiore esperienza accumulata dalle autorità statunitensi. È sulla

88

Si veda il comunicato stampa IP/98/353 del 18.4.98. 89

In questo senso si è espressa anche la dottrina più recente: V. CERULLI IRELLI, Patents, standards

and competition law: the case of patent pooling agreements (Phd thesis), Institute of advanced

spinta di questi fattori che concetti come tecnologie essenziali, complementari, brevetti di blocco sono diventati di uso comune anche nel Mercato Interno. Tale evoluzione è stata agevolata dal fatto che molti accordi sottoposti al vaglio della Commissione erano stati originariamente conclusi oltre Atlantico e quindi già valutati dagli organismi di controllo del mercato nordamericano.

Questa iniziale convergenza tra autorità UE e USA ha raggiunto un primo punto di incontro completo con la valutazione del caso 3G Patent Platform90, il cui responso è stato emanato nello stesso giorno da entrambe le autorità di vigilanza. L'accordo riguardava lo schema di licenza della tecnologia degli apparecchi di telefonia mobile cosiddetti di terza generazione.

L'iniziale approccio di chiusura e diffidenza alle pratiche di pool ha raggiunto il proprio culmine con il Regolamento del 1996 in merito all'applicazione dell'articolo 85(3) TCE a determinate categorie di accordi di trasferimento di tecnologia.91 All'articolo 5 la Commissione escludeva dalla block exemption gli accordi tra titolari di IPRs in rapporto di concorrenza volti alla condivisione dei propri brevetti. Pur non facendo quindi esplicito riferimento alle aggregazioni, il Legislatore europeo manteneva un approccio più diffidente rispetto alle autorità americane.

Soltanto all'alba del nuovo millennio la Commissione ha raggiunto un livello tale di autonomia e consapevolezza tale da permetterle di mutare il proprio approccio. L'inversione di rotta è stata sancita dalla pubblicazione del successivo Regolamento del 2004 e delle correlate Linee Direttrici sull'applicazione dell'articolo 81 del TFUE agli accordi di trasferimento di tecnologia.92 Al lorointerno si è stabilito esplicitamente che “i pool tecnologici possono

90

Si veda a questo proposito: U.S. Department of Justice - Antitrust Division, 3G Business

Review Letter, 12 novembre 2002 e la Comunicazione alla stampa della Commissione Europea

IP/02/1651 del 12 novembre 2002. 91

Regolamento della Commissione n. 240/96 relativo all'applicazione dell'articolo 85(3) del TCE a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia, in G.U.C.E. L 31/2 del 9 febbraio 1996. 92

Per un'analisi dinamica dello stesso si veda il par. 2.4.3., cap. II. Per un commento più completo al Reg. 772/2004 si segnala invece: A. FRIGNANI, V. PIGNATA, Il nuovo regolamento n.

772/2004 del 27 aprile 2004 sugli accordi di trasferimento di tecnologia, in Dir. comm. Int.,

determinare effetti favorevoli alla concorrenza, in particolare riducendo i costi di transazione e fissando un limite alle royalties cumulative per evitare una doppia marginalizzazione”93.

Ovviamente le Linee Guida per l'applicazione del Regolamento tengono nella dovuta considerazione anche i potenziali rischi per la concorrenza che inevitabilmente gli accordi di pool generano. La Commissione, redigendo questo strumento di ausilio interpretativo che si è rivelato piuttosto utile agli operatori del mercato, ha individuato una serie di regole presuntive e test per discernere l'eventuale legittimità delle pratiche aggregative. Nel 2014 è stato pubblicato un nuovo Regolamento e correlate Linee Direttrici.94 Nei prossimi capitali si analizzerà in prospettiva comparata il progressivo consolidamento del corpus normativo di diritto della concorrenza elaborato da Commissione e giurisprudenza in relazione agli accordi di pooling.