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3. Problemi giuridici emergenti da patent pooling e standardizzazione 1. Gli accordi di normazione e la loro relazione con il patent pooling

3.1.2. La disciplina antitrust degli standard

Il legislatore europeo ha recentemente chiarito la propria definizione degli accordi di normalizzazione (come vengono denominati nella versione italiana delle disposizioni loro dedicate) in una serie di testi normativi di legislazione secondaria.

Le Linee direttrici sull'applicazione dell'articolo 101 agli accordi di cooperazione orizzontale dedicano il proprio VII capitolo agli accordi di normalizzazione e sanciscono che essi definiscono “i requisiti tecnici o qualitativi di prodotti, servizi e processi o metodi di produzione attuali o futuri” e “possono riguardare svariati elementi come la standardizzazione delle diverse categorie o delle diverse dimensioni di un particolare prodotto o delle specifiche tecniche in mercati di prodotti o di servizi in cui la compatibilità o l’interoperabilità con altri prodotti o sistemi è essenziale”.9 È opportuno rilevare come la Commissione al paragrafo 258 faccia comunque salva l'applicazione delle norme a tutela della concorrenza ed escluda l'applicazione della disciplina degli standard alle regole per l'ammissione all'esercizio delle libere professioni.

9

Par. 257 e 263 delle Linee direttrici sull'applicazione dell'articolo 101 del Trattato FUE agli accordi di cooperazione orizzontale 2011/C 11/01, in G.U.U.E. C 11/01 del 14 gennaio 2011 (d'ora in avanti “Linee direttrici C 11/01”).

Il Regolamento adottato dal Parlamento UE in materia di normazione statuisce che con il termine norma (standard) si indica “una specifica tecnica, adottata da un organismo di normazione riconosciuto, per applicazione ripetuta o continua, alla quale non è obbligatorio conformarsi”.10 Con questo testo legislativo l'UE ha identificato un primo nucleo di disciplina comune e obiettivi programmatici per adattare il sistema europeo di standardizzazione con le peculiarità del mercato interno e degli appalti pubblici.11

Gli standard possono essere “europei” o “nazionali” a seconda dell'entità dell'organismo di normazione che li ha adottati oppure “armonizzati” se la loro adozione è stata richiesta dalla Commissione “ai fini dell'applicazione della legislazione dell'Unione sull'armonizzazione”. Questi organismi, che sono stati denominati in dottrina Standard Setting Organizations (SSOs), sono in prevalenza associazioni senza scopo di lucro partecipate dagli operatori del settore (sia produttori che utilizzatori) al fine di definire le tecnologie e le specificità degli standard nell'ambito di un rapporto cooperativo. È opportuno notare sin da ora che, a differenza dei patent pools, le SSOs non si occupano di licenziare technology-related intellectual property rights. Nonostante questo fattore, anche tali organismi necessitano di una disciplina interna che ne regoli il funzionamento soprattutto perché la maggior parte degli eventuali benefici o danni per la concorrenza arrecati da uno standard si creano nella fase di definizione dello stesso. In determinate circostanze, gli accordi di normazione possono generare restrizioni della concorrenza mediante fissazione dei prezzi (o limitarne la libertà di determinazione da parte delle imprese), controllare la produzione, l'innovazione tecnologica e limitare gli sbocchi sul mercato.

A questo proposito il Regolamento prevede che i regolamenti delle SSOs europee12 siano informati da una serie di principi per garantirne la

pro-10

Reg. 1025/2012 in G.U.C.E. L 316/12 del 25 ottobre 2012. 11

A questo proposito va segnalato anche il report intitolato “Standardization for a competitive

and innovative Europe: a vision for 2020” redatto dalla commissione di esperti per la revisione

dello European Standardization System del febbraio 2010. Per quanto concerne l'interoperabilità in relazione agli appalti pubblici il riferimento è all'art. 13 Reg. 1025/2012. 12

concorrenzialità, unanimemente riconosciuti a livello globale: trasparenza, apertura, consenso, applicazione volontaria, indipendenza da interessi particolari ed efficienza economica. Non a caso il Regolamento rimarca l'importanza che tutte le parti interessate (comprese istituzioni pubbliche e PMI) siano coinvolte nel processo di definizione dei vari standard che le riguardano.13 Le istituzioni dell'Unione si mostrano particolarmente attente a che le imprese più piccole e contrattualmente più deboli non vengano svantaggiate nel corso dei processi di normazione, cercando così di evitare l'intervento ex post degli istituti di enforcement antitrust.14

Passando poi alla limitata disciplina concernente gli standard che troviamo nelle linee guida concernenti gli accordi di trasferimento di tecnologia, la Commissione distingue due tipologie di standard: quelli de jure e quelli de facto.15 Mentre i primi vengono approvati da una SSO riconosciuta, i secondi sono formati da un grappolo di tecnologie sviluppate da una o più imprese che si affermano sul mercato e vengono utilizzate in modo tanto diffuso da generare di fatto uno standard.

Per quanto riguarda più propriamente gli standard correlati a technology-related intellectual property rights, la storica relazione tra diritto della proprietà intellettuale e antitrust diventa di cruciale importanza poiché si tratta di stabilire se e in presenza di quali elementi un detentore di privative su tecnologie implementate in uno standard stia abusando o meno del proprio diritto di

Cenelec, Istituto europeo per le norme di telecomunicazione IT: ETSI ex Allegato I, Reg. 1025/2012. La procedura cui gli SEPs nell'ambito ETSI (European Telecomunications Standard Institute) devono essere sottoposti prevede che i rispettivi titolari accettino ex ante di concedere gli stessi a condizioni FRAND e di rivelare in anticipo se all'interno del proprio

portfolio brevettuali si trovino privative concernenti lo standard in discussione. Si veda in

proposito: M. A. CARRIER, A Roadmap to the Smartphone Patent Wars and FRAND Licensing, in CPI Antitrust Chronicle 2, Aprile 2012.

13

Par. 2 Reg. 1025/2012 in G.U.C.E. L 316/12 del 25 ottobre 2012. 14

Si veda a questo proposito l'articolo 6(1)(a-f) Reg. 1025/2012 inteso a facilitare la partecipazione delle SMEs (small and medium enterprises).

15

Par. 270 Linee direttrici sull'applicazione dell'articolo 101 del Trattato FUE agli accordi di trasferimento di tecnologia 2014/C 89/03, in G.U.U.E. C 89/03 del 28 marzo 2014 (d'ora in avanti Linee direttrici 2014/C 89/03).

esclusiva.16

Prima di analizzare come la giurisprudenza nazionale, comunitaria e nordamericana abbia trattato l'argomento, sembra opportuno chiarire il contesto economico in cui queste norme vengono applicate. Innanzitutto tre principali gruppi di titolari possono essere distinti.17

I primi sono quelli che operano unicamente a monte (upstream undertakings) e dunque si limitano a sviluppare e concedere in licenza le proprie invenzioni da cui ottengono le royalties che costituiscono la loro principale entrata finanziaria. In secondo luogo abbiamo le imprese che operano soltanto sul mercato a valle (downstream undertakings): la loro attività consiste nel produrre o fornire servizi utilizzando tecnologie sviluppate da altri soggetti e ottenute mediante licenza o cessione (in questo caso le royalties costituiscono quindi un costo). In ultimo luogo abbiamo le imprese verticalmente integrate che godono, in misura proporzionalmente attenuata, di entrambi i vantaggi connessi alle due precedenti categorie: possono produrre, per quanto possibile, usufruendo del proprio portfolio brevettuale e rivolgersi a imprese terze per ottenere l'uso di altre tecnologie avvalendosi anche di licenze incrociate.

Ora, quando una o più imprese detengano privative su tecnologie necessarie per implementare una norma (SEPs: standard essential patents) allora la loro condotta potrebbe realizzare in determinati casi una violazione del diritto antitrust: lo standard potrebbe diventare una barriera all'ingresso di un mercato invece di uno strumento per agevolare la concorrenza e l'innovazione tecnologica. Il titolare di uno SEP potrebbe acquisire una posizione di forza sul mercato grazie soprattutto alla combinazione del diritto di esclusiva che deriva dalla sua privativa e la necessità dei concorrenti di avere accesso a quella determinata tecnologia. Emerge qui con cristallina evidenza il rischio che il titolare di IPRs attui politiche di

hold-16

Su questo tema la dottrina europea si è di recente concentrata in alcuni lavori. Si veda in particolare: G. BRUZZONE, M. BOCCACCIO, Standards under EU Competition Law: The Open

Issues; S. I. FORRESTER, The Interplay between Standardization, IPR and Competition Law,

entrambi in G. MUSCOLO and others, Competition Law and Intellectual Property – A European

perspective, Woulters Kluwer, 2012.

17

up al fine di ostacolare o tenere fuori dal mercato potenziali new comers, eliminare la concorrenza attuale e potenziale estraendo ricavi irragionevoli e artificialmente sproporzionati rispetto all'effettivo valore delle proprie tecnologie. Siccome non può essere derivata automaticamente una violazione del diritto UE dalla mera titolarità di SEP, l'interprete dovrà condurre un'analisi specifica caso per caso al fine di discernere se il comportamento adottato sia o meno perseguibile. A questo proposito la Commissione ha inserito nella sua comunicazione del 2011 in tema di accordi di cooperazione alcune indicazioni per facilitare il compito degli operatori nell'affrontare la materia e agevolare la ragionevole prevedibilità del diritto.18

In primo luogo le linee guida hanno definito alcune condizioni in presenza delle quali l'articolo 101(1) TFUE non si applica agli accordi di normalizzazione. Analogamente ai principi sanciti dal Regolamento 1025/2012, il safe harbour dispiega il suo effetto quando alcuni requisiti principali sono rispettati:19

I. la partecipazione alla definizione della norma deve essere aperta a tutti gli operatori interessati;

II. il procedimento di lavoro e le fasi di sviluppo della norma devono essere trasparenti;

III. le imprese non devono essere obbligate ad adottare la norma.

Nel caso in cui uno standard (de jure) includa IPRs, la Commissione richiede che i titolari delle privative si impegnino irrevocabilmente per iscritto ex ante a concedere in licenza i loro SEPs a tutti i terzi “a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie (fair, reasonable and non-discriminatory terms)” e a prendere le misure necessarie affinché le imprese licenziatarie rispettino a loro volta l'impegno FRAND.20 I titolari restano comunque liberi di escludere proprie

18

Linee direttrici sull'applicazione dell'articolo 101 del Trattato FUE agli accordi di cooperazione orizzontale 2011/C 11/01, in G.U.U.E. C 11/01 del 14 gennaio 2011, Par. 270 e ss.

19

Par. 280-286 Linee direttrici C 11/01. 20

specifiche tecnologie dal processo di definizione dello standard, purché “tale esclusione avvenga in una delle prime fasi dello sviluppo della norma”.

Nonostante l'impianto teorico possa apparire piuttosto semplice e di relativa ragionevolezza, l'applicazione pratica di tale disciplina da parte degli organi di controllo (in primo luogo la Commissione e la giurisprudenza comunitaria e nazionale) ha generato problematiche giuridiche piuttosto rilevanti per il futuro di interi comparti industriali e le cui soluzioni determinano inevitabili bilanciamenti di tra esigenze contrapposte (il diritto di esclusiva conferito dagli IPRs e la necessità di diffondere l'innovazione e la concorrenza).

Nonostante infatti la Commissione si sforzi nel rimarcare che “le norme sulla proprietà intellettuale e le norme sulla concorrenza hanno gli stessi obiettivi, cioè promuovere l’innovazione e migliorare il benessere dei consumatori”21, la casistica che si esaminerà nei prossimi paragrafi mette in luce come nell'applicazione al caso concreto non sempre questa petizione di principio riesca a trovare un'interpretazione pacificamente accettata.