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L’atto di adempimento del debito altru

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 135-138)

S EZIONE II: I NTERESSE OGGETTIVO E REFERENTI CAUSALI ESTERNI DI NATURA NON NEGOZIALE

4.10. L’atto di adempimento del debito altru

Di particolare interesse, e non facile indagine sul piano causale, è l’ipotesi in cui un terzo, estraneo al rapporto obbligatorio, adempia il debito altrui.

Si è avuto modo di anticipare, svolgendo alcune riflessioni in tema di astrattezza negoziale, che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con specifico riguardo al pagamento effettuato dalla società del debito del proprio socio (questione dalla quale dipende l’applicabilità dell’art. 64 L. Fall., che prevede l’inefficacia verso i creditori degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori al fallimento, in ipotesi di fallimento del solvens) (248), dopo aver

247 C.M. Bianca, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, cit., 267, secondo cui “la causa non

può essere cancellata in quanto è sempre riscontrabile un interesse alla cui realizzazione il contratto è finalizzato”.

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La questione rileva ai fini dell’individuazione dei presupposti per la revocatoria fallimentare dell’atto. Secondo un primo orientamento, il pagamento del debito altrui costituirebbe per il solvens un atto a titolo gratuito, essendo il beneficio destinato all’originario debitore rimasto estraneo all’atto, con la conseguenza che quest’ultimo, in caso di fallimento del solvens sarebbe da considerarsi inefficace ai sensi dell’art. 64 L. Fall. (Cass. 1 aprile 2005, n. 6918, in Fallimento, 2006, 150; Cass. 11 giugno 2004, n. 11093, in Foro it., 2004, 1, 2361); altro indirizzo ritiene invece che la gratuità dell’atto ai fini della revoca possa essere affermata unicamente in relazione al debitore, in quanto l’adempimento ex art. 1180 cod. civ., da parte del soggetto poi sottoposto a procedura fallimentare configura un atto a titolo gratuito solo nei rapporti fra questi ed il debitore ove manchi una causa onerosa che ne giustifichi la liberazione, mentre nei rapporti fra il fallito e creditore che ha ricevuto il pagamento avrebbe carattere oneroso (Cass. 18 gennaio 2006, n. 889, in

Fallimento, 2006, 12, 1449; Cass. 7 dicembre 2001, n. 15515, in Foro it., 2002, I, 2454). Secondo

Cass. 12 marzo 2008, n. 6739, in Foro it.., 2009, 2, 395, infine, posto che l’adempimento in senso tecnico è solo il comportamento di chi sia obbligato alla prestazione, il pagamento del terzo non costituisce “mera esecuzione dell’obbligazione preesistente, ma ha una sua causa autonoma che

può risultare onerosa o gratuita a seconda che l’atto estintivo del debito dipenda o meno dalla controprestazione di uno dei due soggetti dell’obbligazione estinta”, con la conseguenza che, agli

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premesso che l’individuazione dell’atto gratuito deve essere compiuta privilegiando la prospettiva del solvens (249), hanno osservato che la tesi che riconduce la natura onerosa o gratuita dell’atto al rapporto bilaterale tra chi pone in essere l’attribuzione ed il creditore che la riceve (concludendo sistematicamente per la gratuità dell’atto di disposizione ogniqualvolta non sia stato pattuito alcun corrispettivo con l’accipiens, o comunque non risulti un rapporto che la giustifichi secondo un modello tipico) “non tiene conto, anzitutto dell’evoluzione che ha interessato la nozione di «causa del negozio» in questi ultimi decenni, né dei risultati al riguardo raggiunti dalla più qualificata dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità. Le quali, muovendo dalla categoria delle c.d. «prestazioni isolate» (artt. 627, 651 e 1197 c.c., art. 1706 c.c., comma 2, artt. 2034 e 2058 c.c., ecc.), mancanti di una loro funzione oggettiva astrattamente predeterminata, hanno preso in considerazione particolari categorie di negozi, quali la prestazione di garanzia (reale o personale) per un debito altrui, la modificazione del lato passivo del rapporto obbligatorio (delegazione, espromissione, accollo, art. 1268 c.c. e ss.), l’adempimento del terzo (art. 1180 c.c.), la cessione del credito (art. 1260 c.c.), la rinuncia a un diritto, fra cui la remissione di debito e, secondo alcuni, la cessione del contratto: osservando che per essi è difficile individuare una causa oggettiva nel senso tradizionale, dato che non c'è una coincidenza fra la funzione pratica del contratto e la causa economico-giuridica tradizionale; e che tuttavia anche per questi negozi, classificati «astratti» o «a causa astratta o generica», è egualmente indispensabile individuare la causa sia pure in base ad una impostazione differente

effetti dell’art. 64 L. Fall., il pagamento del debito altrui effettuato da soggetto poi fallito sarebbe atto gratuito, ove si tratti di atto di disposizione del suo patrimonio senza contropartita, ciò anche in presenza di altro rapporto nel cui ambito l’atto risulti preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto.

249 Secondo la Corte, limitare la ricerca della prestazione e/o della controprestazione al rapporto

bilaterale terzo-creditore, ovvero debitore-creditore, significa non cogliere il complessivo regolamento contrattuale predisposto dalle parti, nonché l’effettivo rapporto economico da esse divisato.

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non soggetta all’obbligo predeterminato di modelli astratti, ma attenta strettamente al negozio posto in essere dai contraenti, nonché all’affare nel suo complesso: quanto meno onde valutare la meritevolezza dell’operazione alla stregua di quanto dispone l’art. 1322 c.c., comma 2, e pervenire ad una giustificazione causale anche nei contratti più complessi, nei fenomeni dei collegamenti negoziali e più in

generale nei negozi da sempre qualificati «astratti»” (250).

Muovendo dalla nozione di causa concreta, la Corte ha dunque ritenuto superflua la nozione di negozio astratto, riconducendo la verifica della giustificazione causale all’intera operazione economica compiuta dalle parti.

La dottrina, anticipando il ricordato approdo giurisprudenziale, aveva peraltro osservato che “l’ordinamento valuta, dunque, l’atto del solvens sotto un duplice profilo: come atto di adempimento esso è caratterizzato dalla così detta causa solvendi, è giustificato dal rapporto obbligatorio preesistente ed ha la disciplina riservata, appunto all’adempimento; come atto di autonomia la sua causa risulta in modo completo solo dalla complessiva operazione, comprendente l’intrecciarsi del rapporto solvens-debitore a quello sovrastante tra solvens e creditore. Quando gli interessi rilevanti in questi rapporti vengono alla luce, non

dovrebbe esser dubbio che attengano alla causa” (251). Interessante, in particolare,

è il richiamo alla rilevanza, dal punto di vista degli interessi rilevanti, ai “rapporti

collaterali variamente intersecantesi con la struttura del negozio” (252).

Guardando all’atto di adempimento del terzo come operazione complessiva, e dunque a tutti i rapporti coinvolti (con particolare attenzione a quello tra solvens e debitore), potrà dunque accertarsi in concreto una funzione liberale quando

250 Cass., Sez. Un., 18 marzo 2010, n. 6538, cit. Dell’adempimento del terzo, sotto il profilo causale,

si occupa anche Cass. Sez. Un., 29 aprile 2009, n. 9946, in Obbl. e Contr., 2010, 4, 254, secondo cui al terzo che ha effettuato la prestazione compete l’azione di regresso solo se la causa che sorregge l’adempimento lo consente (ad esempio, se si tratta di un rapporto di mandato), non invece se all’atto di adempimento risulti sottesa una causa liberale.

251 V. Caredda, op. cit., 146s. 252

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l’attribuzione in favore del debitore sia spontanea e disinteressata, o, in caso contrario, una causa solvendi o altra giustificazione (253);

L’assetto complessivo in cui il negozio si inserisce, dunque, può assumere rilevanza causale, laddove consenta di spiegare e giustificare il singolo atto che, sulla base del proprio oggetto e della propria semplice struttura, di per sé potrebbe apparire “astratto”, “isolato”, privo di una propria oggettiva funzione.

La giustificazione dell’atto di adempimento del debito altrui, in linea generale, richiede l’individuazione di un referente obiettivo su cui si articoli l’interesse del solvens, che non necessariamente (ed anzi, raramente) risiede in un obbligo nascente da un precedente rapporto negoziale con effetti obbligatorî (nel qual caso, possono richiamarsi le considerazioni già svolte in tema di pagamento traslativo). Si è parlato, a maggior ragione, di “causa esterna” dell’atto dispositivo nel caso di adempimento di un’obbligazione naturale (254

), trattandosi di atto (pur non dovuto) volto a realizzare un assetto di interessi in cui converge, oltre all’interesse patrimoniale del destinatario della prestazione, quello alla realizzazione di un dovere morale e sociale, anch’esso idoneo a giustificare causalmente il negozio.

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 135-138)

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