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La rilevanza causale dell’elemento condizionale.

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 89-93)

Rilevato come l’analisi dell’oggetto possa non essere sufficiente a spiegare causalmente il negozio, occorre chiedersi come incida su tale affermazione la considerazione del regolamento negoziale nel suo complesso (quale risultato dell’accordo e dell’eventuale integrazione, cogente o dispositiva, del suo contenuto) (169).

E’ vero, infatti, che il regolamento negoziale non necessariamente si esaurisce nella disciplina delle prestazioni e delle attribuzioni in esso dedotte, ma si compone anche di ulteriori elementi di disciplina del rapporto, ad esempio (a parte l’ipotesi di integrazione cogente o dispositiva) elementi accidentali inseriti dalle parti nel contenuto negoziale.

Particolarmente interessante, al riguardo, è riflettere sulla eventuale rilevanza causale dell’elemento condizionante, sospensivamente o risolutivamente, apposto al negozio.

Richiamando la distinzione tra causa e motivi (170), si è soliti affermare che i meri motivi soggettivi che muovono le parti, determinandole a porre in essere un

169 Sulla distinzione tra accordo e regolamento contrattuale, cfr. E. Roppo, (voce) Contratto, cit., 110

ss., ove si osserva che “l’accordo delle parti non esaurisce il contratto (inteso come il modo in cui

quei rapporti risultano concretamente ed effettivamente regolati): questa concreta ed effettiva regolazione è infatti determinata, oltre che dall’accordo delle parti, anche da altri fattori. La concreta ed effettiva regolazione del rapporto tra le parti, conseguente al contratto, è il regolamento contrattuale. Nel regolamento contrattuale confluiscono, si intrecciano e parzialmente si sovrappongono l’accordo delle parti ed elementi esterni all’accordo delle parti. Per conoscere il regolamento contrattuale, occorre dunque conoscere l’accordo delle parti, e più precisamente chiarirne il significato: ciò che si compie attraverso l’interpretazione. Occorre poi conoscere quegli altri elementi di regolazione del rapporto, che non sono contenuti nell’accordo delle parti, ma derivano da fonti esterne le quali possono completare o addirittura modificare l’accordo stesso: questa è l’integrazione”).

170 La distinzione tra causa e motivi – certo non agevole se si acceda alla ormai consolidata teoria

della causa concreta – può essere sintetizzata tenendo presente che la causa è il concreto interesse che attraverso il contratto viene ad essere soddisfatto, mentre il motivo è l’intima ragione che spinge il contraente ad obbligarsi, con la conseguenza che un conto è lo scopo obiettivo del contratto, altro lo scopo individuale perseguito dal contraente, che assume rilevanza causale solo se assurge a funzione del contratto, obiettivizzandosi in esso ed influenzandone in modo percepibile i termini

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determinato negozio giuridico, possono assumere rilevanza entrando a far parte del regolamento contrattuale attraverso il recepimento in una condizione risolutiva o sospensiva (ma anche nell’ipotesi di annullamento del contratto per dolo, in cui l’errore assume rilevanza anche se non essenziale e anche se afferente ai motivi individuali del contraente), il che però, di per sé, non significa di per sé che essi ne influenzino la causa.

La condizione, allorquando in essa si esprimano i motivi soggettivi, regolamenta l’efficacia del negozio cui è apposta, rivelando l’intento soggettivo di una o di entrambe le parti, senza in linea di principio accedere al piano della giustificazione oggettiva del rapporto alla luce dell’assetto di interessi perseguito. Si pensi all’ipotesi di compravendita di un immobile sospensivamente condizionata al trasferimento entro una determinata data della residenza dell’acquirente. Da un punto di vista logico, la condizione opera in questo caso in un momento successivo: una volta individuato l’assetto di interessi oggettivamente perseguito dalle parti per mezzo del contratto, che potrebbe ben realizzarsi indipendentemente dai motivi per i quali i contraenti si sono determinati a concluderlo, la condizione serve a subordinare quell’assetto di interessi (sul quale, quindi, non incide) al soddisfacimento dei motivi soggettivi. In questo caso, la condizione – pur attenendo al regolamento negoziale - non assume dunque rilievo causale.

A diversa conclusione dovrebbe però pervenirsi allorquando, se analizzata in concreto, è proprio la condizione a rivelare l’oggettiva funzione del negozio, risolvendosi nello strumento tecnico attraverso il quale le parti strutturano l’intera operazione giuridico-economica, perseguendone (e disvelandone) la funzione concreta (e dunque la causa). Si pensi all’ipotesi di contratto sospensivamente

programmatici dell’operazione. Un utile criterio guida è quello del “condizionamento”: anche laddove i motivi soggettivi non siano esplicitati nel contratto, infatti, deve ritenersi che essi riflettano la funzione e giustificazione oggettiva del negozio in concreto quando la disciplina del medesimo ne sia stata influenzata in maniera decisiva, al punto che l’operazione economica possa ritenersi giustificata, logica e non capricciosa, solo alla luce di quello scopo.

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condizionato alla conclusione o alla esecuzione di un rapporto collegato, qualora attraverso il collegamento negoziale le parti perseguano un complessivo assetto di interessi, ovvero ad un atto di rinunzia ad un diritto condizionato al perseguimento di una utilità, in capo al rinunziante, in forza di altro negozio o rapporto. In questi casi, attraverso l’elemento accidentale della condizione le parti estrinsecano l’interesse oggettivamente perseguito, e dunque la causa, garantendosi nel contempo una più agevole disciplina delle sopravvenienze: si pensi al rimedio risolutorio automatico, che rende non necessario ricorrere alla risoluzione per inadempimento, la quale – anche per chi ammetta l’efficacia risolutoria dell’atto unilaterale di esercizio del diritto potestativo di risoluzione per inadempimento – richiede pur sempre la pronuncia costitutiva del Giudice (171).

Ulteriore ipotesi ravvisata in dottrina è quella relativa ad un mandato a vendere senza obbligo di rendiconto, che sottende una causa concreta contrastante con il divieto di patto commissorio, allorquando il mandante sia debitore del mandatario e l’esecuzione del mandato sia condizionata al suo eventuale inadempimento (172).

Osservava un illustre Autore che “attribuire alla causa una funzione economico-individuale, significa darle, a nostro avviso, una portata che ne chiarisce il ruolo nell’ambito del negozio giuridico. Questo può articolarsi in elementi oggettivi e soggettivi, in clausole, condizioni, elementi accessori; il fatto che tutti questi elementi, spesso di natura così differente l’uno dall’altro, non siano sparpagliati, ma si coordino e si indirizzino verso una unitaria finalità, trova la sua giustificazione proprio nell’elemento della causa. […] La causa come funzione economico individuale sta appunto ad indicare il valore e la portata che

171

Per una approfondita e chiara riflessione sull’argomento, ed in particolare sul diritto potestativo alla risoluzione (che sorgerebbe, sul piano sostanziale, allorquando l’inadempimento raggiunga la soglia della non scarsa importanza), si rinvia a M. Paladini, L’atto unilaterale di risoluzione per

inadempimento, Torino, 2013, in particolare 105ss.

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all’operazione economica nella sua globalità le parti stesse hanno dato. Valore che può essere inteso solo se si considerino, veramente, tutti gli elementi di cui si compone il negozio giuridico; perché il negozio concreto, da tutti questi elementi

primari e secondari viene caratterizzato” (173).

La condizione – ma analogo ragionamento può essere condotto con riguardo agli altri accidentalia negotii, ossia al termine e al modus (quest’ultimo, peraltro, spesso sostituito nella prassi proprio dalla condizione) – può allora, a seconda dei casi, rivelarsi uno strumento concreto di emersione della causa, a testimonianza del fatto quest’ultima possa essere “indice di come il regolamento negoziale di interessi

sia l’espressione oggettiva di talune finalità soggettive” (174

).

Tale assunto, tornando alla questione di partenza, per un verso conferma ulteriormente come l’oggetto del negozio ben possa non essere sufficiente a spiegarlo causalmente, e per altro verso dimostra che l’elemento su cui riposa la causa può essere esterno alla struttura negoziale, sia pure richiamato dalle parti ai fini di integrare il regolamento negoziale (come avviene nel caso della condizione, che assumerebbe, sotto questo profilo, valenza di expressio causae).

Se l’oggetto, inteso come sintesi di prestazioni e attribuzioni, costituisce un referente causale (interno), non può dirsi lo stesso del regolamento negoziale, ossia della disciplina complessiva del negozio, il quale – se del caso attraverso elementi accidentali – può nondimeno far emergere l’esistenza di referenti esterni rispetto all’oggetto. In questo senso, quand’anche per struttura negoziale si intenda non solo l’oggetto, ma in senso più ampio il regolamento, rimane condivisibile l’assunto secondo cui la causa può trovare i suoi referenti in circostanze o situazioni esterne ad essa.

173 G.B. Ferri, op. cit., 371. 174

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3.7. Ulteriori riflessioni sulla valenza causale dell’elemento condizionale. Una

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 89-93)

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