Rilevata la valenza causale del concreto assetto di interessi complessivo perseguito dal negozio, occorre chiedersi quali elementi possano o debbano essere presi in considerazione ai fini della verifica e dell’accertamento in concreto di quell’assetto. E così, se è vero che in genere lo scambio tra le prestazioni oggetto del contratto esaurisce l’indagine causale (rendendo per così dire in re ipsa l’assetto di interesse oggettivo), è interessante chiedersi se la funzione del negozio possa e debba essere accertata anche sulla base di elementi diversi dalle prestazioni che ne formano oggetto, o addirittura in contrasto con ciò che il tipo, o la struttura dell’atto, sembrerebbero a prima vista indicare come funzione obiettiva.
A ben vedere, può accadere – e spesso accade – che la ragione giustificativa di un determinato negozio (non liberale), e dunque l’assetto di interessi perseguito nel suo complesso, non sia disvelata da un vero e proprio scambio di prestazioni, ma semmai da un interesse fondato su ulteriori elementi (pur oggettivi), ossia da un’utilità, di natura patrimoniale o non patrimoniale, che non necessariamente forma oggetto di una controprestazione.
Più in generale, considerare il contenuto, o meglio l’oggetto del contratto (inteso in senso giuridico come insieme delle prestazioni) o i suoi effetti essenziali, non sempre è sufficiente per pervenire ad esiti soddisfacenti in punto di accertamento causale. La stessa rilevanza causale dell’animus donandi nel negozio liberale dimostra che la prestazione o comunque l’effetto giuridico, di per sé considerati (si pensi al trasferimento a titolo gratuito del diritto al beneficiario accettante), non sono, per così dire, caratterizzanti o qualificanti ai fini
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dell’accertamento della causa, al punto che in dottrina non si è mancato di ritenere che la donazione sia in realtà priva di causa o che, più coerentemente con il sistema, la causa risieda nello “scopo” soggettivo perseguito dal disponente. Allo stesso modo, più in generale, la nozione concreta e individuale di causa concettualmente può implicare la rilevanza di elementi concreti e atipici, proprî della specifica operazione e riflettenti peculiari interessi delle parti (126).
Indagare il fenomeno causale significa allora chiedersi cosa attribuisca senso e giustifichi in concreto la scelta delle parti di esercitare in una determinata direzione la propria autonomia negoziale, e dunque quali elementi (si vedrà, presupposti causali o, ancor più precisamente, referenti obiettivi a rilevanza causale) possano essere presi in considerazione ai fini dell’accertamento della causa in concreto, in quanto rilevanti in relazione all’assetto di interesse divisato e perseguito dalle parti o dal disponente. Nel rispondere a tale domanda, potrà allora riflettersi se detti elementi debbano necessariamente essere ricercati nell’oggetto o nell’insieme degli effetti, oppure se possano essere etero-individuati; con l’ulteriore corollario, accedendo alla tesi della rilevanza causale di elementi esterni (ferma la necessità di definire i contorni e i parametri di riferimento di tale nozione di “estraneità”), consistente nell’indagare se gli elementi rilevanti ai fini dell’accertamento causale debbano necessariamente essere espressi nell’atto (ossia “dichiarati”), sia pure con riguardo ad elementi esterni ad esso, oppure se l’indagine causale possa essere condotta anche al di là e a prescindere dalle dichiarazioni negoziali (e, dunque, della expressio causae).
In punto di accertamento della causa, muovendo dalla distinzione tra accertamento ermeneutico-ricostruttivo della causa e accertamento oggettivo e funzionale, si è osservato che “l’accertamento sull’elemento causale può essere idealmente scisso in due fasi: quella ermeneutico-ricostruttiva, ossia
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l’individuazione in concreto del programma economico e dell’assetto di interessi che l’atto mira a realizzare, e l’accertamento obiettivo sulla sua capacità di funzionamento, tramite la verifica che non sia a priori irrealizzabile – in base alle
circostanze concrete in cui si colloca l’atto – la funzione programmata” (127
). La prima, ossia l’indagine ermeneutico-ricostruttiva in ordine agli interessi rilevanti nell’ambito dello specifico programma negoziale, si è detto, costituisce la fase prodromica dell’indagine causale, sempre necessaria a prescindere dalla specifica categoria di atti (128), nell’ottica di un accertamento causale improntato alla ricerca della funzione economico-individuale del negozio anche prescindendo, o addirittura smentendo, l’eventuale dichiarazione di scopo da parte dei contraenti (129). Il momento ermeneutico, secondo una impostazione (condivisibile, quantomeno con riguardo al piano dell’interpretazione), non significa considerare la causa come strumento volto ad orientare l’interpretazione e la qualificazione del contratto, dovendo semmai essere la causa e la funzionalità dell’atto ad essere sottoposta al previo esito interpretativo, al fine di evidenziare la concreta configurazione del singolo contratto rispetto all’assetto di interessi delineato (130
). Posto il momento ermeneutico-ricostruttivo dell’accertamento causale, la dottrina citata soggiunge che “l’indagine sulla causa non può rivolgersi alla pura funzione, una volta ricostruita quella programmata dalle parti, ma deve esaminare quali sono i presupposti da cui dipende la medesima, se oggettivamente sussistono
e se sono coordinati in maniera da consentire il funzionamento dell’atto” (131
). In sostanza, si argomenta, “la causa è, dunque, la funzione del contratto nell’accezione di una capacità concreta di funzionamento dell’atto misurata in
127 E. Navarretta, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 270. 128
Sull’esigenza di una ricostruzione in chiave ermeneutica della causa, cfr. Cass. 19 maggio 1967, n. 1084, in Giust. civ. Mass., 1967, 566.
129 E. Navarretta, op. cit., 272s. 130 E. Navarretta, op. cit., 270. 131
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rapporto al programma predisposto dai contraenti”, nel senso che la ricostruzione del concreto assetto di interessi programmato dalle parti non assorbe l’indagine causale, rappresentando soltanto, come detto, la fase prodromica (sia pure imprescindibile) di tale accertamento, ed occorrendo altresì accertare che tale programma non risulti a priori irrealizzabile, ossia che la funzione sussista in concreto, con particolare riguardo alla sua realizzabilità e non impossibilità (132).
Guardando ai due momenti costituenti l’accertamento della causa, così come sopra (e condivisibilmente) individuati, interessa in questa sede approfondire quello della ricostruzione del concreto assetto di interessi programmato dalle parti, a sua volta come detto propedeutico all’accertamento dei presupposti di funzionamento della causa, e dunque della sua realizzabilità e non impossibilità (133). Se è vero, infatti, che l’accertamento causale non può che tener conto della concreta realizzabilità, originaria e sopravvenuta, della funzione, è altresì innegabile che l’esigenza di spiegazione della realtà giuridica (e, conseguentemente, di qualificazione e disciplina) trova nel momento strutturale un prius logico e giuridico imprescindibile.
Una volta individuata (se c’è) la giustificazione del negozio sul piano strutturale, potrà condursi, a valle, il vaglio di meritevolezza di tutela ex art. 1322 cod. civ., e in generale la valutazione in punto di liceità, oltre che di possibilità della causa, prendendo in esame i presupposti di concreto funzionamento e realizzabilità della causa medesima. Con la precisazione, peraltro, che i presupposti di funzionamento della causa non necessariamente coincidono con i referenti obiettivi della stessa, che, come si è anticipato e in seguito si approfondirà, ne presiedono all’accertamento.
132 E. Navarretta, op. cit., 273. 133
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Così, il contratto avrà causa illecita se l’operazione, pur sensata e giustificata dal punto di vista delle parti, risulti disapprovata dall’ordinamento giuridico, che dunque si pone in questo caso in antitesi rispetto all’autonomia negoziale delle parti (134); la causa non sarà meritevole di tutela, in senso stretto, se essa non corrisponde ad un interesse rilevante dal punto di vista sociale e giuridico o se in concreto quell’assetto di interessi risulti recessivo rispetto ad altro interesse maggiormente meritevole di tutela; il contratto sarà, di contro, tecnicamente privo di causa se, pur considerando tutti i possibili referenti aventi rilevanza causale, esso risulti ingiustificato, insensato.
Una volta accertata la causa sul piano strutturale, potrà poi affrontarsi il profilo del concreto funzionamento della stessa, e discutersi di eventuali vizî della stessa sul piano genetico (si pensi al contratto rescindibile) o funzionale (si pensi alla disciplina della risoluzione del contratto per inadempimento, impossibilità sopravvenuta o eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione). Non senza ricordare, in proposito, l’obiezione di quella dottrina che, muovendo dalla natura della causa quale elemento essenziale del contratto, osserva che gli istituti volti a mantenere o disciplinare un certo equilibrio delle prestazioni all’inizio del rapporto e nella sua fase evolutiva attengono alla “realizzazione, in termini di efficacia giuridica, dell’autoregolamento divisato dalle parti in vista della funzione perseguita; per cui solo a voler usare un linguaggio traslato, che per il suo tono
equivoco conviene evitare, possono ricondursi nel quadro della causa” (135).
In effetti, come meglio si vedrà nel prosieguo (cfr. § 3.2 e § 3.3), è indispensabile distinguere l’accertamento della causa sotto un profilo strutturale (oltre che genetico) dall’analisi del piano funzionale, ossia della concreta idoneità
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E. Roppo, (voce) Contratto, cit., 113.
135 R. Scognamiglio, Dei requisiti del contratto (sub art. 1343 c.c.), in Comm. Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1970, 318. Secondo l’Autore, è contraddittorio affermare che un elemento essenziale, qual è la causa, possa mancare solo in parte o venire successivamente meno, dando luogo ad una ipotesi non già di invalidità, bensì di inefficacia.
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alla realizzazione della funzione divisata dalle parti, specie allorquando tale idoneità venga valutata nel tempo, ad esempio al fine di gestire le sopravvenienze capaci di incidere concretamente sul complessivo assetto di interessi.
3.2. Teoria dei presupposti e referenti obiettivi della causa, considerati in