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Il collegamento negoziale.

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 109-118)

S EZIONE I: G LI EFFETTI DI UN DISTINTO ATTO GIURIDICO NEGOZIALE COME REFERENTE CAUSALE ESTERNO

4.5. Il collegamento negoziale.

Il collegamento negoziale – figura oggetto di autorevole approfondimento in dottrina (196), che ha da ultimo ricevuto espresso riconoscimento normativo con l’introduzione della disciplina a tutela dei consumatori del credito al consumo e delle clausole abusive di cui agli artt. 1469-bis ss. cod. civ., oggi in parte confluita negli artt. 33 ss. d. lgs. 206/2005 (c.d. “Codice del Consumo”), e dall’art. 768 quater, 3° comma, cod. civ. in materia di patto di famiglia – secondo una diffusa

195 S. Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965, 413.

196 Non è possibile, considerata la finalità della presente ricerca, soffermarsi sull’ampia ed

autorevole elaborazione dottrinale concernente la figura del collegamento negoziale. Basti ricordare, tra i molti: C.A. Nigro, Collegamento contrattuale legale e volontario, con particolare riferimento

alla (vecchia e nuova) disciplina del credito ai consumatori, in Giur. it., 2011, 308; V. Barba, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, parte I, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 791;

M. Nuzzo, Contratti collegati e operazioni complesse, in AA.VV., I collegamenti negoziali e le

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interpretazione sussiste allorquando due o più negozî, ciascuno dei quali dotato di una propria autonomia strutturale, siano tra loro connessi in virtù di un legame giuridicamente rilevante, al fine di realizzare uno scopo pratico unitario, altrimenti non perseguibile mediante l’adozione dei singoli schemi contrattuali. Il collegamento è peraltro considerato “unilaterale” se solo uno dei due contratti è influenzato, per la sua validità o efficacia, dalle sorti dell’altro, poiché lo presuppone (si pensi al rapporto tra negozio accessorio di garanzia e negozio principale).

Al fine di ravvisare la sussistenza del collegamento negoziale volontario, si osserva, non è sufficiente l’esistenza di un risultato economico complessivo dato dalla combinazione oggettiva di due o più contratti, ma è necessario accertare, secondo i consueti canoni ermeneutici, una specifica volontà delle parti in tal senso. Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, dunque, affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, è necessario che ricorra, per un verso, il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozî, e per altro verso, il requisito soggettivo, consistente non nella mera formale coincidenza tra le parti di un negozio e quelle di un altro, bensì nel comune intento pratico delle parti di volere, oltre all’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, il coordinamento tra essi per la realizzazione di un fine ulteriore (197). Il requisito soggettivo è però ridimensionato nell’ipotesi in cui il collegamento

197 Cfr. Cass. 15 maggio 2012, n. 7550, in NGCC, 2012, 1059 ss., secondo cui “il criterio distintivo

tra contratto unico e contratto collegato non può essere identificato in base ad elementi formali quali l’unità o pluralità dei documenti contrattuali o la mera contestualità delle stipulazioni, ma dall’elemento sostanziale consistente nell’unicità o pluralità degli interessi conseguiti. Le parti, nell’esplicazione della loro autonomia negoziale, possono, con manifestazioni di volontà espresse in uno stesso contesto dar vita a più negozi distinti ed indipendenti ovvero a più negozi tra loro collegati. In particolare affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, sia il requisito soggettivo. Questo ultimo, peraltro, non è dato dalla mera, formale coincidenza tra le parti di un negozio e quelle di un altro, ma è costituito dal comune intento pratico delle parti (che può essere manifestato sia in forma espressa che in forma tacita) di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in

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negoziale trovi fonte direttamente nella legge, quale strumento di protezione della parte “debole”, qual è il caso del credito al consumo (198

).

Si ritiene allora, comunemente (ma l’affermazione merita un ripensamento, quantomeno nella sua assolutezza, come a breve si dirà) che ciascuno dei singoli contratti mantenga la propria funzione economico-individuale (per così dire, una “causa parziale”), e che, ciò nondimeno, l’operazione negoziale complessivamente considerata trovi la propria ragione concreta in quell’assetto di interessi globale che ha costituito la spinta determinativa dell’operazione stessa (c.d. “causa complessiva”) (199

).

Le predette considerazioni consentono di trarre una prima osservazione, strettamente legata all’oggetto della presente ricerca: il nesso teleologico ed oggettivo (prima ancora che soggettivo) tra i due negozî collegati, a ben vedere, non ha una rilevanza meramente economica – nonostante il frequente ricorso all’espressione “operazione economica unitaria” (meglio sarebbe discorrere di “operazione negoziale unitaria”) –, bensì esprime un assetto di interessi giuridicamente rilevante sul piano causale, come tale non relegabile al piano di mera occasionalità o di motivo soggettivo dell’atto.

essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore. Nulla esclude, infatti, che possa esistere un rapporto di interdipendenza funzionale in presenza di contratti con contenuto differente e intervenuti tra soggetti formalmente diversi (Cass. 28/07/2004, n. 14244)”;

cfr. altresì Cass. 11 settembre 2014, n. 19161, in Pluris; Cass. 28 luglio 2004, n. 14244, in Giur. it., 2005, 1825; Cass. 15 maggio 2010, n. 11974, in Mass. giust. civ., 2010.

198 Cfr., sull’argomento del credito al consumo quale ipotesi di collegamento negoziale di fonte

legale, Cass. 29 settembre 2014, n. 20477, in Pluris, la quale – sia pure con riferimento alla previgente disciplina contenuta nel T.U.B. agli artt. 121 ss. – rileva che la tipologia di contratto di credito al consumo prescinde dal rapporto tra finanziatore e fornitore, spesso peraltro presente in forma di convenzione (non esclusiva), essendo sufficiente che l’operazione di finanziamento risulti finalizzata all’acquisto di un bene (o servizio) determinato, scelto dal consumatore prima di accedere al finanziamento, e perciò individuato già nel contratto di finanziamento e pagato direttamente dal finanziatore al fornitore.

199 Secondo la giurisprudenza, il collegamento tra più contratti implica una causa in concreto che

“ha specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella – parziale – dei singoli contratti, di questi

ultimi connotando la reciproca interdipendenza” (Cass. 27 luglio 2006, n. 17145, in Obbl. e Contr.,

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Ciò è dimostrato, prima ancora che dalle conseguenze di disciplina che si suole trarre dal collegamento (su cui si tornerà, con particolare riguardo alla clausola simul stabunt simul cadent), dalle espressione utilizzate, in motivazione, da alcune delle più recenti decisioni della Suprema Corte, laddove si afferma, del tutto condivisibilmente, che “affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico non è sufficiente un nesso occasionale tra i negozi, ma è necessario che il collegamento dipenda dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trovi la propria causa (e non il semplice

motivo) nell’altro” (200

); ed ancora, più esplicitamente, che il collegamento è volto “a realizzare uno scopo pratico unitario (atto a fungere da causa concreta dell'intera negoziazione), specifico, autonomo ed ulteriore rispetto a quello ad essi

singolarmente attribuibile” (201).

Attraverso il collegamento negoziale, dunque, si esprime la causa concreta dei singoli negozî, così come voluta e oggettivamente plasmata dalle parti, al punto che, secondo autorevole dottrina, “la connessione che lega un contratto all’altro può essere rilevata solo con riferimento alla causa concreta che le operazioni sono

complessivamente dirette a realizzare” (202). Il collegamento negoziale – in quanto

200 Cass. 8 luglio 2004, n. 12567, in Giur. it., 2005, 1406; cfr. altresì Cass. 29 settembre 2014, n.

20477, cit., secondo cui è ravvisabile un collegamento negoziale nell’ipotesi di credito al consumo, atteso che “il nesso tra i negozi non è affatto occasionale, bensì dipendente dalla genesi stessa del

rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trova la propria causa nell’altro”.

201 Cass. 11 settembre 2014, n. 19161, cit., ove però si esclude, sulla base della corretta

interpretazione della volontà delle parti operata dal giudice di merito, che sussista un collegamento negoziale tra la vendita dell’hardware e la vendita del software, con conseguente disciplina autonoma dell’invalidità e della risoluzione dei due negozî.

202 C.M. Bianca, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, in Riv. dir. civ., 2014, 2, 258, ove si

osserva che la causa concreta consente di cogliere e spiegare l’influenza spiegata da un negozio sull’altro. La giurisprudenza ha ritenuto prerogativa “del giudice di merito l’individuazione di un

collegamento negoziale fra il contratto di acquisto e negoziazione di strumenti finanziari e quello di conto corrente bancario, stipulati dal cliente […] allorché sia ravvisata l’interdipendenza funzionale tra i medesimi, utilizzati in combinazione strumentale volta a realizzare lo scopo pratico unitario, costituente la causa concreta della complessiva operazione, specifica ed autonoma rispetto a quella dei singoli contratti”: Cass. 8 febbraio 2012, n. 1875, in Contratti, 2012, 337.

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nesso tra negozî, distinto dal fenomeno di accessorietà (203) o mera derivazione – assume dunque un autonomo rilievo rispetto al problema della causa in ragione di una relazione di reciprocità e interdipendenza in vista di un’unitaria funzione, a differenza di quanto accade nelle c.d. ipotesi di collegamento necessario, in cui sussiste mera dipendenza logico-temporale tra negozio-presupposto e negozio- dipendente (si pensi alla ratifica, alla convalida, alla revoca, al subcontratto) (204).

Si tratta di una causa (concreta) che, proprio in quanto non può essere ricondotta ad un negozio unitario, ma pur sempre ai singoli contratti collegati, si articola, per ciascuno di essi, su un referente obiettivo esterno, ossia, appunto, sugli effetti dell’altro altro negozio collegato, eventualmente concluso tra parti differenti. Non basta, evidentemente, il richiamo ad altro negozio, ma occorre che gli effetti di questo si inseriscano nel medesimo assetto di interessi concreto (205).

Affermare dunque – con la giurisprudenza sopra richiamata – che un negozio trova causa nell’altro significa solo che ciascun negozio, in forza del collegamento, si caratterizza per una particolare attitudine alla realizzazione di un assetto di interessi, che il collegamento gli conferisce. Vengono allora alla mente le parole di G.B. Ferri, allorquando ricordava che l’interesse, causalmente rilevante, “investe completamente e in blocco l’operazione negoziale” (206

), con la conseguenza che “ciò che si pone, come elemento primario di valutazione da parte dell’ordinamento giuridico, è proprio l’insieme di tutta questa operazione economica, sia essa riconducibile alle categorie tipiche legali o soltanto sociali, in

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N. Irti, Note introduttive a I collegamenti negoziali e le forme di tutela, in Quaderni della Riv.

trim. dir. proc. civ., Milano, 2007, 4.

204 G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 403s.

205 Sarebbe ad esempio tautologico – si è ritenuto – ritenere di poter superare le contestazioni di

astrattezza riferite al contratto autonomo di garanzia semplicemente alla luce del fatto che tale negozio sia stato posto in essere in esecuzione di un mandato, così operando un ragionamento circolare affetto dall’innesto, sul collegamento negoziale di cui all’art. 1703 cod. civ., di un atto astratto: cfr., in questo senso, E. Navarretta, op. cit., 348.

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quanto espressione o portatrice di interessi individuali” (207) e “la funzione

individuale deve intendersi come funzione globale dell’operazione economica,

considerata cioè nel suo complesso” (208).

Ciò posto, merita allora tornare alla (forse eccessivamente tralatizia) affermazione secondo cui ciascuno dei contratti collegati mantiene la propria autonomia strutturale, la propria causa individuale, quasi che la causa concreta insita nel collegamento rappresenti un quid pluris, una funzione ulteriore e diversa rispetto a quella del singolo atto.

Tale impostazione non sembra potersi condividere, nella sua assolutezza, perché finisce con il porsi in contrasto con la stessa nozione di causa in concreto, e con l’assunto per cui la funzione di uno dei due negozî collegati non può essere apprezzata in modo pieno senza considerare l’operazione economico-giuridica unitaria realizzata attraverso il collegamento, guardando così all’esterno degli elementi strutturali del singolo contratto (209).

Se è vero infatti che in talune ipotesi la “causa individuale” mantiene una propria autonomia, come tipicamente avviene nel caso di collegamento tra mutuo di scopo e contratto di compravendita avente ad oggetto il bene finanziato (210) o in riferimento al credito al consumo (211), vi sono situazioni, le più interessanti, nelle

207 G.B. Ferri, op. cit., 257. 208 G.B. Ferri, op. cit., 387.

209 Secondo E. Gabrielli, “Operazione economica” e teoria del contratto (studi), Milano, 2013, 179,

“l’operazione economica […], quale schema unificante l’intero assetto di interessi disegnato

dall’autonomia privata, penetra all’interno delle singole cause che compongono il collegamento negoziale, qualificandole in concreto, a prescindere dalla causa tipica dei singoli schemi negoziali”.

210 Cfr., da ultimo, Trib. Salerno, Sez. II, 3 marzo 2014, in Pluris (s.m.), secondo cui “la concessione

di un finanziamento per l’acquisto di un autoveicolo, attuata attraverso il pagamento diretto del venditore da parte del mutuante, dà vita ad un collegamento negoziale tra il contratto di mutuo di scopo e quello di compravendita, a nulla rilevando che l’acquirente sia persona diversa dal mutuatario”; analogamente, Trib. Reggio Emilia, Sez. II, 13 febbraio 2014, in Pluris (s.m.). Per una

disamina critica dei precedenti giurisprudenziali in tema di mutuo di scopo, con particolare riguardo alla normativa sul credito al consumo, cfr. Cass. 29 settembre 2014, n. 20477, cit.

211 Si veda, in tema di credito al consumo, la già ricordata Cass. 29 settembre 2014, n. 20477, cit.,

secondo cui “si tratta di un collegamento negoziale in senso proprio dal momento che il nesso tra i

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quali una puntuale considerazione del collegamento negoziale porta ad accertare, in concreto, una causa diversa, se non addirittura incompatibile, rispetto a quella che il singolo negozio di per sé esprimerebbe. In questi casi, l’affermazione secondo cui ciascun negozio collegato mantiene la propria autonomia strutturale non può spingersi fino al punto di considerarne conservata la causa, perché ciò condurrebbe a risultati chiaramente contraddittorî, oltre che poco attenti alla effettiva dinamica giuridico-economica sottesa al collegamento.

Si pensi al dibattito in merito alle operazioni di credito con abbinamento di prodotti assicurativi a protezione di rischi legati alla vita del debitore (morte, malattia, perdita del lavoro) o alla consistenza della cosa il cui acquisto è finanziato, con particolare riguardo al rapporto tra contratto di mutuo e polizza assicurativa a copertura di rischi connessi all’immobile ipotecato, fattispecie solitamente ricondotta proprio al fenomeno del collegamento negoziale (212).

Si osserva, in proposito che, stante l’usuale previsione della clausola o appendice di “vincolo” a beneficio del soggetto erogante il finanziamento (213

), la

circostanza cioè che uno dei due negozi trova la propria causa nell’altro, sicché è la legge stessa che coordina i negozi, facendo assurgere la connessione teleologica ad elemento della fattispecie”.

212 Cfr., in tal senso, Cass. 20 maggio 2009, n. 11706, in Giur. it., 2010, 4, 824; Cass. 21 giugno

1995, n. 7021, in Giust. civ., 1996, I, 2697; A.B.F., coll. coord., 14.2.2014, n. 896, in NGCC, 2014, 843 ss., secondo cui “L’esistenza del collegamento negoziale fra contratto di mutuo e polizza

assicurativa non può, dunque, essere revocata in dubbio laddove la copertura contro il rischio di incendio e/o danneggiamento dell’immobile gravato da ipoteca sia stipulata dallo stesso intermediario titolare del diritto di garanzia nell’interesse del soggetto mutuatario, ricadendosi così nell’ipotesi dell’assicurazione per conto altrui, oppure qualora – come si riscontra nella fattispecie sottoposta all’esame di questo Collegio – il contratto di finanziamento preveda l’obbligo del cliente di assicurare l’immobile fino a concorrenza del valore reale, con vincolo a favore della banca mutuante (…). Ne deriva che, verificatasi l’estinzione anticipata del mutuo, viene meno l’interesse all’esistenza della polizza da parte della banca. Non si può dire, però, che sia cessato il rischio di incendio e che quindi sia venuto meno l’interesse all’assicurazione”.

213 Solitamente il soggetto erogante il finanziamento è designato come beneficiario della prestazione

assicurativa, nel caso di polizza sulla vita, ovvero vincolatario dell’indennizzo in ragione di specifica clausola, nel caso di polizza a copertura di danni. In riferimento a questa seconda ipotesi, si osserva che il patto di vincolo consiste nel diritto del finanziatore di soddisfarsi sull’eventuale indennità dovuta dall’assicuratore fino a concorrenza dell’importo finanziato e non ancora rimborsato, alternativamente ricondotto ad un obbligo per l’assicuratore di pagare l’indennizzo direttamente ad un terzo legato all’assicurato da un rapporto giuridico o a non pagarlo all’assicurato, se non previo consenso di tale terzo: M. Soldan, Estinzione anticipata del finanziamento connesso a

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funzione assicurativa e previdenziale della polizza, in questi casi, risulta in concreto svilita dinanzi alla effettiva funzione di protezione dell’operazione di credito (214), risultando dominante la necessità (per la banca) di tutelarsi a fronte del rischio di mancata restituzione del finanziamento (215). Di qui l’inferenza secondo cui “il vincolatario non ha un interesse diretto ex art. 1904 cod. civ. al risarcimento del danno, ma solo indiretto, vantando nei confronti dell’assicurato una ragione di credito – attuale o potenziale – la cui soddisfazione la clausola di vincolo è

finalizzata a garantire” (216), discutendosi poi se l’eventuale sopravvivenza di un

profilo di protezione del rischio all’estinzione del finanziamento collegato consenta di affermare la permanenza della polizza anche successivamente alla estinzione del finanziamento collegato (mantenendovi interesse l’assicurato) o se, di contro, “all’estinzione del contratto di finanziamento quindi, sarebbe più logico ritenere caducata automaticamente pure la polizza assicurativa, la cui causa in concreto (esteriorizzata dalla clausola di vincolo), risulta ab origine mutata e divergente dalla causa tipica del contratto di assicurazione intesa come funzione economico- sociale” (217).

Ad ogni modo, deve ritenersi che, con riguardo alla polizza assicurativa, il collegato contratto di finanziamento (o meglio, i suoi effetti) non attenga al rischio assicurato, bensì, appunto, alla causa concreta della polizza, che, in tutto o in parte, differisce da quella meramente previdenziale-assicurativa. Il collegamento negoziale, in questo caso, incide (integrandola, o addirittura sostituendola) sulla causa del singolo negozio, che dunque non può ritenersi autonoma. La causa

polizza assicurativa con patto di vincolo. Collegamento negoziale e suoi effetti, nota a A.B.F., coll.

coord., 14.2.2014, n. 896, in NGCC, 2014, 847s.

214

M. Soldan, op. cit., 851.

215 O. Caleo, Polizze assicurative connesse ai mutui e garanzia del credito, in Obbl. e contr., 2012,

771.

216 M. Soldan, op. cit., 848. 217

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concreta è unitaria, complessiva, ed è quella che si determina alla luce del concreto assetto di interessi perseguito.

Per un’ulteriore ipotesi in cui la c.d. “causa individuale” è in realtà superata e smentita dalla causa concreta, consistente nell’attitudine all’assetto di interessi perseguito per il tramite del collegamento, si pensi all’ipotesi in cui Tizio, persona di età avanzata il cui patrimonio si componga di soli due beni immobili, doni a mezzo atto notarile il diritto di nuda proprietà dei predetti immobili, uno per ciascun figlio, riservandosi l’usufrutto, sottoscrivendo contestualmente con i due figli una scrittura privata “a latere” ai sensi della quale i figli si impegnano a non alienare il diritto di nuda proprietà prima dell’estinzione dell’usufrutto per morte del genitore nonché, sempre a tale momento, a regolare tra loro eventuali conguagli al fine di assicurare la parità di trattamento. In un caso come questo, a prescindere dalla eventuale invalidità del divieto di alienazione non contenuto entro convenienti limiti di tempo, per contrasto con l’art. 1379 cod. civ., sotto il profilo causale appare evidente, alla luce del sostanziale svuotamento del contenuto del diritto oggetto di trasferimento a titolo gratuito, che la causa di liberalità non si aggiunge, ma viene per così dire superata e contraddetta dalla complessiva funzione (mortis causa) di sistemazione anticipata di assetti successorî, con conseguente verosimile nullità di entrambi i negozî per violazione del divieto contenuto nell’art. 458 cod. civ.

In definitiva, l’assetto di interessi complessivo si coglie alla luce degli effetti dei negozî collegati, e dunque in base ad un referente esterno di fonte negoziale. L’istituto del collegamento negoziale conferma in particolare come, in concreto, un approccio dell’indagine causale che si appiattisca sul piano dell’oggetto del singolo atto possa addirittura condurre ad esiti fuorvianti, ad esempio assumendo valido un contratto che, invece, se correttamente analizzato con riguardo all’operazione negoziale unitaria, risulterebbe illecito o privo di causa.

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Merita infine precisare che l’estraneità del referente causale rispetto agli elementi intrinseci al contratto è una nozione tecnica ed oggettiva, la quale non è esclusa per il solo fatto che le parti abbiano indicato la relativa circostanza nel regolamento contrattuale: se è normale, ad esempio, che un contratto richiami quello ad esso collegato, tale dichiarazione non rende “interno” il referente causale (sull’expressio causae, v. infra § 5.1 e § 5.2). In altri termini, l’esplicitazione del referente causale può rivestire una funzione di accertamento e di agevolazione ermeneutica, ma non lo rende di per sé “interno” al contratto, se esso non attiene all’insieme delle prestazioni essenziali (oggetto). Tanto più che l’accertamento in

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 109-118)

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