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Il problema dell’expressio causae Il caso dei negozî la cui struttura ne rivela di per sé la causa.

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 179-182)

S EZIONE II: I NTERESSE OGGETTIVO E REFERENTI CAUSALI ESTERNI DI NATURA NON NEGOZIALE

5. R EFERENTI CAUSALI ED EXPRESSIO CAUSAE

5.1. Il problema dell’expressio causae Il caso dei negozî la cui struttura ne rivela di per sé la causa.

Una volta individuato cosa debba intendersi per referente causale esterno e quali situazioni possano avere luogo in concreto, è necessario, al fine di completare l’indagine circa l’accertamento della causa sul piano strutturale, soffermarsi sul problema dell’expressio causae, ossia domandarsi se obiettivizzare la funzione dell’atto significhi, necessariamente, esplicitarla nell’ambito delle dichiarazioni contrattuali. In altri termini, occorre comprendere se l’accertamento causale debba necessariamente fondarsi sull’esplicitazione, nell’atto, dell’assetto di interessi che costituisce la ragione giustificativa degli effetti negoziali voluti dalle parti.

Usualmente la nozione di expressio causae viene ricondotta – se non addirittura alla specificazione del tipo – alla dichiarazione della causa, ossia alla documentazione ed esternazione inequivoca dello scopo, della funzione dell’atto (326).

Dal punto di vista normativo, il problema dell’expressio causae si pone in quanto il Codice del ’42 non ripropone né la previsione di cui all’art. 1120 del Codice previgente, secondo cui “il contratto è valido quantunque non ne sia espressa la causa”, né quella del successivo art. 1121, ai sensi del quale “la causa si presume sino a che non sia provato il contrario”. Da ciò è parso doversi inferire

326 M. Martino, L’expressio causae. Contributo allo studio dell’astrazione negoziale, Torino, 2011,

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che il Legislatore abbia innovato il sistema, nel senso che la causa non solo debba esistere ed essere lecita, ma anche essere esibita (327).

La dottrina, anche recentemente, ha tuttavia precisato che il problema della dichiarazione della causa non deve essere sopravvalutato, dovendosi piuttosto porre l’attenzione sulla prova della causa, che, in applicazione del generale riparto dell’onus probandi contenuto nell’art. 2697 cod. civ., il nuovo Codice ha posto a carico di colui che intenda far valere un diritto, al pari di tutti gli altri elementi costitutivi del contratto (328).

Si è allora osservato che, con riguardo ai contratti a forma verbale, non avrebbe molto senso pretendere una prova dell’ostentazione integrale della causa distinta dalla prova della conclusione del contratto stesso e del relativo regolamento, trattandosi di profili inevitabilmente coincidenti (329); quanto poi ai negozî formali, a prescindere dal problema dell’expressio causae, la causa non potrebbe che evincersi dagli spostamenti patrimoniali programmati dalle parti necessariamente con l’atto scritto (330

).

Secondo un ulteriore punto di vista, la questione dell’expressio causae sarebbe assorbita, e dunque priva di autonoma rilevanza giuridica e precettiva, in caso di contratto a prestazioni corrispettive, ove la manifestazione della giustificazione causale coincide con l’espressione, nelle forme previste, del regolamento negoziale; si ritiene, in proposito, che “se la funzione del negozio non può emergere se non nell’ambito della sua struttura, essendo tutt’uno con la dichiarazione di volontà e con il contenuto di questa, la stessa esistenza di una dichiarazione di volontà, per definizione (vale a dire destinata alla esternazione),

327 Per un efficace inquadramento del problema dell’expressio causae, cfr. M. Barcellona, Della

causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, 2015, 302.

328

M. Barcellona, op. cit., 303s., ove si precisa che l’abbandono della presunzione del previgente art. 1121sembra operare esclusivamente sul piano della prova, riconducendo il contratto e la sua causa al principio di cui all’art. 2697 cod. civ.

329 M. Barcellona, op. cit., 305. 330

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non può che essere già di per sé idonea a rendere espressa anche la causa” (331).

Ne deriva che, in questi casi, in relazione alla expressio causae, intesa come documentazione di ciò che nel contratto è “causa”, il più delle volte si sarebbe di fronte alla documentazione del contratto nella sua completezza (332): in caso di compravendita, ad esempio, la causa risulta dalla manifestazione di volontà volta alle prestazioni corrispettive (più che dalla qualificazione o dal nomen iuris adottato dalle parti, di per sé non vincolante).

Simili affermazioni sono in linea di principio condivisibili, sia pure con la precisazione che l’irrilevanza di una esplicita dichiarazione della causa riguarda non tanto i negozî a struttura sinallagmatica di per sé considerati, quanto, in generale, i negozî la cui struttura è idonea a rivelarne l’assetto di interessi perseguito, senza necessità di ricorrere a referenti esterni. La tesi dell’irrilevanza dell’expressio causae, peraltro, rivela come, al di là del dato formale della specificazione della causa, ossia della esplicitazione di quale sia l’assetto di interessi perseguito dal disponente o dalle parti, ciò che realmente viene in considerazione è l’emersione dal regolamento contrattuale degli elementi su cui la causa si fonda. A ben vedere, peraltro, parlare di struttura autoevidente altro non significa, in buona sostanza, che ritenere esplicitata la causa attraverso l’indicazione delle prestazioni nelle quali la funzione si esplichi compiutamente, senza necessità di ricorrere a referenti esterni.

Ne deriva, seguendo il ragionamento, che la mera esplicitazione della causa, in quanto tale, non può ritenersi necessaria nemmeno in caso di negozî formali la

331 M. Martino, op. cit., 180.

332 M. Martino, op. cit., 161 ss., ove si osserva che “può ben darsi che le parti, con separata attività

di documentazione di carattere riproduttivo-ricognitivo – quale pure ad esse è consentito realizzare ad altri fini, di rafforzamento della situazione giuridica precedentemente costituita – facciano integrale rinvio al contenuto contrattuale, in tal modo consentendo l’emersione, a fini di agevolazione processuale, delle ragioni di una attribuzione già operante sul piano sostanziale. In tal caso la causa oggetto di expressio finirebbe per indicare null’altro che il contratto, inteso come

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cui struttura ne riveli la funzione, posto che, in questo caso, dall’atto scritto o solenne risultano i referenti su cui l’assetto di interessi perseguito si articola. Del resto, opinare diversamente significherebbe attribuire al momento dichiarativo (ed al nomen iuris) una portata giuridica che lo stesso non può avere, limitando nel contempo in maniera non accettabile l’apprezzamento e l’accertamento della causa concreta, così come divisata dalle parti, al di là (e, talvolta, anche a prescindere) dalle dichiarazioni fatte.

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 179-182)

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