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Expressio causae e negozî con referenti causali esterni.

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 182-188)

S EZIONE II: I NTERESSE OGGETTIVO E REFERENTI CAUSALI ESTERNI DI NATURA NON NEGOZIALE

5. R EFERENTI CAUSALI ED EXPRESSIO CAUSAE

5.2. Expressio causae e negozî con referenti causali esterni.

Un problema di “dichiarazione” della causa sembra porsi in maniera più rilevante nell’ipotesi di negozî in cui la funzione non sia resa evidente dalla struttura dell’atto (si pensi alle prestazioni isolate), o comunque allorquando l’accertamento causale richieda di prendere in esame elementi esterni alla struttura e al regolamento negoziale, financo per smentire quella che, sulla base della struttura del negozio di per sé considerata, ne risulterebbe, in apparenza, la funzione.

Autorevole dottrina, non a caso, ha attribuito rilevanza centrale all’expressio causae nell’ambito dell’intricata problematica degli atti astratti e della derogabilità del principio consensualistico. Si è in particolare osservato che il nuovo Codice ha ripreso l’essenza degli artt. 1120 e 1121 del Codice previgente solo con riferimento alla promessa di pagamento e alla ricognizione di debito, nonché nella disciplina dei titoli di credito, escludendo così la validità di un negozio (diverso dalla promessa di pagamento o dal riconoscimento) posto in essere senza fare riferimento alla “causa” o allo “scopo” (333

).

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Certamente, l’esplicitazione nel testo contrattuale del referente causale esterno – si pensi ad un negozio collegato o presupposto, i cui effetti obbligatorî giustificano l’atto unilaterale di disposizione, o di assunzione di un obbligo, o di rinunzia – riveste grande utilità sul piano probatorio, ai fini dell’accertamento causale; ciò in quanto, come sopra ricordato (cfr. § 5.1), il Codice civile del 1942 non prevede una regola generale di presunzione di esistenza della causa, per cui la dichiarazione dell’assetto di interessi perseguito dalle parti senza dubbio costituisce un (auspicabile) ausilio sul piano probatorio, con evidenti ricadute anche in ordine alla tutela dell’affidamento dei terzi e al regime di opponibilità della giustificazione causale.

In rapporto a tale supporto probatorio, tuttavia, deve osservarsi come esso non possa ritenersi comunque decisivo, attesa la natura ricognitiva della dichiarazione dello “scopo” e, quindi, la possibilità di prova contraria in ordine alla effettiva funzione rivestita in concreto dal negozio (in sostanza, richiamando il concetto di astrazione processuale, può parlarsi quantomeno di inversione dell’onere della prova circa il carattere causale dell’atto); in altri termini, l’eventuale expressio causae (si pensi ad un’ipotesi di donazione indiretta) non potrebbe dirsi vincolante per l’interprete, dovendosi in ogni caso avere riguardo ai caratteri oggettivi del precetto negoziale (334). Come è stato osservato, una cosa è l’espressione della causa, un’altra la sua esistenza o la sua prova (335

).

Affermare che l’expressio causae sia opportuna, sotto un profilo soprattutto probatorio, non significa allora che sia anche necessaria ai fini della validità del negozio – quand’anche esso si caratterizzi per avere un referente causale esterno – ossia che in assenza di una specifica dichiarazione delle parti (o del disponente in caso di negozio unilaterale) l’atto sia irrimediabilmente destinato alla sanzione della

334 M. Martino, op. cit., 195. 335

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nullità; il che val dire che la mancata dichiarazione del referente non necessariamente impedisce che dello stesso si debba tener conto sul piano dell’accertamento causale.

A mente di ciò, pare allora sostenibile che, al di fuori delle ipotesi in cui l’ordinamento richiede che l’atto espliciti la sua funzione (si pensi all’animus donandi nel caso di donazione non manuale, o all’animus novandi ex art. 1230, 2° comma, cod. civ.; l’esplicitazione della causa è richiesta dalla giurisprudenza anche nell’ipotesi di negozio di accertamento, in relazione alla res dubia, affinché esso non si risolva in un negozio astratto ritenuto incompatibile con l’ordinamento) (336

), la dichiarazione nel testo negoziale dell’assetto di interessi oggettivamente perseguito non sia né condizione necessaria, né condizione sufficiente per individuare la causa, quand’anche il negozio si caratterizzi per un referente causale esterno.

Sotto il primo profilo, invero, affermare che, in assenza di una presunzione iuris tantum di causalità, chi intenda far valere la validità del contratto abbia l’onere di provarne il fondamento causale non significa che – in assenza di una struttura negoziale che renda di per sé evidente la giustificazione causale – tale prova non possa (in assenza di una specifica previsione normativa) essere fornita aliunde; del resto, come condivisibilmente si è osservato, “la necessaria previsione espressa della causa e il superamento della presunzione di esistenza della causa si collocano su due piani differenti” (337).

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Per un approfondimento sul tema dell’expressio causae in relazione alla figura del negozio di accertamento, si rinvia a L. Dambrosio, op. cit., 77ss. Secondo l’Autore, in caso di negozio di accertamento avente ad oggetto un diritto reale la necessità della forma scritta implica che dall’atto debba risultare la causa, ossia la giustificazione dell’accertamento, poiché “indagare su elementi

estrinseci allo stesso significherebbe non solo privare di senso il requisito formale, ma, anche, riprendere in considerazione il titolo originario, cosa che […] non può avvenire” (L. Dambrosio, op. cit., 116).

337 E. Navarretta, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000, 266s. L’Autrice ricorda che, con

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Tale osservazione appare conferente non soltanto in relazione agli atti la cui struttura non consente di per sé di individuare la giustificazione causale (si pensi alle c.d. prestazioni isolate), ma anche a fronte di negozî che, pur “dichiarando” o rendendo manifesta una causa tipica (o comunque apparente), in concreto perseguano una funzione diversa o ulteriore, la cui prova deve poter essere data sulla base di circostanze ed elementi esterni. L’expressio causae, si è precisato, è fungibile rispetto ad ulteriori soluzioni idonee ad evidenziare e comprovare la causalità dell’atto, con la conseguenza che la prima non costituisce un elemento strutturale e imprescindibile del contratto (338). Più in generale, “se per causa si intende il rapporto pregresso, la c.d. causa esterna, la documentazione in parola assume connotazioni indubitabilmente ricognitive e si esaurisce in esse: l’expressio è la dichiarazione ricognitiva, perché la causa è il fatto oggetto di ricognizione” (339).

Analoghe considerazioni – proprio alla luce della non decisività del nomen eventualmente utilizzato dalle parti – sembrano potersi svolgere allorquando il negozio sia formale, dovendosi ammettere anche in questo caso la verifica e l’accertamento aliunde del referente causale esterno.

Alla luce di quanto appena esposto, è possibile approcciare in maniera critica l’assunto dottrinale secondo cui, con riferimento all’atto di trasferimento di un bene immobile posto in essere dal mandatario senza rappresentanza in favore del mandante, ai sensi dell’art. 1706 cod. civ. ma senza la “dichiarazione della causa”, l’atto traslativo, pur accettato, risulterebbe “privo di qualsiasi contestualizzazione causale, anche per il tramite di una relatio”, con conseguente invalidità o rimozione degli effetti prodotti (340). Pur essendo innegabile che l’esplicitazione

giustificazione causale, la dichiarazione dello scopo nell’atto resta pur sempre la via più agevole per evitare l'eccezione di astrazione e per non scoraggiare l’acquisto di terzi.

338 E. Navarretta, op. cit., 273. 339 M. Martino, op. cit., 71. 340

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dello scopo esecutivo rispetto alle obbligazioni nascenti dal mandato offrirebbe un’agevole (sia pure non dirimente) soluzione al problema dell’accertamento causale, anche con riguardo a tale ipotesi non sembra invero possibile ritenere che la dichiarazione della causa rappresenti un quid indefettibile, dovendosi di contro ammettere che l’interessato dimostri l’esistenza del mandato e l’acquisto operato in esecuzione del medesimo da parte del mandatario per conto del mandante, al fine di provare la giustificazione causale del successivo atto di trasferimento al mandante.

L’assenza di expressio causae non impedisce quindi la prova del complessivo assetto di interessi e, dunque, della causa dell’atto.

Per fare un ulteriore esempio, se è vero che, con riguardo alla donazione formale, è prassi diffusa ricorrere ad espressioni quasi sacramentali per rendere espresso e manifesto l’animus donandi, è altrettanto vero che, quantomeno con riguardo alle ipotesi di liberalità non donative, la giustificazione causale ben potrebbe emergere da circostanze estranee a qualsivoglia dichiarazione. Così, discorrendo dei profili causali dell’adempimento del terzo e della possibilità che esso si connoti per una causa liberale, si è affermato che gli interessi idonei a spiegare rilevanza causale devono poter essere “portati allo scoperto con l’uso degli strumenti dell’interpretazione”, con la conseguenza che “anche in mancanza di dichiarazione espressa, è sufficiente che la liberalità sia comunque ricavabile (dall’inserimento di clausole, oneri o altri accessori, comportamento delle parti, dichiarazioni documentate altrove ecc.). Soccorreranno, dunque, tutti i mezzi idonei a rivelarne la presenza, con una tecnica che è simile a quella utilizzata nei casi di collegamento negoziale, anche se l’ipotesi in esame non è riconducibile ad un collegamento in senso proprio, ma forse piuttosto ad una sequenza

procedimentale” (341).

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L’obbiettivizzazione dell’assetto di interessi perseguito con il contratto, dunque, è essenzialmente un problema di interpretazione, da condursi in concreto alla luce dall’operazione economico-giuridica nel suo complesso. La stessa possibilità che, all’esito dell’accertamento causale, si pervenga ad un risultato diverso, o addirittura contrastante rispetto alla dichiarazione delle parti, conferma ancor di più, a ben vedere, come ritenere necessaria l’expressio causae sul piano formale significhi non comprendere le implicazioni della causa concreta che, anche alla luce dei suoi referenti esterni, si è cercato di analizzare nelle pagine che precedono.

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6.RILEVANZA APPLICATIVA DELL’ACCERTAMENTO DELLA CAUSA IN RAPPORTO A

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 182-188)

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