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Causa come oggettiva e concreta giustificazione e funzione dell’atto

Nel documento Causa e referenti obiettivi esterni (pagine 31-34)

Tenendo presente l’ormai consolidato favore per la concezione economico- individuale della causa, e dunque per la dimensione concreta della stessa, può guardarsi ad alcune delle molteplici definizioni e connotazioni che la causa ha ricevuto nell’evoluzione del pensiero giuridico, nel tentativo di ricavarne una nozione che possa fungere da guida ai fini della presente indagine.

Oscillando tra “funzione economico-sociale” e “funzione economico- individuale”, valorizzando di volta in volta profili oggettivi e soggettivi, si riscontrano definizioni quali: “funzione meritevole di tutela” (48); “scopo pratico” e “ragione economico giuridica del negozio” (49

); scopo ultimo perseguito da entrambe le parti attraverso la stipulazione contrattuale; giustificazione, di fronte all’ordinamento, dello spostamento patrimoniale; “ragione pratica del contratto,

cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare” (50

); interessi delle parti “obbiettivati nell’affare” (51

); sintesi degli effetti essenziali nel negozio; sensatezza dell’operazione sul piano giuridico.

Al di là delle differenze, che peraltro spesso si risolvono in sfumature terminologiche, sostrato comune tra le citate definizioni, da cui potrebbe utilmente muoversi, è il concetto di ragione giustificativa degli spostamenti (e, più in

48 R. Scognamiglio, Dei requisiti del contratto (sub art. 1343 c.c.), in Comm. Scialoja-Branca,

Bologna-Roma, 1970, 312 e 316: secondo l’Autore, “l’unico punto di riferimento abbastanza

sicuro sembra essere allora quello offerto dalla concezione della causa come la funzione tipica (ed oggettiva) del negozio; da cui conviene prendere ormai le mosse per mettere un po’ d’ordine – questo è almeno il proposito – nei problemi di precipua natura costruttiva”.

49

N. Coviello, Manuale di diritto italiano, Parte generale, IV ed., Milano, 1929, 411, secondo cui “chiunque aliena, rinunzia, assume un obbligo, non intende già alienare, rinunziare, trasmettere il

diritto patrimoniale sic et simpliciter, ma intende far ciò per questo o quell’altro scopo […]. Ebbene questo scopo pratico è la causa del negozio giuridico, la quale perciò si può definire «la ragione economico giuridica del negozio»”, con la precisazione che “la causa, pur costituendo un elemento obbiettivo del negozio, possa essere considerata sotto l’aspetto soggettivo, cioè in quanto è scopo pratico che, caratterizzando il negozio, è voluto da chi compie il negozio stesso”.

50 C.M. Bianca, op. cit., 419 ss. 51

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generale, delle modificazioni o attribuzioni) giuridico-patrimoniali, quale concetto in effetti recepito da tutti gli ordinamenti che ammettono la nozione di causa (52) sull’assunto che la volontà non è di per sé sola idonea a dare ragione della tutela giuridica del negozio. Anche allorquando si discute di consideration in riferimento agli ordinamenti di common law, pur nella specificità dei caratteri dell’istituto, in fondo si ha riguardo alla giustificazione della vincolatività del rapporto, a mente, da un lato, del beneficio che il promittente ottiene e, dall’altro, dell’affidamento che il promissario ripone nell’adempimento.

Tale ragione giustificativa, a mente delle oggettive lacune proprie della definizione di causa come funzione economico-sociale (53), non può dunque intendersi in astratto, rischiando di confondere causa e tipo equivocando sui confini e presupposti del vaglio di liceità, bensì appunto in concreto, come ragione che giustifica il particolare contratto alla luce delle specificità rilevanti che lo connotano.

Atteso che il contratto (quale accordo tra due o più parti volto a costituire, regolare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali), come in generale il negozio giuridico, genera spostamenti attuali o potenziali di ricchezza, o comunque implica modificazioni sul piano giuridico-patrimoniale (54), in via di prima approssimazione la causa può allora essere utilmente definita come la concreta ragione giustificativa dell’atto, o meglio degli effetti di quest’ultimo; in altri termini, la ratio del negozio,

52 E. Roppo, (voce) Contratto, in Dig. disc. priv., sez. civ., 1989, IV, 112.

53 Si osserva in dottrina: “se la causa è la funzione economico-sociale di un tipo (di negozio)

riconosciuto dal diritto, la sua mancanza non può che coincidere con quella del negozio stesso; o, detto altrimenti, neppure può concepirsi che un negozio di quel tipo sia mancante di causa. Il rilievo critico assume, se è possibile, un’evidenza anche maggiore riguardo all’illiceità della causa, pur testualmente ammessa dalla norma che si considera [ossia dall’art. 1343 cod. civ.,

n.d.r.], per la contraddizione insuperabile che si annida nell’idea di una funzione giuridicamente

riconosciuta e ad un tempo contrastante con il diritto”: R. Scognamiglio, op. cit., 306.

54 Punto di vista in parte differente attiene alla natura degli interessi perseguiti, che certamente

possono anche essere di tipo non patrimoniale, pur se suscettibili di valutazione economica (v.

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cioè l’elemento che lo spiega razionalmente, che gli conferisce un senso, ovvero “la funzione o il senso che le parti gli assegnano nelle loro scelte di autonomia

privata” (55), “elemento di giustificazione del patto” (56). Nozione, questa, che

semanticamente ben si adatta alla concezione tradizionale di causa finale, che “sta a rappresentare, al di sopra e al di là della dimensione dinamica del reale, la

ragione ed ad un tempo lo scopo per cui la realtà diviene” (57). Del resto, proprio il

principio consensualistico ha dato risalto, nel Codice civile del ’42, alla ragione del contratto, consentendo una definitiva reductio ad unum del c.d. “doppio referente della causa”, in precedenza distinto tra causa dell’obbligazione (o, meglio, della singola attribuzione o disposizione patrimoniale) e causa del contratto (58).

Ragione e giustificazione richiamano immediatamente la tradizionale nozione di “funzione”, che infatti si rivela, anche da un punto di vista semantico, particolarmente efficace al fine di comprendere in cosa si risolva in concreto quella giustificazione: un negozio, infatti, in prima approssimazione si giustifica, agli occhi delle parti, dei terzi e dell’ordinamento, in base alla sua oggettiva e concreta finalità, al risultato che persegue. Parlare di “funzione” mette oltretutto in evidenza la peculiarità dell’istituto causale rispetto ad altri requisiti, quali soprattutto l’oggetto. La domanda “a cosa serve?” o “perché lo si fa?” è invero necessariamente diversa, e si pone su un piano ulteriore di comprensione, rispetto al chiedersi “cos’è?”, “in cosa consiste?”; per altro verso, lo si vedrà nel prosieguo,

55 V. Roppo, Il contratto, cit., 346. Ricorre semplicemente all’espressione “funzione del contratto”,

evidenziandone la rilevanza sotto il profilo della protezione dei contraenti, G. Galgano, Diritto

civile e commerciale, II, 1, Padova, 1990, 188s.

56 R. Scognamiglio, op. cit., 301.

57 R. Scognamiglio, ibidem. Una nota dottrina richiama, analizzando la nozione di “scopo” avente

rilevanza causale, la distinzione tra causa finalis e causa impulsiva, ponendo l’accento – quanto alla prima – sulla consapevolezza della rilevanza dello “scopo” perseguito dalle parti, a differenza di quanto avviene nel caso di moventi intimi: cfr. M. Giorgianni, op. cit., 567.

58 E. Navarretta, op. cit., 190, secondo cui “l’afferenza della causa alla capacità di sostenere

l’effetto contrattuale (sia esso obbligatorio o traslativo) diviene a questo punto un dato sotterraneo e latente”.

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altro è ravvisare nella causa la giustificazione degli effetti del negozio, altro è ritenere che la causa coincida con quegli effetti (59).

2.4. Teoria dello “scopo” della prestazione in relazione a negozî che non

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