• Non ci sono risultati.

L’affaire Raimbert e la definitiva autonomia della pesca napoletana a Tunisi

2.7 Il riavvicinamento tra Tunisi e Napoli

2.7.2 L’affaire Raimbert e la definitiva autonomia della pesca napoletana a Tunisi

Per comprendere la questione relativa alla volontà, da parte di privati commercianti, di acquisire quei benefici legati alla presenza delle coralline in territorio tunisino che nel passato erano appannaggio delle compagnie commerciali è necessario tornare un secondo su queste ultime e sull’amministrazione dei privilegi connessi con la pesca del corallo. Il rifermento alle compagnie, in questa sede, si limita a ricordare che una volta che queste scompaiono dalla scena dello sfruttamento e del commercio dei beni provenienti dal Nord Africa, a restare vacante non sono solo le merci che tradizionalmente giungono in Europa dalle coste maghrebine, ma l’indotto che questi traffici comportano. In altre parole con l’estinzione delle compagnie si esauriscono anche una serie di servizi che queste erano solite fornire. Per quanto concerne la pesca del corallo, per esempio, ci si riferisce in particolare all’approvvigionamento di viveri e attrezzi necessari alla sussistenza dei corallari e alla pratica dell’estrazione, un tempo forniti dalle compagnie e oggi da reperire in loco. Per rispondere a questa necessità, i pescatori si rivolgono di norma all’agente consolare incaricato, ruolo che per larga parte del periodo considerato viene ricoperto da Jean-Dauphin Raimbert. Come quest’ultimo ha occasione di scrivere al console Devoize, gli accordi stabiliti tra lui e i pescatori, sono semplici: «[les corailleurs, nda] viennent chez moi, me prient de leur faire venir une certaine quantité de pain de Tunis, j’en prends note et je le leur fais venir. Voilà toute la cérémonie relative à ce pain»461. Per soddisfare le richieste, Raimbert si serve di una piccola imbarcazione armata a proprie spese, che egli invia presso la capitale per

460 H. J

AMOUSSI, Mariano Stinca, image d’un esclave au pouvoir , op. cit., p. 464.

132

effettuare i carichi. Una volta ottenuto dal bey il permesso di acquistare grano, lo trasporta a Biserta dove viene macinato presso l’abitazione dell’altro agente francese, Cosimo Bottari, per essere poi inviato a Tabarca e venduto ai corallari462, i quali, essendo privi di denaro contante, sono obbligati a sottostare ad una sorta di indebitamento che si risolverà alla fine della stagione con il pagamento di un piccolo interesse in aggiunta al costo delle forniture. Sempre secondo le parole di Raimbert, infatti, i corallari, e in particolare, i napoletani:

Viennent ici presque sans argent. Pendant toute la pêche non seulement ils ne me payent point le pain que je leur fournis, mais encore suis-je obligé de leur fournir de numéraire pour se procurer tout ce qu’ils ont besoin des Bédouins463.

Il sistema d’indebitamento creato da Raimbert, come si evince dalle sue stesse parole, non si basa solo sull’acquisto di quei prodotti che l’agente commercia, ma anche sul prestito di denaro indispensabile ai pescatori per ovviare alle esigenze quotidiane durante l’arco della stagione. Nonostante il tono potremmo dire lamentoso del nostro, i servizi forniti non sono certamente a titolo gratuito, ma garantiscono a Raimbert un discreto guadagno. Egli, d’altronde, a differenza dei consoli, in quanto semplice agente non riceve dal governo alcuno stipendio fisso, ma ha la possibilità di partecipare alle attività commerciali. Dalla corrispondenza consultata emerge tra l’agente e il console, quasi a giustificazione dei propri guadagni, Raimbert fa riferimento alla turbolenza dell’epoca che, rendendo pericolosa la pratica del commercio, ne scusa il lucro464

. Sebbene non sia possibile valutare attraverso la lettura delle fonti quale fosse effettivamente il giro di affari, l’alto numero di imbarcazioni di corallari che in quegli anni approda sulle coste tunisine ci induce a pensare che i guadagni, per chi avesse l’opportunità di rifornire una quantità così elevata di individui, potessero essere rilevanti. Anche l’inserimento, a partire da un dato momento che vedremo in seguito, di nuovi contendenti ai traffici suddetti è indicativo di un certo margine di profitto.

462 Ibidem.

463 Ivi, 31 maggio 1810.

464 «Je gagne quelque chose sur ce pain, mais comme vous voyés, je cours des grands risques.

Rappellés-vous seulement, Monsieur, la cargaison que m’en apportât de Sardaigne l’année dernière, et sans assurance, je fis faire ce voyage à ce bâtiment de désespoir, et pour tenir parole aux patrons, qui sans ce pain sur lequel ils comptaient, leur pêche était perdue», MAE, 712PO/1/220. 11 giugno 1808, Raimbert à Devoize.

133

Per alcuni anni, il sistema organizzativo brevemente descritto funziona in maniera ottimale, senza dar luogo in linea di massima a contestazioni o controversie. Con l’inizio del nuovo decennio, tuttavia, i rapporti tra Raimbert e il bey cominciano ad incrinarsi. Habib Jamoussi, nel descrivere l’ascesa e l’attività di Stinca, ricostruisce la rovina dell’agente francese che, per lo storico tunisino, è riconducibile all’influenza che lo schiavo d’origine partenopea, intenzionato a sostituirlo nel servizio di foraggiamento e prestito ai corallari, avrebbe fatto su Hammuda. Ora, nonostante Stinca fosse segretario per la corrispondenza italiana del bey e, per ciò, non deve stupire che fosse anche l’autore della carta che riportiamo in seguito, il fatto che con la caduta in disgrazia di Raimbert questi lo sostituisca, avvalora l’idea di un accordo col sovrano e, certamente, un certo interesse nel chiedere al console francese di allontanare da Tabarca l’agente. Così scrive lo schiavo:

Sua Eccellenza il Bey, mio padrone, mi impone di dire a Vostra Signoria Illustrissima che egli trovasi nella massima necessità di intimare a Vostra Signoria Illustrissima di dire al suo aggente di Tabbarca, Signor Raimbert, che non resti più in quel luogo con la sua famiglia, e più non aggire colà per aggente francese; e lei potrà mandare un altro sua aggente in quel luogo per accudire alle spedizioni delle barche, che sono impiegate alla pesca del corallo.

Il motivo […] di non far restare in Tabbarca il detto Signor Raimbert è che quest’ultimo non avea altra mira colà, che di fare contrabandi in cera, ed altri prodotti di quel luogo, e li mandava nel continente […].

Oltre al danno che il suddetto [Raimbert, Ndr] portava all’appalto de’ cuoj e cera, ed al danno che portava all’erario di Sua Eccellenza, gli son venute anche le lagnanze delle barche coralline per la perfida condotta di rubbare che usava il medesimo verso quei poveri miserabili, che altra mira non avea che di succhiare il sangue di quei poveretti, con caricarli di enormi spese […]465

.

L’incrociare quanto ipotizzato da Jamoussi con quanto riportato nella documentazione consultata ci permette di avvalorare quanto detto sino ad ora e ipotizzare che l’allontanamento di Raimbert – effettivamente costretto a lasciare Tabarca – faccia parte di un progetto più ampio di riorganizzazione degli affari legati alla pesca. Con riferimento alla documentazione citata, ovvero alle missive consolari, non emerge nulla che faccia pensare ad un comportamento scorretto dell’agente francese o a una forte criticità tra questi e i corallari. Al contrario, in diverse occasioni si registra l’appoggio di questi ultimi rispetto alle accuse rivolte a Raimbert466

.

465 MAE, 712PO/1/200, 26 giugno 1811, Mariano Stinca al vice-console Billon. 466 MAE, 712P/1/33, 24 giugno 1811, Lettera del vice-console Billon.

134

La proposta di Stinca di sostituirsi a Raimbert nella gestione delle forniture arriva, come presumibile, poco tempo dopo la partenza dello stesso. La strategia attuata dallo schiavo per il raggiungimento dei suoi piani si gioca sulle due sponde del Mediterraneo, ovvero tra Tunisi e Napoli. Inizialmente, e più precisamente il 14 gennaio del 1812, questi fonda a Tunisi una società attraverso la quale si propone di «fournir les provisions et autres besoins aux barques qui viennent à Tabarca pour la pêche du corail»467. Gravitano attorno alla società, oltre allo stesso Stinca, alcune importanti personalità del mondo mercantile della città tra cui l’uomo d’affari marsigliese Jacques- Henri Chapelié468, due negozianti di origine genovese Joseph Perasso469 e Jean-François Ré470 e il medico napoletano del bey Domenico Ronchi471. Una volta fondata la struttura amministrativa, Stinca deve preoccuparsi di ottenere la fiducia dei patroni corallari e in ciò l’intervento del governo napoletano è fondamentale. Infatti, mentre Renato de Martino tratta a Tunisi per conto della corte di Gioacchino, il padre Giacomo si incarica, con il supporto del Ministro degli Esteri Gallo, di negoziare un accordo tra i corallari e Mariano Stinca. L’interessamento dà i sui frutti, tanto che il 17 dicembre 1812, un contratto viene concluso tra «li padroni ed armatori delle barche corallare della Torre del Greco ed il Signor Mariano Stinca, Segretario del Bey di Tunisi, rappresentato dal suo procuratore, Signor Giacomo di Martino, dimorante strada Nardones, destinato a questo atto come da speciale procura qui ricevuta colla firma del Ministro dell’estero, Marchese del Gallo»472. Con questo atto, della durata di due anni, i pescatori napoletani sono costretti a rifornirsi di “provisioni da bocca” e attrezzi da Mariano Stinca e dai suoi

467 H. J

AMOUSSI, Mariano Stinca, image d’un esclave au pouvoir, op. cit., p. 453.

468 Negoziante tra i principali sulla piazza di Tunisi, a quell’epoca Jacques-Henri Chapelié risiede da

più di vent’anni presso la Reggenza, intrattenendo strette relazioni al Bardo. La sua fitta rete di interessi e amicizie gli permette di godere di una certa libertà di azione di fronte al console Devoize, al quale spetta in teoria la giurisdizione sui soggetti francesi. Forte di questa indipendenza, Chapelié estende le proprie attività anche a commerci preclusi ai sudditi di Parigi. I traffici con Malta inglese, ad esempio, costituiscono una delle sue principali fonti di entrate. Si veda C. WINDLER, La diplomatie comme

expérience de l’autre, op. cit., pp. 125-129. Su questa interessante figura di negoziante espatriato, si

sofferma anche François Arnoulet in F. ARNOULET, Les Français en Tunisie pendant la Révolution

(1789-1802), in H. KHADHAR, (ed.), La Révolution française et le monde arabo-musulman. Colloque

international, Tunis 9-11 novembre 1989, Société tunisienne d’études du XVIIIe siècle/Alif-Les éditions

de la Méditerranée, 1991, pp. 27-59.

469

Nato a Genova nel 1762, viene naturalizzato francese nel giugno del 1816. A Tunisi, egli è associato in diverse attività a Jean-François Ré. A.-M. PLANEL, Du comptoir à la colonie, op. cit., p. 752.

470 Nato a Genova nel 1785, si trasferisce a Tunisi nel 1808. Nel 1816 viene naturalizzato francese. In

più occasioni ricopre, presso la capitale della Reggenza, la carica di Député du commerce français (1814, 1818-1819, 1821-1822, 1825-1826). Ivi, pp. 757-758.

471 H. J

AMOUSSI, Mariano Stinca, image d’un esclave au pouvoir, op. cit., p. 452-453.

472 ASN, Ministero degli Esteri, Pesca del corallo, 2392, 17 dicembre 1812, accordo tra Mariano

135

associati; questi, in cambio, si impegnano a garantire la protezione necessaria per una pesca tranquilla, la messa a disposizione di un ospedale e dei magazzini e la qualità dei viveri forniti. Per tali servizi, il contratto prevede i prezzi seguenti: per la sicurezza delle coste, 5 ducati per ciascun battello; 14 ducati forti per ogni cantaro di pane e gallette forniti; per l’ospedale, 10 ducati forti; per la conservazione del corallo, delle provviste e degli attrezzi, 6 ducati per barca473. Il fruttifero traffico di Stinca, in realtà, durerà solo due anni, durante i quali, per altro, la sua gestione verrà molto criticata dai corallari474, visto il sopraggiungere della morte per cause violente dello schiavo che, una volta persa la protezione di Hammuda cade in disgrazia e finisce giustiziato a causa di una congiura di palazzo accesasi per la successione al trono475.

Nonostante la vicenda di Stinca, che si sovrappone alla stipula del trattato di pace tra Napoli e Tunisi, quello che sopravvive all’improvvisa scomparsa dello schiavo è la situazione di generale tregua tra i due regni i quali, a partire dalla missione portata avanti da de Martino, vivono una condizione di pressoché inalterata tranquillità che si rafforzerà con il trattato di pace definitivo imposto dall’Inghilterra nel 1816. Ciò comporta un’uscita di Napoli dall’influenza francese. Francia che, quindi, perde definitivamente oltre al monopolio giuridico (perso nel 1802), anche quello informale che aveva mantenuto nel corso dell’ultimo decennio. Da quel momento i pescatori napoletani resteranno sempre sotto la giurisdizione del proprio governo e si rivolgeranno esclusivamente al proprio console che negozierà direttamente con Tunisi le condizioni per operare la pesca a Tabarca.

473

Ibidem; si veda anche H. JAMOUSSI, Mariano Stinca, image d’un esclave au pouvoir, op. cit., 455.

474

I corallari lamentano un aumento sul prezzo del biscotto preteso da Mariano Stinca rispetto a quello concordato per iscritto nel contratto per la cessione dell’appalto. Lo schiavo, in particolare, pretende 18 ducati duri per cantaro in luogo dei 14 previsti dall’atto. ASN, Ministero degli Esteri, Pesca

del corallo, 2372, 17 febbraio 1814, Renato de Martino al Ministro di Gallo.

475

Mariano Stinca viene giustiziato il 20 dicembre del 1814 in occasione della congiura di palazzo che porta alla morte di Othman Bey, fratello e successore di Hammuda, e all’ascensione sul trono di Tunisi del cugino Mahmoud Bey. Per una cronaca della congiura, si veda, A. ROUSSEAU, Annales tunisiennes, op. cit., pp. 293-295.

136

CAPITOLO III

LA PESCA DEL CORALLO NAPOLETANA

NEL PERIODO DELLA RESTAURAZIONE

Outline

Documenti correlati