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La costruzione di un sistema consolare napoletano ad Algeri e le conseguenze sulla

Il trattato di pace stipulato nel 1816 tra il Regno delle Due Sicilie e la Reggenza di Algeri permette ai partenopei di creare anche sul territorio del dey, specularmente a quanto avviene a Tunisi, un proprio sistema consolare537. La funzione di amministrare i sudditi napoletani in Algeria inizialmente viene affidata al console inglese di Algeri, MacDonnel, così come per un breve periodo era accaduto a Tunisi538, e ciò perché come si legge in una lettera del marchese Caracciolo al Sovrano riportata da Teobaldo Filesi, lo storico che maggiormente si è occupato delle relazioni diplomatiche tra Napoli e il Maghreb539, «questi due consolati furono affidati a’ due Consoli inglesi nel riflesso che la loro influenza come agenti di una nazione marittima preponderante potesse giovare al commercio ed agli interessi de’ sudditi»540

.

La nomina di un console generale è seguita subito dopo da quella di un vice-console, questa volta partenopeo, incaricato di stabilirsi a Bona ed occuparsi della gestione e della protezione dei sudditi del Regno delle Due Sicilie. Per tale carica, viene scelto Gennaro Magliulo541, discendente da una delle principali famiglie di patroni-armatori di Torre del Greco, ex corallaro ed esperto delle aree nordafricane in quanto precedentemente impegnato nella pesca in quelle zone. La scelta di questo ex corallaro è singolare proprio in virtù del ruolo ricoperto dallo stesso fino al momento di essere nominato. Magliulo, negli anni successivi, non solo ricoprirà un ruolo importante nella gestione della pesca del corallo, ma intraprenderà un’interessante carriera tanto da

537 I. M

AZZOLENI, Il consolato del Regno delle Due Sicilie in Algeri, in «Rassegna storica napoletana», anno 2, n. 4, 1934; I. CARUSO, Una fonte sulle relazioni internazionali nel Mediterraneo: la

corrispondenza consolare tra la Reggenza di Algeri ed il Regno delle Due Sicilie, (1816-1827), in R.

SALVEMINI (a cura di), Istituzioni e traffici nel Mediterraneo tra età antica e crescita moderna, CNR, Roma, 2009, pp. 91-116.

538 La vicenda di Tunisi si può brevemente riassumere dicendo che, nel 1816, mentre De Martino già

ricopre la carica di console, contemporaneamente viene eletto Oglander con l’idea di sostituire il napoletano. Tuttavia, l’incarico dell’inglese durerà solo pochi mesi poiché il bey non ratificherà la nomina di quest’ultimo chiedendo e ottenendo il ritorno di de Martino.

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Oltre al già citato lavoro sulle relazioni algero-napoletane nel periodo compreso tra il 1740 e il 1830, si possono segnalare T. FILESI, Napoli e Algeri (1824-1834), in «Africa. Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente», anno 28, n. 4, dicembre 1973, pp. 545- 547; Id, Un secolo di rapporti tra Napoli e Tripoli; 1734-1835, Giannini Editore, Napoli, 1983; Id,

«L’onta di Tripoli». La spedizione napoletana del 1828, «Africa. Rivista trimestrale di studi e

documentazione dell’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente», anno 37, n. 3, 1983, pp. 224-268.

540 Cfr. in T. F

ILESI, Napoli e Algeri tra il 1740 e il 1830, op. cit., p. 129; la

541 Per la nomina di Gennaro Magliulo si veda, ASN, Ministero degli Esteri, Pesca del corallo, 2394,

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essere, nel 1821, nominato console napoletano a Cagliari. Tre anni dopo l’incarico sardo farà ritorno ad Algeri, ma questa volta da console542.

L’aver ottenuto da parte di Napoli un proprio spazio giurisdizionale indipendente e l’esistenza di un consolato ad Algeri crea uno stato di sovrapposizione e frattura dei poteri inerenti il controllo esercitato sui pescatori con la legazione francese e porta qualche problema nella gestione. Si crea, in altre parole, una situazione di doppia giurisdizione nella quale i corallari devono rispettare i regolamenti francesi, visto che la Francia detiene l’esclusiva sullo sfruttamento della risorsa marittima, ma allo stesso tempo devono sottostare all’autorità napoletana. Un esempio pratico può aiutare a comprendere una tale situazione. Tradizionalmente i corallari, recandosi sui luoghi di pesca senza contanti, solevano lasciare a garanzia del futuro pagamento la documentazione dell’imbarcazione presso le cancellerie delle agenzie francesi. Con l’istaurarsi del consolato napoletano e nella volontà di tutelare la propria sovranità nazionale i legati partenopei si oppongo duramente a tale pratica. Ciò mette la Francia in una situazione incresciosa visto che questa si trova a dover accogliere nelle proprie acque imbarcazioni che, non avendo più alcun impedimento a rientrare nei porti di partenza, potrebbero decidere di concludere la stagione senza sentire l’obbligo di saldare i debiti contratti. Ovviamente, ciò accade per quella che si può definire una mancata collaborazione tra le rappresentanze partenopee e le agenzie francesi. Se, infatti, i consoli napoletani si assumessero l’onere di vigilare che i corallari effettivamente saldino quanto dovuto prima di far ritorno in Europa, Parigi non sarebbe così preoccupata dall’assenza di garanzie543. Questa situazione rientra in più generale clima di malevolenza tra i funzionari cisalpini e i napoletani. Un’ostilità che traspare, per fare un esempio tra i tanti che si potrebbero proporre, piuttosto manifestatamente dalle parole di François Maurin, agente principale provvisorio delle concessioni, sul «méchant homme» Gennaro Magliulo «vice-consul de Naples, qu’il ne s’étudie quel

542 Sull’azione di Gennaro Magliulo nel periodo del consolato ad Algeri, si veda, L. S

IANO, Un

diplomatico napoletano alla corte del Dey: a proposito della corrispondenza da Algeri di Gennaro Magliulo (1824-1835), in «Africa. Rivista trimestrale di studi e documentazione dell’Istituto italiano per

l’Africa e l’Oriente», anno 42, n. 4, dicembre 1987, pp. 643-649.

543 Un accordo definitivo su questo punto verrà concluso solamente nel marzo del 1824, quando una

convenzione sulla pesca del corallo conclusa ad Algeri dai consoli di Napoli e Parigi ad Algeri, riporterà, all’articolo primo che «le spedizioni delle barche coralline che si abboneranno alle Concessioni di Affrica resteranno depositate nella cancelleria del vice-console di Napoli in Bona, a condizioni di dover garantire quel console di Francia della soddisfazione degli obblighi contratti da cadauna di esse barche per avere la patente della pesca». ASN, Ministero degli Esteri, Algeri, 2372, marzo 1824, relazione del Ministro degli Affari Esteri al sovrano.

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moyen prendre pour porter préjudice à l’agence de concessions»544

. In un altro passaggio l’agente ha modo di esprimere quelle che sono le paure alla base dell’insicurezza francese nel non ricevere i documenti a garanzia: «Tous ces complots ont été hourdis ici par le vice-consul de Naples et par un Polese, frère des Messieurs Polese négociants et armateurs des coralines»545. Dalla documentazione analizzata emergono, quindi, forti i timori per le possibili cospirazioni ordite ai danni dell’agenzia francese «de ces aboyeurs et calomniateurs»546, ovvero dal connubio di patroni e consoli.

Nel tentativo di ovviare alle problematiche descritte, le agenzie delle concessione pensano di subordinare l’ammissione alla pesca delle imbarcazioni straniere all’acquisizione della bandiera francese, obbligo che garantirebbe alla Francia un pieno controllo. Sebbene questa richiesta venga avanzata con una certa frequenza nel corso degli successivi alla riacquisizione dei privilegi, la risposta da parte delle autorità napoletane è sempre negativa. Ciò non deve stupire, in quanto se pensiamo che Napoli ritenesse lesivo della propria sovranità il semplice consegnare i documenti d’imbarco, la pretesa francese che le imbarcazioni rinunciassero alla propria nazionalità per l’intero periodo di pesca non mette in dubbio solo l’autorità del Regno, ma anche la bontà dei trattati firmati tra quest’ultimo e Algeri. Già nel febbraio 1818, il Ministro degli Esteri napoletano, Marchese di Circello, scrive, in una lettera indirizzata all’ambasciatore a Parigi, che «il Sovrano inoltre non permetterà mai che i suoi Sudditi facciano uso di altra bandiera che la Nostra, la quale, dopo la pacificazione con i Barbareschi, vale quanto le altre»547. Al termine della medesima stagione, Magliulo scrive:

Dal menzionato Signor Agente [francese, nda] si pretendeva voler fare inalborare alle menzionate coralline bandiera francese, sul che io lo rispose non permettere mai che li sudditi di Sua Maestà cambiassero la bandiera del Nostro Augusto Sovrano, a costo di qualunque risultato poteva arrivare548.

Inoltre, alle problematiche relative alla “dignità nazionale” si sommano questioni direttamente legate alla funzione consolare stessa. Il vice-console napoletano, infatti, non percepisce alcuno stipendio fisso, ma ha la possibilità di ricevere un determinato

544 AD (BdR), 8 M, 161, 19 agosto 1819, Maurin all’agenzia di Marsiglia. 545 Ivi, 29 dicembre 1820, Maurin àll’agenzia di Marsiglia

546

Ibidem.

547 ASN, Ministero degli Esteri, Pesca del corallo, 2394, febbraio 1917, Circello al Principe di

Castelcicala, ambasciatore napoletano a Parigi.

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diritto consolare su ogni barca che approda nel porto di sua competenza. L’imposizione della bandiera francese alle barche consolari, quindi, priverebbe i rappresentanti napoletani di una delle principali fonti di sostentamento.

Un ulteriore problema è poi rappresentato dal contrabbando e dalla sua repressione. Nel corso degli anni, infatti, cresce esponenzialmente la pratica da parte dei corallari di ripartire da Bona con a bordo mercanzie comprese all’interno del privilegio francese e a loro non permesse549. Tuttavia, per i Francesi è difficile contenere questo malcostume poiché privati della possibilità di ispezionare le imbarcazioni napoletane e verificarne il carico. In questo caso si sovrappongono circostanze inerenti la giurisdizione delle polizie francesi e algerine e riguardanti gli interessi economici della Reggenza nei traffici con gli stranieri. In altre parole, riguardo il primo punto è determinate il porto di partenza, ovvero quello di Bona che essendo sotto completa sovranità algerina permette lo svolgimento della funzione di polizia solo a questi ultimi. Cosa che i funzionari francesi contestano aspramente in più occasioni, rivendicando il diritto di poter esercitare un controllo sulle imbarcazioni con patenti rilasciate da loro stessi. Come ci dimostrano le valutazioni di Adrien Dupré, nel tentativo di svellere questa complicata diatriba il console fa ricorso sia al diritto marittimo sia ai costumi praticati all’epoca della Compagnie royale d’Afrique nella speranza di imbattersi in una clausola o in un precedente che consenta l’esercizio di una pratica ritenuta dovuta550

. Non avendo incontrato nulla, Dupré sostiene allora il bisogno di trovare «avec les autorités du pays» un accordo per ottenere «le droit de visiter les navires en charge dans ce port551». Tuttavia, il raggiungimento di un tale accordo si presenta come estremamente difficile. Infatti, spiega il console di Bona rivolgendosi al proprio omologo di Algeri:

549 In cambio delle mercanzie sotto privilegio francese, i corallari vendono illegalmente alle

popolazioni locali polvere da sparo e prodotti coloniali. In una lettera inviata al suo omologo di Algeri, il console di Bona così si esprime: «Nous sommes inondés, cette année plus que les autres, de marchandises apportées par des bâtiments génois, maltais, et par les corailleurs, tels que café, sucre, eaux de vin, vin et poudre. L’introduction de ce dernier article dans les états du Grand Seigneur, comme vous le savez aussi bien que moi, est prohibé […]. De plus, le Dey en a défendu l’importation parce qu’on la vend aux Maures. et aux peuples insoumis. Je fais surveiller avec sévérité les bateaux Corses et Toscans; mais que puis-je faire contre les Génois, les Napolitains et les Maltais à qui la maison anglaise sert d’entrepôt pour cette marchandises et toutes celles de contrebande. Cela seul, devrait démontrer l’absurdité et la ridicule qu’il y a à ce que tous les corailleurs ne soient pas sous la juridiction du consul de France, puisqu’ils viennent pêcher dans les eaux de concessions, et que notre gouvernement a la bonté d’y souffrir des étrangers, ce qu’il ne devrait pas faire», MAE, 22PO 1, 57, 31 marzo 1822, Adrien Dupré a Pierre Deval.

550 Ivi, 8 maggio 1822, Adrien Dupré a Pierre Deval. 551 Ibidem.

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Vous ne vous tromperez pas en disant qu’il est à craindre que le commerce ne soit contrarié par les autorités locales, surtout inférieures, qui participent aux bénéfices du contrebande Ceci m’amène à vous parler du douanier actuel, nommé Benkarouf, notre plus grand ennemi, et vendu à la maison anglaise. Cet homme, placé à la douane par le Markanti552, qui en partage avec lui les bénéfices, est celui que favorisa de plus le contrebande553.

Come abbiamo visto fino ad ora il nuovo scenario venutosi a creare a seguito del trattato di pace tra Napoli e Algeri e del ritorno delle concessioni nelle mani dei francesi se, per un lato, rappresenta una rinnovata possibilità per i Torresi e per l’intero Regno di Napoli, dall’altra apre questioni di una certa complessità riguardanti gli equilibri tra i tre principali attori sulla scena locale maghrebina: l’Algeria, la Francia e il consolato partenopeo. Le dinamiche in questo caso sono riconducibili a singoli accadimenti di politica internazionale ed economica, alla risoluzione di interessi privati e a questioni concernenti la tutela delle differenti sovranità nazionali. In tal senso, se a fare da sfondo incontriamo le nazioni coinvolte e il loro desiderio d’affermazione identitaria, nelle pratiche quotidiane, a scandire gli eventi, sono nella maggior parte dei casi i benefici che le parti in causa possono trarre dalle differenti relazioni siano esse ufficiali o ufficiose. A parte questa breve digressione resta che per i nostri corallari torresi questa nuova fase sembra poter rappresentare una nuova svolta verso un incremento del propria influenza e del proprio potere nel settore dell’estrazione del corallo in Maghreb, tuttavia, come vedremo, con il sopraggiungere della peste questo slancio sarà presto smorzato.

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