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Il Regno delle Due Sicilie di fronte alla minaccia del morbo

3.5 La pesca napoletana durante peste del 1817-1822

3.5.1 Il Regno delle Due Sicilie di fronte alla minaccia del morbo

Il presupporre che la peste sia presente in maniera continuativa in Levante e in Barberia fa sì che all’inizio del XIX secolo i paesi dell’Europa mediterranea possano ormai disporre, dal punto di vista marittimo, di un sistema difensivo relativamente

552 Scrive Féraud relativamente a tale carica: «C’était un Agent pour le Commerce avec les Nations

européennes et auquel le Bey de Constantine avait attribué durant les dernières années de la Domination Turque, des pouvoirs presque analogues à ceux du gouverneur de Bône». C. FERAUD, Histoire des villes

de la Province de Constantine, op. cit., p. 609.

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efficace finalizzato a scongiurare questa drammatica epidemia554. Tale sistema che, a partire dal XVII secolo, va strutturandosi di una forma sempre più efficiente, si fonda su tre capisaldi: la prevenzione, il rigore e la permanenza di un apparato sanitario locale di controllo. Nel corso dell’età moderna le autorità statali di ogni singola nazione si sono mosse principalmente in tre direzioni: la creazione di istituzioni specifiche e stabili incaricate di sovraintendere al buon funzionamento dei metodi di prevenzione impiegati, l’emanazione di regolamentazioni e la messa a punto di strategie sempre più efficaci per isolare e respingere i contagi e la costruzione di lazzaretti, ovvero, per ciò che concerne la versione marittima, di strutture specifiche per l’isolamento di possibili contagiati. Normalmente di grandi dimensioni e di difficile gestione, questi ultimi, seppur in numero esiguo, rappresentano uno degli elementi portanti dei sistemi di polizia sanitaria europei. È lì, infatti, che ogni imbarcazione che voglia avere «libera pratica» in uno dei numerosi porti che costellano le coste del Mediterraneo deve scontare la quarantena, che è sempre obbligatoria nel caso di navi provenienti dal Levante o dal Maghreb. La sosta all’interno dei lazzaretti è variabile e viene determinata in base alle informazioni contenute nella patente sanitaria, un documento rilasciato dalle autorità consolari degli scali esteri che indica l’eventuale presenza della peste nei porti di partenza dell’imbarcazione555

. Le imbarcazioni spedite alla pesca del corallo non fanno eccezione all’interno di questo meccanismo. Per diverso tempo questo sistema si rivela in grado di preservare l’Europa dal contagio e garantire la continuità dei collegamenti tra il mondo cristiano e le regioni ottomane. Fatta questa breve premessa, le autorità sanitarie napoletane, che si trovano ad amministrare un territorio particolarmente vulnerabile a causa dell’estensione dei litorali e della posizione geografica, quando, alla fine del secondo decennio dell’Ottocento, la peste torna a colpire, individuano nei flussi migratori stagionali dei corallari «il pericolo più imminente e diretto» per il Regno delle Due Sicilie:

554 D. P

ANZAC, Quarantaines et lazarets. L’Europe et la peste d’Orient (XVIIe-XXe siècles), Édisud, Aix-en-Provence, 1986, pp. 32-33; Sul carattere di endemicità della peste in Levante e Maghreb si veda Id, La peste dans l’Empire ottoman, 1700-1850, Peeters, Leuven, 1985; P. SEBAG, La peste dans la

Régence de Tunis au XVIIème-XIXème siècles, in «Revue de l’Institut des Belles Lettres Arabe», n. 28,

1965; S. SPEZIALE, Le altre guerre del Mediterraneo: uomini ed epidemie tra XVIII e XIX secolo, Città del sole, Reggio Calabria, 2013; Id, Oltre la peste: sanità, popolazione e società in Tunisia e nel

Maghreb, XVIII-XX secolo, Pellegrini, Cosenza, 1997.

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La patente sanitaria può essere di tre tipi: “netta”, se il paese è libero da epidemia ritenute contagiose; “sospetta”, nel caso ci siano voci di epidemie in circolazione, ma non ne sia ancora dichiarata ufficialmente la presenza, oppure nel caso che il porto di partenza sia in contatto con una zona infetta; “brutta”, quando il paese o la città sono impestati.

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Non vi è circostanza che accresca più eminentemente il valore di questi pericoli quanto l’esercizio in quei mari della pesca del corallo. Un numero infinito di barche, montate da centinaia di individui insubordinati, avvezzi ad affrontar tutti i pericoli, non dominati che dallo spirito di guadagno; un numero di barche, i cui principali interessati restano nel regno, ed ai quali importa di tenere un traffico continuato coi loro commissionarj, per conoscere le circostanze della pesca e provedere alla trasmissione de’ viveri; questo numero di barche, facili a concepir la peste per la natura del contatto, che non possono non aver colle spiagge, costituiscono il vero genio malefico, onde il Regno può, da un giorno all’altro, vedersi colpito dal più terribile flaggello556.

Come dimostra la numerosa documentazione riguardante il Supremo Magistrato di Salute557 conservata presso l’Archivio di Stato di Napoli, i membri di questa istituzione, incaricati della difesa della sanità pubblica, non appena venuti a conoscenza della diffusione del contagio, ritengono le ordinarie misure di controllo insufficienti. Per ciò, a partire da quel momento e nel corso degli anni successivi, man mano che si susseguono nuove notizie riguardanti la peste, decretano una lunga serie di regolamenti e di istruzioni558.

Come vedremo, le preoccupazioni dei magistrati partenopei non sono infondate, vista la rapida diffusione del morbo presso Bona, dove si trovano i torresi, già impegnati nella stagione di pesca. La peste, presente in Egitto e in altri luoghi del Mediterraneo fin dall’inverno del 1816, viene trasportata, nel maggio del 1817, in Algeria a seguito dello sbarco a Bona e Orano di alcuni pellegrini di ritorno dalla Mecca imbarcati in un bastimento salpato dal porto di Alessandria. La diffusione del morbo, favorita dalla totale assenza di misure di contenimento, è repentina, tanto che a Bona, a solo una settimana dall’arrivo degli infetti,k una media di dodici/quindici individui muore ogni

556 ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, Regolamento sanitario per la pesca del corallo nei mari

di Barberia del 1819.

557 Sull’evoluzione delle strutture sanitarie del Regno di Napoli, si veda R. S

ALVEMINI, A tutela della

salute e del commercio nel Mediterraneo pre-unitario, in R. SALVEMINI (a cura di), Istituzioni e traffici

nel Mediterraneo tra età antica e crescita moderna, CNR, Napoli, 2009 ; Più datato, ma comunque

interessante è L. SIRLEO, La sanità marittima a Napoli, origini e vicende; odierna organizzazione

dell’ufficio sanitario del porto. Ministero dell’Interno. Direzione generale della sanità pubblica, Giannini

&f., Napoli, 1910.

558 Si tratta, in questo caso, di condizioni prima mai riscontrate a Napoli. In effetti, all’epoca delle

ultime epidemie di peste in Barberia (anni ’90 del XVIII secolo), la pesca del corallo napoletana in Maghreb, pur ben presente, era di fatto illegale, a causa dello stato di belligeranza tra il governo partenopeo e le Reggenze. Secondo le autorità sanitarie locali, quindi, «vi era la sicurezza di non aver praticato nelle spiagge africane». Di conseguenza, poteva essere richiesta una semplice contumacia «per il solo sospetto di qualche incontro ricevuto per mare». ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 3 settembre 1806, Sentenza del Soprintendente e Deputati del Regio Tribunale di Salute.

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giorno559. Nonostante la gravità della situazione, le autorità locali non comunicano nulla agli stranieri presenti nella zona560, tanto che due marinai, un còrso e un napoletano, una volta sbarcati sulla terraferma, sono contagiati e muoiono nell’arco di sole ventiquattro ore561. In questo scenario, sia i pescatori, sia il vice-console del Regno delle Due Sicilie, dopo essersi dati conto del dilagare della peste, sono costretti a riparare a Tabarca dove vengono accolti dall’agente locale, Saverio de Martino562. Questi, improvvisa un ospedale sull’isola della Galita e impone una contumacia di 32 giorni alle imbarcazioni. Inoltre, richiede al bey di Tunisi l’autorizzazione per fare esercitare la pesca ai nuovi arrivati, ottenendo che questi vengano ammessi dietro il pagamento di un tributo. Nella madrepatria, nel frattempo, il Supremo Magistrato di Salute organizza un solido cordone sanitario a protezione delle coste del regno e invia in Nord Africa tre imbarcazioni «scamparie» con il compito di far eseguire le disposizioni prese dagli agenti nazionali563.

Stante la presenza della peste, Napoli interdice per i primi mesi del 1818 ai corallari la possibilità di potersi recare in Nord Africa, limitando lo sfruttamento del corallo ai soli mari di Corsica e Sardegna. Inoltre, emana un nuovo e più dettagliato «Regolamento sanitario per la pesca del corallo» con l’obiettivo di facilitare il controllo sulle imbarcazioni. Questo atto, articolato in otto punti, decreta l’obbligo di raccolta delle barche in un unico convoglio e la navigazione sotto scorta di una nave da guerra, stabilisce le norme per la vigilanza quotidiana durante la pesca e le modalità di una prima quarantena africana per gli equipaggi potenzialmente contaminati, regolamenta i rapporti tra i marinai e gli abitanti della costa e l’azione delle autorità consolari alle

559 ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 15 giugno 1817, copia di una lettera del vice-console

Magliulo; nelle città principali, come Tunisi, la peste provoca, nei periodi di maggior intensità più di 100 morti al giorno. SPEZIALE S., Le altre guerre, op. cit. p. 102.

560 In attesa della riorganizzazione delle concessioni francesi, appena riconsegnate alla Francia, molte

imbarcazioni corallare pescano senza preoccuparsi di pagare il canone annuale richiesto. In effetti, il 17 maggio di quell’anno, l’agente provvisorio Maurin informa la sede marsigliese dell’agenzia provvisoria che «les bateaux napolitains sont tous les jours à pêcher en fraude», AD (BdR), 8 M, 161, 17 maggio 1817, lettera dell’agente Maurin.

561

ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 15 giugno 1817, copia di una lettera del vice-console Magliulo;

562 Fratello del console Renato de Martino, Saverio viene nominato agente consolare di Tabarca in

seguito al ritorno dei Borbone sul trono napoletano. Vi resterà diversi anni, prima di essere promosso a console in Spagna. Si veda, G. BONAFFINI, Sicilia e Maghreb tra Sette e Ottocento, op. cit., pp. 157-170.

563

Si veda, oltre alla documentazione conservata nel fondo citato, F.bPELLEGRINI, Il Magistrato di

Salute e i cordoni sanitari terrestri e marittimi nel Regno di Napoli fino al 1835 con riferimenti al Regno Lombardo-Veneto, in F. PELLEGRINI, Per la storia della lotta contro le epidemia, n. IV, Remigio Cabianca, Verona, 1932.

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quali concede poteri discrezionali per punire eventuali infrazioni della normativa. Infine, sancisce che, una volta di ritorno, la contumacia europea debba essere trascorsa presso il lazzaretto di Livorno, meglio attrezzato per ricevere barche in convoglio rispetto a quello napoletano di Nisida564.

Oltre ai regolamenti generali, altre istruzioni vengono spedite al comandante delle imbarcazioni da guerra inviate a controllare la pesca. Una lettera del luglio 1818, per esempio, indica al capitano Giobbe i procedimenti da seguire per il «corretto spurgo» della corallina di Michele Balzano, nella quale un uomo è morto di peste565. Secondo la lettera, la barca deve essere innanzitutto sottoposta a una contumacia di 40 giorni. Questa contumacia non è tuttavia sufficiente, ma deve essere seguita da uno specifico trattamento:

Perché questo trattamento non dissesti molto gli interessi del patrone della barca, esso potrà limitarsi a far discendere a terra l’equipaggio, con suoi generi per vestirsi e dormire, situandolo in luogo isolato, sotto la vicinanza del vice-console stesso; ed indi far bucar la barca e farla restare immersa per tre giorni nelle acque del mare, con tutti i generi che vi si contengono566.

Dopo i tre giorni, «fatti bagnare anche gli individui dell’equipaggio, la barca può essere riattivata e tornare alla pesca. Solo dopo questa operazione la contumacia diventa utile»567.

I provvedimenti sanitari non sono definitivi, ma vengono modificati in base all’andamento delle notizie trasmesse dagli agenti consolari sull’epidemia. Come evidenziato dalla storiografia, il trattato di pace firmato nell’ottobre del 1818 tra le Reggenze di Tunisi e Algeri, portando alla riapertura delle vie carovaniere tra i due principati, determina il diffondersi della peste lungo tutto il territorio tunisino568. Come già in passato per il caso algerino, le autorità tunisine, timorose delle possibili ripercussioni che la notizia del contagio può avere sui traffici esterni e sull’ordine

564 Per molto tempo, Napoli rimane sprovvista di lazzaretto sporco. Di conseguenza, l’invio a Livorno

delle imbarcazioni provenienti dal Levante o dalla Barberia costituisce a lungo la regola. È solo durante il periodo dell’amministrazione francese che Nisida viene parzialmente rimessa a nuovo, rimanendo comunque una struttura inferiore rispetto a quella toscana. R. SALVEMINI, A tutela della salute e del

commercio, op. cit., p. 291.

565 ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 2 luglio 1818, il Soprintendente di Sanità a Renato de

Martino.

566 Ibidem. 567 Ibidem. 568 S

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pubblico, tentano in un primo momento di smentire l’esistenza di un’epidemia all’interno dei propri confini; atteggiamento, questo, che favorisce il rapido propagarsi del male569. Sebbene, in un secondo momento vengano attuate alcune misure per tentare di arginare gli effetti dell’epidemia, come ricorda Salvatore Speziale, queste «appaiono alla maggior parte della popolazione come un’importazione dall’Europa, e vengono viste in contrasto con le interpretazioni giuridiche correnti soprattutto tra gli arabi»570, e per ciò in larga parte disattese. Il Regno delle Due Sicilie, vedendo l’infezione espandersi e di conseguenza un aumento del il rischio di un contagio europeo, decide di sospendere nuovamente la pesca in Barberia. Allo stesso tempo, inviano una squadriglia di legni della Real Marina composta da due leudelli e due paranzelle nelle acque maghrebine con l’incarico di incrociare in quei mari ed evitare che eventuali pescherecci fintamente diretti in Corsica e Sardegna sconfinino nelle acque meridionali, approfittando della relativa vicinanza571.

Nonostante il susseguirsi di virulente fasi di recrudescenza della peste, nel corso delle tre stagioni successive il 1819, lo sfruttamento del corallo africano non viene più vietato. Permane, tuttavia, l’abito di emanare ulteriori limitazioni sanitarie via via raccolte in nuovi regolamenti. Tali restrizioni sono principalmente geografiche: la normativa promulgata nel 1821 dal Supremo Magistrato di Salute, ad esempio, pur concedendo alle imbarcazioni di esercitare la propria attività nei mari barbareschi, circoscrive la zona di pesca ai soli litorali di Tunisi e ai «punti de bastioni di Francia e Stagnone»572, situati, questi ultimi, nel territorio di Algeri. Oltre a ciò, rimangono in vigore per le coralline l’obbligo di partire da Napoli scortate da imbarcazioni da guerra (destinate poi a rimanere in Nord Africa a sorvegliare la pesca e a radunare le coralline per il viaggio verso il lazzaretto) e il divieto di entrare in contatto con i battelli di bandiera differente da quella delle Due Sicilie e con le popolazioni della costa573. Questi

569 Ibidem. 570 Ivi, p. 72. 571

«Nello scorso anno si potevano mantenere delle semplici restrizioni, perché gran parte dell’Africa si manteneva sana. Quest’anno solo il divieto assoluto può assicurare la salute. Ma un divieto non è che ostacolo morale. Bisogna cercare di rendere infattibili le infrazioni. Ancora più necessario in quelle cose di salute, dove il sacrificio del delinquente vendica la legge, ma non il torto», ASN, Supremo Magistrato

di Salute, 168, 11 gennaio 1819, Regolamento sanitario per la pesca del corallo nei mari di Barberia.

572

ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 28 aprile 1821, Regolamento sanitario per la pesca del corallo nei mari di Barberia

573 Il numero di imbarcazioni inviate a sorvegliare la pesca non è costante, Nel 1820, vengono inviati

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due ultimi punti sono particolarmente importanti per i magistrati e non vengono mai messi in discussione. Di norma l’attuazione dei provvedimenti normati dal Supremo Magistrato di Salute spetta agli agenti consolari presenti nelle Reggenze i quali, inoltre, sono tenuti ad organizzarsi di concerto con i comandanti delle navi di sorveglianza. Così, nel 1822, Riccardo Rivolti574, chiamato a Bona in sostituzione di Gennaro Magliulo, nominato nel frattempo console a Cagliari, scrive di come egli abbia intimato ai patroni di non scendere a terra per nessun motivo e di tenere «inalberata la bandiera di Sua Maestà […] onde avvisati, l’altri non si permettano, per quanto possibile, nessuna comunicazione»575. Inoltre, aggiunge l’agente, «siccome le barche sono molte e continuamente vengono alla spiaggia, onde provvedersi di biscotto, od altro, così […] ho destinato uno che resterà continuamente alla marina, e che farà seco cura di impedire che il padrone, o i marinai, sbarchino»576. Qualche tempo dopo, lo stesso rappresentante delle Due Sicilie decide di porre «oltre al solito guardiano alla marina di Bona, altro guardiano alla spiaggia così detta di Pasarino, luogo solito ad essere frequentato da’ patroni corallari577».

Dal 1823, non si registra più alcuna traccia di peste in Algeria e Tunisia578. Già quell’anno, infatti, le imbarcazioni napoletane ottengono di poter andare alla pesca in Nordafrica senza scorta, sebbene un’imbarcazione venga comunque incaricata di raggiungerle e sorvegliarle. Una pratica che sarà mantenuta in vigore fino alla conquista

Ministero ai consoli; Nel 1822, ad esempio, il sovrano fa sapere di non poter inviare in Maghreb che un solo legno. ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 10 aprile 1822.

574 Nato in Toscana, Riccardo Rivolti è figlio di un ex console di Napoli a Livorno, ASN, Ministero

degli Esteri, Algeri, 2372, Supplica di Riccardo Rivolti al Sovrano.

575 ASN, Ministero degli Esteri, Pesca del corallo, 2397, 6 maggio 1822, lettera del vice-console

Rivolti.

576

Ibidem.

577 Ivi, senza data, ma del 1822, lettera del vice-console Rivolti.

578 Al termine della stagione del 1823, gli unici due marinai deceduti vengono dichiarati morti di

«malattia ordinaria». Il primo giugno, un rapporto dei medici dimoranti a Bona viene allegato a una missiva dal vice-console Rivolti: «Noi qui sottoscritti medici dimoranti nella villa di Bona in officio, in seguito all’invito fatto dal Signor Rivolti […] ci siamo trasportati al luogo detto fiche d’Indie […] per visitare il nominato Costanzo Trotta […] morto sopra la detta feluga, essendo alla pesca del corallo. […] Abbiamo trovato esternamente vari ecchimosi di color livido nerastro, in vari punti della periferia del corpo. Tali stravasi di sangue possono arrivare nel’ultimi periodi della vita in vari malattie. L’abbiamo trovato un verme, che usciva dalla bocca, ed un altro usciva dalle narici. Pel apertura che abbiamo fatto di torace, abbiamo trovato i polmoni molto infiammati, ed il lobo sinistro particolarmente devenuto nerastro, e passato allo stato di cancrena […]. Dietro un tal esame noi abbiamo stabilito unanimemente che la malattia che ha causato la morte di detto Trollo, è stata una seripneumomia cancrenosa, o sia infiammazione dei polmoni. Noi pensiamo per ora che questa malattia non possa essere contagiosa da poter far prendere delle misure d’osservazione per la salute pubblica», ASN, Supremo Magistrato di

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di Algeri da parte della Francia. Il 24 novembre del 1824, inoltre, il console napoletano a Tunisi fa sottoscrivere ai docenti della facoltà di medicina della capitale partenopea un attestato in cui si dichiara che la Barberia è definitivamente libera da ogni epidemia579.

Sebbene efficaci nell’impedire la propagazione del contagio, i dispositivi di controllo messi in campo in Maghreb dal Magistrato di Salute di Napoli presentano alcune problematiche in gran parte collegate alla difficoltà di far rispettare ai corallari le limitazioni imposte e a quelle legate all’ampiezza delle aree su cui vigilare con un contingente assai ridotto (4 piccole imbarcazioni nelle stagioni di maggiore emergenza). Così si esprime ad esempio il console di Cagliari, Francesco Bigani, nel 1818:

Non potranno credere loro Signori le grandi occupazioni, ed immense fatiche che stanno portando, e portano questi corallari nazionali onde siano puntualmente eseguite le istruzioni sanitarie emanate da cotesto vigilantissimo Magistrato, ed il dovere persuadere questi corallatori ignoranti all’intiera ubbidienza di esse. Vi è da perdere il cervello per prevedere ed invigilare a tante diverse cose580.

Le violazioni ai regolamenti di cui abbiamo testimonianza sono molteplici e riguardano pressoché tutti i divieti ed gli obblighi imposti dalle autorità partenopee. Nel giugno del 1818, ad esempio, Renato de Martino segnala l’arrivo a Tabarca di due imbarcazioni nazionali le quali, una volta ricevuto l’ordine di spostarsi a Biserta, così da allontanarsi dalle coste di Algeri, decidono di raggiungere ugualmente i mari di Bona, costringendo così l’alfiere di vascello Giobbe – comandante della squadriglia della Real Marina – a lanciarsi al loro inseguimento581. In realtà, i timori che qualche barca autorizzata a pescare in Corsica o Sardegna si spostasse illegalmente in Barberia, o comunque lo facesse senza seguire le procedure stabilite dai regolamenti sanitari, sono giustificati. È il caso, nel 1822, di ben 45 battelli – ai quali se ne aggiungono 18 l’anno

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