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1.5 La pesca in Magrhreb: la struttura a monopolio e le sue implicazioni

1.5.2 L’organizzazione della pesca in Maghreb

Le differenze legate alla natura degli insediamenti, come si può facilmente intuire, incidono anche sulle modalità di organizzazione dell’estrazione del corallo, soprattutto per quanto riguarda il reclutamento degli addetti. Mentre, in virtù di quanto detto poc’anzi, i genovesi possono disporre dei pescatori stabilitisi permanentemente a

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E questo nonostante l’emigrazione, già nel 1738, di circa un quarto della popolazione presso l’isola sarda di Carloforte. Ibidem.

188 S. B

OUBAKER, Les Tabarquins, une communauté de frontières, op. cit., p. 236.

189H.B.H

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Tabarca, le compagnie francesi sono costantemente costrette a cercare la propria manodopera in Europa ed in particolare in Provenza, luogo di provenienza delle stesse. Nonostante la selezione dei corallari da inviare in barberia sia essenzialmente circoscritta geograficamente, alcune società mostrano una certa apertura nel reclutamento. È il caso, ad esempio, delle compagnie del corallo del XVI secolo, le quali non esitano a reclutare italiani ed in particolare liguri della Riviera di Ponente, che negli anni 1583-1585 raggiungono il 20% del totale delle maestranze, percentuale che crescerà negli anni successivi190.

In base al modello di governance e di insediamento appena descritto, la pesca così come praticata nel XVII secolo in Maghreb ha una struttura del tutto peculiare e con caratteristiche ormai desuete presso le zone corallifere situate in territorio europeo. In primo luogo, in Barberia, lo sfruttamento del corallo perde completamente uno dei suoi caratteri fondamentali, ovvero quello della stagionalità. In Europa, come abbiamo visto precedentemente, i corallari per l’intrecciarsi di diversi fattori praticavano una pesca non continuativa nell’arco dell’anno. Ciò dipendeva, in parte, dal loro carattere di pescatori privati, il che comportava il dover sospendere le attività per seguire il prosieguo della filiera. Nei territori Maghrebini, quanti praticavano la raccolta sono, invece, semplici prestatori di servizio remunerati che lavorano in un sistema di monopolio e che si occupano esclusivamente della fase estrattiva della filiera. Sia che lavorino per i Lomellini di Tabarca, sia che siano stati assoldati da compagnie di commercio francesi, i corallari che operano in Nord Africa non sono in nessun modo autorizzati a pescare per proprio conto; al contrario, terminata la raccolta, essi devono imperativamente consegnare l’intero prodotto ai rappresentanti delle società concessionarie. Per la loro attività, i pescatori ricevono un tipo di remunerazione che prevede il pagamento del corallo a un prezzo (solitamente modesto) fissato in anticipo dai concessionari stessi191. Addirittura, a volte, è solo la parte più pregiata del pescato a ricevere un compenso, mentre gli scarti e i frammenti di poco valore devono essere consegnati gratuitamente192. Si tratta, ovviamente, di un rapporto fortemente squilibrato

190 P. G

OURDIN, Tabarka. Histoire et archéologie, op. cit., p. 344 ; Si veda anche P. MASSON, Les

Compagnies du corail, op. cit., pp. 238-240.

191

A loro volta, i rapporti interni tra i patroni e l’equipaggio sono regolati da un tipo di contratto «alla parte».P. GOURDIN, Tabarka. Histoire et archéologie, op. cit., pp. 345-346.

192 La consegna gratuita del corallo è prevista nel caso di Tabarca, mentre non si hanno testimonianze

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a favore degli appaltatori del corallo. E in effetti, in generale, la corrispondenza dei governatori genovesi dell’isola di Tabarca mostra, dice Gourdin, come i corallari vivano per lo più in condizioni piuttosto miserabili193. Una volta raccolto il corallo, sono gli stessi agenti delle compagnie appaltatrici della pesca a premurarsi di stiparlo nei magazzini, dividerlo per qualità e, infine, inviarlo a Livorno o a Genova per lo smercio194.

Rispetto a quanto avviene in Corsica e in Sardegna, questo modello di organizzazione a monopolio permette un deciso allungamento del periodo dedicato allo sfruttamento del corallo. D’altra parte, privati del diritto di immettere direttamente sul mercato il grezzo raccolto, i pescatori non hanno più alcuna necessità di fare ritorno in Europa al termine dell’estate. In questo modo, in Nord Africa la pesca si struttura attraverso campagne più brevi, ma anche più frequenti, che hanno nei porti delle

Concessions d’Afrique e di Tabarca il loro fulcro e punto di partenza. Relativamente

alla pesca effettuata a partire dall’isola tunisina, Philippe Gourdin, scrive che:

Toutes les barques doivent respecter un même calendrier de pêche […]. Les campagnes durent une vingtaine de jours au cours desquels les corailleurs sont absents de l’île, relâchant la soir dans les anses de la côte, en particulier au cap Roux, mais aussi fréquemment au Bation ou à La Calle […]. Au terme de chaque campagne, la flotte revient à Tabarka et y reste le temps nécessaire à l’entretien des barques et du matériel, ainsi qu’à l’approvisionnement. Le calendrier précis des période de pêche et le nombre de campagnes annuelles dépendent des conditions atmosphériques. En 1685, le mauvais temps empêche la départ de la première campagne avant le 20 janvier, puis huit campagnes se succèdent jusque en octobre, ce qui laisse, en moyenne, une dizaine de jours entre deux périodes de pêche195.

Come mostra questo breve estratto, nonostante nei mesi centrali dell’inverno «les bateaux sont désarmés et tirés sur la plage, et les patrons procèdent aux réparations nécessaires»196, la pausa dalle attività è sicuramente più breve rispetto alle isole del Tirreno; l’inizio anticipato della pesca, quindi, fa sì che questa si prolunghi per più tempo rispetto a quella europea.

essere peraltro importante: nel 1685, le 27 coralline impegnate nella pesca raccolgono in tutto 16 163 libbre di corallo (107,7 cantari): più del 71% del pescato giunge gratuitamente nelle mani dei Lomellini. In ogni caso, il valore delle remunerazioni cambia notevolmente nel corso del tempo. Ivi, pp. 346-347.

193 Ibidem. 194

A Tabarca, ad esempio, esiste uno specifico agente – chiamato torregiatore – incaricato di formare gli assortimenti. Ibidem.

195 Ivi, p. 345 196 Ibidem.

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Il numero delle coralline impiegate nel corso di ciascuna stagione non è fisso, ma varia in funzione di diversi fattori, tra i quali le condizioni politiche del momento, gli investimenti effettuati dalle differenti compagnie e, soprattutto, gli eventuali vincoli imposti dai trattati. Le capitolazioni firmate dal sovrano spagnolo con i Lomellini di Tabarca, ad esempio, non prevedono in questo senso alcuna limitazione197; diversamente, l’accordo per il privilegio esclusivo della pesca del corallo concluso nel 1782 dalla Compagnie royale d’Afrique con il bey di Tunisi, preciserà, all’articolo VIII, che «les bateaux destinés à la pêche ne passeront pas le nombre de trente»; inoltre, «dans chaque bateau il ne pourra pas y avoir plus de huit personnes»198.

Ciò detto, qualunque siano le condizioni imposte dai trattati con i barbareschi o dalle capitolazioni con il sovrano di Spagna, difficilmente le società detentrici dell’appalto dei mari barbareschi impiegano più di qualche decina di battelli. Il «Cartulario del corallo»199 compilato nel 1721 dagli amministratori di Tabarca, solo per fare un esempio tra i tanti, ci permette di conoscere che la flotta utilizzata per quell’anno è composta da 34 imbarcazioni, più una fregata di guardia che partecipa a sua volta alla pesca e che il pescato totale è di 22 254 libbre (148 cantari). Ciascuna delle coralline presenti sul documento ha un equipaggio di 8 uomini (patrone compreso), salvo due, che ne hanno 9. L’imbarcazione deputata alla sorveglianza, da parte sua, conta ben 13 persone200. Nel 1727, qualche anno dopo, le feluche da pesca impiegate dai signori di Tabarca sono 39 – 4 in più. Se qualche oscillazione è dunque presente, il numero rimane sempre piuttosto contenuto e non presenta grandi variazioni201.

Le ragioni che spingono le compagnie a mettere in mare un numero limitato di coralline sono molteplici. In primo luogo, vi è il problema degli importanti capitali necessari ad armare ciascun battello. In secondo luogo, c’è una questione legata agli spazi: l’organizzazione degli stabilimenti è, come già ricordato, complessa e i territori a disposizione delle imprese limitati. Il numero di persone accolte deve quindi essere in

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Ivi, p. 166.

198

E. ROUATD DE CARD, Traités de la France, op. cit., p. 197.

199 Si tratta di un documento redatto ogni anno che, non solo riporta la lista di tutti i patroni e dei loro

marinai, ma che ricapitola le quantità di corallo pescato da ciascuno, oltre che le spese per i commestibili e il materiale effettuate collettivamente dai patroni per l’intero equipaggio o individualmente per ogni marinaio. P. GOURDIN, Tabarka. Histoire et archéologie, op. cit., p. 347.

200 Il totale dei pescatori impegnati quell’anno nella raccolta del corallo è quindi 287.

201 Anche Paulette e Claude Grenié riportano, per Tabarca, una media di una quarantina di

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qualche modo contenuto, anche per limitare i costi delle infrastrutture e del sistema di approvvigionamento degli impiegati.

1.5.3 La Compagnie royale d’Afrique nel XVIII secolo e le risorse maghrebine

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