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La dinamica della presenza corallara: uno slancio fermato sul nascere

3.5 La pesca napoletana durante peste del 1817-1822

3.5.2 La dinamica della presenza corallara: uno slancio fermato sul nascere

I provvedimenti e le normative collegati alla peste che abbiamo brevemente passato in rassegna, così come gli effetti che essi hanno sull’attività di estrazione del corallo e sui risultati dell’impresa di pesca, contribuiscono a spiegare, al di là delle numerose violazioni sopra elencate, i dati relativi alle dinamiche della presenza corallara napoletana di quegli anni. Tali dati si evincono dalla lettura di diverse carte che spesso si completano tra loro: mi riferisco, in particolare, ai differenti «stati delle coralline» compilati ogni anno sia dalle autorità sanitarie (alla partenza delle imbarcazioni da Napoli), sia dagli agenti consolari dislocati in Barberia. In questo paragrafo prediligeremo l’utilizzo della prima tipologia di documento, poiché è in grado di fornirci una panoramica più generale, senza distinzioni tra la pesca effettuata ad Algeri e

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Numerose sono le inadempienze contestate a di Napoli: oltre ai soggiorni troppo prolungati a Cagliari, possiamo citare il mancato invio del registro delle attività svolte in Nord Africa. Ivi, 18 febbraio 1823, Delibera della Soprintendenza generale di Salute.

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quella invece di Tunisi. Ci limiteremo inoltre agli anni 1817-1822 sebbene alcune limitazioni permangano anche successivamente.

Nel 1817, quando il morbo si diffonde, ben 249 coralline napoletane composte ciascuna da equipaggi di dieci marinai sono già approdate nei mari del Maghreb, distribuendosi tra i porti delle due Reggenze597. Si tratta dell’unica stagione in cui le imbarcazioni con bandiera delle Due Sicilie raggiungono numeri tanto importanti. Nei due anni successivi, il divieto ingiunto dal Supremo Magistrato di Salute di recarsi in Barberia provoca, poco sorprendentemente, un’importante battuta d’arresto della presenza torrese. anche se nel 1818 la pesca viene infine concessa, il provvedimento arriva a stagione ormai inoltrata, così, solo 6 barche decidono di raggiungere le acque del Nord Africa598. A partire dal 1820, lo sfruttamento del corallo barbaresco da parte dei torresi riprende parzialmente, ma, come mostra la tabella presentata di seguito (dalla quale sono escluse le eventuali imbarcazioni sorprese a pescare in maniera illegale) l’andamento incerto dell’epidemia e le conseguenti, importanti, limitazioni imposte dalle autorità sanitarie partenopee continuano ad incidere sulla presenza napoletana.

D’altronde, come permettono di osservare gli Stati delle coralline in partenza da Napoli, molti pescatori preferiscono, o sono costretti, ad orientarsi in quegli anni verso i mari di Corsica, Sardegna e, in misura minore, Corfù599.

Coralline napoletane presenti in Barberia e in Corsica, Sardegna e Corfù negli anni della peste (1817-1822)

Anno Barberia (Tunisi e Algeri) Corsica, Sardegna e Corfù 1817 249 14 1818 6 120 1819 0 145 1820 96 141 1821 102 - 1822 105 -

597 ASN, Ministero degli Esteri, Pesca del corallo, 2372, 6 agosto 1817, Stato nominativo delle barche

uscite da varj porti della Provincia di Napoli per recarsi alla pesca de’ coralli nei mari di Tunisi e Algeri. La maggior parte delle imbarcazioni proviene da Torre del Greco (226); le altre sono armate a Portici (5), Resina (5), Procida (1), Forio (2), Ischia (9), Castellammare (1), Capri (1).

598 Secondo quanto dichiarato dall’agente provvisorio delle concessioni francesi, all’inizio della

stagione, prima che la pesca fosse proibita, vi erano più di duecento battelli napoletani pronti a raggiungere i mari di Barberia: «Nous n’avons jusqu’à ce jour que 63 bateaux faisant la pêche; les napolitains et les siciliens ne sont pas venus […] à cause de la peste. Il y avait à Naples plus de 200 bateaux prêts. Le gouvernement leur a refusé les expéditions pour la Barbarie, ils sont tous en Sardaigne, en Corse etc». AD(BdR), 8 M 161, 1 agosto 1818, lettera dell’agente principale provvisorio Maurin.

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Il corallo di queste regioni è in realtà ritenuto di norma di qualità inferiore rispetto a quello disseminato sui fondali maghrebini. In compenso, però, i regolamenti sanitari promulgati dal Supremo Magistrato di Salute per le coste greche e tirreniche sono decisamente meno restrittivi600. Fatta eccezione per l’anno 1819, le imbarcazioni vengono infatti lasciate libere di praticare l’attività di estrazione senza l’obbligo di rimanere a vista di navi della Real Marina601: questo aspetto – lo abbiamo già accennato – è fondamentale perché al di là della questione dei ritardi accumulati alla partenza da Napoli e al ritorno dalla Barberia e dei problemi legati al divieto di mettere piede a terra, il dover restare nelle vicinanze dei legni da guerra impedisce ai pescatori di corallo che si recano in Maghreb di ricercare in libertà i banchi di corallo migliori. Questo concetto è chiaramente espresso nel 1818 dal vice-console di Bona, Gennaro Magliulo:

Le disposizioni date dal benefico cuore del Re, furono certamente per vantaggiare gl’interessi de’ suoi sudditi, e nel tempo istesso per tenerli lungi dalla peste; ma non fu così, poiché le istruzioni che furono conferite al Signor Comandante della flottiglia erano concepite in maniera che tolsero addirittura la libertà di esercitarsi la pesca a volontà de’ corallari; giacché in dette istruzioni si proibiva espressamente ai corallari di allontanarsi dalla vista della flottiglia durante la pesca. È da osservarsi che le coralline occupano nel loro esercizio la distanza di 600 miglia di mare, ed è possibile che possono essere sotto la vigilanza di una piccola Real flottiglia? Dovendo dunque pescare a vista di essa non possono occupare che soli miglia tre di mare, e non si possono mai percepire i soliti proventi, come tutti gli anni antepassati602.

600 Si veda, tra i tanti, ASN, Supremo Magistrato di Salute, 168, 26 febbraio 1820, Regolamento

sanitario per la pesca del corallo nei mari di Corsica e Sardegna.

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Nel 1819, questo obbligo viene in effetti imposto. In risposta, i patroni corallari inviano una supplica, che, per la stagioni successive, viene accolta: «Se i corallari avessero potuto prevedere che andando a pescare ne’ mari di Corsica e Sardegna, ove non v’è sospetto di male contagioso, sarebbero stati astretti a partire sotto la vigilanza di qualche scorta, non si sarebbero certamente messi in ispesa per l’armamento. Ma ora l’armamento è fatto, per cui si sono sborsati centi mila ducati circa, e le barche sono pronte alla partenza. Intanto non possono partire; e qualora venga poi il permesso di partire, debbono partire e andare a pescare sotto la scorta […]. Essi corallari non possono abbastanza dimostrare a chi si deve quanto grande sia il danno che arreca la scorta a pescatori, giacché per capirlo vi vorrebbero persone del mestiere. […] Essi perciò lagrimando supplicano […] che le coralline possano andare liberamente a pescare ne’ mari di Corsica e Sardegna». ASN, Ministero degli Esteri, Pesca del corallo, 2396, Supplica del marzo 1819.

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3.6 La «transmigrazione» di Napoletani verso Livorno e la situazione al

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