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maggiormente ha contatti con la sfera politica locale ed internazionale e con le istituzioni internazionali come la Banca Mondiale che fin dagli anni ’80 attivano progetti e programmi di sviluppo economico nei paesi del Global South (Ahmed e Hopper, 2014). In considerazione della complessità dell’argomento, gli aspetti controversi di un’ingerenza esterna nei programmi nazionali in merito allo svi-luppo del welfare interno e in merito alla lotta alla povertà (Harvey, 2003) verran-no trattati nella terza parte della ricerca per meglio contestualizzare le azioni e gli interventi delle ONG.

Obbiettivo di questo capitolo è, diversamente, evidenziare quali sono stati e sono tutt’ora gli attori principali nei programmi di sostegno nelle emergenze e di supporto alle popolazioni in difficoltà. In quanto “prima generazione di ONG” (Korten, 1987) questi attori hanno determinato le componenti operative, la com-posizione e le modalità di intervento di molte organizzazioni nate nei decenni successivi. La rilevanza di un loro approfondimento risiede dunque anche nell’e-sempio generale che tali soggetti terzi hanno definito per lo sviluppo globale delle ONG e del sistema alternativo di approccio alla questione socio-spaziale ed economica in contesti complessi e fragili.

Per la scelta degli esempi trattati quali parte del discorso sul tema dell’aiuto emergenziale si è scelto, in questo caso, di riferirsi direttamente all’analisi dei soggetti rilevanti nell’ambito del supporto emergenziale sviluppata da Korten e articolata poi quale analisi generale sulle caratteristiche dei soggetti terzi (1987, 1990a, 1990b). Questo in quanto gli ambiti individuati nel testo di Korten per la suddivisione delle generazioni di ONG sono largamente utilizzate come rife-rimento nel momento in cui si affronta il tema dell’evoluzione di tali soggetti e delle loro caratteristiche (Bratton, 1989; Carroll, 1992; Fisher, 1997; Clarke, 1998; Coston, 1998; Baviskar, 2001; VanSant, 2003; Lewis, 2004; Duffield, 2007; Hul-me, 2013; Banks, Hulme e Edwards, 2015). È rilevante, inoltre, utilizzare come esemplificativi di un metodo di approccio quei soggetti che erano presenti anche trent’anni fa per valutare oggi il loro apporto alle situazioni emergenziali e la loro evoluzione nel tempo.

Va considerato, a margine, come ad oggi il panorama del sistema di aiuti per le popolazioni in difficoltà abbia parzialmente spostato la sua prospettiva – pur rimanendo centrale nei contesti di guerra e di crisi ambientale. Attualmente, in-fatti, molte sono le ONG che si occupano di aiuti umanitari in contesti consoli-dati, quale il teatro del Mediterraneo, a supporto delle istituzioni nazionali che si adoperano nel soccorso e sostegno ai migranti. In considerazione di questo si è valutato di citare alcuni di questi soggetti nella parte finale del capitolo, in quanto protagonisti di un’emergenza umanitaria in corso.

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atholic Relief Services

La prima tra i soggetti citati nel testo del 1987 è la ONG internazionale Ca-tholic Relief Services (CRS), nata nel 1943 negli Stati Uniti d’America quale asso-ciazione religiosa di supporto e aiuto per il rialloggiamento dei rifugiati europei durante la Seconda Guerra Mondiale. A partire dagli anni ’50 del novecento, con il superamento della crisi umanitaria post conflitto in Europa, l’organizzazione si dedica ad espandere la propria area di influenza per consolidare i programmi e progetti umanitari sviluppati. Nei due decenni successivi, fino agli anni ’70,

Alcuni dei contesti in cui è attiva attualmente la Catholic Relief Services: Madagascar © J.E. Andrianambinina; Indonesia © Sayoga/ Redux; Nepal © John Shumlansky.

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vengono quindi fondate altre sedi della ONG in Africa, Asia e America Latina (Anheier, Toepler e List, 2010).

Le azioni di supporto e aiuto sviluppate dall’organizzazione sono incentrate sul sostegno alle popolazioni vittime di emergenze ambientali e socio-politiche, così come coinvolte in scenari di guerra. Nei suoi settant’anni di attività sono nu-merosi i contesti in cui si sono sviluppati i programmi di aiuto: dal sostegno alla popolazione del Rwanda colpita da pandemie di AIDS e da guerre civili, in cui la CRS è presente fin dal 1963 (Mukankusi et al., 2009), alla presenza in Vietnam durante il conflitto quale fornitore di primo soccorso e aiuto alla popolazione (Flipse, 2002) e in Kosovo durante il conflitto di inizio anni ’90. Gli scenari di intervento emergenziali e di contrasto alla povertà2 non escludono il fronte na-zionale interno in quanto l’organizzazione è intervenuta anche in occasione degli uragani che con cadenze annuali colpiscono gran parte degli stati centrali negli USA.

Il panorama delle azioni svolte dalla ONG non si esaurisce con l’aiuto nelle emergenze risultando coinvolta anche in programmi di sviluppo comunitario e di stimolo economico (Inamahoro, 2018). Questi approcci sono la diretta evolu-zione del processo di sostegno emergenziale che non si conclude, quindi, con il superamento della crisi puntuale e con l’assistenza alla popolazione, ma si svilup-pa anche in seguito con un accomsvilup-pagnamento delle comunità al ripristino della propria democrazia di diritti e di un livello adeguato di vita e sostentamento. In questo senso l’organizzazione sviluppa diversi programmi di micro-finanziamen-to e coordina savings groups favorendo l’indipendenza economica delle popolazio-ni in difficoltà (Anheier, Toepler e List, 2010).

I progetti della CRS prevedono anche il finanziamento e la pubblicazione di numerose ricerche in merito all’analisi degli scenari post emergenza e di docu-mentazione dei sistemi di risposta più adeguati, sia da un punto di vista umani-tario che spaziale ed economico. Le pubblicazioni raccolte sono presentate sia in forma di analisi quantitative e di monitoraggio della situazione post intervento, sia in forma di manuali operativi per i soggetti chiamati ad operare in contesti fragili in aree urbane e rurali interessate da crisi ed emergenze ambientali o socia-li. Questa componente del lavoro svolto dalla ONG è molto rilevante in quanto la condivisione di simili pratiche è utile per il miglioramento della risposta civile in simili contesti3.

Una delle ultime ricerche sviluppate riguarda lo stato della popolazione all’in-terno del progetto United in Building and Advancing Life Expectations (UBALE), un programma sviluppato nel contesto di tre dei più poveri distretti del Malawi4

«Con la crescente gravità degli shock legati alle condizioni meteorologiche che minacciano la sicurezza alimentare, c’era la necessità di sviluppare un protocollo di monitoraggio e valutazione della resilienza nel contesto dello sviluppo. Lancia-to come una collaborazione concepita congiuntamente dal Monitoring, Evaluation and Learning Unit (MEAL) all’interno del Southern African Regional Office (SARO)

di Catholic Relief Services (CRS) e la Charles H. Dyson School of Applied Economics and

2 Ulteriori aree di intervento in questo senso sono stati, ad esempio il Kenya e l’Etiopia. 3 Alcune delle più recenti pubblicazioni in merito alla risposta nelle emergenze sono, tra le altre:

Lessons Learnt Report. Rohingya emergency response community based approach (Mikulec e Richardson,

2018), Livelihoods Programming in Emergency Response and Recovery Contexts (Inamahoro, 2018) e Strate-gic Recommendations for Shelter Upgrade in Response to the Rohingya Humanitarian Crisis (Martin, 2017).

Management della Cornell University, l’obiettivo del progetto Measuring Indicators for Resilience Analysis (MIRA) era condurre uno studio concettuale di prova per la misurazione della resilienza quale progresso per raggiungere tale obbiettivo. (…) Lo scopo di MIRA è di fornire dati tempestivi e ad alta frequenza che offrono un’istantanea degli shock e degli stress sperimentati dai beneficiari e non bene-ficiari dei distretti interessati dal programma UBALE.» (Knippenberg, 2017: 4).

L’organizzazione ha poi iniziato a seguire, a partire dall’esperienza in Ghana nel 2002, un sistema di approccio in merito alla risposta sociale e umanitaria alle emergenze e alla conseguente necessità di sviluppo: l’Integral Human Development (IHD). Tale sistema, derivazione diretta dai principi religiosi che sono alla base dei programmi e dell’intera struttura della ONG, si articola quale progetto in-tegrato di sviluppo tra popolazione e contesto. Similmente ad altri programmi, quali il Sustainable Livelihood Approach, sviluppati e utilizzati da differenti soggetti tra cui organizzazioni internazionali (United Nations Development Program), enti isti-tuzionali (Department for International Development) e Organizzazioni Non Governa-tive (CARE); il sistema IHD è un contesto concettuale e di principio all’approc-cio definito dall’organizzazione in merito alla questione dello sviluppo sostenibile che viene concepito a partire dalla considerazione del singolo individuo «Operare con l’IHD significa lavorare con una varietà di attori per trasformare il modo in cui le società vivono, guariscono e strutturano le proprie relazioni. I progressi verso l’IHD sono raggiunti attraverso l’impegno attivo con gli altri in una società giusta e pacifica che rispetta la sacralità della vita e la dignità di ogni persona. (…) In molti casi i partner di CRS hanno già una certa familiarità con il concetto di IHD e hanno sviluppato metodologie per aiutarli a lavorare con le comunità per raggiungere questo obiettivo.(…) Infine, il nostro lavoro collaborativo deve considerare le diverse dimensioni dell’intera persona e della società, compresa la sostenibilità sociale e ambientale. Significa che dobbiamo colmare le lacune tra emergenze e sviluppo; tra la vita dei poveri e le politiche, sistemi e pratiche in-giuste; e tra il benessere individuale e il bene comune.» (Heinrich, Leege e Miller, 2008: 11).

cooperative for assistance and Relief everywhere

Il secondo soggetto attivo nel campo dell’aiuto nelle emergenze è rappre-sentato dall’organizzazione Cooperative for Assistance and Relief Everywhere (CARE). Questa ONG internazionale è stata fondata nel 1945 negli Stati Uniti d’America nel contesto dell’emergenza della Seconda Guerra Mondiale. La crescita successi-va dell’organizzazione l’ha portata, nel 1998, ad essere annoverata al primo posto tra le otto più grandi ONG internazionali che controllavano una rilevante parte dei fondi globali destinati a programmi di aiuto e sostegno per le emergenze (Simmons, 1998).

Il primo nucleo dell’organizzazione, formato da ventidue associazioni statu-nitensi, aveva l’obbiettivo di portare aiuto e sostegno alla popolazione europea durante il secondo conflitto mondiale. La peculiarità del sistema di aiuto emer-genziale durante e post conflitto era rappresentato dall’invio di pacchi di aiuti (a partire dal 1946). Questi pacchi contenevano tutto il necessario per il sostenta-mento delle famiglie in difficoltà quali generi di prima necessità, ma anche capi di abbigliamento e strumenti per la preparazione (Duran, Gutierrez e Keskinocak,

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Alcuni contesti di intervento, dall’alto: Chad, Siria e Kenya © CARE.

2011). L’iconografia del pacco di aiuti, grazie anche al messaggio chiaro e com-prensibile, divenne un simbolo dell’impegno dell’organizzazione nel fornire as-sistenza oltreoceano anche nei decenni seguenti alla fine della guerra in Europa5. Attualmente la ONG è impegnata in novantaquattro paesi nel mondo con i suoi programmi di aiuto umanitario, quasi esclusivamente in nazioni del Glo-bal South. Le attività principali di CARE sono legate all’organizzazione di catene di aiuti per le popolazioni in difficoltà disponendo e coordinando le risorse sia localmente che internazionalmente. Questa tipologia di interventi si confron-ta necessariamente con le problematiche relative al trasporto degli aiuti e alle reti infrastrutturali che spesso sono insufficienti o assenti negli scenari di emer-genza o guerra in cui opera l’organizzazione (Duran, Gutierrez e Keskinocak, 2011). Questo rappresenta uno dei problemi più rilevanti affrontati dalla ONG in quanto la complessità di avviare programmi di adeguamento infrastrutturale è strettamente legata al recepimento dei fondi per simili progetti. Tali fondi sono, naturalmente, più facilmente ottenibili quando la copertura mediatica legata all’e-mergenza la porta all’attenzione pubblica, mentre rappresentano criticità mag-giori quando devono essere recuperati per progetti di adeguamento infrastruttu-rale (Murray, 2005).

Uno dei progetti sviluppati per sopperire ai problemi legati alla distribuzione degli aiuti vede coinvolti CARE e il Georgia Institute of Technology nel proporre un sistema di pre-posizionamento delle risorse di aiuto con posizioni strategiche in diversi paesi in modo da ridurre i tempi impiegati dall’organizzazione per portare le merci negli scenari emergenziali. Tale progetto vede la collaborazione del Uni-ted Nations Humanitarian Response Depot (UNHRD) e di diversi governi nazionali che forniscono spazi ed edifici atti a contenere gli aiuti umanitari in favore di un loro successivo dispiegamento in tempi brevi (Duran, Gutierrez e Keskinocak, 2011). «Il pre-posizionamento della fornitura di emergenza, come complemento alla strategia attuale delle spedizioni dirette, può avere numerosi vantaggi, tra cui un approvvigionamento più efficiente di merci e miglioramento dei tempi di risposta. I benefici, in particolare la riduzione della risposta tempo, dipende molto dalla configurazione della rete di pre-posizionamento.» (Duran, Gutierrez e Keskinocak, 2011: 232).

Un altro importante aspetto del lavoro svolto da CARE è relativo al suo ruolo quale soggetto internazionale impegnato nell’affermazione del right-base approach (Cornwall e Nyamu-Musembi, 2004). A partire dalla campagna Human Rights Ini-tiative nel 1999 l’approccio della ONG in merito allo sviluppo sostenibile basato sui diritti ha a che fare con «(…) raggiungere le condizioni minime per una vita dignitosa (…) far crescere le comunità povere facendo si che possano reclamare e esercitare i propri diritti e consentire ai responsabili di adempiere ai propri doveri.» (Cornwall e Nyamu-Musembi, 2004: 1429). In questo contesto di ap-proccio allo sviluppo basato sul diritto, l’organizzazione ha sviluppato negli anni diversi protocolli e azioni indirizzate al raggiungimento degli obbiettivi di aiuto e supporto alle comunità in difficoltà ponendo come condizione principale l’assi-curazione dei diritti. Alcuni di questi quadri normativi sono, tra gli altri, il Benefi-ts-Harms, rivolto all’analisi e alla mitigazione degli effetti negativi non intenzionali quali conseguenza lavoro di CARE. Questo protocollo è anche rivolto allo studio dei benefici o degli eventuali danni subiti dai vari attori comunitari coinvolti nei

5 In questo senso si vedano le campagne di sensibilizzazione che hanno coinvolto volti noti della politica e dello spettacolo negli Stati Uniti d’America.

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processi e nelle pratiche condotte (Cornwall e Nyamu-Musembi, 2004).

Un simile lavoro di analisi ex-post è molto rilevante in quanto consente allo stesso attore terzo di valutare non solo il proprio impatto positivo sul contesto di azione, ma anche gli eventuali problemi e danni che tale approccio potrebbe provocare. Questo in considerazione della variabilità dei soggetti coinvolti e della necessità di valutare tutte le parti i causa e i loro diritti. Altri processi di verifica e controllo utilizzati dalla ONG sono, ad esempio, il Rights, Responsibilities and Root Causes Analysis che si prefigge un controllo rispetto agli altri attori istituzionali e governativi convolti nei processi di sviluppo per far sì che rispettino i propri obblighi in merito ai diritti umani della popolazione e il Household Livelihood Secu-rity (HLS). Questo programma sviluppato da CARE ha come obbiettivo l’inseri-mento dei processi basati sui diritti umani nelle pratiche di sviluppo. Attraverso questo sistema di approccio la ONG favorisce la collaborazione con gli abitanti nel definire le soluzioni più indicate per il miglioramento del loro spazio di vita (Cornwall e Nyamu-Musembi, 2004). Il lavoro portato avanti dall’organizzazio-ne, nei diversi ambiti in cui svolge i propri interventi, presenta quindi sempre una sistematica integrazione dei principi di difesa e tutela dei diritti umani nei processi di intervento e nei programmi strutturali di aiuto.

Save the children

Uno tra i primi soggetti internazionali non governativi che si sono costituiti quali attori principali nei programmi di aiuto alla popolazione nelle emergenze è rappresentato da Save the Children. Come per i due attori già descritti (CRS e CARE) anche Save the Children si sviluppa a partire dall’emergenza umanitaria post conflitto mondiale. A differenza delle due precedenti, però, questa ONG internazionale è anteriore in quanto viene creata come fondo per la difesa dei bambini alla fine della Prima Guerra Mondiale nel Regno Unito (1919). I fonda-menti della costituzione dell’organizzazione sono, in ogni caso, ancora precedenti in quanto tale volontà si sviluppa a partire dal Fight the Famine Council indetto durante la prima guerra mondiale quale protesta per il blocco alleato della Ger-mania (Hilton et al., 2012). Il primo fondo ha quindi l’obbiettivo di fornire aiuti alimentari e supporto per i minori colpiti da carestie nella Germania interessata dal blocco alleato durante la guerra.

A partire da questo primo nucleo si svilupperanno poi soggetti paralleli in altri paesi, come ad esempio l’organizzazione fondata in Svezia nel medesimo anno. Dopo la creazione della International Save the Children Union a Ginevra nel 1920, l’attuale organizzazione viene fondata a Londra nel 1977 con il nome di Interna-tional Save the Children Alliance quale unione dei diversi soggetti che operavano nel contesto dell’aiuto emergenziale con una focalizzazione sui diritti e la tutela dei minori «L’organizzazione crea e supporta molti programmi. Lavora per miglio-rare l’educazione, la sanità, l’agricoltura e gli standard economici. Save the Children fornisce soluzioni sostenibili per molti dei problemi che interessanti i bambini del mondo. Save the Children ha inoltre una presenza politica. Lavora con i governi nel cambiamento delle politiche di cui beneficerà la popolazione giovane.» (Nault, 2003: 4). Lo sviluppo delle attività dell’organizzazione, che attualmente coinvol-ge ventinove sogcoinvol-getti in tutto il mondo, è molto ampio e comprende procoinvol-getti e programmi sviluppati in contesti geografici ed emergenziali diversi.

I contesti di azione della ONG spaziano dalla risposta emergenziale (Grecia) al supporto allo sviluppo (Kenya) e alla sensibilizzazione internazionale (Nazioni Unite) © Save the Children.

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Pur in considerazione dell’obbiettivo principale della ONG, che riguarda la tutela e la difesa dei diritti dei bambini, gli interventi di Save the Children si svi-luppano più in generale nel campo dell’aiuto emergenziale alle comunità e nella successiva cooperazione allo sviluppo. Una rilevante attività svolta dall’organiz-zazione è anche quella di pressione istituzionale per indirizzare un cambio di po-litiche nei contesti in cui le istituzioni di governo non sviluppano adeguatamente programmi di tutela dei diritti della popolazione (Hilton et al., 2012). In merito agli scenari delle azioni e alle modalità di intervento, le operazioni della ONG spaziano dall’aiuto in contesti di crisi sanitaria, com’è stato per il contrasto alla pandemia di Ebola in diversi paesi africani, al sostegno e allo sviluppo di cam-pagne per il contrasto alla povertà e alla conseguente crisi delle economie locali coinvolte. L’attenzione verso i bambini ha portato, inoltre, allo sviluppo di pro-grammi educativi e di strategie per l’assicurazione del diritto all’educazione anche in contesti di fragilità socio-spaziale ed economica. Gli scenari di intervento si suddividono tra quelli situati in paesi del Global South, come le campagne di aiuto nelle comunità povere in Etiopia e Sud Sudan e quelli presenti in contesti del Glo-bal North, come gli interventi rivolti al salvataggio e accoglienza dei migranti nel Mediterraneo nell’ambito della recente crisi migratoria che ha investito l’Europa.

L’ambito di aiuto emergenziale in cui la ONG è impegnata, inoltre, non ri-guarda unicamente contesti interessati da guerre e tensioni socio-politiche, come nel caso dei progetti svolti in Siria e nella striscia di Gaza. Gli interventi dell’or-ganizzazione si sviluppano anche nell’ambito del sostegno alla popolazione inte-ressata da disastri naturali, come ad esempio la risposta alla crisi umanitaria del ti-fone Haiyan nelle Filippine, attraverso programmi di soccorso e appoggio locale. «Quello che distingue Save the Children come ONG impegnata nello sviluppo è il suo focus sui diritti. Jebb6 ha impegnato l’organizzazione sulla protezione dei di-ritti del bambini, e ha svolto un ruolo chiave nella scrittura della Carta dei Didi-ritti del Bambino che è stata approvata dalla Lega delle Nazioni nel 1924. Il peggiora-mento della situazione negli anni ’30 ha reso cosciente l’organizzazione che c’era ancora la necessità di una convenzione per il trattamento dei bambini in tempo di guerra, ma lo scoppio delle ostilità bloccò il processo. La persistente campagna nel periodo post conflitto, insieme ad una crescente attenzione per il confronto sui diritti per gruppi specifici come le donne e le minoranze, ha portato all’ap-provazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel 1989. Avendo adottato, come altre ONG, un approccio basato sui diritti, Save the Children è oggi saldamente posizionata nella corrente principale dello svilup-po, agendo come ONG fondamentale ma anche lavorando a contratto con altre agenzie ufficiali.» (Hilton et al., 2012: 140).

Come nei casi descritti precedentemente, anche in questo caso l’evoluzione della ONG si è sviluppata a partire dalla fornitura di aiuti emergenziali nel con-testo europeo del conflitto mondiale. In seguito l’organizzazione si è strutturata come una realtà internazionale con un ruolo principale nello sviluppo di pro-grammi di appoggio alle popolazioni locali, spaziando dall’aiuto nelle emergenze