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stesso (Fyvie et al., 2003).
Nell’ambito delle pratiche e degli approcci rispetto all’inclusione sociale è ri-levante evidenziare come l’attenzione sia concentrata principalmente sugli aspetti macroscopici e top-down dell’integrazione, con relativamente poche attenzioni e approfondimenti alle relazioni intercorrenti tra i diversi caratteri del fenomeno (Korac, 2003). In merito a questo, sono infatti numerosi gli studi qualitativi in merito all’integrazione (Atfield, Brahmbhatt e O’Toole, 2007), ma non altrettanti relativamente alla natura multidimensionale dell’integrazione stessa (Cheung e Phillimore, 2013). È dunque utile attivare percorsi di ricerca e analisi in questo senso nell’evidenza che «C’è una chiara necessità di ricerca in merito all’integra-zione dei rifugiati per focalizzare una gamma di dimensioni, le loro intercon-nessioni e il modo in cui sono vissute (…) pochi lavori hanno esaminato come differenti fattori si combinano per influenzare l’esperienza di insediamento. La carenza di un contesto analitico per strutturare la ricerca sulle dimensioni mul-tiple può essere una delle ragioni per cui poche ricerche hanno esplorato l’inter-connessione» (Cheung e Phillimore, 2013: 2). In riferimento alla rilevanza della questione dei rifugiati e dell’integrazione sociale e spaziale dei migranti si vedano i dati emersi dai rapporti di UNHCR che stima, per il solo contesto del Mediter-raneo, un arrivo di quasi 1.800.000 migranti dal 2014 al 20172. La dimensione di crescita totale del fenomeno migratorio è ulteriormente significativa se si consi-dera l’aumento di 1 punto percentuale sulla popolazione mondiale tra il 1970 e il 20153 (IOM, World Migration Report 2018).
Alla luce delle dinamiche politiche e di ricerca attive sul tema dell’integra-zione, appare utile inquadrare quali siano i soggetti terzi che si confrontano con questo fenomeno, attraverso quali approcci e pratiche, oltre che in quali contesti. Nell’ambito degli organismi e dei soggetti che si occupano di questo tema è di indubbia centralità il ruolo svolto dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)4 che dal 1951 è attivo in diversi scenari di intervento. Le azioni si sviluppano dall’aiuto immediato nei contesti di guerra e crisi attraverso il supporto emergenziale e abitativo fino ai programmi educativi e di inclusione economica e sociale nelle città del Global North. I processi di riaffermazione dei diritti dei rifugiati sono dunque il fulcro delle attività di questo dipartimento delle Nazioni Unite che è naturale citare nell’affrontare un tema riguardante i soggetti terzi nell’ambito dell’integrazione sociale. Un altro organismo internazionale del-le Nazioni Unite connesso a processi di sostegno e integrazione, è rappresentato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Pa-lestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA)5 specializzata nella situazione umanitaria dei rifugiati palestinesi in Medioriente.
L’interesse rispetto agli attori che si occupano della questione
dell’integrazio-2 Per maggiori informazioni si fa riferimento ai dati costantemente aggiornati sul sito: https:// data2.unhcr.org/en/situations/mediterranean.
3 Il numero complessivo dei migranti internazionali passa da 84,460,125 nel 1970 (2,3% della popolazione mondiale) a 243,700,236 nel 2015 (3,3%).
4 L’United Nations High Commissioner for Refugees viene fondata dalle Nazioni Unite nel 1950,
iniziando ad operare l’anno successivo. Per il suo impegno nell’assistenza dei rifugiati di guerre e crisi umanitarie ha ricevuto due volte il Premio Nobel per la Pace (1954-1981).
5 L’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East è stata istituita a
seguito della guerra arabo-israeliana nel 1948 per far fronte alla questione dei rifugiati palestinesi nei paesi di Libano, Giordania, Striscia di Gaza, Siria e Cisgiordania.
ne oltre i programmi istituzionali è derivato dalla considerazione di come l’asilo e l’integrazione dei migranti non sia unicamente un tema politico (van der Brug et al., 2015; Cinalli, 2016) e sociale (D’Amato e Schwenken, 2018) ma anche forte-mente spaziale, in quanto determina delle modificazioni rilevanti sulla struttura del territorio interessato da tali fenomeni (Jacobsen, 1997). È quindi una questio-ne strettamente conquestio-nessa allo spazio urbano e a come approcci diversi al tema dell’inclusione sociale ed economica possano modificare le dinamiche interne delle città.
Pur nella considerazione delle attività svolte da un’istituzione globalmente riconosciuta e sviluppata come l’UNHCR, l’obbiettivo di questo capitolo è di porre in risalto anche esperienze meno rappresentate, ma che ben descrivono le caratteristiche proprie delle ONG impegnate nel campo dell’integrazione sociale e urbana. L’insieme di questi soggetti è naturalmente molto vasto e spesso la dif-ficoltà nel ritrovare le informazioni adeguate alla descrizione delle azioni e degli interventi sviluppati è derivata dalla natura fortemente locale di tali approcci. Si tratta, in alcuni casi, di associazioni che agiscono ai margini della legislazione nor-mativa ma che possiedono, in ogni caso, un peso rilevante nel riaffermare i diritti alla vita urbana dei rifugiati e più in generale della popolazione in difficoltà (Kor-ten, 1987). Gli esempi qui riportati sono, quindi, non esaustivi della galassia di organizzazioni che attualmente operano nel contesto del Global North nel campo dell’integrazione socio-spaziale, ma risultano utili a suggerire quali siano gli ap-procci seguiti e le strategie utilizzate. Si è scelto, in questo caso, di concentrarsi sul caso europeo in quanto è tra quelli che attualmente sta manifestando i maggiori L’incremento del
numero di migranti cresce in proporzione alla sua quota parte sulla popolazione mondiale (IOM, 2018). 153 mil. 2.9% 161 mil. 2.8 % 173 mil. 2.8 % 191 mil. 2.9 % 222 mil. 3.2 % 244 mil. 3.3 % 1990 1995 2000 2005 2010 2015
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effetti dei fenomeni migratori dal Global South6 (Constant e Zimmermann, 2016). Quale connessione con le realtà sociali e civili descritte anche negli altri ca-pitoli si intende citare anche l’esperienza del network Architecture Sans Frontières International (ASF - Int) nell’ambito delle organizzazioni che si occupano di pro-cessi e pratiche di integrazione. Questo soggetto, pur se maggiormente connesso a progetti di cooperazione allo sviluppo attraverso l’architettura, rappresenta un insieme di esempi e pratiche di intervento relative anche alla dimensione dell’ac-coglienza per i migranti. Alle caratteristiche di questa rete diffusa, già affrontate nel precedente capitolo, vanno assommati tutti i programmi svolti dai membri europei e indirizzati a processi integrativi per i migranti: l’esperienza italiana, tra le altre, presenta alcuni progetti rilevanti. Uno di questi interventi riguarda quello sviluppato da ASF Italia7 attraverso l’iniziativa “Costruiamo Saperi”8 a Ragusa. L’obbiettivo del programma è di suggerire nuove pratiche partecipate e condi-vise per il contrasto al fenomeno del lavoro nero a cui spesso sono costretti i migranti. Questo progetto si sviluppa attraverso l’organizzazione di seminari e workshop educativi e di perfezionamento con lo scopo di dotare la popolazione migrante di una maggiore autonomia e indipendenza economica. Attraverso si-mili percorsi si generano processi virtuosi di inserimento sociale e lavorativo del-la popodel-lazione rifugiata, anche e soprattutto attraverso il confronto costruttivo con i residenti e le imprese locali. Sempre in Italia si sviluppa l’iniziativa di ASF
Piemonte9 attraverso progetti rivolti alla ristrutturazione e riuso di edifici
abbando-nati e riconvertiti in strutture per il rifugio e l’ospitalità ai migranti nel contesto di Torino10. Attraverso questa iniziativa l’azione dell’organizzazione si sviluppa all’interno dell’ambito consolidato del patrimonio edilizio esistente. La risposta alla questione dell’emergenza abitativa per la popolazione migrante si definisce attraverso un progetto di riuso creativo della preesistenza. Con queste modalità di approccio il tema dell’integrazione si interseca con quello, disciplinare e tecnico, della rigenerazione urbana e architettonica.
Le reti di associazioni per l’inclusione urbana
Nell’analisi della moltitudine di esperienze che sono presenti localmente nella galassia dei movimenti che si occupano di integrazione, in questo capitolo si è inizialmente partiti dalle reti di associazioni in quanto rappresentanti di un più
6 Dal 2000 al 2010 tra le dieci nazioni al mondo con le percentuali più alte per incremento immigrazionale troviamo la Spagna (2.), il Regno Unito (5.) e l’Italia (6.). Nel periodo successivo di monitoraggio, dal 2010 al 2015 è nuovamente un paese europeo, la Germania, che occupa la seconda posizione (Nazioni Unite, International Migration Report 2017).
7 “Architetti Senza Frontiere Italia”, una organizzazione attiva dal 1998 con progetti e iniziative in Italia e in diversi paesi del Global South.
8 Per maggiori informazioni si vedano il sito di ASF Italia (www.asfitalia.org) e il blog www. esperienzeconilsud.it/costruiamosaperi.
9 L’associazione “Architetti Senza Frontiere Italia - Piemonte” nasce nel 2006 e sviluppa le sue iniziative con progetti educativi e di cooperazione allo sviluppo, in particolare nel contesto di Haiti durante il post terremoto.
10 Il progetto sviluppato insieme alla “Cooperativa sociale Orso” riguarda la riconversione di un edificio in via Madonna delle Salette, occupato da un gruppo di migranti nel 2014 a seguito di un suo prolungato inutilizzo.
grande insieme di soggetti. Sono questi anche degli osservatori privilegiati per il monitoraggio e l’analisi di come i singoli soggetti nazionali agiscono, pur nell’evi-denza della non copertura di tutte le organizzazioni presenti localmente. Soggetti che possono, in ogni caso, aggregare le esperienze e le potenzialità delle singole realtà di impegno sociale e civile.
Le due reti considerate sono rappresentate dal European Council of Refugee and Exiles (ECRE) e dalla Association Européenne pour la défense des Droits de l’Homme (AEDH). L’organizzazione ECRE è un network europeo fondato nel 1974 che attualmente comprende novantacinque ONG prevenienti da quaranta diversi pa-esi europei. L’obbiettivo principale di questa rete di organizzazioni è la difesa e la tutela dei diritti dei rifugiati, dei migranti e dei richiedenti asilo in Europa. L’insieme dei soggetti terzi coinvolti è rappresentato sia da grandi ONG inter-nazionali che da piccole realtà locali. In questo modo l’ECRE si pone come riferimento unico di una serie di associazioni che a diversi livelli si occupano dei diritti all’inclusione e che articolano le proprie azioni in merito all’integrazione socio-spaziale. I campi di azione e intervento di questa piattaforma sono fonda-mentalmente quattro: supporto legale, ricerca, supporto (advocacy), comunicazio-ne. Per quanto riguarda il supporto legale, la rete ECRE ha fondato nel 1985 il European Legal Network on Asylum (ELENA) che ad oggi è esteso a trentotto stati europei coinvolgendo oltre cinquecento avvocati e consulenti legali. L’obbiettivo di questo soggetto è di promuovere le migliori politiche per la tutela dei diritti dei rifugiati e fornire supporto legale e consulenza in merito all’inclusione dei migranti. Il lavoro di ricerca condotto da ECRE è focalizzato sull’analisi delle leggi europee in merito all’asilo dei rifugiati. Quale sistema di raccolta degli esisti delle diverse ricerche condotte l’organizzazione fonda l’Asylum Information Data-base (AIDA) che contiene informazioni sulle procedure di asilo e sulle procedure connesse di ventitré paesi europei. L’attività di AIDA comprende anche la reda-zione di rapporti legati ai diversi paesi europei con temi comuni di confronto in materia di inclusione e integrazione funzionando come base utile per le ricerche in materia. L’attività di supporto svolta da ECRE è rivolta alla pressione sulle politiche dell’Unione Europea in merito ai diritti dei rifugiati, svolgendo analisi e consulenze sui sistemi di accoglienza e fornendo consulenze sui sistemi e gli interventi necessari al miglioramento della situazione dell’accoglienza europea. In merito all’attività comunicativa, anche in questo caso rivolta alla sensibilizzazione in merito ai processi di integrazione socio-spaziale ed economica dei migranti in Europa, ECRE è una fonte consolidata per i media europei in merito all’acco-glienza. Nel 2014 l’organizzazione ha condotto la sua prima campagna mediatica europea richiedendo per un accesso legale e sicuro per i rifugiati siriani11.
Il secondo soggetto diffuso considerato è la rete AEDH che viene fondata nel 2000 con lo scopo di proteggere e promuovere i diritti umani nell’Unione Europea. L’obbiettivo dell’organizzazione è dunque quello di sviluppare pro-cessi migliorativi per la popolazione a rischio in Europa, con una particolare attenzione ai diritti umani e civili dei migranti e dei rifugiati. Attualmente la rete raccoglie le esperienze di oltre trenta organizzazioni e associazioni provenienti da ventiquattro paesi europei e attive nella promozione dell’inclusione e dell’inte-grazione sociale. Le attività di AEDH, similmente alla rete ECRE, si strutturano
11 Per un approfondimento della visione dell’organizzazione in merito alle politiche di accogli-mento e integrazione si veda uno degli ultimi rapporti pubblicati da ECRE: Protection in Europe: Safe and Legal Access Channels (Falzon et.al., 2017).
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parallelamente con iniziative di comunicazione e sensibilizzazione in merito alla questione dei rifugiati in Europa, in particolare come strumento di controllo sulle politiche dei singoli paesi che potrebbero avere impatti negativi sui diritti umani della popolazione. Le altre iniziative parallele della rete comprendono la con-sulenza per diversi organismi dell’Unione Europea e per le organizzazioni che fanno parte del network in merito alle normative e alle leggi sul diritto all’asilo e sulle attività a questo connesse.
All’approfondimento di queste piattaforme diffuse si è aggiunto il confronto con un recente studio che ha analizzato la situazione in merito alle politiche so-ciali ed economiche di integrazione in Europa: Policy innovation in refugee integration? A comparative analysis of innovative policy strategies toward refugee integration in Europe (Scholten et al., 2017). Questo studio è stato svolto da un gruppo di ricercatori e docenti dell’Università di Rotterdam e commissionato dal governo olandese attraverso il suo Dipartimento per gli Affari Sociali e l’Impiego. Oltre alle piat-taforme sopra illustrate, una ulteriore esperienza rilevante legata ai network di associazioni e utile al fine di definire quei soggetti operanti nell’immigrazione in Europa è quella definita dalla rete European Resettlement Network12. Questa orga-nizzazione lavora come aggregatore di pratiche e progetti di sviluppo sostenibile e di reinsediamento per i migranti nei diversi paesi europei attraverso interventi diversificati e contestualizzati nelle realtà locali. La piattaforma fornisce precise schede in merito ai diversi paesi europei e di come vengono utilizzati fondi e iniziative comunitarie in favore dei processi di integrazione. Analizzando le reti di contatto tra le associazioni è complesso estrapolare le pratiche delle singole realtà proattive, d’altra parte un elencazione di tutti i soggetti coinvolti sarebbe in ogni caso inefficace in un simile contesto fluido. Alla luce di questo si intendono proporre degli esempi che possono essere utili a inquadrare quella che è l’attività prevalente in questi attori aggregati nelle reti descritte: l’inserimento lavorativo.
Le ONG nell’integrazione: alcune esperienze nazionali in Europa
In merito allo sviluppo del tema relativo alla connessione tra il mondo del lavoro e i processi di integrazione il caso del Belgio risulta un esempio rilevante in quanto«Ci sono stati diversi sviluppi volti al miglioramento dell’approccio belga all’integrazione nel mercato del lavoro (…) Molte di queste organizzazioni esisto-no, offrono tutte formazione e corsi per alcune professioni o di lingua così come assistenza individuale e facilitazione nel contatto con gli impiegati. (…) in termini di relazioni interculturali, il contatto tra i rifugiati e i nativi è promosso primaria-mente dalle ONG. (…) Oltre a questo ci sono molte iniziative locali, associazioni o gruppi di cittadini che supportano i rifugiati in un modo o nell’altro, attraverso progetti e altre attività.» (Scholten et al., 2017: 39). Nel contesto nazionale belga un esempio efficace è rappresentato dall’organizzazione Convivial. Alla base delle iniziative e dei progetti seguiti e coordinati da Convivial è presente, dal 1994, il tema della collaborazione tra belgi e immigrati sia nell’ambito socio-culturale che urbano, attraverso un dialogo e confronto sulla condivisione degli spazi e delle esperienze. Questo esempio è utile sia per i quasi venticinque anni di esperienza della ONG ma anche per l’interesse rivolto ai paesi di origine dei flussi migratori
12 Nel programma condotto dall’organizzazione è coinvolta anche l’UNHCR, uno degli attori chiave nella questione del supporto all’integrazione dei migranti (Garnier, 2014).
che, evidentemente, non si sono attivati solo a seguito delle crisi mediorientali a partire dal 200813. Questo soggetto è inoltre una delle maggiori organizzazioni tra quelle che in Belgio che si occupano di integrazione dei rifugiati fungendo da supporto alla popolazione migrante in difficoltà nell’inserimento economico e sociale14.
Un’altra esperienza rilevante che si può desumere dai siti osservatorio è quella dell’organizzazione Kodiko in Francia. Approfondire un esempio connesso alla realtà francese è utile nell’ambito dell’analisi delle risposte locali dei soggetti terzi in merito all’integrazione dato che «La Francia è forse il paese con l’approccio più tradizionale in Europa, in quanto non sta prendendo rilevanti misure specifi-camente dedicate ai rifugiati. Si suppone che istituzioni e politiche generiche pos-sano sviluppare buoni risultati per l’integrazione. Nonostante questa situazione, la recente situazione dei rifugiati ha rivelato evidenti limiti di questo approccio, in termini di carenza di opportunità abitative e un approccio relativamente tardo nel mercato del lavoro (…)» (Scholten et al., 2017: 23). Alla luce di questo è do-veroso riportare l’esperienza di questo soggetto terzo che nell’ambito dell’inte-grazione ha raggiunto importanti risultati15, in un contesto nazionale di politiche poco attente alla questione dell’inclusione socio-spaziale e lavorativa. L’esperien-za dell’associazione Kodiko si concentra nel supporto ai migranti nel confronto con la realtà lavorativa francese e più in generale europea. Questo in quanto l’inserimento lavorativo è forse una delle caratteristiche più rilevanti del processo di integrazione della popolazione migrante nella dimensione sociale del paese ospitante. Di questa esperienza hanno testimoniato anche due testate nazionali come Le Monde e Liberation a dimostrazione della rilevanza diffusa delle pratiche svolte. L’ONG è anche presente come esempio di buone pratiche di inclusione lavorativa sulla piattaforma InfoMigrants16 che si pone come supporto multilingua per i rifugiati per districarsi tra le realtà culturali, politiche e normative europee.
Sempre in merito alla questione legata all’inserimento lavorativo dei migranti, nel contesto olandese è rilevante l’esperienza della Refugee Start Force17 che funge da facilitatore per l’ingresso degli immigrati nella società del paese attraverso percorsi educativi e professionalizzanti. Il caso dei Paesi Bassi rappresenta un paese non impreparato in merito alla crisi migratoria degli ultimi anni e in cui sia le associazioni di cittadini che le istituzioni di governo collaborano per lo sviluppo di proposte e politiche volte ad una efficace inclusione socio-spaziale «I Paesi Bassi sono uno dei paesi in cui si sviluppa una struttura maggiormente
13 Le attività dell’organizzazione iniziano nel 1994 a seguito della crisi umanitaria in Rwanda e Burundi.
14 Per un riferimento puntuale si veda la scheda nazionale relativa presente sul sito dell’European Resettlements Network: https://www.resettlement.eu/country/belgium
15 Nel 2018 il sito che monitora le attività dei fondi europei (FSE) in Francia (L’Europe s’engage en France) cita l’associazione Kodiko come parte dei programmi innovativi che la “Rete tematica per
i migranti” ha evidenziato nella realtà locale parigina: http://www.fse.gouv.fr/fse-mag/thema-tic-network-migrants-visite-detude-paris.
16 L’esperienza di InfoMigrants si sviluppa dalla collaborazione delle tre maggiori agenzie di
stam-pa e media in Eurostam-pa: France Médias Monde, l’agenzia pubblica tedesca Deutsche Welle e l’agenzia
italiana di stampa ANSA oltre a essere finanziato dall’Unione Europea. http://www.infomigrants. net/en/about
17 L’organizzazione ha partecipato nel 2017 al Accenture Innovation Awards nelle categorie “Perfect Cities” e “Skills to Succeed”.
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individualizzata per la gestione dei casi di integrazione dei migranti (...) Soprat-tutto nel complesso sistema di governance dell’integrazione dei rifugiati, con molti attori diversi e con regole e questioni che cambiano frequentemente, tale gestione dell’approccio può non solo determinare un maggiore coordinamento degli sfor-zi di integrasfor-zione, ma anche comportare migliori risultati di integrasfor-zione indivi-duali.» (Scholten et al., 2017: 44). I programmi condotti dalla ONG Refugee Start Force, quindi, mirano a creare una sinergia tra il sistema delle esperienze e delle potenzialità dei rifugiati e la realtà lavorativa olandese. L’organizzazione diviene così una piattaforma di appoggio sia per la popolazione migrante in difficoltà, sia per le imprese locali che intendono partecipare in attività sociali e comuni-tarie. In questo modo l’inclusione lavorativa diviene una responsabilità diffusa anche all’esterno dell’ambito associativo, attraverso collaborazioni trasversali con la società civile olandese. Anche in questo caso, dunque, lo sviluppo del lavoro e dell’indipendenza economica dei rifugiati rappresenta il sistema più efficace per la loro integrazione nel sistema nazionale.
Un altro caso nazionale che si distingue positivamente nell’ambito dell’inclu-sione dei migranti e della collaborazione tra soggetti terzi e istituzioni è quello rappresentato dalla Danimarca «I “pacchetti industriali” danesi sono un buon esempio di come il settore privato e le ONG possano essere attivamente coinvol-ti nella “governance” dell’integrazione dei rifugiati. Per specifici settori del mercato del lavoro, tali pacchetti offrono stage e “formazione sul posto di lavoro”,