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della struttura pubblica di governo nei paesi del Global South sia accompagnato ad un’accresciuta rilevanza e influenza della società civile in quegli stessi paesi (Migdal, 1988). Nella conferenza delle Nazioni Unite già citata (Habitat II, 1996) si stima come l’intero sistema delle ONG sia responsabile del trasferimento – tra nord e sud del mondo – di oltre cinque miliardi di dollari impiegati in attività di cooperazione allo sviluppo. Questo monte di risorse rappresenta circa il 12,5% del trasferimento globale di fondi nell’ambito degli aiuti umanitari4, una gestione rilevante di mezzi resa possibile attraverso il lavoro di queste organizzazioni. In riferimento a questo occorre specificare come il contributo primario fornito da queste associazioni non sia monetario, ma organizzativo e culturale. Le attività che le coinvolgono riguardano il trasferimento di pratiche commerciali e profes-sionali alla popolazione, una facilitazione del flusso di informazioni, la promo-zione di valori culturali e la fornitura di supporto tecnico ed esperienziale nei contesti di intervento (Boli e Thomas, 1997).
A questo punto è necessario aprire una breve parentesi in merito alle possi-bili ragioni per l’indebolimento cronico delle strutture statali di alcuni paesi, che hanno successivamente portato al necessario intervento di simili soggetti terzi. Numerosi studi (Bradshaw e Schafer, 2000; Stiglitz, 2003; Harvey, 2003; Peet, 2009; Anciano, 2012) attribuiscono gran parte della responsabilità ai program-mi strutturali di aggiustamento condotti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Questi programmi di finanziamento si concretizzano nel momento in cui un paese in difficoltà economica e sociale, per cause esterne o interne, è impossibilitato a contenere l’aumento del proprio debito pubblico. Questo determina la necessità da parte del governo di sottostare alla pianificazio-ne economica strutturale richiesta e guidata dal FMI per la garanzia dei prestiti effettuati. La pressione operata sui governi nazionali del Global South da parte de-gli enti internazionali creditori, accresciuta in intensità nel periodo 1975-1990, ha determinato la nascita di una nuova forma di dipendenza globale (Harvey, 2003). L’autorità dei paesi coinvolti viene, dunque, indebolita con un conseguente incre-mento delle problematiche presenti nei contesti di sviluppo spontaneo, in cui il grado di urbanizzazione supera di molto la crescita economica (Bradshaw e Scha-fer, 2000). I programmi di finanziamento così strutturati hanno comportato una forte riduzione nella spesa nazionale per servizi basilari quali salute, educazione ed altri servizi sociali, determinando un crescente malessere diffuso e un aumen-to delle tensioni sociali, sfociate anche in aperte rivolte (Walaumen-ton e Ragin, 1990).
Un’altra conseguenza rilevante di queste pratiche riguarda le drastiche decre-scite economiche e il deterioramento delle condizioni sociali «(…) così severe che UNICEF e altri hanno richiesto riforme nel nome di un structural adjustment with a human face.» (Bradshaw e Schafer, 2000: 113) Una simile situazione di controllo sulle politiche sociali ed economiche oltre che urbane, operata da enti esterni al tessuto del paese, ha contribuito alla sovra-urbanizzazione di quei contesti, ral-lentandone la crescita economica nel nome di un supposto miglioramento strut-turale e colpendone i segmenti più poveri della società (Bradshaw et al., 1993). È dunque utile valutare oggettivamente gli effettivi positivi che programmi di que-sto tipo apportano al paese oggetto di intervento, verificando che questi approcci non determinino, diversamente, una situazione di grave dipendenza.
Il tema della sovra-urbanizzazione è, in effetti, centrale rispetto agli scenari di azione delle ONG, in quanto rappresenta il contesto socio-spaziale ed
nomico in cui gli interventi delle organizzazioni non governative si strutturano. In questo caso si intende la sovra-urbanizzazione come il processo descritto a partire dagli studi di Sovani (1964) e dei successivi approfondimenti sviluppati da Dyckman (1966), Graves e Sexton (1979), Gugler (1982). Rappresenta dunque quel fenomeno in cui gli organismi pubblici e gli enti connessi non sono in gra-do di rispondere efficacemente alle richieste della popolazione urbana in rapigra-do aumento. Il risultato, con poche eccezioni, delinea un contesto di carenza cronica di infrastrutture e servizi di base oltre che un aumento della necessità abitativa.
È questo un tema lungamente affrontato in numerose ricerche, principalmen-te appannaggio di alcune discipline degli studi urbani quali sociologia, geografia e antropologia «Mentre le passate ricerche sull’urbanizzazione sono state vali-de, i recenti sviluppi nell’economia mondiale necessitano studi addizionali (…) l’inclusione delle ONG nella letteratura è necessario e compatibile con diverse attuali teorie di sviluppo.» (Bradshaw e Schafer, 2000: 98-99). In simili approfon-dimenti si sono quasi sempre analizzate le cause e gli effetti dell’urbanizzazione nel terzo mondo, non concentrandosi sul rilevante ruolo delle ONG in questo processo5. La dimensione attiva e propositiva di questi soggetti altri va quindi contestualizzata nel confronto disciplinare contemporaneo, confrontandola alla pari con attività di ricerca-azione affini svolte nello scenario dell’attuale dinamica di crescita delle città. Tali esperienze sono raccolte nella parte successiva della ricerca, strutturando il confronto con il caso studio principale con testimonianze di azioni in contesti urbani contemporanei, nel tentativo di delineare quali siano alcuni dei processi che potrebbero determinare i mutamenti futuri delle città.
L’evoluzione generazionale delle ONG
Dopo questa breve parentesi, è necessario contestualizzare il sistema delle organizzazioni non governative in base al loro approccio al problema del sotto-sviluppo nel Global South e alle loro modalità di azione in quei contesti. Questo in quanto il panorama vasto delle ONG non si approccia in maniera univoca alla questione urbana: in particolare occorre stabilire una differenziazione a monte rispetto alle motivazioni di intervento. Il finanziamento di simili soggetti, spesso anche da parte di governi nazionali, è infatti molto legato al loro approccio alla questione informale, sia economica che socio-spaziale. Si possono riscontrare casi in cui un paese sceglie di “investire” in organizzazioni che si occupano del problema con modalità non strutturali ma di carattere emergenziale: contributo tanto indispensabile in situazioni di necessità immediata quanto inefficace se in-quadrato in una strategia di sviluppo più a lungo termine6.
Il tema dello sviluppo sostenibile sia in termini economici che umani e sociali
5 Esistono, in ogni caso, esempi di studi condotti comprendendo nell’osservazione anche le dinamiche proprie delle ONG nei processi di sviluppo, ad esempio in Schafer (1999) si ritrova come gli interventi delle organizzazioni non governative nei sistemi educativi del global south
abbiano facilitato la scolarizzazione, sia in termini quantitativi che qualitativi. Per contro, lo studio condotto da Bradshaw e Schafer al momento della sua pubblicazione (2000) rappresentava unica-mente la seconda ricerca quantitativa riguardante queste dinamiche.
6 Brian Smith (1984) osserva come la maggior parte degli investimenti degli Stati Uniti nel com-parto del volontariato siano indirizzati a organizzazioni che si occupano di distribuzione di cibo, vestiti e medicine e non di sviluppo sostenibile.
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è dunque alquanto complesso, anche in considerazione del rilevante peso della componente finanziaria in simili processi. I diversi approcci che si sono sussegui-ti negli anni, in parte illustrasussegui-ti nei precedensussegui-ti capitoli, descrivono una reciproca diffidenza tra i tradizionali attori organizzatori dei processi di sviluppo e i bene-ficiari di quegli stessi piani. Dalla rilettura critica di quanto proposto dai soggetti istituzionali in contesti fragili, è evidente come sia necessario abbandonare pra-tiche di sviluppo che enfatizzino un mero trasferimento di capitale impiegato in progetti di pianificazione geometrica e specializzazione dello spazio «Le pratiche convenzionali di sviluppo (…) sostengono come la soluzione della crisi di pover-tà e debito dipenda in definitiva nell’incremento di trasferimento finanziario. In termini pratici questo normalmente si traduce in un aumento del debito esistente (…) Ironicamente un incremento del debito è sostenuto non solo come risposta alla crisi della povertà, ma anche come risposta alla crisi del debito.» (Korten, 1987: 145-146)
Il tema del debito pubblico del Global South è infatti molto rilevante nel pa-norama delle strategie di sviluppo e in particolare riferimento alla sostenibilità di simili interventi (Harvey, 2003). Nel momento in cui le azioni di aiuto messe in atto risultino unicamente in un mero trasferimento di capitale (in varie for-me) questo non potrà mai essere sostenibile: contribuirà invece a mantenere un controllo serrato su quelle realtà da parte degli industrializzati paesi donatori. La dipendenza dalle risorse esterne è infatti estremamente dannosa nel momento in cui è inserita in una strategia di sviluppo a lungo termine.
Occorre quindi spostare l’attenzione dalle pratiche di trasferimento di capitali a processi volti all’incremento dell’utilizzo di risorse locali e alla valorizzazione del contesto entro cui ci si trova ad agire. Va prevista una decentralizzazione degli approcci, dalla tradizionale forma di controllo centralizzato degli interventi ad uno sviluppo più diffuso e locale «Dove questo approccio decentralizzato e auto-organizzato alla gestione delle risorse di sviluppo è intrapreso seriamente, generalmente risulta in una più efficiente e produttiva gestione delle risorse, una riduzione della dipendenza da risorse esterne, incremento dell’equità, incremento dell’iniziativa e nella responsabilità locali, e in un rafforzamento della disciplina economica (…) la democratizzazione – definita in termini di un controllo sulla politica e i beni economici più largamente distribuito – può per molte nazioni of-frire la loro unica speranza per un progresso equo e sostenibile.» (Korten, 1987: 146-147)
In questo contesto, in cui la guida dei governi e delle economie nazionali de-termina troppo spesso un processo di sviluppo poco sostenibile per i paesi del Global South, il ruolo degli attori terzi può certamente divenire centrale. La pola-rizzazione delle vertenze della popolazione, così come la responsabilità di gestire le risorse e l’affidabilità nel poter dialogare con le amministrazioni pubbliche de-finisce le potenzialità che queste organizzazioni hanno nell’ambito dello svilup-po sostenibile. Questi soggetti altri divengono promotori, con le loro azioni nei contesti più fragili, di standard globalmente accettati nel business e nelle pratiche economiche (Boli e Thomas, 1997) favorendo il processo sociale delle comunità e l’uscita dall’isolamento culturale che spesso le caratterizza. La facilitazione del flusso di informazioni tra i paesi è, infatti, un altro dei benefici che l’intervento delle ONG definisce attraverso i propri progetti a sostegno delle popolazioni in difficoltà (Cernea, 1988).
ri-spetto agli orientamenti che le ONG operano nelle loro strategie di intervento e approccio. In questo senso è utile riferirsi alla suddivisione che lo statunitense David C. Korten opera in merito alle organizzazioni che si occupano di svilup-po7. A seguito del suo lavoro decennale in contesti fragili in Asia, a contatto anche con realtà associative di vario genere e natura, l’autore sceglie di distin-guere in tre diverse generazioni l’insieme vasto delle ONG8. Dato l’utilizzo che correntemente si fa del termine “generazioni”, occorre riportare come «La termi-nologia generazionale è derivata dalla famiglia umana in cui le nuove generazioni prendono il loro posto insieme alle vecchie. Non dev’essere confuso con l’uso del termine nel campo dell’informatica dove la nuova generazione normalmen-te rende la precedennormalmen-te obsoleta.» (Kornormalmen-ten, 1987: 156). È infatti rilevannormalmen-te come spesso le caratteristiche approfondite per le tre generazioni possano essere ri-scontrate anche all’interno di una stessa organizzazione. Si tratta dunque di una suddivisione astratta, in quanto spesso le ONG hanno un’evoluzione nel tempo che ne muta le modalità di intervento. Nell’insieme complesso definito da questi soggetti è comunque utile proporre una simile distinzione, in modo da consentire una più semplice individuazione delle motivazioni e degli obbiettivi delle diverse organizzazioni.
Nella suddivisione descritta, Korten individua come di prima generazione tutte quelle ONG internazionali (e nazionali) che si occupano attivamente di fornire servizi di welfare alla popolazione povera in diverse parti del pianeta. Questa ti-pologia di associazioni nasce inizialmente come risposta all’emergenza delle po-polazioni coinvolte in calamità naturali o socio-politiche (Elliott, 1987). Il focus principale è dunque rivolto al fornire aiuto immediato alla popolazione interessa-ta, grazie alla fornitura di cibo, riparo e cure mediche. Nel momento in cui questa tipologia di organizzazioni sposta l’attenzione dall’ambito dell’aiuto emergenziale integrandovi le attività connesse allo sviluppo, rimane in ogni caso molto legata a pratiche proprie del sistema Relief and welfare. Questo approccio produce dunque un miglioramento temporaneo nel contesto interessato: un insieme di benefici che persistono fintanto che l’organizzazione mantiene la sua presenza sul ter-ritorio. In queste situazioni il sottosviluppo dei contesti oggetto di intervento non si affranca dagli aiuti forniti, anzi, ne rimane immancabilmente condizionato e dipendente. È evidente il rilevante aiuto che simili ONG forniscono in tutto il mondo, la questione in oggetto non è in merito alle pratiche attuate in senso generale, quanto relativamente alla loro applicazione allo scenario dello sviluppo sostenibile, che appare quantomeno inadeguata (Korten, 1987).
All’interno della distinzione operata tra gli approcci e le modalità di inter-vento delle ONG troviamo poi quelle di seconda generazione. A partire dalla fine degli anni ’70 del novecento, in ragione dell’evidente non sufficienza dei sistemi di “alleviamento della povertà” precedentemente utilizzati, molte organizzazioni hanno iniziato a occuparsi anche di sviluppo – economico e sociale, quando non urbano – pur se a scala ridotta. Iniziano dunque programmi di potenziamento infrastrutturale locale, programmi sanitari di prevenzione, di miglioramento delle pratiche agricole, etc. È questo il periodo in cui le ONG iniziano a ricoprire un
7 Korten D.C. (1987), “Third Generation NGO Strategies: A Key to People-centered Develop-ment” in World Development, vol. 15, pp. 145-159.
8 Nello stesso anno (1987) anche Elliott C. sviluppa una simile suddivisione per contestualizzare le tipologie di intervento delle ONG (“Some aspects of relations between the North and South in the NGO sector” in World Development, vol. 15, pp. 57-68).
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ruolo rilevante e molto spesso centrale nei processi di sviluppo riguardanti il Global South (Ndegwa, 1996, Nelson e Dorsey, 2003, Ahmed e Hopper, 2014) «Quello che distingue questi sforzi dall’approccio relief and welfare [della prima generazione] è il sottolineare l’autosufficienza locale, con l’obbiettivo che i mi-glioramenti risultino sostenibili anche oltre il periodo di assistenza della ONG.» (Korten, 1987: 148). La questione principale è dunque assicurare un migliora-mento che risulti quanto più possibile duraturo nelle comunità interessate. In-terrompere la precedente costante dipendenza dagli aiuti esterni determina un grande passo avanti nel sistema globale di sostegno per il Global South. In questo senso le attività delle ONG si rivolgono all’organizzazione di individui, famiglie, gruppi e comunità perché affrontino con maggiore efficacia le sfide dell’urbaniz-zazione e dello sviluppo (Cernea, 1988).
L’obbiettivo passa da un’assistenza incentrata sui beni e sui servizi di prima necessità, a programmi di aiuto e sostegno per la costruzione di realtà economi-che e sociali comuni (Nelson e Dorsey, 2003). L’approccio si indirizza sul tra-sferimento delle pratiche più che degli esiti finiti, il tratra-sferimento dei processi e dell’esperienza consente alle popolazioni coinvolte di sviluppare sistemi propri di sostentamento e di organizzazione interna, determinando la rinascita di un’in-dipendenza che si era perduta. Il contesto di azione è vario, a questo livello le ONG operano sia in aree urbane che rurali. Nell’ambito rurale le organizzazioni si adoperano per favorirne lo sviluppo con azioni volte a mitigarne l’urbanizza-zione selvaggia e indiscriminata; all’interno della dimensione urbana, invece, gli interventi si concentrano nel contrasto ai problemi legati al sovraffollamento o di necessità di nuove abitazioni e servizi, problematiche comuni nelle megalopoli del terzo mondo (Bradshaw e Schafer, 2000).
Spesso questi interventi condividono lo scenario d’azione con quelli proposti dai governi e enti locali, ma in ogni caso l’attenzione delle associazioni si concen-tra nei contesti interessati da carenza o totale assenza di servizi e strutture pub-bliche di supporto allo sviluppo. Il limite di questo approccio è indubbiamente legato al fatto che le organizzazioni di seconda generazione, in linea di massima, non si occupano delle cause a monte della situazione di inadeguatezza e fragilità in cui operano (Korten, 1987). Il miglioramento è, infatti, contenuto all’interno di contesti locali ben definiti, porzioni di città e quartieri oltre che comunità specifiche che la ONG assiste. La scala ridotta di questi interventi e l’attenzione a contesti limitati, pur nella potenziale ripetibilità delle pratiche operate, rappre-senta un rilevante vicolo ad uno sviluppo maggiormente diffuso e strutturato.
L’ultimo livello nella ripartizione che Korten (1987) propone è rappresentato dalle organizzazioni di terza generazione. Nel contesto dello sviluppo sostenibile queste sono le ONG che strutturano i loro interventi ad una scala maggiore, svi-luppando l’azione non più a livello locale, quanto regionale o nazionale. Questo allargamento nella prospettiva di approccio è determinato dalla presa di coscien-za, da parte delle organizzazioni, della necessità di occuparsi non solo dei proble-mi locali di una particolare comunità, quanto delle cause deterproble-minanti i sisteproble-mi di sottosviluppo nel paese. Nella presa di coscienza della necessità di un intervento più strutturale e in ragione di una maggiore efficienza dei programmi di sviluppo attivati, le ONG tentano di aggirare la complessità burocratica degli stati in cui si contestualizzano gli scenari di intervento (Ndegwa, 1996) che spesso rappresenta un ostacolo ad un utilizzo coerente ed efficace delle risorse disponibili.
inevitabil-mente anche una modificazione nelle proprie modalità di intervento, passando da un ruolo attivo di fornitura di servizi e di assistenza nelle pratiche ad una fun-zione maggiormente gestionale e organizzativa. Lo scopo diviene dunque quello di fungere da catalizzatore degli sforzi e degli obbiettivi di altre associazioni at-tive sul territorio, potendosi porre come interlocutore affidabile presso la sfera politico-finanziaria del paese interessato (Satterthwaite, 2001). Un esempio del rilevante peso del comparto delle organizzazioni non governative nello sviluppo strutturale di un paese è quello rilevabile nel contesto del Kenya. In questo caso Bratton (1989) descrive come le ONG siano responsabili per più dei due terzi di tutta la scolarizzazione secondaria, più di un terzo di tutta la sanità e di un vasto apporto in altri servizi sociali e iniziative di sviluppo sia in aree urbane che rurali9.
Attori pubblici vs ONG
Il livello raggiunto di organizzazione porta inevitabilmente le ONG a con-frontarsi e a lavorare con i governi locali o nazionali che nello sviluppo delle comunità operano attivamente (Korten, 1987; Anciano, 2012). Una simile col-laborazione non è semplice, nonostante la rilevante efficacia potenziale: spesso i progetti di governo locale prevedono già fondi e risorse per lo sviluppo, ma uno scollamento dalla realtà dei cittadini ne condiziona l’efficacia. Diversamente, l’attività delle organizzazioni attive a livello locale e presenti anche come soggetti nazionali, consente un efficace impiego delle risorse, diminuendo gli sprechi e fa-vorendo la locale indipendenza dagli aiuti esterni o interni al paese (Satterthwaite, 2001). Nonostante queste positive premesse lo sviluppo di piani e processi co-muni è complesso a causa dell’ostilità reciproca che in determinati contesti nel
Global South10 è presente tra organi di governo e ONG di livello nazionale «Alcuni
governi hanno tentato di scoraggiare e/o controllare gli sforzi delle ONG diretti allo sviluppo di auto-sufficienza locale, considerandoli in competizione con i loro programmi pubblici di sviluppo e temendo che le organizzazioni locali create in maniera indipendente potessero porsi in competizione ai propri interessi politici. Alcune ONG, percependo i governi come incompetenti e ostili ai loro sforzi, hanno cercato di evitarli o aggirarli anche quando [le organizzazioni] reclamano come le proprie attività siano intese come modelli di emulazione dei programmi pubblici. Esempi di effettiva cooperazione tra governi e ONG che comprendono le forze di entrambi esistono, ma sono tutti troppo rari.» (Korten, 1987: 157).
È infatti rilevante come alcuni stati in cui questi soggetti terzi operano vedano con diffidenza l’incremento di potere e fiducia riposto nelle ONG dalla popola-zione in difficoltà. Anche grazie ai progressi nell’accesso all’informapopola-zione e alla sua diffusione capillare, la popolazione è sempre più cosciente di come le proprie istituzioni e le amministrazioni preposte non siano in grado di fornirgli le neces-sarie risorse e possono, quindi, riporre la propria fiducia in soggetti diversi dalla struttura governativa classica (Bradshaw e Schafer, 2000).
Nonostante le evidenti problematiche insite in un intervento così ad alto
li-9 Bratton M. (1li-98li-9), “The Politics of Government-NGO Relations in Africa” in World Develop-ment, vol. 17 no. 4, pp. 569-587.
10 La situazione migratoria globale e il contesto di tensione socio-politica che ha interessato