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(ALCUNE PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE)

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tempi recenti da organismi internazionali quali le Nazioni Unite e la Banca Mon-diale (Banca MonMon-diale, 2016), la definizione di Global South comprende anche diversi paesi dell’emisfero boreale, ad esempio alcuni derivanti dalla frammenta-zione dell’Unione Sovietica. Nella ricerca il termine viene usato per riferirsi, dun-que, a quella regione diffusa che, a causa di percorsi socio-politici ed economici diseguali o a seguito dello sfruttamento da parte di altri paesi, si trova a soffrire di un basso reddito medio. La perimetrazione operata da Brandt (1980) è una possibile rappresentazione, per quanto datata, di questa suddivisione.

In-between

Il termine in-between in questa ricerca non viene utilizzato per nominare uno spazio ‘grigio’ o liminare, quanto un sistema di interventi, relazioni e confronti con lo spazio urbano e la sua società. L’approccio in-between definisce l’insieme di pratiche e processi che non si identificano né con i sistemi impositivi dall’alto

(top-down) né con i fenomeni di sviluppo dal basso (bottom-up). La definizione non

ha una propria connotazione spaziale, ma si riferisce alla metodologia di contat-to, rapporto e dialogo attivata dai ‘soggetti terzi’ e che è alla base dei fenomeni urbani osservati. Si tratta, quindi, di una modalità alternativa di approccio alla questione urbana, un sistema di applicazione spaziale del diritto alla città. Nella presente ricerca questa definizione viene utilizzata per individuare l’insieme di pratiche condotte dai ‘soggetti terzi’ nella città che possono, o meno, tradursi in esiti spaziali.

Organizzazioni Non Governative (ONG)

Le Nazioni Unite definiscono come Non-Governmental Organization (NGO, in-glese per ONG) quelle organizzazioni senza scopo di lucro, indipendenti dal controllo governativo e impegnate in progetti, iniziative e programmi umanitari, di sviluppo e di contrasto alle emergenze (Davies, 2014). Nella presente ricerca il termine è utilizzato, però, per ricomprendere un insieme eterogeneo di soggetti, che con diversi gradi di prossimità e coinvolgimento si occupano dell’assicurazio-ne dei diritti urbani e civili delle comunità. In questo insieme si trovano, ad esem-pio: le Community-Based Organization (CBO), le Non-Profit Organization (NPO), le Grassroots Organization (GO), le Social Movement Organization (SMO) e le Voluntary Organization (VO). Le differenziazioni tra le tipologie di organizzazioni possono risultare anche rilevanti, ma al fine del lavoro di tesi queste differenze sono poste in secondo piano. Questo anche in relazione al fatto che il termine ONG indivi-dua un panorama più ampio, rispetto ai singoli ‘settori’ o scenari operativi in cui operano i diversi soggetti e alla luce del fatto che le normative nazionali e comu-nitarie variano e lo stesso attore può essere identificato con modalità differenti a seconda del paese in cui opera.

Paesi in via di sviluppo (pvs)

Questa definizione veniva utilizzata dalle Nazioni Unite per definire quei pa-esi che non fanno parte di quelli individuati come ‘sviluppati’, ma senza adottare un criterio unitario per definire il livello di sviluppo di una nazione e risultando dunque in larga parte impreciso e discriminatorio (Mitlin e Satterthwaite, 2013).

A partire dal 2016 le Nazioni Unite hanno deciso di abbandonare una simile dif-ferenziazione, riconoscendone i limiti (Banca Mondiale, 2016). Anche la già citata Linea di Brandt (1980) fa principalmente riferimento alla suddivisione dei paesi del mondo in più o meno sviluppati. In questo caso Brandt utilizza il valore di PIL pro capite per tracciare la sua perimetrazione.

Slum upgrading

A partire anche dalle teorie sviluppate in merito allo sviluppo urbano alter-nativo (Turner e Fichter, 1972), il sistema di Slum upgrading definisce una serie di interventi condotti da un soggetto, più o meno istituzionale, per migliorare le condizioni ambientali di un insediamento informale. Tra questi ci sono la for-nitura di infrastrutture viarie, di sottoservizi, di reti impiantistiche e di nuove abitazioni per la popolazione in difficoltà (Sticzay e Koch, 2015). Si tratta di un sistema di miglioramento in situ, diverso dall’approccio di rimozione degli inse-diamenti spontanei, con il successivo spostamento forzato della popolazione in diverse aree urbane (Harvey, 2012). Questo sistema è stato utilizzato anche a San Jorge, condotto da una ONG e dalla comunità degli abitanti, non da un’istituzio-ne locale o da un soggetto conun’istituzio-nesso.

Top-down/Bottom-up

Gli approcci top-down e bottom-up rappresentano due metodologie antitetiche di formulazione di interventi in risposta ad una condizione di contorno proble-matica. Questa terminologia è ampiamente utilizzata in campo informatico, ma viene abitualmente impiegata anche in ambito di sviluppo economico e urbano (Murray et al., 2009). L’approccio top-down rappresenta l’insieme degli interventi e delle politiche che vengono ‘calati’ sul contesto dalla pianificazione istituzionale, con possibili interessi economici che esulano dalle necessità degli abitanti; il siste-ma di approccio bottom-up descrive le pratiche e i processi che si sviluppano dalla base comunitaria come proposta di cambiamento e modifica della propria situa-zione contestuale, a partire dall’esperienza collettiva e dalle esigenze condivise. La differenziazione non riguarda, in ogni caso, la dimensione spaziale dell’azione o la qualità del progetto, quanto il reale coinvolgimento della popolazione: l’in-tervento condotto da Elemental in Cile (Villa Verde) prende in considerazione le esigenze della popolazione locale, in larga misura, ma non è certamente un intervento bottom-up.

Villa miseria

La Villa miseria è il termine argentino con cui si identificano gli insediamenti

informali. È comparabile con la Favela brasiliana o lo Slum anglosassone e indi-vidua in ogni caso un contesto di precarietà socio-spaziale, con carenze econo-miche, igienico-sanitarie e urbane. Spesso rappresenta un ambito marginalizzato e può risultare oggetto di intervento – sia esso repressivo o propositivo – da parte delle istituzioni locali. Lo stesso quartiere di San Jorge, prima dell’inizio del processo di urbanizzazione attivato dalla ONG, era una villa miseria a seguito dell’insediamento dei primi abitanti nell’aera di un ex discarica nella periferia di Posadas.