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di supporto allo sviluppo (Ahmed e Hopper, 2014), esistono diverse realtà che sono nate e continuano ad operare anche in contesti socio-spaziali consolidati (Awan, Schneider e Till, 2011).
La questione relativa allo spazio abitabile nei programmi condotti dai soggetti terzi rappresenta anche la categoria di cui fa parte la ONG Jardin de Los Niños, che verrà affrontata e sviluppata nella successiva parte della ricerca. Le modalità di azione dell’organizzazione, attraverso la pianificazione e la costruzione del quartiere di San Jorge a Posadas rappresentano un esempio efficace delle possibi-lità dell’approccio seguito. Questo attore, presente nella città da oltre trent’anni, ha inciso in maniera radicale sulla struttura e sulla conformazione urbana della periferia sud di Posadas, dotando la comunità locale degli strumenti culturali ed economici per la riaffermazione del proprio diritto alla città e alla sua modifica (Harvey, 2008).
In ragione di un confronto più efficace, nel presente capitolo si è dovuta operare una scelta nell’individuare alcuni soggetti che fossero esemplificativi del lavoro puntuale della moltitudine di organizzazioni che a diverse scale si sono occupate e si occupano della questione dell’abitazione. La conoscenza personale di determinate realtà (Jardin de Los Niños in Argentina e la rete di Architecture Sans Frontières in Europa) ha naturalmente comportato la loro trattazione, ma per am-pliare il bacino di analisi ci si è basati anche su una raccolta operata dal gruppo di ricercatori del progetto Spatial Agency. Un programma di ricerca1 condotto da Nishat Awan (University of Sheffield), Tatjana Schnider (University of Sheffield) e Jeremy Till (Central Saint Martins, University of Arts - London, University of Westminster) e condensato in un libro nel 2011 dal titolo Spatial Agency: other ways of doing architecture «L’analisi di Lefebvre in merito allo spazio, come scritta nel
1 Prima di elaborare il libro, il progetto di ricerca si sviluppava e si articola tuttora come una piattaforma web in cui i ricercatori hanno raccolto un database aperto in merito ai soggetti (professionisti, studiosi e organizzazioni) che hanno definito e continuano a sviluppare un diverso approccio alla figura del professionista nel confronto della produzione dello spazio fisico e socia-le: http://www.spatialagency.net.
1974, ora deve essere supplementata da altri fattori che si sono moltiplicati da allora, più chiaramente i problemi legati alla globalizzazione, ai cambiamenti cli-matici, e l’avvento del virtuale – tutti questi hanno chiare implicazioni con la pro-duzione di spazio. Viviamo, come argomenta in maniera convincente Zygmunt Bauman, in tempi liquidi, questo significa che tutti i produttori di spazio sono invischiati negli arti irrequieti e intrecciati delle reti sociali, globali, ecologiche e virtuali. (…) Il libro è inteso quale ispirazione a come l’intelligenza può essere esercitata in un campo spaziale molto più ampio, uno che riconosca le reti sociali, globali, ecologiche e virtuali.» (Awan, Schneider e Till, 2011: 9). In ragione della completezza del lavoro di ricerca articolato dagli autori, pur nella continua evolu-zione del processo di raccolta e affinamento dei dati, si è valutato come potesse rappresentare un utile riferimento di partenza per la perimetrazione di questa sezione del capitolo. Questo anche alla luce della vicinanza delle scelte operate dal gruppo di lavoro, alla ricerca personale svolta in merito all’approfondimento teorico e pratico e alle idee relative alla produzione dello spazio e alla sua consi-derazione ampia.
Agire nel contesto per un diritto all’abitare:
Habitat for Humanity e Habitat international coalition
Un efficace esempio di come le questioni e i contesti d’intervento si sovrap-pongano e intersechino è rappresentato dalla ONG internazionale Habitat for
Humanity2 (HfH) che a partire dalla sua fondazione nel 1976 sviluppa i suoi
inter-venti sia nel nord America che in scenari del Sud Globale (Obeng-Odoom, 2009; Allen Hays, 2016). La differenziazione dei contesti d’azione è anche relativa alle diverse modalità di approccio della ONG: nel contesto americano gli interventi si sviluppano attraverso il supporto alla costruzione di abitazioni per i meno ab-bienti mediante la partecipazione diretta delle comunità interessate e dei volontari dell’organizzazione. Diversamente, gli interventi contestualizzati nei paesi in via di sviluppo sono determinati spesso da carenze abitative in relazione a situazioni emergenziali o sviluppati a partire da programmi indirizzati all’assicurazione dei diritti sulla terra per gli abitanti. In questi scenari l’organizzazione attiva dei pro-grammi di micro-credito che forniscono un aiuto concreto nella ricostruzione del patrimonio abitativo perduto e nella formazione di nuove realtà urbane3.
Nata durante gli anni ‘70 in un contesto di sentimento “religioso” di sostegno per le popolazioni in difficoltà (Baggett, 2001) e non esente da critiche in merito agli esiti di alcuni progetti di aiuto (Obeng-Odoom, 2009) l’esperienza di HfH è efficace in quanto esemplifica le modalità di approccio diversificate che un soggetto internazionale deve sviluppare nel momento in cui si trova a operare in contesti molto diversi tra loro. Lo sviluppo di sistemi di intervento fortemen-te confortemen-testualizzati comporta una profonda conoscenza dei luoghi dell’azione e dunque porta a sviluppare una maggiore e necessaria analisi della dimensione socio-spaziale ed economica in cui si opera: caratteristica imprescindibile del
pro-2 Millard Dean Fuller, che con la moglie Linda fonda l’organizzazione, viene riconosciuto con lo
UN-Habitat Scroll of Honour nel 1999 per i suoi meriti nel campo dello sviluppo abitativo.
3 Per un approfondimento di queste modalità di approccio si veda i programma Terwilliger Center for Innovation in Shelter presentato durante la conferenza delle Nazioni Unite - Habitat III tenutasi a
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cesso di intervento (Klugman, 2000).
Le attività condotte dalle ONG internazionali in merito allo sviluppo abitati-vo sono necessariamente legate, inoltre, alla questione delle politiche urbane nei contesti in cui operano. Il legame presente tra sfera istituzionale ed economica in molti piani di rigenerazione urbana condotti da soggetti istituzionali (Harvey, 2008, 2012) determina la necessità di una presa di posizione, da parte delle orga-nizzazioni lì presenti con i propri progetti di sviluppo.
È questo il caso di un’altra realtà operativa nata durante gli anni ’70 e legata allo sviluppo delle conferenze “Habitat” da parte delle Nazioni Unite4: l’Habitat International Coalition (HIC). Questa ONG si sviluppa come “controparte” per la Commission on Human Settlements delle Nazioni Unite (Dooley, 2003) e struttura la propria azione sia nel supporto fattivo alla creazione di nuove abitazioni e spazi comuni in realtà fragili del Global South sia nell’attivismo politico in merito ai dirit-ti urbani e sociali delle popolazioni in difficoltà (Banerjee, 2002). La previsione di soluzioni sostenibili per lo sviluppo delle comunità in situazioni di povertà urba-na e carenza di servizi e infrastrutture è quindi solo uno degli aspetti delle attività di simili soggetti, che spesso rappresentano l’unica possibilità per le comunità in difficoltà di far sentire la propria voce (Korten, 1987). La storia dell’Habitat Internationa Coalition è infatti molto rilevante, come sottolineato, anche in merito al tema del diritto alla città (Lefebvre, 1970).
Durante il suo percorso l’organizzazione ha da sempre lavorato parallelamen-te alle attività delle Nazioni Uniparallelamen-te in merito alla questione dei diritti urbani e alla loro estensione alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo «Un passaggio cruciale nella costruzione del diritto alla città fu lo sviluppo del World Charter on the Right to the City, coordinato da Habitat International Coalition (HIC) insieme ad altri soggetti. La formulazione del Charter includeva la partecipazione di un insie-me di moviinsie-menti popolari, ONG, associazioni professionali, reti civili e forum nazionali e internazionali, tutti impegnati nelle lotte sociali per delle città giuste, democratiche, umane e sostenibili. Il Charter ha cercato di raccogliere gli impe-gni e le misure che dovrebbero intraprendere la società civile, i governi locali e nazionali, i parlamentari e le organizzazioni internazionali per assicurare una vita urbana dignitosa per tutti.» (Mathivet, 2011: 24).
Si tratta, dunque, di un attore terzo che articola la propria azione sia nel cam-po dello svilupcam-po abitativo sia nell’ambito del diritto alla città. In questo senso, gli interventi sviluppati non sono quindi inquadrabili unicamente in azioni puntuali di aiuto allo sviluppo urbano, quanto elementi di un approccio generale teso all’affermazione di un diritto urbano partecipato e trasversale per tutti gli indivi-dui (Mathivet e Sugranyes, 2011).
L’apporto delle reti internazionali:
architecture Sans frontières - international e open architecture collaborative
4 La prima conformazione dell’organizzazione si sviluppa a seguito di una conferenza parallela alla United Nations Conference on human settlements (Habitat I), tenutasi a Vancouver nel 1976. Durante
la successiva conferenza Habitat II (Istanbul, 1996) la rete HIC ha influenzato, attraverso
campa-gne di sensibilizzazione e pressione, l’inclusione del diritto ad un’adeguata abitazione nell’agenda dei lavori (Mathivet e Sugranyes, 2011).
Nell’ambito dei soggetti che si occupano della produzione di nuovo spazio abitativo un’altra realtà rilevante è rappresentata dalla rete di Architecture Sans Frontières - International. Questo network di associazioni e organizzazioni da circa trenta paesi nel mondo raggruppa le esperienze e le pratiche dei diversi membri, mettendo a sistema le singole competenze e peculiarità condividendo le cono-scenze e gli esiti dei diversi interventi condotti.
Lo scopo principale del progetto è sviluppare una rete di processi efficaci e di modalità di approccio di successo, pur nella considerazione della non ripetibilità acontestuale delle metodologie di intervento. Dalla sua formazione nel 2007 la composizione della rete è rappresentata da ONG e associazioni locali che svilup-pano in autonomia le proprie attività5, condividendo con il network problema-tiche e possibilità intrinseche dei diversi progetti. L’attività di ASF - International è anche legata alla dimensione divulgativa in merito alle azioni condotte dalle singole organizzazioni nazionali e grazie alla sua realtà unitaria si pone come sog-getto di vertenza e appoggio per le problematiche legate ai sistemi di approccio. Gli interventi, nel caso dei soggetti facenti parte della rete ASF - International, si sviluppano anche in realtà consolidate e in particolare nel contesto europeo, con progetti relativi alle questioni dell’integrazione sociale e urbana degli immigrati e delle fasce più deboli della popolazione6e più in generale relativamente al riuso creativo degli spazi inutilizzati della città.
Come indicato precedentemente, la questione del contesto di intervento è centrale nell’affrontare il tema dei soggetti terzi che si occupano di sviluppo ur-bano e abitativo. Oltre ai casi descritti di attori operanti in contesti consolidati è ora utile rivolgere l’attenzione alle organizzazioni attive nell’ambito dei paesi del Global South.
In riferimento a queste ONG si può operare una successiva suddivisione tra quanti svolgono la propria attività come attori internazionali in aiuto e suppor-to delle comunità locali e quei soggetti che sono espressione propria delle po-polazioni native interessate dagli interventi. In diversi casi queste federazioni di abitanti rappresentano la più fertile piattaforma per lo sviluppo di successivi pro-grammi integrati di miglioramento abitativo e sociale (Klugman, 2000).
Tra le ONG internazionali che operano con progetti a supporto di comuni-tà locali, oltre alla già citata rete di Architecture Sans Frontières - International nelle sue rappresentanze nazionali7, è rilevante riportare l’esperienza di Architecture for Humanity (1999-2015) da cui si è poi sviluppata l’organizzazione Open Architecture Collaborative. Il lavoro di questo soggetto continua attivamente sia nel campo edu-cativo e didattico, dedicato ai professionisti che intendano impegnarsi in prima
5 L’esperienza delle organizzazioni definite come “Architetti/Architettura Senza Frontiere” è di diversi anni anteriore alla formalizzazione della rete internazionale, precedenti sono, tra gli altri, Architectes Sans Frontières - France, fondata nel 1979 (rifondata poi nel 2002); Architecten Zonder Grenzen - Belgium fondata nel 1994; Architekten Uber Grenzer - Germany fondata nel 1997 e Architetti Senza Frontiere - Italia fondata nel 1998.
6 Quale esempio tra i numerosi progetti documentati, alcuni riportati anche nei successivi capitoli, si veda il lavoro sviluppato da Architetti Senza Frontiere Italia nel progetto “Ersilia” che con
diverse declinazioni di intervento ha l’obbiettivo di suggerire una riflessione sulle forme alternati-ve della rigenerazione urbana e della creazione di nuovi spazi condivisi di città: www.asfitalia.org. 7 I membri della rete ASF - International con sede in paesi del Sud Globale sono dieci, oltre un
terzo del totale complessivo delle organizzazioni aderenti (2018). Il network è infatti presente an-che in Sudafrica, Colombia, India, Indonesia, Giordania, Nepal, Congo, Tunisia, Tanzania, Egitto.
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La pluralità delle azioni condotte dai membri della rete Architecture Sans Frontières - International e la diffusione globale degli interventi, dall’alto: attività di mappatura e riconoscimento dei diritti sulla terra, in Argentina © ASF-France; progettazione di un centro educativo in Etiopia © ASF-Svezia; laboratori comunitari sull’emergenza abitativa in Brasile © ASF-UK.
persona nei programmi di aiuto allo sviluppo, sia nella previsione di interventi in stretta collaborazione con le realtà locali di attivismo.
I ventitré capitoli dell’organizzazione si situano in tutti i continenti8, conti-nuando a sviluppare in autonomia i progetti successivamente condivisi con la rete unica. Alla luce di questi due casi molto sviluppati di network internazionali impegnati in progetti e programmi di cooperazione allo sviluppo è doveroso sottolineare l’importanza ricoperta dalle reti di collaborazione. Entrambe le te-stimonianze sono, infatti, sviluppate a partire dal dialogo continuo tra le diverse realtà nazionali, attraverso la condivisione delle pratiche sviluppate e confrontate con le problematiche emerse. La rilevanza di un soggetto unico sotto il quale si raccolgono gli sforzi dei singoli attori è evidente nel momento in cui ci si deve confrontare con la realtà globale delle politiche per lo sviluppo urbano ed emer-genziale9.
Nel contesto delle ONG internazionali attive nella questione dello spazio abi-tativo è doveroso citare l’esperienza di BRAC10, già affrontata nel precedente capitolo. Questa organizzazione, strutturata in quattordici realtà nazionali tra l’A-sia, l’Africa e l’America, all’interno dei suoi programmi e interventi di contrasto alla povertà urbana delle comunità locali, propone e coordina anche progetti nel campo della cooperazione allo sviluppo abitativo. Le azioni svolte si sviluppano dall’aiuto per il post emergenza socio-politica o ambientale11 alla ricostruzione di abitazioni vittime di distruzione negli insediamenti informali.
Tutti questi programmi12, pur non rappresentando le iniziative principali dell’organizzazione, delineano una testimonianza importante in merito alla ne-cessità, per un attore internazionale attivo in contesti in via di sviluppo, di doversi necessariamente confrontare anche con il tema urbano nello sviluppo abitativo13.
Supporto internazionale e sviluppo locale:
Slum/Shack dwellers international
Come descritto, oltre ai soggetti internazionali che si occupano della proget-tazione e costruzione di abitazioni è rilevante anche il ruolo delle comunità locali
8 In particolare i capitoli sono così dislocati: tredici negli stati nord americani, tre in America Latina, cinque in Europa e due tra l’Africa e il Medioriente.
9 Il network ASF - International ha confermato l’obbiettivo prefissato di tenere l’assemblea
generale 2015 a Kathmandu (Nepal), svolta in quel contesto emergenziale per fornire una prima valutazione tecnica e per mantenere viva l’attenzione sulla regione interessata da numerosi terre-moti quell’anno.
10 La Building Resources Across Communities (BRAC) è una ONG fondata nel 1972 nello stato del
Bangladesh a seguito della Guerra di Liberazione Bengalese del 1971.
11 Il primo rilevante intervento attivato da BRAC è stata la risposta ricostruttiva a seguito della fine della Guerra di Liberazione bengalese nel 1971 con la costruzione di 14 mila unità abitative per gli sfollati (BRAC Annual report 1990).
12 Per una visione più dettagliata degli interventi finanziati e coordinati da BRAC si vedano i rapporti annuali che le diverse sezioni nazionali della ONG stilano e pubblicano via web: www. brac.net/annual-reports-and-publications.
13 Attraverso il suo programma di aiuto allo sviluppo sanitario per la popolazione indigente la ONG ha raggiunto oltre 30 mila famiglie (2012-2014) con la costruzione di servizi igienici per gli abitanti (BRAC Annual report 2014).
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e dei movimenti attivi nell’applicazione spaziale di un diritto alla vita urbana. In questo senso la crescita comunitaria ha a che fare con l’aumento della capacità della comunità stessa nel raggiungere un controllo sui processi di sviluppo che si mettono in pratica. È questo fondamentale per far sì che gli stessi gruppi sociali possano riattivarsi in futuro per una riproposizione delle pratiche acquisite «Un buon progetto di pianificazione dovrebbe lasciare la comunità non solo con un maggior numero immediato di “prodotti” – per esempio, sviluppo abitativo – ma anche con una aumentata capacità di fronteggiare future necessità. Degli efficien-ti progetefficien-ti di pianificazione comunitaria sviluppano un approccio comprensivo dei bisogni della comunità – un approccio che riconosce l’interrelazione di svi-luppo economico, fisico e sociale. Lo svisvi-luppo comunitario è connesso al miglio-ramento e alla valorizzazione delle diversità culturali. Questo è vero sia se si parla di pianificazione in comunità materialmente non sviluppate negli Stati Uniti o nel cosiddetto mondo in via di sviluppo.» (Kennedy, 1997: 93).
La rilevanza di un approccio fortemente contestualizzato è dunque trasversale e trascende le suddivisioni operate tra Global North e Global South. In questi termi-ni l’apporto delle ONG può essere sigtermi-nificativo per una concezione più coerente nei processi di sviluppo (Nelson e Dorsey, 2003). La componente multilivello che le contraddistingue consente a questo soggetto di sviluppare processi educativi sia con la popolazione coinvolta che di dialogo con le istituzioni locali. In questo modo i progetti e i programmi sviluppati possono provare a trascendere i limiti spaziali e temporali dell’intervento, definendosi come nuove politiche durature per il territorio14 (Satterthwaite, 2001).
Uno dei casi più interessanti di organizzazioni che operano in diretto contatto con le realtà locali e che rappresentano una componente rilevante nei processi di sviluppo abitativo riguarda la ONG Slum/Shack Dwellers International15 (SDI). Questo network internazionale rappresenta una federazione di associazioni e ONG provenienti da decine di paesi in Africa, Asia e America Latina, che si distingue per l’ampia rappresentanza di contesti diversi nell’ambito dei propri scenari d’azione. Lo SDI si costituisce nel 1996 in Sudafrica a seguito di un incon-tro di diverse federazioni di cittadini provenienti prevalentemente da contesti di povertà urbana e delle ONG che storicamente li supportavano. Questo processo di messa a sistema delle pratiche e degli approcci è il risultato di un continuo contatto tra le diverse associazioni nei decenni precedenti attraverso programmi legati alla riduzione della povertà urbana e alla costruzione di un proprio spazio all’interno della città.
Un altro importante aspetto che ha determinato la nascita del network SDI è stata l’esigenza di sviluppare un soggetto con un’autorevolezza trasversale. Que-sto in quanto c’era la necessità di potersi confrontare con i diversi attori istituzio-nali presenti, sia nei processi di urbanizzazione in contesti informali che in azioni a supporto delle popolazioni locali contro fenomeni quali la rilocalizzazione e la privazione dei diritti urbani (Patel, Burra e D’Cruz, 2001). «Il principale interesse dei membri di Slum/Shack Dwellers International non è in progetti finanziati da do-nazioni, ma nel cambiare le istituzioni e le pratiche di governo sia localmente che internazionalmente così da poter rispondere ai bisogni e alle priorità dei gruppi
14 In merito a questo si vedano i casi illustrati nella successiva parte della ricerca.
15 Il nome dell’associazione cambia a seconda del contesto in cui è utilizzato, in quanto il ter-mine slum è maggiormente utilizzato in Asia, mentre shack è più comune in Africa (Patel, Burra e
Alcuni dei progetti che descrivono la diversificazione degli interventi finanziati dalla rete Slum/Shack Dwellers International. Un progetto di sanificazione in Tanzania; l’organizzazione di laboratori di formazione in Uganda; un programma di incremento abitazionale a Chamazi (Tanzania) © SDI.
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urbani maggiormente in difficoltà.» (Satterthwaite, 2001: 139). Alla luce di questo l’analisi di simili soggetti altri è rilevante non solo limitatamente agli interventi e azioni proposte ma anche in quanto determinanti nuove politiche di sviluppo.
Questo attore internazionale testimonia un approccio alternativo alle teorie e alle pratiche che vengono attivate in contesti di fragilità urbana e sociale anche quando sviluppati da agenzie internazionali che da sempre si occupano di questi temi (FMI; BM)16. I sistemi e le modalità di approccio delle istituzioni internazio-nali di finanziamento e supporto nell’ambito dello sviluppo abitativo ha definito, fin dagli anni ’50 un percorso comune nei paesi del Global South (Patel, Burra e D’Cruz, 2001) e un conseguente appiattimento degli interventi su sistemi stabiliti ed acontestuali. L’esperienza diffusa di un attore urbano come quello espresso da SDI mette in dubbio i processi consolidati e stimola un dibattito più attento alle popolazioni in difficoltà e al loro contesto di vita e sviluppo «Queste federazioni