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Gender & Genres

1. Alcune osservazioni preliminar

Fino ad un’epoca molto recente, le donne scrissero – e lessero - soprattutto romanzi: questa idea, tuttora persistente e difficile da sradicare non solo nel senso comune, ma anche presso gli ambienti scientifici, ha radici antiche nel tempo. Sembra anzi essere nata nel momento stesso in cui nacque il romanzo moderno.

Nell’epoca in cui si situa questa ricerca, fra gli ultimi decenni dell’800 e i primi anni del Novecento, il binomio donne/romanzi era uscito dai confini delle polemiche erudite, come quella che alle origini aveva coinvolto personaggi come Boileau e Mme de Scudery nella Francia del XVII secolo,1 ed era invece entrato a fare parte del dibattito pubblico inteso nella sua accezione più ampia. Poco importava che in più occasioni - specie durante i momenti rivoluzionari2 – questa idea fosse stata contraddetta dalla realtà: si pensi solo, in questo senso, alla diffusione dei tanti giornali, pamphlet, articoli politici

1 Vd Cfr. Joan De Jean, Tender geographies. Women and the Origins of the Novel in France, Columbia University Press, 1991 e Ancients against Moderns. Wars and a Making of a Fin de Siècle, University of Chicago Press, 1997e Danielle Hase-Dubosc, Intellectuelles, femmes d’ésprit et femmes savantes au XVII

siècle, in « Clio », n. 13, 2000, Intellectuelles.

2 Per un’analisi sul lungo periodo si veda l’Introduzione di Laura Pisano, Donne del giornalismo italiano, cit., pp. 5-47. Sull’esperienza delle donne durante i periodi rivoluzionario si veda anche Anna Rossi Doria,

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delle donne durante la Rivoluzione francese,3 la Rivoluzione napoletana4 o il biennio del ’48-49.5

I giornali e le riviste di fine ‘800, oltre agli studi critico-letterari propriamente detti, erano disseminati di articoli più o meno polemici sul tema donne e romanzi.

Da una parte, durante la prima metà del secolo, le opere di autori come Balzac o Flaubert avevano contribuito a rendere l’immagine della donna lettrice di romanzi un vero e proprio topos letterario, quasi uno stereotipo attivo anche in paesi – quali l’Italia – dove la scarsa scolarizzazione delle donne lo rendeva non del tutto aderente alla realtà. Ora, proprio mentre il romanzo stava velocemente scalando la gerarchia dei generi letterari anche grazie all’enorme successo di pubblico riscosso prima da questi autori, e poi soprattutto da Zola,6 e mentre contestualmente le opere di alcuni grandi autori del recente passato – Hugo, Manzoni, Dickens – assurgevano al livello di classici ‘nazionali’ da insegnare anche nelle scuole, il discorso su donne e fiction subiva modiche e perfezionamenti. Non si parlava più, semplicemente, dell’equazione donne/romanzi, ma piuttosto di donne e romanzi sentimentali, leggeri, pericolosi, diseducativi e di scarsa qualità. In una parola, si parlava di donne e letteratura di consumo.

Non si trattava ovviamente solo di uno stereotipo. Su questa idea gli editori basavano con successo le loro strategie commerciali nei confronti del pubblico femminile e investivamo sempre di più sulle iniziative editoriali rivolte specificatamente a questo preciso segmento di pubblico. Anche gli studi sociali sulle pratiche di lettura e sui gusti del pubblico femminile - tanto quelle condotte dai contemporanei,7 quanto quelle promosse negli

3 Carla Hesse, How French Women became Modern, Princeton University Press, 2001. Daline Gay Levy, Harriet Branson Applewhite, Mary Durham Johnson , Women in Revolutionary Paris 1789-1795, University of Illinois, Urbana 1979.

4 Oltre allo studio di Benedetto Croce, La Rivoluzione Napoletana del 1799, Laterza, Bari 1948, dove è messa molto bene in evidenza il ruolo di Eleonora Fonseca Pimentel, si veda anche Mauro Battaglini (a cura di), Il Monitore Napoletano 1799, Guida, Napoli 1999.

5 Si veda, per l’Italia, il saggio di Simonetta Soldani, Donne della nazione. Presenze femminili nell’Italia

del Quarantotto, in “Passato e presente”, numero speciale 1948. Scene da una rivoluzione europea, n. 46, 1999, pp. 75-102. Per la Francia si vedano gli studi di Michèle Riot-Sarcey, in particolare La démocratie à

l’épreuve des femmes. Trois figures critiques du pouvoir 1830-1848, Albin Michel, Paris 1994 e la tesi di Alice Primi, « Être fille de son siècle ». L’engagement politique des femmes dans l’espace public en France

et en Allemagne de 1848 à 1870, thèse en histoire, sous la direction de Michèle Riot-Sarcey, Paris VIII, 2006.

6 Sulla mobilità della gerarchia dei generi letterari nel corso del secondo Ottocento si veda Pierre Boudieu,

Les règles de l’art, cit., in particolare pp. 165 e ss.

7 Per il contesto italiano è particolarmente interessante come esempio inedito di indagine condotta sui gusti del pubblico con uno sguardo attento anche alle differenze di genere il già citato I libri più letti dal popolo

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ultimi decenni in ambito storiografico8 - hanno confermato la stretta connessione fra il processo di alfabetizzazione delle donne e la crescita dei generi del consumo letterario: riviste, giornali illustrati e collane di romanzi popolari e a basso costo.

La controparte quasi necessaria all’esistenza di un pubblico di donne sempre più di massa e poco raffinato nei gusti fu allora trovata nella moltiplicazione delle penne femminili, spesso autodidatte, disposte a sacrificare la qualità delle loro opere per scrivere molto e velocemente. La critica fu talvolta estremamente dura nei loro confronti e arrivò non di rado al punto di generalizzare l’esperienza di queste scrittrici estendendola a tutto il genere femminile, al quale spesso – soprattutto in Francia - si negava la possibilità stessa di raggiungere l’ideale artistico al quale potevano invece aspirare gli uomini.9 Non è qui la sede per approfondire la morfologia interna a questo discorso, che subì declinazioni a accenti differenti nel corso del tempo e nei diversi contesti nazionali. 10 Il punto è però che, un po’ per l’insistenza del discorso che le aveva ad oggetto, un po’ per le dimensioni effettivamente notevoli del loro giro di affari, le scrittrici di romanzi popolari e rivolti al pubblico femminile avevano raggiunto una tale visibilità che in qualche modo la loro esperienza finì per alterare l’immagine della scrittura femminile di fine Ottocento.

Vista nel suo complesso, la produzione letteraria delle donne era invece estremamente variegata e articolata al suo interno, tanto in relazione ai generi letterari frequentati, quanto ai diversi atteggiamenti che le scrittrici dimostravano nei confronti della loro attività. Sarebbe difficile descrivere questa realtà facendo esclusivamente ricorso all’esperienza delle scrittrici di romanzi, perché questa non fu l’unica esperienza vissuta dalle donne attive nel contesto editoriale europeo, come lascerebbe invece talvolta pensare il discorso dei contemporanei nei confronti della scrittura femminile.

8 La storiografia anglosassone è da tempo attenta alle questioni relative alle pratiche di lettura, anche in ottica di genere. Cfr. in particolare Kate Flint, The Woman Reader 1837-1914, Clarendon Press, Oxford 1993. Nel continente invece gli studi sul sistema letterario hanno indagato perlopiù l’ambito dei produttori di cultura (scrittori e editori) o quello degli spazi di fruizione (cabinet littéraires, biblioteche). Il pubblico in quanto tale è diventato solo di recente oggetto di studio. Cfr. in questo senso Jean-Yves Mollier, La lecture

et ses publics à l’époque contemporaine. Essais d’histoire culturelle, cit.; Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, Storia della lettura nel mondo occidentale, cit., Roger Chartier, Histoire de la lecture. Un bilan

des recherches, cit.

9 Il riferimento è ancora a Christine Planté, La petite sœur de Balzac, cit.

10 Per il discorso della critica italiana nei confronti della letteratura femminile si veda il bel libro di Marina Zancan, Il doppio itinerario della scrittura, cit., pp. 100 e ss. Per la Francia, oltre al libro di Planté appena citato, anche quello di Rachel Sauvé, De l’eloge à l’exclusion. Les femmes auteurs et leurs préfacier au

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L’analisi delle sette riviste italiane e francesi prese in esame da questa ricerca ha dimostrato che lo spazio delle donne nel giornalismo politico-letterario non fu solo quello della fiction e del romanzo. Al contrario le donne intervennero in buona parte delle materie affrontate dalle riviste e lo fecero adottando una varietà straordinaria di forme letterarie e stili di scrittura. Oltre ai romanzi, che spesso rappresentarono per le scrittrici la prima vera via d’accesso al giornalismo di qualità, nelle riviste le donne scrissero anche articoli di critica letteraria, resoconti di viaggio, saggi politici, analisi della società, e altro ancora.

La classificazione di un’opera sotto l’etichetta di questo o quel genere letterario è sempre un’operazione arbitraria. Il rischio che si corre è inevitabilmente quello di perdere la molteplicità dei possibili piani di lettura di uno stesso scritto o di non cogliere la sovrapposizione di più campi semantici al suo interno. Soprattutto nel caso delle scritture femminili, si tratta di una perdita importante, poiché una delle stratagie che le scrittrici avevano usato nel corso della loro storia letteraria per intervenire sui temi tradizionalmente loro preclusi, o per forzare i meccanismi di un sistema culturale per molti aspetti ostile nei loro confronti, era proprio l’aggiramento dei confini fra i generi letterari, spesso operato inserendo contenuti inediti in forme letterarie ritenute loro congeniali e in un certo senso innocue. Lo stesso meccanismo fu adottato più volte dalle donne anche nelle riviste politico-letterarie.

Come classificare ad esempio un’opera come quella di Th. Bentzon, La condition des

femmes aux Etats-Unis, pubblicata nella “Revue des deux Mondes” e costruita sulla struttura tipica del resoconto di viaggio, ma scritta per contestare la condizione femminile in Europa contrapponendola al modello positivo dell’emancipazione delle donne americane? Fra i viaggi o fra i saggi politici?

Di questi esempi se ne potrebbero fare tanti: da Tocqueville in poi, il resoconto di viaggio sarebbe spesso stato utilizzato – non solo dalle donne - come un modo importante per riflettere sulla propria civiltà rendendo conto di realtà diverse. Ma anche in alcuni romanzi di stampo verista pubblicati dalle donne nelle riviste sarebbe possibile rintracciare sullo sfondo un’acuta analisi o denuncia della società. Sono davvero pochi gli articoli femminili che è stato possibile etichettare in maniera inequivocabile sotto questa o quella rubrica.

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La percezione del lettore contemporaneo nei confronti di questa produzione giornalistica è poi estremamente diversa rispetto a quella di chi leggeva all’epoca le riviste. Si prendano i due studi folklorici di Caterina Pigorini Beri, Usi e costumi dell’Appennino

Marchigiano e In Calabria pubblicati nella “Nuova Antologia” fra il 1879 e 1883. Per chi le legge oggi,11 le due opere sembrano porsi veramente agli antipodi dei canoni dell’obiettività e della scientificità, tanto che verrebbe piuttosto spontaneo classificarli semplicemente fra i resoconti di viaggi. All’epoca tuttavia, Usi e Costumi e In Calabria furono accolti come studi utili, oltre che seri e approfonditi, sui costumi e le tradizioni di una parte della nazione ancora quasi del tutto sconosciuta dagli italiani. Essi furono recepiti come validi esempi della nascente scienza antropologica e etnografica, tanto che valsero all’autrice alcuni prestigiosi riconoscimenti da parte della comunità scientifica. Di fronte alla difficoltà di classificare per generi letterari e aree di interesse le opere pubblicate nelle riviste, la strategia che ho scelto di adottare è stata quella di seguire, laddove possibile, le indicazioni ricavabili dagli indici delle testate, che in certi casi contenevano anche un indice tematico e per generi, oltre a quello cronologico e a quello per autori. Le classificazioni proposte da queste pubblicazioni, compilate negli anni immediatamente successivi all’uscita delle riviste, mi sono sembrate indicative della percezione che avevano i contemporanei di questa produzione. Le ho allora utilizzate per organizzare gli articoli pubblicati dalle riviste in venticinque classi, a loro volta riferibili a otto macro-aree di interesse, riportate nella tabella qui sotto. Ad eccezione delle rubriche di moda e sport, presenti esclusivamente nella “Nouvelle Revue”, le materie erano tutte trattate nelle riviste, anche se in ciascuna di esse occupavano uno spazio di volta in volta leggermente differente.

Si tenga conto che, al di là delle specificità di ogni singola rivista, in genere i lavori letterari, le analisi politiche e economiche e la critica occupavano uno spazio notevolmente maggiore delle altre materie. A loro volta, esse non erano ripartite equamente all’interno delle riviste: in genere la storia, le questioni legate all’esercito e le analisi sociali avevano un peso maggiore rispetto ad altre discipline, come la filosofia, la

11 Ad esempio Silvio Lanaro ha liquidato in maniera particolarmente severa gli studi di Caterina Pigorini Beri, sostenendo che nelle scienze antropologiche “non si sarebbe avanzati di un palmo” se anziché procedere “con metodo” (come fecero Lombroso, Pitré, Guastella) “si fosse rimansti fermi allo sbalordimento della Pigorini Beri, che percorrendo con frusciar di gonne le strade dei paesini ionici al riparo dell’ombrellino parasole si rammaricava di non incontrare “gli abiti d’oro e di broccato” e di non “sentire le cadenze melodiose di un canto lento e soave”, di non ascoltare le nenie di una “lingua armoniosa e dolcissima”. Cfr. Silvio Lanaro, Il Plutarco italiano: l’istruzione del “popolo” dopo l’Unità, cit., p. 578.

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scienza o il diritto. Di conseguenza la presenza o l’assenza di scritti femminili acquisiva un peso differente - in termini di visibilità - in relazione a ogni singola materia.

C’erano poi alcune differenze fra le singole riviste. Si pensi ad esempio al tema della religione: tale questione occupava di solito uno spazio simile a quello riservato agli articoli filosofici o giuridici (intorno al 2-3%), ma era un argomento di rilevanza centrale per la “Rassegna Nazionale”. Qui la questione dei rapporti fra Stato e Chiesa, o più in generale fra politica e religione, tradizione e progresso, fede cattolica e sentimento nazionale erano di primaria importanza. L’assenza di articoli femminili dedicati a questi problemi aveva di conseguenza un significato differente nella “Rassegna Nazionale” rispetto alle altre riviste.

Tabella 1 - Materie trattate nelle riviste divise per aree di interesse

Scritti letterari

Romanzi, racconti, novelle

Viaggi

Resoconti di viaggio

Poesia Corrispondenze dall’estero

Traduzioni Studi etnografici, antropologici, di

folklore Critica Critica letteraria Politica e attualità Analisi politica

Arte Studi sociali

Teatro Istruzione

Saggistica

Storia Economia e finanza

Biografia Questioni giuridiche

Filosofia Esercito e marina

Religione Altro Carteggi Materie tecnico- scientifiche Scienza Mode Agricoltura Sport Varie

Furono quattro le grandi aree tematiche nelle quali le donne intervennero più spesso: la narrativa, sia nella forma del romanzo che in quella più breve del racconto e della novella, la critica letteraria, la storia – soprattutto nel genere della biografia – e la letteratura di viaggio. Al di là delle specificità di ogni singola rivista, di cui si terrà conto nei prossimi paragrafi, furono queste le quattro discipline rispetto alle quali furono riconosciute competenze specifiche alle donne.

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E’ certamente possibile riconoscere una distinzione di genere relativa alle materie e ai generi letterari affrontati dagli uomini e dalle donne nelle riviste – nel corso di questo capitolo cercherò di metterla in evidenza – ma i confini fra gli spazi di intervento degli uni e delle altre furono spesso labili. In ogni caso, l’immagine che attribuirebbe alle donne esclusivamente il campo del romanzo e dell’intrattenimento ‘leggero’, e agli uomini quello delle questioni serie, non si dimostrò pertinente per descrivere i rispettivi spazi di azione nelle riviste. La varietà di tematiche e forme letterarie frequentate dalle donne è uno degli aspetti al contempo più insospettati e significativi della partecipazione femminile al giornalismo politico-letterario italiano e francese.

2. La principale via di accesso al giornalismo politico-