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Th Bentzon e le “traductions expliquées”, ovvero come fare politica attraverso la critica letteraria.

Gender & Genres

3. Critica letteraria

3.2. Th Bentzon e le “traductions expliquées”, ovvero come fare politica attraverso la critica letteraria.

Se il percorso biografico e professionale di Emilia Ferretti può essere ritenuto esemplificativo della carriera di molte colleghe, che come lei furono reclutate dalle riviste prima come redattrici anonime - o più spesso come semplici traduttrici di testi stranieri - ma poi riuscirono a ritagliarsi via via uno spazio sempre più importante nelle redazioni delle riviste politico-letterarie, l’esperienza di Thérèse Blanc all’interno della “Revue des deux Mondes” è rappresentativa per quanto riguarda le possibilità che alcune donne trovarono nella critica letteraria come cornice entro cui affrontare temi e soggetti originali

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o addirittura divergenti rispetto alla linea politica generale delle riviste con cui collaboravano.

Della sua vita precedente si hanno poche notizie. Era nata nel 1840 a Seine-Port, nella provincia francese. Ormai anziana avrebbe riassunto così la sua vita al direttore Ferdinand Brunetière: “J’ai 64 ans et j’ai commencé à seize ans une vie tourmentée, à dix-sept ans une maternité inquiète”.117 Alla collega e amica Arvède Barine avrebbe confidato : « Oui, vous êtes privilégiée, car vous avez pu vous appuyer dans la vie sur un compagnon dévoué, vous avez pu élever votre fils dans un intérieur uni, un milieu des meilleurs exemples »,118 come per dire che lei era stata invece privata di questa gioia. E’ probabile che avesse iniziato a scrivere per le riviste e i giornali perché, separata o forse addirittura non sposata, con un figlio a carico, avesse bisogno di soldi. Ma è difficile stabilirlo con certezza, così come è difficile stabilire in che modo questa fosse entrata in contatto con George Sand, che poi l’avrebbe presentata a François Buloz - l’allora direttore della “Revue des deux Mondes”. Non sappiamo quale tipo di educazione avesse ricevuto da ragazza e come avesse imparato l’inglese.

I suoi esordi letterari erano stati simili a quelli di molte sue contemporanee. Aveva iniziato a collaborare come traduttrice dall’inglese per la “Revue politique et littéraire”, più nota come “Revue Bleue”, e nel giro di poco tempo era stata arruolata dalla “Revue des deux Mondes”. In principio aveva lavorato anonimamente, ma presto, già nel 1872, aveva pubblicato il suo primo articolo - una recensione dell’autobiografia di Harriet Beecher Stowe, My wife and I -119 con lo pseudonimo che l’avrebbe resa familiare ai lettori della rivista: uno pseudonimo molto ambiguo, scelto apposta per celare la sua identità femminile, ma senza adottarne una equivocabilmente maschile.

Il tipo di lavoro che stava alle spalle dei suoi primi articoli di critica letteraria non si discostava molto da quello che aveva già fornito in precedenza alla “Revue” in qualità di traduttrice. Tutte le sue recensioni constavano di tre parti essenziali: la prima era un breve cappello introduttivo dove erano indicate alcune coordinate essenziali per inquadrare l’autore e le sue opere, nonché l’argomento principale del testo. Nel caso del libro di

117 BNF, N.a.Fr. 25032, ff. 171-172, Lettera di Thérèse Blanc a Ferdinand Brunetière, s.l, s.d. 118 BNF, N.a.Fr. 18340, ff. 90-91, Lettera di Thérèse Blanc ad Arvède Barine, s.l., 14 luglio 1897.

119 Th. Bentzon, Un roman américain, « Ma femme et moi », de Mme Beecher Stowe, in « Revue des deux Mondes », 1 aprile 1872.

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Harriet Beecher Stowe l’autrice metteva subito in evidenza quello che lei trovava di interessante nel libro:

Ma femme et moi, tel est le titre du nouveau livre de Mistress Beecher Stowe, un livre aussi éloigné des questions humanitaires et politiques, qui ont assuré le prodigieux succès de

l’Oncle Tom, que de questions théologiques, qui dans la Fiancé du ministre figuraient au premier rang, - un livre d’une portée plus sérieuse néanmoins de ce gracieux prologue, la

Perle de l’ile d’Orr, dont les héros étaient des petits enfants. […] Mme Stowe se propose pour but principale de déterminer le rôle de la femme dans le monde moderne ; selon elle, ce rôle est plus important encore que celui de l’homme, et dès les premières lignes l’homme lui- même, - car ce roman est une autobiographie – Harry Henderson, l’époux, en convient.120

La seconda parte, notevolmente più corposa, conteneva lunghi brani originali del libro tradotti e adattati, connessi fra loro da riassunti e brevi delucidazioni sulla trama. La terza parte era infine una breve conclusione, dove l’autrice esprimeva il proprio giudizio complessivo sull’opera. Quest’ultima riguardava in genere due aspetti principali: lo stile dell’autore e l’accettabilità o meno delle tesi che proponeva.

Trop de satellites gravitent autour de Ma femme et moi, comme pour nous faire perdre le fil de l’action principale. […] La compensation est dans un assemblage de détails charmants, de caractères consciencieusement observés, de pensées généreuses, de scènes touchantes à travers lesquelles brille comme un rayon de saine et pure gaieté. Elle revêt d’intérêt, et souvent de poésie, les plus humbles détails de la vie domestique : enfin elle donne aux jeunes filles, à qui le livre est dédié, une idée juste et haute d’honneur auquel chacune d’elles peut atteindre en dépit de la fortune. Honneur à Mme Stowe pour cela, et que son obstination un peu fatigante à plaider avec emphase les droits de la femme lui soit pardonnée en faveur de la sagesse et de la grâce que met son héroïne à n’en revendiquer aucun.121

Lo sguardo critico dell’autrice era quindi ben riconoscibile e localizzato nelle parti iniziale e finale dell’articolo: in questo caso si può notare che, pur scegliendo di recensire un libro che si esprimeva in modo molto chiaro a favore dell’emancipazione delle donne, Thérèse Blanc si era adoperata per prendere distanza dalle posizioni di Harriet Beecher

120 Ivi, p. 622. 121 Ivi, p. 643.

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Stowe. Era tuttavia la parte centrale, cioè il saggio di traduzione, ad occupare la mole più consistente del testo.

L’autrice stessa avrebbe definito i propri articoli con l’espressione di “traduction expliquée”:122 un’espressione che non intendeva essere riduttiva nei confronti del proprio lavoro ma al contrario faceva luce sul suo vero centro di interessi: la traduzione appunto - e non tanto la critica - delle opere che recensiva. Sulle proprie competenze linguistiche Thérèse Blanc avrebbe costruito tutta la propria carriera. In un contesto culturale come quello francese, dove la concorrenza era estremamente forte non solo fra gli autori di romanzi, ma anche fra i critici letterari - soprattutto nei luoghi della cultura ‘alta’, quale era appunto la “Revue des deux Mondes” – Thérèse Blanc scelse di puntare tutto sulle proprie capacità di traduttrice per differenziarsi ed emergere rispetto agli altri colleghi critici. Nel suo carteggio con Ferdinand Brunetière – quasi tutto non datato - l’autrice avrebbe rivendicato spesso questo primato.

Lo fece con particolare enfasi in una lettera della fine degli anni ’90, scritta per convincere il direttore ad affidarle un articolo sulle opere del romanziere inglese George Meredith. Un altro candidato – Edouard Rod - era già stato designato per l’incarico: nei suoi confronti la scrittrice diceva di nutrire profonda stima, anzi era stata “une des premières, avec M. Bellesort à recommender les travaux”, ma era nondimeno convinta di poter fornire un lavoro molto più qualificato. Non solo conosceva l’inglese molto meglio del collega, ma i numerosi viaggi che aveva compiuto in America e in Inghilterra (peraltro tutti a spese della “Revue”) le permettevano di leggere le opere degli autori anglosassoni con uno sguardo più consapevole:

Permettez-moi, Monsieur, de revenir sur l’avertissement que je vous ai donné, sans aucune arrière-pensée personnelle, à propos de Meredith. Je serais désolée que M. Rod, pour qui j’ai une ancienne et très sincère amitié, put jamais savoir que je vous ai mis en garde contre son anglais. Il le sait comme presque tout le monde en France, c'est-à-dire qu’il le sait tant bien que mal et, si je vous ai dit que je ne pouvais me préjuger la prose étrange et admirable de Meredith traduite à coups de dictionnaire, c’était dans l’intérêt de la Revue et sans aucun sentiment que vous m’avez [sic] en répondant qu’il fallait faire place aux jeunes. Jamais je n’ai témoigné que je sache aucun désir d’accaparement. Si vous me dites que vous ne demandez pas un article d’analyse, j’oserai vous répondre que personne ici ne connaissant réellement Meredith, il faudra bien donner la substance de ses romans (le beaux du début et le

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mauvais de la fin) et que pour en résumer seulement la psychologie anglaise pour excellence, il faut connaitre de l’Angleterre plus ou mieux encore que la langue. Ici uniquement dans l’intérêt de la Revue je le répète.123

Th. Bentzon sarebbe a lungo rimasta fedele alla formula della “traduction expliquée” per i suoi articoli di critica letteraria. Oltre a mettere in luce la sua abilità di traduttrice, un’altra ragione per cui l’autrice avrebbe continuato a riproporre negli anni questo preciso format giornalistico era probabilmente il fatto che esso le concedeva una libertà di espressione estremamente ampia.

Era rimasta estremamente colpita dal suo primo viaggio negli Stati Uniti nel 1893. Al “New York Times” aveva dichiarato:

There are many things which I would not have understood as well as I do now if I had not come to America, and I realize that I should have come long time ago. I am doing my utmost to regain the time that I have lost. […] I do not admire everything but I am 53 and I carry a weight of Old World prejudices. I am much interested in the work that American women have done. I saw in Boston organizations not for charity, but for humanity, that amazed me, and there is in Galesbourg, in Illinois, a college where the two sexes receive education in common, that I highly esteem.124

Aveva anche visitato i vari clubs emancipazionisti di Chicago e Boston: a suo dire prestigiosi e “vivants” almeno quanto “les anciens salons de France”, ma non più finalizzati a “réunir et faire briller les hommes”, bensì a fare “briller les femmes pour leur propre compte!” attraverso la filantropia e l’impegno attivo nella società.125 Aveva visitato il Women’s Building dell’Esposizione universale di Chicago.126 La Hull-House di Jane Addams, la sociologa americana che dopo la Prima guerra mondiale avrebbe fondato la Women’s International League for Peace and Freedom, l’aveva profondamente ispirata.127 Era entrata nella redazione dell’importante quotidiano “Herald”, dove con suo immenso stupore aveva scoperto che era una donna – Margaret Sullivan – a scrivere ogni giorno l’articolo di fondo e che sempre lei era “le rédacteur le plus payé, ce qui est

123 BNF, N.a.Fr. 25032, ff. 130-134, Lettera di Th. Bentzon a Ferdinand Brunetière, da Mendon, s.d. 124 Impressions of Th. Bentzon, Novelist and Translator of American Authors, cit.

125 Th. Bentzon, La condition de la femme aux Etats-Unis. Notes de Voyage. I. Premières impressions, in « Revue des deux Mondes », 1 luglio 1894, pp. 150-151

126 Ivi, pp. 144-149. 127 Ivi, pp. 155 e ss.

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beaucoup dire”.128 Era stata accolta nei più prestigiosi colleges femminili americani, vi aveva tenuto alcune lezioni sulla letteratura francese e qui aveva potuto constatare il “terrible retard” dell’Europa nei confronti di una nazione che “commence à se couvrir de bachelières, de licenciées, de doctoresses”.129

Di ritorno in Francia, nel dettagliatissimo resoconto di viaggio scritto per la “Revue”, Th. Bentzon avrebbe provato a dimostrare – “tout en voyageant avec mes lecteurs d’une ville à l’autre”130 e “without comments and without conclusion”131 - che gli Stati Uniti erano il paese dove per davvero trovava riscontro il profetico motto di John Stuart Mill: “l’heure de la femme a sonné”.132 Le pareva che qui le donne avessero conquistato una posizione pari agli uomini senza che per questo si fosse verificata alcuna insanabile frattura sociale. Anzi, l’emancipazione delle donne era avvenuta con il “consentement chavaleresque des hommes”.133

The young girl in France – aveva dichiarato nell’intervista rilasciata al « New York Times » - shall be transformed by the influence of the American girl. The type of the young French girl perfectly described by Paul Bourget in “Terre promise” will disappear. Il will be well, because it is not right that marriage should be a contract made in ignorance of one od the interested parties.134

In quell’opera l’autrice avrebbe inoltre svelato a chi ancora non lo sapeva la propria identità femminile: fin dalle prime righe era spiegato che quelle Notes de voyages non erano altro che “des observations de femme sur tout ce qui touche la condition des femmes”.135

Da quel momento in poi, Thérèse Blanc si sarebbe impegnata attivamente a favore dell’emancipazione delle donne: sia attraverso il giornalismo, sia attraverso l’adesione al Conseil national des femmes françaises, che avrebbe contribuito a fondare nel 1901. Avrebbe preso le distanze dal movimento femminista più radicale, ma sarebbe entrata in

128 Ivi, p. 172.

129 Th. Bentzon, La condition de la femme aux Etats-Unis, III, Les collèges de femmes, in « Revue des deux Mondes », 1 ottobre 1894, p. 873.

130 Th. Bentzon, La condition de la femme aux Etats-Unis, I, cit., p. 149. 131 Impressions of Th. Bentzon, cit.

132 Ivi, p. 173. 133 Ibidem.

134 Impressions of Th. Bentzon, cit. 135 Ivi, p. 139.

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contatto con la scrittrice femminista Violet Paget, in arte Vernon Lee.136 Non avrebbe condiviso tutte le idee della sua amica, ma con lei avrebbe intrattenuto una fitta relazione epistolare (una, francese amante dell’America e dei paesi anglosassoni, l’altra inglese residente a Firenze) intessuta sul comune impegno a favore dei diritti delle donne e sul comune interesse per la cultura come veicolo di conoscenza reciproca fra i popoli.137 Avrebbe anche provato a coinvolgerla nella “Revue des deux Mondes” (difficile dire se Brunetière fosse al corrente di questo suo progetto, di certo non vi sono tracce nel loro epistolario) ma Violet Paget, alias Vernon Lee, declinò gentilmente l’invito: “Je serais charmée de collaborer à la pubblication dont vous me parlez, et que je connais de réputation. Malheureusement l’écrire, c’est pour moi en grande partie une question d’argent ; et je ne pourrai par conséquent collaborer ».138

Se anche prima Thérèse Blanc aveva concesso ampio spazio nei suoi articoli ad autori quali Bret Harte, Walt Whitman, Mark Twain, Gerge Elliot, George Cable, che ben si prestavano ad essere letti alla luce dei due temi che da sempre più le stavano a cuore - la giustizia sociale e il ruolo delle donne nella società e nella famiglia – al ritorno dall’America l’autrice avrebbe selezionato per le sue recensioni libri e autori sempre più esplicitamente schierati a favore dell’emancipazione femminile. La formula della “traduction expliquée” si sarebbe allora rivelata strategica al fine di discutere e diffondere le proprie idee emancipazioniste presso i lettori di una delle riviste politicamente più schierate in senso opposto.

Nel 1901, ai lettori della “Revue des deux Mondes” e ai francesi in generale, che in occasione dell’ultima Esposizione universale parigina avevano scoperto “avec surprise” l’esistenza dell’International Council of Women grazie a una serie di conferenze organizzate all’interno del padiglione americano, l’autrice avrebbe proposto la lettura di una recente pubblicazione dell’associazione. Si trattava del Report of transactions of the

second quinquennal meeting held in London in July 1899.139

136 Peter Gunn, Vernon Lee-Violet Paget, 1856-1935, Oxford University Press, 1964 e Vineta Colby,

Vernon Lee: A Literary Biography, University of Virginia Press, Charlottesville, 2003.

137 La corrispondenza fra Thérese Blanc e Violet Paget (1856-1935) è conservata alla Section manuscrits della BNF, con la segnatura N.a.Fr., 12993. Non è ordinata ma consta all’incirca di una cinquantina di lettere.

138 BNF, N.a.Fr., 12993, ff. 14-15, Lettera di Violet Paget a Thérèse Blanc, Firenze, 26 maggio 1887. 139 Th. Bentzon, Le Conseil International des femmes, in “Revue des deux Mondes”, 15 febbraio e 1 marzo 1901, recensione di The International Council of Women, Report of transactions of the second quinquennal

meeting helt in London in July 1899, with an Introduction by the countess of Aberdeen, London, Fisher Unwin, 1900.

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Ce public – scriveva l’autrice all’inizio del proprio articolo – ignorant ou sceptique, trouvera, tout averti qu’il soit, beaucoup à apprendre encore dans les sept volumes compacts renfermant les « transactions » du Congrès International tenu à Londres en 1899. […] Après avoir feuilleté ces pages suggestives et comme vivantes, on conçoit mieux le bien et le mal qui peuvent résulter du rôle nouveau pris par la femme dans les affaires publiques et les raisons qui font ce rôle sera moins facilement accepté dans tel pays que dans tel autre, encore qu’il s’empuse partout. 140

L’articolo si presentava come una qualsiasi recensione della “Revue des deux Mondes”: il titolo dell’opera, con i relativi estremi bibliografici, era riportato in corsivo sotto quello dell’articolo. Fin da subito però, appariva chiaro al lettore che quello che si accingeva a leggere non era un normale articolo di critica letteraria, perlomeno non lo era nel senso in cui lo intendevano gli altri critici letterari della “Revue des deux Mondes”. L’autrice non era infatti interessata a proporre un’analisi del libro. D’altronde questo, non essendo un romanzo ma il nudo resoconto di un congresso, non si prestava a essere studiato dal punto di vista stilistico. La pubblicazione era un pretesto che l’autrice utilizzava per stilare un bilancio del movimento emancipazionista internazionale dopo circa dieci anni dalla sua fondazione.

Secondo il canovaccio già collaudato delle “traductions expliquées”, l’articolo si apriva con un cappello introduttivo nel quale era spiegato, in modo molto obiettivo e neutrale, senza lasciare spazio ad alcuna valutazione personale, il contesto entro il quale doveva essere letto il libro. In questo caso, Th. Bentzon proponeva una breve storia dell’International Council of Women. Oltre all’esposizione dei principali avvenimenti che avevano portato alla costituzione dell’associazione – il primo Congresso di Washington nel 1888 e quello successivo di Westmister nel 1899, che aveva segnato l’adesione di gruppi emancipazionisti provenienti da tutta Europa e l’elezione a presidentessa dell’associazione della contessa d’Aberdeen – l’autrice non trascurava di menzionare alcuni particolari che contribuivano a rendere più accettabile per i lettori conservatori della “Revue” la politica portata avanti dall’associazione. Riportava alcuni passi, abilmente selezionati, tratti dal discorso di apertura del congresso: quelle parole miravano a ottenere una maggiore partecipazione delle donne nella gestione della nazione, ma nondimeno confermavano il carattere non radicale del movimento e in più - facendo

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riferimento alla “rédemption de la race” – sembravano parlare lo stesso linguaggio degli altri opinionisti della “Revue”:

Ne jamais repousser l’aide des hommes, ne point faire systématiquement band à part. L’homme n’est pas né pour vivre seul, mais l’isolement serait bien plus funeste encore à la femme. La rédemption de la race ne peut être accomplie que par les hommes et les femmes d’accord, unissant leur mains dans une action commune. Le Conseil féminin se garderait de détourner la femme des soins et des devoirs du foyer. 141

In secondo luogo, Th. Bentzon citava con una certa enfasi le parole finali di quel discorso: “Que Dieu soit avec nous”; e ricordava che “chaque matin, tant que dura le congrès de juin-juillet 1899, une courte prière fut faite avant l’ouverture, dans une pièce spécialement réservée”.142

In cinque pagine di articolo l’autrice non si era espressa esplicitamente una sola volta a favore della causa emancipazionista dell’associazione, né aveva rivelato ai propri lettori la propria appartenenza alla sezione francese del movimento. Ma il bilancio che ne aveva fatto era estremamente positivo. Passava poi direttamente alla traduzione di alcuni brani del libro, che permettevano di fare il punto sull’ « état actuel du féminisme en général»: “On me permettra – interveniva l’autrice – de suivre aussi exactement que possible l’ordre des divisions adoptées par les éditeurs des rapports qui nous montrent la femme