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3. FUORI DAL PENITENZIARIO:ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE

3.1. Alternative alla detenzione

L’obiettivo primario della moderna politica del diritto penale e la ricerca di alternative al carcere. Dal momento in cui si comincia a nutrire un sentimento di sfiducia nei confronti dell’efficacia risocializzatrice della pena detentiva, sorge un vivace dibattito, incentrato sulla ricerca di sanzioni “alternative” alla detenzione.

A livello europeo, la finalità di risocializzazione della pena è fissata dalle Regole Penitenziarie Europee che si richiamano alle Regole per il trattamento dei detenuti redatte dall'Onu. Nel 1992 viene raccomandato ai governi degli stati membri di ispirarsi, nella legislazione e nella pratica, ai principi contenuti nel testo delle Regole Europee sulle sanzioni e misure alternative alla detenzione, affinché il trattamento sia effettivamente finalizzato al recupero sociale del

108 Cfr. Benelli C., Coltivare percorsi formativi: la sfida dell'emancipazione in carcere, Napoli, Liguori editore, 2012.

condannato e si dia l'opportunità che una parte dell'esecuzione della pena possa avvenire fuori dal carcere, attraverso misure alternative alla detenzione.

La finalità risocializzante della pena, infatti, si attua attraverso il ricorso a misure diverse dalla pura e semplice detenzione, misure che prevedono il passaggio dal carcere ad una situazione in cui convivono limitazioni e libertà, sino al completo ritorno alla comunità sociale libera senza alcun vincolo. La filosofia che sottende il processo è quella di superare la convinzione ampiamente diffusa che il carcere sia la pena base su cui incentrare il sistema delle sanzioni e di ricorrere perciò il meno possibile all'istituzione carceraria. La realizzazione di tali obiettivi è possibile attraverso molteplici e congiunte modalità: una maggiore permeabilità tra carcere e ambiente esterno, più licenze, il lavoro all'esterno, la semilibertà, la detenzione domiciliare, le pene pecuniarie, l'obbligo di prestare un lavoro socialmente utile per un periodo di tempo proporzionato alla gravità del reato.109

Quando si parla di alternative alla detenzione non bisogna confonderle con le misure alternative disciplinate dall’ordinamento penitenziario. Mentre queste ultime sono applicate dopo che la pena detentiva e già stata inflitta dal giudice di cognizione, presentando istanza alla magistratura di sorveglianza competente per la fase esecutiva, le sanzioni alternative sostituiscono la pena detentiva, essendo applicate dal giudice di cognizione stesso, nel momento in cui emette la sentenza. Le leggi che regolamentano il contesto carcerario, la tutela dei diritti dei detenuti, il trattamento previsto e la tutela della dignità umana in generale hanno rivolto grande attenzione alle pene detentive alternative alla pena standard.

L'impiego di tali misure tra l'altro ha portato ad un notevole risparmio della spesa carceraria, ma anche a un tasso di evasione molto basso e ad una recidiva inferiore rispetto a quella dei soggetti usciti dal carcere che hanno scontato interamente la loro pena.

Allo stato attuale il panorama delle alternative alla pena detentiva disponibili nel nostro ordinamento non è molto esteso, ma il vero problema, più che nella scarsezza di sanzioni alternative a disposizione del giudice, sta nel fatto che egli

tende a ricorrere a questi strumenti in maniera molto limitata tanto che nella prassi giudiziaria risultano quasi del tutto inapplicati.

Le misure alternative sono pene a tutti gli effetti con la differenza che sono eseguite con regimi differenti rispetto alla carcerazione. Alcuni tipi di misure sono: l'affidamento in prova, la detenzione domiciliare, la semilibertà, la liberazione anticipata. Oltre a tali misure alternative alla detenzione, sono previste anche la liberazione condizionale e, per i cittadini di uno stato non appartenente all’Unione Europea presenti irregolarmente in Italia, condannati o detenuti, l’espulsione dal territorio italiano come sanzione sostitutiva o alternativa.

3.1.1. Affidamento in prova al servizio sociale

L’affidamento in prova al servizio sociale è la misura con il grado di libertà maggiore. Le misure alternative alla detenzione, infatti, sono contraddistinte da un diverso grado di libertà. L’affidamento in prova è quella che consente possibilità di spostamento anche ampie, se motivate. Sempre in ordine al diverso grado di libertà che distingue le misure, seguono la detenzione domiciliare e la semilibertà.

I criteri di ammissibilità sono diversi e tengono conto innanzitutto dell’entità della condanna e della pena già espiata e da espiare, che andranno poi rapportate anche a determinate condizioni soggettive, quali per esempio l’età, lo stato di salute, lo stato di gravidanza, la tossicodipendenza e la presenza di figli con età massima di 10 anni. I detenuti che hanno beneficiato di permessi premio, senza trasgredire le prescrizioni, durante la permanenza in carcere, hanno maggiore probabilità che sia loro concessa una misura alternativa. Nel caso in cui, invece, il prolungarsi della permanenza in carcere possa costituire un grave pregiudizio per la salute o le condizioni del detenuto, in casi cioè di urgenza, è possibile chiedere la sospensione dell'esecuzione della pena e la concessione provvisoria di una misura alternativa, pur non essendovi le condizioni affinché tale misura possa essere concessa. Generalmente, poiché si tratta di urgenze derivanti da condizioni di salute o particolari, vengono richiesti la detenzione domiciliare provvisoria o

l’affidamento provvisorio in prova in casi particolari.

Per ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali è per esempio generalmente necessario avere un posto di lavoro e un’abitazione; questa misura contempla la fuoriuscita dal circuito penitenziario: il condannato può così scontare la pena fuori dal carcere, nel rispetto di programmi e prescrizioni, mettendo alla prova il proprio reinserimento nella vita sociale. L’affidamento in prova può essere concesso se il comportamento del condannato e l’osservazione della sua personalità, effettuata da educatori penitenziari, permettono di ritenere la misura utile alla sua rieducazione e al suo reinserimento sociale. Occorre inoltre che l’affidato abbia un domicilio, cioè un’abitazione propria o di famiglia o di persone o comunità, disposte ad ospitarlo, e un lavoro o qualcuno che dia la propria disponibilità ad assumere il condannato se scarcerato. L’affidato in prova potrà lavorare, ma dovrà rispettare alcune prescrizioni riguardanti la dimora, la libertà di movimento, orari e tragitti a cui attenersi e il divieto di frequentare alcune persone o alcuni luoghi. 110

3.1.2. Detenzione domiciliare

La detenzione domiciliare è un’altra delle misure alternative alla detenzione, può essere disposta qualora la pena della reclusione o dell’arresto sia non superiore a tre anni (o il residuo di pena sia pari o inferiore a tre anni) e non vi sia stato affidamento in prova al servizio sociale.

La pena, dunque, viene scontata nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, o in un luogo pubblico di cura o di assistenza quando il condannato sia:

– Donna incinta o che allatta la propria prole o madre di prole di età Inferiore a cinque anni con lei convivente.

– Persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali (tra questi vi rientrano

110 Cfr. L'altro diritto, Affidamento in prova al servizio sociale. Aspetti giuridici e sociologici, 2006, http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/misure.

anche i malati di AIDS con certificazione).

– Persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente.

– Persona di età minore di 21 anni per comprovate esigenze di salute, studio, lavoro e di famiglia.

La misura, quindi, consente alla persona di proseguire una serie di attività di cura, di assistenza famigliare o di istruzione professionale. Viene concessa e revocata dal Tribunale di Sorveglianza e prevede che la persona possa vivere a casa, in comunità o in una struttura sanitaria così come se fosse in carcere. Eventuali autorizzazione ad uscire (per il lavoro o per altre attività) sono concordate con il Giudice di Sorveglianza, il quale determina e impartisce le disposizioni per gli interventi del servizio sociale, che ha il compito di sostenere e accompagnare il soggetto. Il controllo sull’osservanza delle regole e degli orari spetta invece alle Forze di Polizia.

3.1.3. Semilibertà

Il regime di semilibertà111 consiste nella concessione al condannato e

all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dall’Istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento. Sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. Qualora la pena sia superiore a sei mesi, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno metà della pena oppure di almeno due terzi di essa per i delitti indicati dall’ art. 4 - bis comma 1.

L’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società. Il condannato all’ergastolo può essere

111 Cfr, L. 354/75. Art. 48 e Art. 50

ammesso al regime di semilibertà dopo aver espiato almeno vent’anni di pena.112

Il regime di semilibertà può essere revocato quando il soggetto non si dimostri idoneo al trattamento. Sono previste inoltre punizioni disciplinari qualora il detenuto ammesso al regime di semilibertà rimanga assente dall’istituto senza giustificato motivo.

Il regime di semilibertà è quindi, più che un’alternativa alla detenzione, una speciale modalità di esecuzione della stessa: lo stato detentivo continua a permanere, ma viene intervallato giornalmente con contatti con l’ambiente esterno.

3.1.4. Liberazione anticipata e condizionale

L’istituto della liberazione anticipata non rientra nel novero delle misure alternative alla detenzione, ma rappresenta uno strumento di trattamento previsto dalla L. 354/75 volto a favorire il reinserimento sociale del detenuto, nella convinzione che questo possa essere meglio perseguito “se si offre al condannato a pena detentiva la possibilità di influire, con il suo impegno personale, sulla durata della pena ottenendone una riduzione.”113

L’ Art. 54 prevede che « al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.»

L’istituto della liberazione condizionale era già presente nel Codice Zanardelli del 1889 a favore del detenuto che "abbia tenuto tale condotta da far presumere il suo ravvedimento" (art. 16). Nel Codice Rocco assunse il valore di una misura premiale collegata alla buona condotta del detenuto. L’attuale disciplina in merito

112 Introdotto dalla L. 663/86.

113 Cfr, Di Gennaro G., Breda R., La Greca G., Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Giuffrè editore, Milano,1997.

alla liberazione condizionale, risale alla L. 1634/62, che modificò l’Art. 176 e 177 del CP prevedendo che «Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.»114 Può essere ammesso

alla liberazione condizionale anche il condannato all’ergastolo, qualora abbia scontato almeno vent’anni di pena.

La concessione della liberazione condizionale è subordinata all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle. La liberazione condizionale viene revocata, qualora la persona liberata commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole o trasgredisca gli obblighi inerenti alla libertà vigilata.115 Una

volta decorso tutto il tempo della pena inflitta (oppure cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale in caso di condannato all’ergastolo), la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali eventualmente ordinate dal giudice.

La dottrina è discorde sulla natura giuridica con cui vada considerata la liberazione condizionale. Taluni infatti la ritengono una causa di estinzione della pena, altri invece la ritengono accostabile alle misure alternative alla detenzione, come sostenuto dalla stessa Corte Costituzionale.