1. IL “PIANETA CARCERE”
1.4. Il carcere oggi
1.4.3. Problematiche sulle condizioni di detenzione
Possiamo quindi dire con certezza che una delle maggiori problematiche riguardanti il nostro sistema penitenziario è il sovraffollamento.
Con il termine “sovraffollamento” si intende indicare la differenza tra i detenuti presenti ad una certa data negli istituti di pena (sia case circondariali che case di reclusione) e il numero dei posti effettivamente disponibili a cui ci si riferisce come “capienza regolamentare”. La capienza è predefinita sulla base di alcuni criteri standard, che dovrebbero garantire il rispetto della dignità delle persone recluse e l’espletamento della funzione rieducativa della pena, affermata dalla Carta costituzionale.
Oltre ai metri quadri “individuali”, atti a consentire la vivibilità nelle celle, anche lo spazio adeguato per prevedere le attività trattamentali previste dall’ordinamento penitenziario, che ha voluto scommettere sull’umanizzazione della pena e sulla valorizzazione della funzione rieducativa ad essa assegnata.49
Le condizioni di vita all’interno del carcere sono ai limiti dell’accettabilità e del rispetto della dignità umana: oltre allo stato di reclusione che porta alla privazione della possibilità di movimento, della facoltà di organizzazione della vita quotidiana, dalla lontananza dagli affetti, dalle amicizie, dai propri interessi, si aggiungono i disagi non necessari provocati dalla ristrettezza degli spazi a disposizione, dalla conseguente inadeguatezza di tutti i servizi, dall'aumento di conflittualità tra i detenuti stessi, dalla maggiore difficoltà di svolgere qualsiasi attività giornaliera. Il sovraffollamento comporta una serie di ulteriori effetti negativi, anzitutto rendendo più difficoltoso l'apprendimento di un mestiere, fattore essenziale per il recupero morale e il reinserimento sociale del detenuto.
Il sovraffollamento, per quanto sia uno dei più gravi, non è l'unico problema che si riscontra nella carceri del nostro paese, sono molte infatti le criticità che violano e diritti e le dignità delle persone detenute, non rispettando quelli che sono i principi sanciti dalla Costituzione italiana. Tra le problematiche emergenti, vanno ricordate:
• l’elevato numero di decessi e di suicidi: nel solo 2012 sono stati registrati almeno 154 morti nelle carceri italiane, di cui 60 suicidi;
• l’anomalia tutta italiana di un sistema penitenziario in cui più del 40% delle persone in carcere sono detenuti in attesa di giudizio;
• la mancanza di opportunità di lavoro e formazione che, per legge,
dovrebbero essere obbligatorie per tutti i detenuti condannati come elemento fondamentale per costruire il reinserimento sociale alla fine della pena: si è scelto invece di tagliare pesantemente su questa voce, visto che le risorse ministeriali per le “mercedi” (cioè la retribuzione del lavoro interno agli istituti) sono scese dagli 11milioni di euro del 2010 a 3milioni nel 2012;
• l' elevata presenza in carcere di persone con problemi di consumo o abuso
di sostanze stupefacenti o per violazione della normativa sulle droghe:
secondo dati recenti del Consiglio d’Europa il 38,4 per cento della popolazione detenuta in Italia è in carcere per questo, mentre in Francia, Germania o Inghilterra questa percentuale è di circa il 15 per cento;
• la diffusione di problematiche sanitarie e soprattutto di varie forme di disagio psichico tra la popolazione detenuta: solo limitandosi ai casi presi in carico dal servizio sanitario interno alle carceri,circa un quarto delle
persone detenute manifesta gravi forme di disturbo psichico;
• la forte discriminazione dei detenuti stranieri che, rispetto agli italiani, faticano molto di più ad accedere alle misure alternative alla detenzione; • lo scarsissimo investimento di risorse e di personale sugli aspetti
trattamentali e non solo custodiali della pena detentiva.50
Oggi le questioni sul carcere e le sue problematiche sono sempre più presenti nel dibattito politico e sociale italiano. I disagi causati dal sovraffollamento incidono negativamente sia sul rispetto dei diritti del detenuto, la cui dignità, pur nella necessaria restrizione della libertà personale, non può essere in alcun modo avvilita dalle condizioni detentive, dalla sporcizia e dalla promiscuità degli ambienti, da trasferimenti illogici che allontanano il detenuto dai familiari; sia sull’intera collettività: l’assenza dei fondi necessari per un miglioramento delle condizioni detentive rende di fatto nullo il principio costituzionale del fine rieducativo della pena, il solo capace di trasformare la reclusione di un criminale in un beneficio per la collettività.
Il carcere oggi, quando non induce chi vi è recluso al suicidio o all’autolesionismo, abbrutisce i bruti e, quel che è peggio, non offre ai volenterosi la possibilità di emendarsi. La mancata rieducazione dei detenuti che hanno espiato la pena produce un danno alla collettività anche in termini concreti: danni subiti dai cittadini per nuovi reati, aggravi di costi diretti (assistenza sociale, costi
50 Cfr, Carcere diritti e dignità, Le carceri italiane, https://carceredirittiedignita.wordpress.com , per saperne di più vedere inchiesta “Inside Carcere” realizzato dall'Associazione Antigone.
di pubblica sicurezza e giudiziari nei confronti dei recidivi, ecc.), mancanza del beneficio che deriverebbe dal reinserimento sociale e lavorativo degli ex detenuti. Un tentativo serio per risolvere la questione non può che provenire dall’elaborazione di un piano organico che preveda lo stanziamento dei fondi necessari per la realizzazione di nuovi istituti di pena, per l’incremento del personale penitenziario, per il migliore funzionamento della “macchina” giustizia e per la copertura dei costi di gestione. Da un lato, infatti, sarebbe necessario realizzare quella “certezza delle pene” che funge da deterrente rispetto alla commissione dei crimini: velocizzando l’andamento dei processi intervenendo sui “mali della giustizia italiana” ed eliminando il ricorso ai cosiddetti provvedimenti “svuota-carceri”. Questo tipo di provvedimenti, uniti a una restrizione dei comportamenti sanciti come reato (da trasformare eventualmente in contravvenzione) e all’affermarsi di “pene alternative” (diverse dalla detenzione), permetterebbe di frenare a monte l’afflusso di detenuti.
Dall’altro lato, invece, bisognerebbe investire nell’edilizia carceraria in modo da rendere la “crudeltà delle pene” realmente proporzionale al tipo di reato. Parafrasando Beccaria, oggi la “crudeltà delle condizioni detentive” rendono di fatto squilibrato il rapporto esistente tra la pene da scontare e il tipo di reato commesso.
La condanna al carcere deve significare “soltanto” restrizione della libertà personale del detenuto per un periodo di tempo stabilito e quindi certo. Non possono aggiungersi alla reclusione le angherie, le umiliazioni, i disagi di condizioni detentive fuori controllo a causa del sovraffollamento e dell’assenza di fondi.
Neanche è da escludere l’ipotesi (già sperimentata in alcuni Paesi) di regimi carcerari differenziati: impianti con controlli rigorosi, per detenuti recidivi o autori di crimini ad alto allarme sociale o protagonisti di cattiva condotta carceraria; impianti con controlli meno rigorosi (e costi considerevolmente più bassi) per incensurati che siano stati autori (o presunti tali) di delitti di minore allarme sociale, e si distinguano per l’attitudine al reinserimento. Infine, non dovrebbero mancare investimenti per la formazione professionale e il reinserimento lavorativo
dei detenuti: anche in questo caso il ritorno economico sarebbe ben maggiore dei costi sostenuti.51
Ad oggi le prospettive cieche sul problema hanno condotto finora i governi di ogni colore politico ad adottare provvedimenti emergenziali e del tutto inefficaci, ma è solo ragionando sulla questione in termini di problema e non più di emergenza; è solo collegando il tema della diffusione della criminalità con quello altrettanto stringente della “certezza delle pene” (e quindi dell’efficienza del sistema di giustizia); Attraverso una riduzione dell’impatto della custodia cautelare, attraverso la concessione di misure alternative per chi ha meno di tre anni di carcere da scontare, attraverso un uso ridotto dello strumento disciplinare che incide negativamente sugli sconti di pena, attraverso una nuova disciplina delle droghe, della recidiva; è solo, infine, tornando a considerare il fine rieducativo della pena come una risorsa per l’intera comunità che la politica potrà pretendere di elaborare una risposta degna al problema delle carceri italiane.
Solo come rimedi straordinari il Capo dello Stato ha infine indicato l'indulto e l'amnistia per fronteggiare l'emergenza in attesa della adozione di soluzioni strutturali.52
In definitiva, si può affermare, che tutte queste criticità, prima fra tutte il sovraffollamento, provocano danni enormi, sia ai detenuti che si trovano a vivere in condizioni di abbrutimento, vedendo svanire la possibilità di un riscatto sociale e l'opportunità di un reinserimento lavorativo e sociale, sia alla società stessa, in particolare lo Stato, il quale non riesce a garantire l'attuazione del percorso rieducativo dei detenuti e, più in generale, la realizzazione dei loro diritti fondamentali. Questo può essere visto come un fallimento della nostra società che non riesce a perseguire gli obiettivi di democrazia e uguaglianza.
51 Cfr, Arseni S., Carceri affollate: uno degli aspetti più drammatici della "questione giustizia", 2011, www.europaoggi.it.
52 Cfr, Gallo F. M., Giustizia: sovraffollamento delle carceri... cause, effetti e possibili rimedi, 2014, www.ristretti.org.